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Emanuele Atturo

Dizionario del calciomercato

Uno strumento necessario per orientarsi nel linguaggio esoterico dell'estate.

È giugno, chiudono le scuole. Indossiamo i sandali, mangiamo verdure grigliate e dalla mattina alla sera parliamo una lingua esoterica, la lingua del calciomercato. La leggiamo sulle pagine dei siti e su quelle dei giornali unti di crema solare, la discutiamo nei bar e sulle spiagge, insieme al vasto clan degli iniziati a quel linguaggio. Le parole sono le stesse di sempre, ma hanno un contesto diverso che le fa cedere a un piccolo slittamento figurativo. “Fa la corte”, “Suggestione Politano”, “Ultimatum a Dybala”, “le parti sono lontane”. Parliamo questa lingua a metà tra l’esterna di Uomini e Donne e le aule di tribunale. È un linguaggio opaco, perché opaco è il mondo che vuole descrivere: quello vago e lattiginoso del calciomercato, il regno dell’immaginario calcistico per eccellenza. Le notizie sono sempre confuse, approssimative, si sforzano di descrivere trattative lunghe e singhiozzanti, rincorrendo l’incertezza. A volte queste notizie riguardano addirittura momenti precedenti le vere trattative, un universo di “idee”, “suggestioni”, “cotte”. Se il giornalismo ha a che fare con i fatti, il giornalismo del calciomercato manipola solo l’immaginario.

 

I giocatori, sotto forma di nomi, vagano tra i titoli degli articoli, in un limbo tra una squadra e l’altra. Oggetti delle fantasie dei tifosi, che proiettano le proprie speranze per il futuro – calcistico ed esistenziale – sulla costruzione della propria squadra del cuore. Ogni stagione che riparte, la vita che ricomincia: col calciomercato fissiamo il nostro livello di aspettative. Per i tifosi, però, è difficile orientarsi: è come cercare di decriptare un linguaggio in codice che ha perso ogni trasparenza con la realtà.

 

Un linguaggio che ricorda la nebulosa semiotica del linguaggio amoroso, a cui Roland Barthes ha dedicato un libro iconico, Frammenti di un discorso amoroso, che qualcuno di voi ha regalato alla fidanzata al primo anno d’università. In quel libro Barthes decostruisce la complessità vaga del linguaggio amoroso, il “languore”, le “scenate”, la “dichiarazioni” sono trattate come figure di un discorso. Viste le conclamate similitudini tra discorso calcistico e discorso amoroso vale la pena fare un piccolo dizionario del calciomercato, utile a orientarsi nella bruma estiva di trattative, contratti e cotte calcistiche per calciatori mai sentiti nominare. I titoli di articoli utilizzati come esempi sono tutti realmente esistenti.

 

Idea

 

«- Che idea – Ma quale idea?»
Pino d’Angiò

 

Secondo Platone le idee sono distaccate dalla realtà, abitano una dimensione sovrasensibile chiamata “iperuranio” da cui sgorgano verso la coscienza umana. Nell’iperuranio del calciomercato abitano le idee dei calciatori, in attesa di riversarsi nella coscienza dei direttori sportivi.

 

Un direttore sportivo, davanti al suo computer o sui gradini di uno stadio – o chissà, anche facendo colazione, frequentando il bagno o facendosi una doccia, ha un’idea. Quell’idea è in genere un calciatore: non l’idea di un calciatore in sé ma della trattativa per un calciatore.

 

Qualcuno della stampa – forse attraverso la telepatia – lo percepisce. Sente che qualcuno ha avuto un’idea, e lo scrive: “Calciomercato Juve, idea Arnautovic”, “Calciomercato Lecce: idea Dzeko per l’attacco”. Può esserci l’idea così, nella sua purezza, o può esserci un’idea connotata. L’idea può essere infatti “pazza” (“Calciomercato Lazio, pazza idea Suarez”) o “clamorosa” (“Calciomercato Fiorentina: clamorosa idea Dzeko”) quando riguarda un calciatore e una squadra difficili da immaginare insieme.

 

L’idea può “spuntare” (“Spunta l’idea Pablo Marì) o “avanzare” (“Avanza l’idea Caicedo”) oppure, per le idee che emergono con più fatica, c’è il riflessivo “Si fa strada” (“Lazio, si fa strada l’idea Dendoncker”). Tra l’idea di un direttore sportivo e un calciatore può mettersi di mezzo un’altra squadra, “spuntando” ovviamente  – nel calciomercato si spunta sempre, così, a sorpresa, come i vietkong nella giungla: “Calciomercato Milan: idea Berardi, ma spunta la Roma”. Quando una squadra “spunta” entra subito la tensione drammatica, il conflitto tra due pretendenti amorosi che fa vibrare d’ansia i tifosi. Un conflitto tra idee, chiaramente, ancora precedente a una trattativa vera e propria. Ci sono dei passaggi da rispettare.

 

L’idea è l’inizio di un processo mentale che non è detto che poi si manifesterà nella realtà; l’idea potrebbe rimanere tale, lo slancio di un momento.

Obiettivo 

L’obiettivo è l’unità minima del linguaggio del calciomercato, più concreto dell’idea perché è il suo fine. Particolarmente in uso nei discorsi militari (l’obiettivo di una campagna) o aziendali (la “mission”), presuppone un pensiero strategico. Si porta dietro tutto un mondo di fogli excel e calcoli dei costi, o, più prosaicamente, di foglietti. Anni fa fece scalpore la reliquia di un “pizzino” dimenticato da Fabio Paratici di un bar: sopra scritta la lista di obiettivi della Juventus. Nomi di calciatori scritti a penna con a fianco le cifre, come su un fogliaccio torturato per un’asta del fantacalcio. “Chiesa 50” / “Tonali 20” / “Romero 20”. Alcuni di quei nomi arriveranno effettivamente alla Juventus. È stato uno dei pochi episodi di permeabilità tra il mondo occulto degli uffici dei club e quello morboso dei tifosi.

 

Quel pizzino è diventato presto letteratura, due anni e mezzo dopo il sito Grand Hotel Calciomercato ne ha ricostruito la storia con la cura che si può riservare a un documento dell’FBI sull’Area 51.

 

Gli obiettivi sono tanti ma vanno sempre in ordine di priorità (“PSG in Italia, Skriniar obiettivo numero uno”). Se è solo uno bisogna specificarlo (“Inter, il Barcellona ha un solo obiettivo”). Mentre una squadra rincorre un obiettivo, su quello può “piombare” un’altra squadra (“Calciomercato Atalanta, il Newcastle piomba su un difensore”). Si piomba quando si è potenti e pieni di soldi. Dopo essere piombati si può “sorpassare” (“Sorpasso della Sampdoria per l’obiettivo del Cagliari Piccoli”). Quando il sorpasso è definitivo allora una squadra “sbaraglia” l’altra (“Tchouameni Juve, il top club sbaraglia la concorrenza”).

 

Il destino di un obiettivo può essere quello di “sfumare” (“Calciomercato Milan: sfuma un obiettivo rossonero”), dissolversi insieme all’idea che lo aveva generato.

Suggestione

«Nessuno cede alla suggestione a meno che non desideri, nel profondo del suo cuore, conformarsi ad essa».

Carl Gustav Jung

 

Inferiore per concretezza all’idea, la suggestione è un’idea inquinata da un pensiero irrazionale, un moto sentimentale improvviso verso un calciatore. Secondo Treccani la suggestione è un «Fenomeno della coscienza per cui un’idea, una convinzione, un desiderio, un comportamento sono imposti dall’esterno, da altre persone, o anche da fatti e situazioni valutati non obiettivamente, e da impressioni e sensazioni soggettive non vagliate in modo razionale e critico».

 

La suggestione ha qualcosa di morboso, il soggetto suggestionato è preda di pensieri irrazionali di calciomercato. La suggestione è un obiettivo irrealizzabile, o realizzabile solo a patto che “si incastrino tutte le tessere del mosaico”.

Piace

 

«Mi piace la domenica solo insieme a te

Mi piacciono le sbronze che cantiamo al karaoke

Mi piaci con i tacchi anche sei più alta di me»

Benji&Fede

 

Una suggestione decisamente più tiepida, un interesse blando, una cosa che va bene proprio se capita. Magari qualche like sparso, una telefonata per tastare un interesse, stimolare una reazione per vedere come va. “Calciomercato Lazio: Mertens si allontana, piace Caputo”: spesso il “piace” è il ripiego di un’idea, di un obiettivo sfumato; “Calciomercato Juventus: se sfuma Di Maria piace Berardi”. In pratica il corrispettivo di una vacanza a Nettuno con i suoceri se proprio il nostro progetto di Ibiza si è schiantato già sui prezzi dei voli.

Pensa a

«Cogito ergo sum»

Cartesio

 

 

Versione neutra di piace, siamo di fronte a un’intenzione di mercato davvero flebile, quasi a una non intenzione, a un riflesso incondizionato di un direttore sportivo che finisce a pensare a un calciatore per noia, o comunque perché non aveva niente di meglio da fare. Anch’io, personalmente, penso spesso ad alcuni calciatori. Viene usato senza particolare connotazione, per riportare un interesse astratto, impalpabile, destinato a vaporizzarsi.

Indizi

Da innamorato pazzo di Laura, Petrarca riconosceva i segni del suo volto ovunque, anche dove non c’erano.

 

L’indizio social arriva a interesse manifesto, a trattativa in corso. Una notizia da cavare scrollando su Instagram come cercatori di funghi. Un like di un calciatore al calciatore di un’altra squadra. A volte l’indizio social è evidente (“Renato Sanches, l’indizio social è evidente”), altre volte meno, specie se non arriva dal calciatore ma dai suoi familiari (“Frattesi il ritorno alla Roma è vicino, l’indizio social della sorella”). Può essere seguito da pentimento (“Politano mette like all’annuncio di Gattuso al Valencia, ma poi lo rimuove”).

 

L’indizio social segue il procedimento logico dell’induzione, per cui dalla constatazione di fatti particolari si può risalire ad affermazioni o formulazioni generali: se c’è del fumo c’è il fuoco. 

 

Oltre all’indizio social esistono altri tipi di indizi, che noi piccoli investigatori di calciomercato possiamo scovare con un giro di telefonate, o stando attenti agli spifferi della realtà. Viviamo dentro foreste di simboli, diceva il poeta. L’indizio può essere immobiliare (“Dybala ha comprato casa a Milano: il clamoroso indizio di mercato”) o formativo (“Reina non ha iscritto i figli a scuola: ecco l’indizio social”). Indizi, ovviamente, sono le panchine: regola vuole che se non giochi stai per essere ceduto (“Adli, nuovo indizio: va in panchina a Marsiglia”). 

Pista calda

Una pista è un’insieme di indizi, di orme, che un obiettivo di mercato lascia per strada inconsapevolmente. Una squadra allora segue questa pista, facendo però attenzione alla sua temperatura. Una pista non è mai a temperatura ambiente, o si scalda (“Juve, si scalda la pista Kostic”) o si raffredda (“Obiettivo Berardi: la pista si raffredda”). Quando una pista si raffredda in genere si è verificato un dietrofront (“Dietrofront del Napoli: si raffredda la pista Bernardeschi).

Affondo

I segreti di un buon affondo nella scherma sono due: la rapidità d’esecuzione e la scelta del momento giusto. L’affondo arriva a trattativa avviata, quasi logora. Proprio mentre sembra sfumare, ecco l’affondo: un rilancio decisivo che colma la distanza tra domanda e offerta che coglie tutti alla sprovvista. È la locura. È il momento in cui il tifoso può sperare più credibilmente, è quasi fatta. A meno che l’affondo non si sta preparando (“Roma, Zaniolo si allontana, il Milan prepara l’affondo”), e non si sa quanto tempo ci vuole. Dopo la preparazione l’affondo è pronto (“Milan, De Kaetelere per sognare: pronto l’affondo”). In quel caso diventa impossibile, però, prevedere quanto tempo potrà passare, tra l’affondo pronto e l’affondo vero e proprio. Se un affondo non va a segno, allora se ne può provare un altro (“Milan, per Botman pronto un nuovo affondo”); infine, raccogliendo tutte le forze a disposizione, si può tentare l’affondo definitivo (“Inter, sfuma Kaio Jorge: il Napoli prova l’affondo definitivo”).

Prepara l’assalto

 

Variante meno frequente di affondo, l’assalto ha lo scrupolo dell’offensiva militare. Se l’affondo è istintivo e deciso, l’assalto è più cerebrale. L’affondo si tira, l’assalto più che altro si prepara, studiando piani di battaglia con i modellini su lunghi tavoli impiastrati di carte e mappe. Il calciatore assaltato sembra non avere vie d’uscita, pronto a cedere al trasferimento, in qualche modo però riesce sempre a sfuggire. L’assalto si prepara ma non si realizza mai.

La telefonata

«Ancora il telefono: ad ogni squillo, sollevo precisamente la cornetta, immagino che a chiamarmi sia l’essere amato: ancora uno sforzo, e riconosco la sua voce, incomincio a dialogare, per poi volgermi con rabbia contro l’importuno che mi ha tratto dal mio delirio»

Roland Barthes

 

La telefonata risolve un impasse, regalando un immediato senso d’azione, di praticità, d’urgenza. Il calciomercato è arte della lentezza, di negoziazioni estenuanti, di clausole microscopiche. La telefonata arriva a sbrogliare la situazione. È una faccenda sincera tra uomini in confidenza (“Maldini telefona ad Ancelotti per Asensio”). La telefonata, si capisce, è segreta (“Mercato Juve, telefonata segreta di Allegri”), ed evoca un universo di camere scure e fumose, bicchieri di whisky, polpastrelli sulla fronte, tormenti notturni. Una telefonata, improvvisa, scuote il mercato. Grande mago di telefonate quest’anno è stato Josè Mourinho: “Vuoi venire a Roma? Mourinho telefona alla stella del Real”; “Mourinho chiama Bale in giallorosso”; “Mourinho telefona al campione, lo vuole alla Roma, si chiude”; “Mourinho telefona personalmente a un suo pupillo”. Telefonate che vogliono suggerire un potere segreto persuasivo di Mourinho superiore a quello della Roma. Mourinho a rovistare nella rubrica di Whatsapp come i disperati che non riescono mai a chiudere strascicate partite di calcetto.

Un grafico per orientarsi

 

Ogni termine corrisponde a un certo grado di concretezza della trattativa.

Blitz

Operazione fulminea e segreta, coglie tutti alla sprovvista ed è risolutiva per una trattativa a lungo bloccata. Direttori sportivi e avvocati entrano nell’ufficio di un’altra società sfondandone le porta. Tengono penne e contratti in mano e chiedono dov’è il calciatore che devono prelevare di peso e portare via. Il blitz si compie preferibilmente in una città estera, come agenti di spionaggio (“Il mercato dell’Inter si scalda con il blitz di Ausilio a Londra”; “Juve, Blitz a Parigi per Di Maria”).

Mr. X

«Si può dire di ogni idea quello che è stato detto del Messia: non ha padre, non ha madre, non ha nessun antenato, perché non c’è principio dei suoi giorni né una fine della sua vita»

Soren Kierkegaard

 

Figura leggendaria del calciomercato, lanciata dal Condor Galliani nei suoi anni più decadenti, Mr. X rappresenta l’attesa messianica. In assenza di obiettivi  di mercato chiari e definiti per una grande squadra, i media – magari imboccati dai dirigenti – mettono in giro la voce che si sta lavorando su un profilo ancora sconosciuto. Se quindi quella società sembra che non si stia muovendo in modo concreto, è perché sta lavorando questa pista misteriosa. La segretezza accresce le aspettative, perché le cose tenute nascoste sono le più preziose e delicate. Tutti i tifosi possono crogiolarsi e struggersi nell’attesa di Mr. X. Se un nome preciso, un nome qualsiasi, può non accontentare tutti, l’attesa di Mr. X può riempirsi di aspettative diverse, e che quindi soddisfano tutti. Mr. X è come il sorriso della Gioconda, è come l’oroscopo, è come le macchie di Roscharch.

 

Mr. X è un vuoto denso di possibilità. Un involucro che i tifosi possono riempire con le proprie fantasie, dandogli la forma che preferiscono. Per questo Mr. X è l’essenza stessa del calciomercato, un sogno remoto, il mare di nebbia osservato dal viandante, una promessa di felicità che sappiamo in fondo essere falsa. Un incanto a cui vogliamo cedere, abbandonando per un attimo il nostro scetticismo da persone adulte.

Corteggiamento

I calciatori come amanti difficili da convincere, su cui esercitare tutta la possibile arte della seduzione. Si seduce con soldi o promesse di gloria, persino con la simbologia – come quando Walter Sabatini inviò a Gerson la 10 di Totti. A volte si arriva al paradosso del calciatore che corteggia la squadra (“Lukaku corteggia l’Inter, adesso il ritorno in Serie A è possibile”). Il corteggiamento indica una fase precedente al vero e proprio rapporto, e in questo caso alla trattativa. Siamo in una fase preliminare, di ammicchi un po’ viscidi. Solitamente il giocatore corteggiato non è alla portata della squadra che corteggia. Affascinante, benché difficile, la vita di chi corteggia.

Si allontana 

Ogni “si allontana” un tonfo nel cuore di un tifoso: il calciatore desiderato resta sulla riva, rimpicciolendosi sullo sfondo, mentre la nostra nave salpa verso l’orizzonte del prossimo obiettivo. Il calciomercato, lo sappiamo, è gioco di incastri in cui tutto si tiene. Il battito d’ali d’una farfalla eccetera. Dunque una cosa che si allontana permette a un’altra di avvicinarsi (“Zidane si allontana dal PSG e avvicina Pogba alla Juventus”).

Nodi da sciogliere

«Tutte le volte che si considera il divenire nel suo insieme, torna invariabilmente alla mente il verdetto del Mahabharata: “Il nodo del Destino non può essere sciolto; niente, in questo mondo, è il risultato dei nostri atti”».

Emil Cioran

 

Problemi da risolvere per far procedere una trattativa di mercato. Il più insidioso è di certo il nodo ingaggio, ma fastidiosi anche i nodi riscatti o i nodi personalizzati (“Per l’Atalanta nodo Demiral”; “I nodi Beruatto e Benali”) o anche i nodi di ruolo (“Per la Juventus nodo portieri”). Infine, il meno risolvibile di tutti: il nodo esuberi (“Roma, nodo esuberi: altra alleanza in Ligue 1”).

Ipotesi

L’ipotesi evoca il linguaggio scientifico, la formulazione di una legge ancora provvisoria. L’ipotesi è un orizzonte di possibilità. Come l’idea, può spuntare (“Spunta l’ipotesi Okoli”) o farsi strada (“Si fa strada l’ipotesi Benatia”). Particolarità dell’ipotesi che non sfuma è quella di restare viva (“Lazio, resta viva l’ipotesi Caputo”), come esercitando una specie di volontà propria di resistenza, una fiamma che può bruciare anche in eterno. 

 

Il gergo del calciomercato è molto limitato, capite bene quanto è difficile costruire titoli espressivi con le poche parole a disposizione.

Ritorno di fiamma

A proposito di bruciare, da segnalare l’espressione “ritorno di fiamma” per indicare quegli obiettivi di mercato ritornati interessanti dopo un certo periodo in cui erano stati abbandonati.

Ultimatum

Tutti accettano i ritmi compassati del calciomercato, ma quando è troppo è troppo. Allora si dà un ultimatum, un’ultima condizione da accettare in un periodo di tempo limitato. Di solito un ultimatum contiene una minaccia: nel caso in cui le condizioni non venissero accettate ci sarebbero ritorsioni, ma che ritorsioni potrebbero esserci? Al massimo la squadra può abbandonare il proprio obiettivo di mercato. In quel caso si realizza la cosiddetta virata: “Ultimatum Lazaro, l’Inter vira su un altro obiettivo”.

 

È una delle parole più rivelative dell’impotenza iperbolica del linguaggio del calciomercato. L’ultimatum suona perentoria e definitiva, ma di solito non produce nulla. Dopo di essa le trattative rimangono quasi sempre allo stesso punto di prima. L’ultimatum è anche una delle parole più difficili da utilizzare in un titolo riuscendo a produrre frasi di senso compiuto. Quasi tutti i titoli che contengono la parola ultimatum suonano ermetici, spingono al massimo l’esoterismo, deragliano verso l’azzeramento di senso: “Milan, ultimatum del Newcastle: ora tocca al Lille ma non solo”.

Resta solo da convincere il calciatore

Convincere il calciatore in questo caso viene presentato come un piccolo dettaglio in coda a una trattativa mastodontica e irta di difficoltà. Il grosso sembra fatto: ora c’è solo da convincere l’essere umano che è stato oggetto della trattativa.

Stretta di mano

Espressione figurata per dire che c’è un accordo, in questi casi l’accordo – o l’intesa – è sempre “di massima”. In questo momento della trattativa ci sono solo dettagli “da limare”, o un’intesa “da finalizzare”. L’acquisto è virtualmente compiuto: “si attende solo l’ufficialità”. Un mondo di gentiluomini che attraverso una stretta di mano si danno parola d’onore: non si tradiranno, per una volta, pur lavorando nel mondo del vizio e del tradimento regolarizzato come quello del calciomercato.

A un passo

 

Un passettino, solo un passettino, dicevano. Di solito, quel passo, l’ultimo, è il più difficile da fare. Ricordate il paradosso di Achille e la tartaruga? Lo spazio tra l’uno e l’altra può riempirsi di infiniti spazi.

Mancano solo i dettagli

«Un dettaglio è un mondo spesso senza confini».

Aldo Busi

 

La trattativa è conclusa, le mani strette. Quasi. Ci sono sempre degli interstizi problematici di attesa che si creano tra una fase e l’altra, e fra la negoziazione e la sua chiusura si mettono di mezzo sempre diversi dettagli. Minuzie, quisquilie, bazzecole. Eppure lo sappiamo: c’è il diavolo nei dettagli. In fondo bastò un proiettile di un giovane rivoluzionario per scatenare la prima guerra mondiale. 

 

A volte il dettaglio a mancare è solo lo scarabocchio su un foglio, in quel caso si usa la variante “Mancano solo le firme”. Questa mancanza di dettagli può protrarsi per settimane, per mesi, trasformando l’intera trattativa in una strana allucinazione in cui il tifoso perde qualsiasi bussola sulla realtà.

Le firme nella notte 

 

Direttori sportivi seduti sulle sedie di pelle del bar di un albergo. Non possono fumare, ma fumano lo stesso perché sono le quattro di notte. Intorno il mondo dorme, mentre loro, in segreto, gli tramano contro, concludendo un’operazione segreta che avrà un impatto incalcolabile nel calcio internazionale. Sono operazioni delicate, potenzialmente divisive, per questo si compiono col favore delle tenebre, forse persino con un pizzico di inconfessabile vergogna.

Ufficiale

Tutti gli acquisti sono idee, ma pochi diventano ufficiali. L’ufficialità è l’orgasmo del calciomercato, l’apice dell’amplesso di trattative portato avanti per settimane, mesi. La realizzazione compiuta, apollinea, di ipotesi, corteggiamenti, assalti e affondi.

 

Negli ultimi anni si vanno diffondendo motti inglesi per indicare lo stesso concetto: “Done deal” e “Here we go”, una specie di formula apotropaica che scaccia la lentezza del calciomercato. La percentuale di voci di mercato e trattative che si concretizza è talmente esigua che l’ufficialità suona come un miracolo da celebrare come un dono divino.

 

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Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).