Maximilian Arnold, centrocampista centrale, 23 anni, Germania
Di Daniele Manusia
Ho capito studiando Maximilian Arnold che divento malinconico quando guardo l’Under 21. Magari sono solo io, magari no. Ho messo gli occhi su Arnold senza sapere chi fosse, colpito dalla pulizia del suo sinistro nei passaggi corti e lunghi, dal ritmo che dava alle sue giocate che esprimeva un controllo sulla gara da “giocatore vero”. Anche sotto pressione non si affrettava mai. Era la partita con la Repubblica Ceca e me lo sono goduto senza sapere niente di lui, il nome non mi diceva niente.
Vado più a fondo: ero stato colpito dal fatto che sembrava un giocatore maturo, per essere un Under 21. Giocava nella coppia di centrali di centrocampo accanto a Mahmoud Dahoud, che conoscevo meglio, e per quanto Dahoud sia senza dubbio uno dei più interessanti di questo Europeo, Arnold non sfigurava al suo fianco, era solo diverso, e dei due era il più carismatico. Un mediano, capitano, con la maglia numero 10. Interessante, no?
Il controllo orientato di destro e la protezione col corpo sono perfetti, a monte c’è la lettura della struttura avversaria. Peccato l’imprecisione nel passaggio.
Poi mi sono informato e mi sono reso conto che avevo già visto Arnold con il Wolfsburg e non mi aveva impressionato. E ho capito anche che se giocava in modo maturo era perché, in realtà, è uno dei più maturi del torneo. Perché ha più di 100 presenze in Bundesliga (è stato il più giovane esordiente con la maglia del Wolfsburg quando aveva 17 anni… più di sei anni fa!) e ha esordito con la Nazionale maggiore già nel 2014 (anche se giocando solo un quarto d’ora quella singola volta). Maximilian Arnold ha due anni in più di Dahoud e il doppio delle presenze in campionato.
Certo, aiuterebbe chiamarla Under 23 anziché Under 21, perché in fondo è quella che è quando si parla delle fasi finali dell’Europeo (perché si tiene conto dell’età del giocatore a inizio competizione, quindi a inizio qualificazioni); ma resta il fatto che in un torneo giovanile io ho cercato il più professionista, il meno giovanile. Magari sono solo io. O magari è la pressione del sistema calcio su dei ragazzi che per la stragrande maggioranza spariranno dal panorama di primo livello. Siamo spettatori anche di questo processo, in un certo senso, e magari ho scelto un giocatore di questo tipo per avere più probabilità di rivederlo in futuro. Insomma, sto scrivendo di Maximilian Arnold anche perché non ne posso più di scrivere giocatori che poi spariscono nel nulla, o quasi.
Per andare sul sicuro sono andato sul numero 10 capitano della Germania, cioè di una delle Nazionali da cui sarà più difficile che qualcuno sparisca. Se non è una forma di malinconia questa…
Forse la cosa che Maximilian Arnold fa meglio in assoluto è calciare le punizioni (e gli angoli, ovviamente).
Ma c’è della malinconia anche nel gioco di Maximilian Arnold – che in ogni caso tra i giocatori di questo pezzo ci sta benissimo, perché in fondo il suo valore è di solo 10 milioni su Transfermarkt. Non lo avevo notato, in Bundesliga, perché in quel contesto è difficile che Arnold riesca a controllare il ritmo.
Nel Wolfsburg quest’anno ha giocato mezzala, ma interpreta il ruolo con il minor dinamismo possibile: si smarca tra le linee o sull’esterno, si abbassa incontro alla difesa, pressa la mezzala opposta; ma diciamo che non si esalta in movimento e per sfuggire alla pressione avversaria deve velocizzare molto le sue giocate, perdendo un po’ in precisione, nonostante un sinistro non comune.
In questo Europeo ha coperto la posizione a centrocampo senza mai proiettarsi in avanti più basso di Dahoud sia per impostare che per coprire, con un volume di gioco e una qualità superiori. Ha esaltato il suo talento per i cambi di campo in orizzontale, distillando i passaggi verticali, sia i taglia-linee che i filtranti. Forse manca un po’ di coraggio (perché non è precisissimo), ma c’è una volontà di controllo sul gioco che secondo me fa immaginare grandi margini di miglioramento.
Per migliorare deve toccare più palloni, nel Wolfsburg effettua 44,2 passaggi per 90 minuti, troppo pochi per avere un’influenza forte sul gioco della propria squadra (è il 10 giocatore tra quelli in rosa: anche in assenza di stats credo di poter dire che in questo Europeo la sua influenza nella Germania sia maggiore). Uno dei problemi principali è in fase difensiva: copre poco campo e anche se difende abitualmente in avanti va spesso a vuoto. Anche in questo caso giocare più vicino alla difesa, con più calma e tempo per sfruttare la sua lettura del gioco anziché il dinamismo, non potrebbe che fargli bene.
Inoltre, dato che difficilmente si muoverà più di quanto si muove ora (non è lentissimo, ma è poco esplosivo e anche se è alto più di un metro e ottanta ha le leve corte) deve proteggere meglio il pallone. Oppure, anche qui, deve proteggerlo di più. Più che resistere alla pressione avversaria, ora come ora la elude. Si è adattato all’intensità del campionato tedesco pensando più velocemente, ma in questo modo secondo me non ha sviluppato a pieno il suo talento. E questo è l’aspetto malinconico: che anche se giovane è già formato su un certo tipo di calcio, che non è proprio il tipo di calcio che meglio esalta la fantasia e la libertà, fondamentali a qualsiasi giovinezza.
E poi Arnold sembra un ragazzo molto a posto anche se di carattere. Contro l’Italia è stato lui a imbruttire Berardi dopo che aveva spinto un suo compagno nella rete di porta: e insomma anche noi ci saremmo scomodati per dire a Berardi che non ci comporta in questo modo. Gagliardini invece ha dovuto esagerare e lo ha preso alla gola. Poi i giornali hanno detto che Arnold lo ha minacciato, ma insomma anche noi italiani facciamoci una domanda ogni tanto. Se abbiamo fatto incazzare uno come Arnold ci sarà un motivo.
Quando Arnold ha litigato con Marcelo in Champions League, e Marcelo ha simulato una testata facendo una figura a dir poco ridicola, Arnold invece di offenderlo davanti ai giornalisti ha detto: “Mi piacerebbe avere capelli splendidi come i suoi“.
Maximilan Arnold. Che signore.