
In Spagna l'attaccante dell'Alaves Lucas Perez ha segnato per la settima partita consecutiva e, dato che aveva centrato la stessa impresa anche nel 2015-2016 con il Deportivo La Coruna, è il primo giocatore nella storia della Liga a riuscirci con due squadre diverse. In Italia nessuno è mai riuscito in un 7+7, ma abbiamo numerosi casi di attaccanti che sono arrivati a 6+6: l'ultimo è stato Gonzalo Higuain, addirittura in due stagioni consecutive, nel suo anno da 36 gol a Napoli (2015-2016) e alla Juventus nel 2016-2017. Ma c'è chi fa meglio e costui è Ciro Immobile, attualmente a 6+7: nel Torino 2013-2014 e nel presente campionato con la Lazio, in cui la striscia di sette partite è ancora aperta. Com'è noto, il record (11 partite) appartiene a Batistuta (Fiorentina 1994-95) e Quagliarella (Sampdoria 2018-2019), ma viste le medie del Ciro nazionale e il calendario della Lazio fino a Natale (Sassuolo, Udinese, Juventus, Cagliari) eguagliare il record sembra difficile ma non impossibile.
Il galiziano Lucas Perez è transitato anche all'Arsenal per una stagione, nel 2016-2017, quando segnò un solo gol in Premier League: questo, bellissimo, contro il Bournemouth.
Maurizio e lo zio Cesto
Negli anni Settanta Bjorn Borg era l'incubo di tanti tennisti e in particolare di uno, l'americano Vitas Gerulaitis: un buon giocatore, ma sempre un passo indietro ai Borg, ai Connors, ai McEenroe. Lo score dei precedenti tra i due era mortificante: 16 vittorie a zero per lo svedese. Così, quando nel 1983 Borg annunciò a sorpresa il ritiro, Gerulaitis ebbe la prontezza di spirito di uscirsene con la frase che lo consegnò alla storia: «Ah! Nessuno riesce a battere Gerulaitis diciassette volte di fila».
Maurizio Sarri non è più un giovanotto ma gode ancora di ottima salute, e dunque sembra ancora lontano il momento in cui i tifosi del Milan potranno citare Gerulaitis. Domenica sera il tecnico toscano è rimasto imbattuto contro i rossoneri per la nona volta su nove in serie A (c'è solo una sconfitta in coppa Italia nel 2007, ampiamente giustificabile, visto che all'epoca Sarri allenava l'Arezzo in zona retrocessione in serie B). Nel dettaglio, sono cinque vittorie e quattro pareggi, maturate una volta con la Juve, sei volte con il Napoli e due con l'Empoli, quando l'1-1 a San Siro nel girone di ritorno indusse l'allora tecnico rossonero Pippo Inzaghi a pronunciare in conferenza stampa una frase, col senno di poi, tristemente profetica: “Non puoi pensare di dominare una squadra come l'Empoli a San Siro”.
Anche in quest'epoca di vacche magrissime, fa impressione vedere il Milan non riuscire a battere un allenatore per nove volte di fila. E difatti nella storia della serie A c'è solo un caso all'altezza, anch'esso legato alla Juventus: il cecoslovacco Cestmir Vycpalek, imbattuto anche lui per nove partite (tre vittorie e sei pareggi) da allenatore della Juventus (7 partite) e del Palermo (2 partite). Curiosamente, invece, contro il Milan lo “zio Cesto” (che zio lo era davvero, da parte materna, di Zdenek Zeman) ha sempre perso in coppa Italia: tre sconfitte su tre, una delle quali in finale ai rigori nel 1973.
Lezioni Dybala
A proposito di juventini ex palermitani, ieri Paulo Dybala ha vinto il suo personale derby polacco con Piatek (non siamo impazziti: il nonno paterno di Paulo, Boleslaw, era nato a 60 chilometri da Cracovia e dopo la Seconda Guerra Mondiale emigrò in Argentina). Ce n'è abbastanza per metterne la foto segnaletica fuori da Milanello, visto che la Joya ha segnato al Milan per la sesta stagione consecutiva: la prima con la maglia del Palermo, sia a San Siro che al Barbera, e le altre cinque allo Juventus Stadium.
Il primo gol di Dybala al Milan, facendo fare una brutta figura a Zapata.
Nella storia della serie A c'è solo un giocatore che ha fatto meglio, e curiosamente è proprio quello a cui è intitolato l'attuale stadio del Milan: ovvero Pepìn Meazza, a segno per sette campionati di fila (dal 1929-30 al 1935-36) con la maglia dell'Ambrosiana-Inter. Ma Dybala ha pur sempre eguagliato Gigi Riva e Totò Di Natale, gli unici altri due giocatori a segno contro il Diavolo per sei stagioni di fila, rispettivamente nel Cagliari 1966-1972 e nell'Udinese 2008-2014.
La Isla Manita
Last night I dreamt of Joao Pedro... Momento spettacolare per il Cagliari su cui avrete sicuramente già letto le statistiche più ovvie: mai così in alto da quarant'anni, mai così tanti punti dopo 12 giornate dall'anno dello scudetto, eccetera. Più sfizioso quanto vi sottoponiamo: per esempio, è la prima volta in serie A che il Cagliari segna cinque gol con cinque giocatori diversi. E anche di cinque diverse nazionalità: nel dettaglio Croazia (Rog), Italia (Pisacane), Argentina (Simeone), Brasile (Joao Pedro) e Belgio (Nainggolan). I nostri lettori più attenti ricorderanno che qualcosa di simile era già riuscito alla Roma alla terza giornata, quando però si era fermata a quattro contro il Sassuolo. Primato stagionale, dunque! Ma il record assoluto rimane dell'Inter 1999-2000, sei gol provenienti da sei paesi diversi contro il Lecce. Per eguagliarlo la banda-Maran avrebbe potuto puntare al jackpot avanzando in attacco l'uruguayano Nandez, sguinzagliando dalla panchina il moldavo Ionita o battendo tutti i corner verso l'estone Klavan (sarebbe stato il primo estone!), ma ha preferito accontentarsi.
Ricapitoliamo i sei paesi diversi a segno in quell'Inter-Lecce: Grecia (Georgatos), Argentina (Zanetti), Jugoslavia (Jugovic), Cile (Zamorano), Brasile (Ronaldo), Uruguay (Recoba).
Ad ogni modo, la doppietta del serbo Vlahovic ha fatto ugualmente arrivare a sei i Paesi diversi a segno nella stessa partita. Raro ma non così impossibile, visto che per esempio l'anno scorso in Sassuolo-Sampdoria 3-5 si arrivò addirittura a sette marcatori di sette Paesi diversi: Francia (Defrel), Italia (Quagliarella, Gabbiadini), Costa d'Avorio (Boga), Polonia (Linetty), Belgio (Praet), Ghana (Duncan) e Senegal (Babacar).
Grosso guaio a Brescia-town
Si sa, la serie A è come un rubinetto di acqua bollente al massimo della pressione: chi ci si avvicina con troppo entusiasmo rischia seriamente un'ustione di secondo grado. È pressappoco quel che è successo a Fabio Grosso, mortificato da uno 0-4 che ha precedenti anche piuttosto freschi: per maggiori informazioni chiedere a Moreno Longo, altro enfant prodige il cui debutto in serie A con il Frosinone, la scorsa stagione, fu festeggiato dall'Atalanta con un gioioso 4-0. E' più insolito che una batosta del genere piombi tra il capo e il collo di un tecnico subentrante, visto l'antico luogo comune che vuole il nuovo allenatore “dare la scossa” all'ambiente dopo una serie di risultati negativi. Eppure, è successo anche questo.
Per esempio, i tifosi del Bari ricordano ancora con raccapriccio l'esordio horror di Eugenio Fascetti, 13^ giornata 1995-1996: appena subentrato a Giuseppe Materazzi, il tecnico viareggino esordì con una sconfitta per 7-1 a Cremona di cui chi ha buona memoria ricorda la lapidaria pagella che la Gazzetta dello Sport riservò al portoghese Abel Xavier: “4. Chi l'ha visto?”. Tragicomico anche l'esordio di Aldo Agroppi sulla panchina della Fiorentina, gennaio 1993: non si era ancora messo a sedere in panchina che Marco Branca aveva già portato in vantaggio l'Udinese dopo nove secondi, tanto che in futuro il tecnico di Piombino avrà modo di scherzarci su: “Quello di Branca era un gol che apparteneva ancora alla gestione Radice”.
Nell'azione incriminata del primo gol di Branca, decisivo in negativo anche il buco di Stefano Pioli, altro allenatore subentrato in corsa in questa stagione.
Oltre a Fascetti, solo un altro allenatore ha esordito con una sconfitta per sei gol di scarto negli ultimi 25 anni: Angelo Pereni, più che altro un semplice traghettatore nel Lecce 1997-1998, allenato per tre giornate in inverno in attesa del passaggio da Prandelli a Sonetti. Non fu un'esperienza da raccontare ai nipotini: tre partite, tre sconfitte e 14 gol subiti, tra cui un 6-0 all'esordio contro la scatenata Udinese di Zaccheroni e Bierhoff. Grazie, e arrivederci.
Merita comunque un capitolo a parte il laocoontico tragitto di vita disegnato dal Palermo di Zamparini 2015-2016, in cui ci furono otto cambi di gestione tecnica in 38 partite (la squadra si salvò). Nella maionese impazzita di quella stagione, particolarmente degna di nota l'unica panchina in serie A di Fabio Viviani, allenatore per un giorno nell'attesa che si sbloccasse la situazione di Guillermo Barros Schelotto (sì, anche lui ha allenato il Palermo): una sconfitta per 4-0 in casa del Genoa, in cui gli insoliti panni del mattatore furono indossati da Cristian Ansaldi (tre assist!).
La solitudine dell'addetto al VAR prima del calcio di rigore
Parafrasiamo il romanzo di Peter Handke per illustrare anche storicamente il pasticciaccio brutto avvenuto nel secondo tempo di Lazio-Lecce, dove l'accoppiata Manganiello-Pairetto ha annullato il tap-in di Lapadula dopo il rigore di Babacar respinto da Strakosha. Tanto per cominciare, a nostra memoria in serie A è il primo caso di gol annullato per un motivo simile, mentre abbondano i rigori ripetuti per la stessa fattispecie (quando l'arbitro, evidentemente, vuole sanzionare l'ingresso in area di giocatori di entrambe le squadre).
Uno dei rigori ripetuti più drammatici degli ultimi vent'anni, dove possiamo ammirare la freddezza di Laurent Blanc a due minuti dalla fine di Bologna-Olympique Marsiglia, semifinale di ritorno di Coppa UEFA 1998-1999.
C'è invece una ricca casistica di rigori parati ma ripetuti per ingresso del difensore: famoso il caso di Milan-Cremonese del 13 febbraio 1994, quando l'arbitro Quartuccio ordinò la ripetizione del rigore parato da Turci a Savicevic per ingresso in area troppo tempestivo di almeno tre difensori grigiorossi. Costacurta spense le polemiche calciando malissimo, in curva, il secondo tentativo.
Ancora più fiscale la ripetizione ordinata dall'arbitro Palanca in Como-Parma del 9 febbraio 2003, quando Frey aveva addirittura bloccato il rigore di Caccia. Tutto inutile, perché Lamouchi si era troppo avvicinato al dischetto. Anche in questo caso il secondo tentativo fu nuovamente sbagliato, con spettacolare deviazione di Frey sul tiro di Caccia. Certo, nella concitazione del momento è facile cadere in errore: non è stato immune da svarioni nemmeno l'attuale designatore Nicola Rizzoli, che in un Lucchese-Piacenza di Coppa Italia del 7 agosto 2005 (di cui purtroppo non abbiamo immagini, ma solo l'articolo della Gazzetta) annullò un gol su rigore del piacentino Cacia perché un suo compagno era entrato in area in anticipo, ma invece di far ripetere il tiro fischiò una punizione per la Lucchese.
Van Basten può attendere
Ammettiamolo: durante Parma-Roma noi appassionati di Fatti Strani abbiamo tutti tifato per una rete di Edin Dzeko. Se avesse segnato, il bosniaco sarebbe entrato nell'iper-esclusivo club dei giocatori che hanno affrontato almeno 25 squadre diverse in serie A facendo gol a tutte loro: al momento vi fanno parte solo Silvio Piola (33 squadre su 33) e Marco Van Basten (26 su 26). A Dzeko, fermo a 25 su 26, manca solo il Parma. Potrà riprovarci al ritorno, ma nel frattempo non dovrà rilassarsi, perché già dopo la sosta incontrerà il Brescia, ovvero una squadra che non ha ancora mai affrontato nelle sue cinque stagioni romane. E da 26 le squadre diventeranno 27…
La prima delle 26 squadre castigate in serie A da Marco Van Basten fu il Pisa, ma quale fu l'ultima? L'Ancona, che il 9 maggio 1993 ebbe anche l'onore di subire l'ultimo gol in carriera del Cigno di Utrecht.