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Cosa serve alla Roma sul mercato
27 lug 2021
Come si accontenta José Mourinho?
(articolo)
10 min
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Non sono passati nemmeno tre mesi da quando la Roma ha annunciato José Mourinho ma l’attesa per una squadra alla sua altezza è già diventata insopportabile, almeno per i tifosi giallorossi. Era uno dei non detti che aveva incendiato la piazza insieme al suo arrivo: se Mourinho ha accettato di venire a Roma è perché ha avuto garanzie di un mercato che possa metterlo nelle condizioni di competere, si diceva. Tra questa convinzione e l’arrivo di nomi che possano far sognare il tifo romanista, però, si è messa in mezzo la realtà: ovvero una rosa che ha un urgente bisogno di essere sfoltita, diversi giocatori già poco utilizzati prima di Mourinho oppure tornati da prestiti non incoraggianti, un monte ingaggi da sgonfiare e una situazione finanziaria che rimane precaria.

Non stupisce che fino ad adesso il nuovo general manager portoghese, Tiago Pinto, abbia lavorato soprattutto in questo senso. Il dirigente portoghese ha trovato nel campionato francese una sponda nella sua faticosa opera di ristrutturazione della rosa giallorossa. E così Cengiz Ünder è tornato in prestito (ma con obbligo di riscatto al verificarsi di determinate condizioni) al Marsiglia, che ha dato una nuova casa anche a Pau Lopez, a sua volta in prestito con obbligo di riscatto (al raggiungimento di 20 presenze). In Francia ci è finito anche Justin Kluivert, andato in prestito al Nizza (anche in questo caso con obbligo di riscatto a determinate condizioni), ed è vicino ad andarci anche Robin Olsen, che fino a poche ore fa sembrava a un passo dal trasferirsi al Lille. Rispetto alla scorsa stagione, a salutare sono stati anche Bruno Peres (andato al Trabzonspor), Juan Jesus e Antonio Mirante (svincolati).

Molto è stato già fatto, insomma, ma molto deve essere ancora fatto. La rosa della Roma, nonostante tutto, ha ancora dei giocatori in esubero, che fuoriescono come spettri da passati dimenticati o dimenticabili: da Fazio a Bianda, da Santon a Nzonzi, da Pastore a Pedro (messo a sorpresa fuori rosa per il ritiro pre-campionato), sono ancora molti quelli che devono trovare un nuovo posto nel mondo.

Mentre le porte girevoli di Trigoria continuano a danzare, alcune urgenze di rosa sono state già risolte. In porta - dove siamo al terzo portiere negli ultimi tre anni per cercare di riempire il vuoto incolmabile lasciato da Alisson - è arrivato dal Wolverhampton Rui Patricio. Il portiere portoghese viene da un Europeo in cui ha abbinato quella che è forse la migliore parata del torneo (su Pogba) a un gol subìto che forse sarebbe stato evitabile (con il Belgio) e che ha decretato l’eliminazione della squadra di Fernando Santos, ma sembra avere l’esperienza per poter lasciare più tranquilli i tifosi giallorossi, dopo due stagioni in cui la difesa dei pali ha agitato i loro incubi.

Sull’out basso di sinistra, dove si era aperta una falla per il grave infortunio di Leonardo Spinazzola, la Roma ha invece puntato sull’uruguaiano Matias Viña. L’ex terzino del Palmeiras, con cui ha vinto una Copa Libertadores la scorsa stagione, non ha particolari picchi tecnici o atletici ma sembra perfetto per diventare uno di quei soldati semplici che da sempre costituiscono l’ossatura delle squadre di Mourinho. Giocatore che sa come far sentire la propria presenza in difesa e di grande resistenza: Viña interpreta il ruolo in maniera molto scolastica, percorrendo la fascia avanti e indietro senza troppa fantasia ma comunque con un buon piede per i cross in area. Un terzino senza velleità di diventare un titolare inamovibile, insomma, ma abbastanza solido da poter tornare utile anche dopo il ritorno di Spinazzola.

Questo è perché José Mourinho lo ha voluto, secondo YouTube.

Risolti i problemi più urgenti, adesso però per Tiago Pinto arriva il difficile. Come e dove alzare il livello della rosa per restituire a Mourinho una squadra all’altezza del suo nome?

Dal centrocampo in giù

Uno dei limiti che più ha azzoppato la scorsa stagione della Roma è stato quello della fragilità difensiva. La squadra di Fonseca ha chiuso il campionato con un passivo di ben 58 gol, come Genoa e Udinese, e ha inanellato anche nelle coppe una serie di reti subite grottesche. Eppure la società almeno da fuori non sembra intenzionata a voler rafforzare il reparto difensivo, che al centro può contare su Smalling, Mancini, Ibañez e Kumbulla, nessuno dei quali, a parte forse il centrale italiano, può dire di venire da una stagione particolarmente felice, per infortuni e/o rendimento.

Forse Tiago Pinto conta sulle capacità taumaturgiche di Mourinho, oppure si è addossata l’intera responsabilità della fragilità difensiva della Roma alle idee di Fonseca, fatto sta che la squadra giallorossa in difesa probabilmente partirà con le stesse incognite dello scorso anno: l’inaffidabilità fisica di Smalling, i cali di concentrazione di Ibañez, la crescita da verificare di Kumbulla, il processo di apprendimento di Mancini non ancora completato. Se Mourinho vuole davvero puntare sulla solidità difensiva, sicuri che la Roma non abbia bisogno di un salto di qualità lì dietro?

Non che siano mancati i "rumor", ovviamente. Alla Roma sono stati associati centrali giovani esplosi in Italia (come Matteo Lovato), centrali giovani esplosi all’estero (come Sven Botman), centrali esperti di grandi squadre europee (come Clement Lenglet), centrali esperti di squadre europee un po’ meno grandi (come Diego Carlos), addirittura svincolati (Nikola Maksimovic). Per nessuno di questi, però, si è ancora avviata una trattativa vera e propria, segno che forse la Roma non è del tutto convinta di voler fare un investimento in quella zona di campo.

D’altra parte, per fare un vero e proprio salto di qualità la Roma dovrebbe comprare un titolare immediatamente pronto come Lenglet o Diego Carlos, che sono però profili che costano molto senza dare rassicurazioni totali, mentre un qualsiasi giovane in rampa di lancio non sarebbe sicuro di avere un posto da titolare, e forse questo preclude l’acquisto di gente come Lovato o, ancora di più, Botman, che è molto richiesto dopo la grande stagione a Lille.

Un buon compromesso tra questi due profili potrebbe essere Martin Hinteregger, che a 28 anni sia con l’Eintracht Francoforte che con l’Austria ha dimostrato di essere estremamente affidabile.

Simile la situazione sulla mediana, dove la Roma invece ha da tempo individuato in Granit Xhaka il profilo adatto a rafforzare un reparto con molta concorrenza. Lo svizzero andrebbe ad aggiungersi a Veretout, Diawara, Villar, Darboe e Cristante, ai quali teoricamente andrebbe aggiunto anche Lorenzo Pellegrini, che spesso ha giocato in mediana nella stagione appena conclusa.

Non è detto, visto il grande Europeo che ha complicato una trattativa già difficile, ma se alla fine Xhaka dovesse arrivare davvero (e per i ritmi del campionato italiano potrebbe trattarsi di un giocatore che cambia la dimensione del centrocampo della Roma) è probabile che uno di loro parta, definitivamente o in prestito. I principali indiziati sono Diawara e Villar, poco adatti al centrocampo muscolare e carismatico che Mourinho ha probabilmente in mente quando chiede un giocatore come Xhaka.

Dal centrocampo in su

La Roma ha problemi simili anche sulla linea di campo più avanzata, dove c’è l’esigenza di alzare la qualità e, al tempo stesso, non è chiarissimo come si possa fare, o comunque sembra molto complicato. Il nodo gordiano è per l’ennesima volta Edin Dzeko. Da anni ormai la Roma è incatenata al paradosso del suo numero 9 bosniaco, che è la principale fonte del suo gioco offensivo ma che limita le capacità di finalizzazione della squadra, pur contribuendo a creare le occasioni da gol della Roma. Sostituirlo non è facile da vari punti di vista, innanzitutto finanziario: chi è disposto, in un anno di grande sofferenza per via della pandemia, ad accollarsi il suo pesante ingaggio?

D’altra parte, anche da un punto di vista tecnico andare oltre Dzeko non è semplice. Ne sa qualcosa Fonseca che, dopo averlo messo in panchina la scorsa stagione, di fronte all’evanescenza di Borja Mayoral (soprattutto contro le grandi squadre) è stato costretto a tornare sui suoi passi nel finale di stagione. Bisogna aggiungere che il rapporto tra la piazza romana e Dzeko sembra ormai compromesso, dopo cinque anni in cui comunque si è assicurato una parte importante nella storia del club. È rivelativo, in questo senso, che il nome che più viene richiesto dalla piazza è quello di un giocatore che è l’opposto tecnico ed emotivo di Dzeko, e cioè Mauro Icardi. Un numero nove che contribuisce pochissimo alla manovra, che vive in area di rigore e che ha bisogno di pochi palloni giocabili per trasformare le occasioni in gol. E una persona che sembra non essere scalfita da niente, con un’aura ieratica dentro e fuori dal campo lontana anni luce dall’emotività introversa e spesso nervosa di Dzeko. Con Mourinho, la Roma sembra passata dal voler ottenere i risultati qui e ora, e niente confermerebbe questa nuova fase più della sostituzione di Dzeko con Icardi.

Se la strada che porta la Roma a separarsi da Dzeko è difficile, però, ancora più impervia è quella che porta Icardi a vestire i colori giallorossi. Il PSG ha già pagato all’Inter una cifra intorno ai 50 milioni a cui, oltre a 22 milioni di bonus vari, dovrebbe aggiungerne altri 15 nel caso in cui lo vendesse in Serie A.

Più accessibile sembra una possibile trattativa per Belotti, altra nemesi tecnica di Dzeko. Per quanto molto più grezzo tecnicamente, con lui la Roma si assicurerebbe un attaccante pronto a buttarsi nelle fiamme del pressing e che vive per le corse in verticale - qualcosa a cui gli attaccanti giallorossi presumibilmente quest’anno dovranno abituarsi se Mourinho manterrà la sua fede nei confronti del baricentro basso e delle transizioni.

Una possibile terza via è quella che porta a un attaccante di prospettiva che possa fare il terzo dietro a Dzeko a Mayoral. Per questo scenario si è parlato molto di Eldor Shomurodov, attaccante uzbeko che alla sua prima stagione in Serie A non ha convinto del tutto. Dopo un inizio di stagione scioccante in cui sembrava semplicemente inadatto al contesto, Shomurodov è gradualmente cresciuto mostrando un bagaglio tecnico meno povero di quanto si pensasse e ha chiuso l’anno con 5 gol nelle ultime 6 partite. Rimane la domanda principale: Shomurodov alzerebbe il livello della Roma rispetto allo scorso anno?

Forse la Roma dovrebbe tentare scommesse più rischiose, e non solo al centro dell’attacco. Anche sulla trequarti, infatti, la rosa è meno solida di quanto non sembri. Sulle fasce, soprattutto, i due titolari (Zaniolo e Mkhitaryan) per dubbi fisici o per età non possono garantire una presenza costante per tutta la stagione, e dietro di loro la Roma non ha molta scelta se non El Shaarawy e Carles Perez.

Per questo ruolo si è parlato molto di Luis Diaz, un giocatore devastante se ha molto campo da risalire davanti a sé e che potrebbe mettere in discussione le gerarchie sulle fasce. L’ala colombiana viene però da una buona stagione a Porto e da una grande Copa America (che ha chiuso da capocannoniere insieme a Messi) e proprio per questo costa molto.

Oltre alla possibilità di pescare dalla Primavera, che con Ciervo e Zalewski sta comunque dando ottimi frutti, la Roma anche per questo ruolo potrebbe rischiare un acquisto in prospettiva. Senza considerare le difficoltà che incontrerebbe Tiago Pinto in fase di negoziazione, la Roma potrebbe bussare alla porta di qualche club francese per uno dei giovani gioielli della Ligue 1, come Jeremy Doku (Rennes) o Rayan Cherki (Lione).

Anche in questo caso parliamo di trattative difficili e non proprio low cost, ma tanto, come avrete capito, non ci sono soluzioni semplici ai problemi della Roma in questa sessione di mercato, che erano profondi già prima dell’arrivo di Mourinho.

L’arrivo dell’allenatore portoghese ha alzato le aspettative di tutti, stringendo ancora di più il già strettissimo passaggio che sta attraversando Tiago Pinto. Vedremo il prossimo 31 agosto se sarà riuscito a passarci senza rimanere schiacciato.

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