Trent’anni fa, nell’ultima edizione giocata in Brasile prima di quella in corso, la formula della Copa América non prevedeva gare a eliminazione diretta: da due gironi composti da cinque squadre ciascuno usciva fuori un nuovo minigirone in cui le migliori due (Paraguay e Argentina da una parte, Uruguay e Brasile dall’altra) si scontravano in gare di sola andata. Tutto questo per dire che quella che è passata alla storia come la finale di Brasile 1989, la rivincita del Maracanazo tra Uruguay e Amarelha, in realtà è stata solo contingentemente la partita che ha assegnato la Copa (perché, cioè, non era una finale ma una partita da 3 punti: vinse il Brasile con un gol di Romario dopo una bella azione di Mazinho sulla fascia).
La nostalgia è uno dei motori retorici di questa (di ogni?) Copa América: oggi il tabellone torna a mettere la Celeste, in proiezione, sulla strada del destino dei padroni di casa, evocando una mistica che è sempre una garanzia. Le squadre di Tite e Tabárez hanno confermato i pronostici dimostrandosi organizzate e attrezzate per arrivare fino in fondo, forse le due compagini più solide, senza tentennamenti viste finora nel torneo. Ma questo è il Sudamerica, bellezza: il luogo in cui l’unica certezza è che certezze sono fatte per essere smentite.
Cosa ci hanno detto, finora, le partite giocate nella fase a gironi? Su chi dovremmo puntare gli occhi? Cosa ci dobbiamo aspettare? Intanto qua c’è il tabellone:
https://twitter.com/CopaAmerica/status/1143351545842601992