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Chi sarebbe l'allenatore più adatto per il Napoli
10 ott 2023
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5 nomi per il dopo Rudi Garcia.
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IMAGO / PA Images
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Non sono passati nemmeno cinque mesi dall'ultima volta che ci siamo chiesti chi sarebbe potuto essere il nuovo allenatore del Napoli. Allora non ci eravamo immaginati che De Laurentiis potesse scegliere un allenatore come Rudi Garcia e ancora di meno avremmo potuto pronosticare la velocità con cui l'intero progetto sarebbe andato deteriorandosi. Prima la dolorosa sconfitta casalinga contro la Lazio, poi i litigi con Kvaratskhelia e Osimhen, infine la debacle ancora più netta con la Fiorentina di Vincenzo Italiano. Oggi De Laurentiis ha ammesso che con Rudi Garcia sta vivendo un «momento no» e che prenderà «le decisioni più opportune quando sarà il momento di prenderle». Non sappiamo esattamente cosa significa ma, visto che l'allenatore francese sembra davvero a un passo dall'essere esonerato e che immaginare futuri più o meno possibili è sempre divertente, eccoci di nuovo a ragionare su cinque nomi plausibili per il futuro della panchina azzurra.Marco Giampaolo, per chi crede che tutto è possibileDi Marco Giampaolo si parla davvero e già questa è una notizia. Lo riferisce per esempio Sky Sport e una quantità innumerevole di siti di calciomercato per cui sarebbe una scelta sensata come traghettatore fino alla fine della stagione - visto il contratto di Rudi Garcia, che con un esonero andrebbe pagato, e l’assenza di nomi pesanti a stagione in corso. Di Giampaolo però abbiamo perso le tracce da più di un anno, cioè da quando è stato esonerato da una Sampdoria zavorrata da problemi societari che forse l’avrebbero portata in Serie B in qualsiasi caso. Le ultime notizie su di lui sono arrivate quest’estate, quando per un attimo è sembrato vicino a firmare con il Lecce, e pochi giorni fa, quando ha rescisso il contratto che ancora lo legava al club genovese (“con un risparmio di circa due milioni lordi”, ha riportato velenosamente Telenord). Per il resto abbiamo solo qualche foto malinconica, che lo ritrae mentre gioca a carte con alcuni amici in uno stabilimento di mare, probabilmente vicino casa sua, a Pescara.È inutile girarci intorno: gli ultimi anni della carriera (e penso anche della vita) di Marco Giampaolo sono stati terribili. Prima l’esperienza al Milan che gli ha fatto perdere gran parte della sua credibilità, poi il fallimento al Torino che ha fatto sparire anche la speranza che potesse rilanciare il suo gioco in una squadra senza obiettivi e quindi senza pressione. Il ritorno alla Sampdoria, aperto dal sorriso da bambino al suo arrivo e chiuso dalla cupa uscita di scena, ha sembrato confermare tutti i pregiudizi che c’erano su di lui. Ormai gli ultimi avvenimenti della sua carriera sono letti in chiave ironica, e in chiave ironica viene letto a posteriori anche ciò che di buono aveva fatto prima del Milan. Obiettivamente, con il Napoli in un momento così critico, il suo nome sembra uno scherzo. Ma sembrava uno scherzo anche il nome di Rudi Garcia ed ora eccoci qui. Ovviamente, ancora prima che i fallimenti degli ultimi anni, sulla testa di Giampaolo gravano le incognite legate alla sua resistenza sotto pressione. L’allenatore abruzzese ha dimostrato di andare in burnout praticamente ogni volta che le cose sono iniziate ad andare per il verso sbagliato e Napoli è forse il peggior posto dove allenare da questo punto di vista. C’è da dire, però, che non c’è momento migliore per un allenatore che arrivare quando la casa sta già bruciando, tanto più per un allenatore che ormai non ha davvero più nulla da perdere. A Napoli, poi, con De Laurentiis costantemente impegnato ad attirare l’attenzione dei media, hanno già dimostrato di poter avere successo allenatori famosi per andare in difficoltà sotto pressione, come Mazzarri e Spalletti. Il più grande argomento a favore dell’allenatore abruzzese è però quello che riguarda il campo. Giampaolo, lo sappiamo, è un maniaco della tattica e questo potrebbe legarsi in maniera vincente a questa inspiegabile anima spagnolo-catalana del Napoli, che negli ultimi anni è arrivata al successo quasi solo con allenatori molto concentrati sulla fase di possesso, con proposte di gioco moderne e proattive. A Napoli hanno trionfato Benitez, Sarri e Spalletti mentre hanno avuto molte più difficoltà allenatori più temperamentali come Ancelotti, Gattuso e adesso Garcia. Tra le due correnti, al netto delle innegabili differenze di carriera, Giampaolo appartiene di sicuro più alla prima. D’altra parte, il Napoli attuale è stato costruito da Spalletti, un allenatore che, come Giampaolo, cura moltissimo la fase di possesso e ama risalire il campo costruendo triangoli tra i giocatori. Tecnicamente, quindi, la rosa sarebbe molto adatta. Quando si parla dell’allenatore abruzzese si tira in ballo spesso il rombo (una soluzione che comunque potrebbe facilitare l’importantissima connessione tra Zielinski, Kvarakstkhelia e Osimhen) dimenticando che al Milan provò a giocare con il 4-3-3 e al Torino addirittura con la difesa a tre. Di sicuro il suo gioco ossessivo aiuterebbe un protagonista centrale dello scorso anno come Lobotka, che forse è il più grande disperso nella nuova stagione del Napoli. Al di là dei nomi e dei moduli, comunque, queste prime giornate hanno reso chiaro che la squadra partenopea non ha bisogno di un allenatore che accenda ulteriormente gli animi ma di uno che ricordi costantemente che il campo è l’origine di tutte le soluzioni. Da questo punto di vista il nome di Giampaolo suona in maniera un po’ meno ironica e chissà che, come in Tenet, la sua storia non possa tornare indietro fino a Empoli e seguire a Napoli la strada già tracciata da Sarri. Lo so: sembra una storia improbabile, proprio come quella di Tenet, ma se c’è una cosa che ha dimostrato lo scudetto dell’anno scorso è che a Napoli tutto è possibile.Igor Tudor sarebbe un rischio da prendere in estateIgor Tudor è l’allenatore rimasto con il cerino in mano quest’estate. La scelta di lasciare l’Olympique Marsiglia dopo una bella stagione - iniziata con un quasi ammutinamento ma finita col terzo posto e i playoff di Champions League - era sembrata una mossa per liberarsi per una panchina più importante (si era parlato di una mezza promessa della Juventus) che non è mai arrivata. Oggi forse, alla luce di tutti i problemi del club francese, è più chiaro il motivo della scelta di Tudor, ma il suo “essere rimasto a spasso” rimane una scelta forte, anche ambiziosa, di chi cerca di entrare nel giro dei migliori allenatori al mondo attraverso la porta principale. E quale migliore opportunità che il Napoli campione d’Italia?Il suo nome sarebbe magari suonato strano in estate, con un’offerta più ampia, anche per il suo essere legato alla Juventus da un rapporto che va oltre le presenze in campo (ancora oggi è uno dei “preferiti” dei tifosi). Ora, però, Tudor è uno dei nomi più plausibili: conosce la Serie A, è un allenatore moderno, a livello caratteriale sembra avere tutte le caratteristiche per aggiustare uno spogliatoio in fermento. Certo, la sua scelta sarebbe abbastanza di rottura rispetto alla direzione che il Napoli ha preso con la gestione De Laurentiis, ma Tudor fin qui si è dimostrato un allenatore con più sfaccettature rispetto a quelle di discepolo di Juric, a sua volta discepolo di Gasperini. Il suo calcio è radicato in quel sistema - marcature a uomo, difesa in avanti e intensità - ma mostra anche una maggiore sensibilità verso la creatività e la fluidità posizionale nell’ultimo quarto di campo che perfettamente si sposerebbe con questo Napoli.

Non sarebbe una transizione esente da difficoltà, ovviamente. Il Napoli si è forgiato in un 4-3-3 con precise tendenze tattiche, verso uno spiccato uso del possesso palla per manipolare gli avversari, declinato poi dai vari allenatori a seconda delle loro caratteristiche. Tudor è invece allenatore da difesa a 3 e di calcio aggressivo e verticale, un passaggio che potrebbe essere traumatico, anche banalmente perché al momento il Napoli ha problemi già a trovare due centrali. Tudor cercherebbe di adattare il suo sistema al modulo cardine della sua nuova squadra o partirebbe con qualche invenzione come Olivera tra i tre centrali? I problemi di collocazione dei giocatori sarebbero diversi, a partire da Kvara che andrebbe inserito in un sistema che tende a dare meno responsabilità col pallone tra i piedi ai suoi esterni, chiedendogli anzi di entrare spesso dentro al campo. Tuttavia anche a Marsiglia Tudor ha dimostrato di non essere poi così ortodosso come magari il suo carattere potrebbe far pensare, e un giocatore come il georgiano non è mai un problema (vederlo entrare di più dentro al campo, poi, potrebbe essere interessante). Il suo gioco comunque aiuta i giocatori offensivi, anche banalmente per la volontà di recuperare il pallone prima possibile, cosa che con Spalletti funzionava benissimo. Se al Verona ha fatto le fiamme Simeone e a Marsiglia Alexis Sanchez, cosa può fare Osimhen? Cambiare identità in corsa, però, può non essere facile sia per la squadra che per Tudor. Arrivato a Verona a stagione iniziata, l’allenatore croato decise di appoggiarsi sulle idee di Juric proprio dopo il fallimento di Di Francesco e fu un grande successo. A Napoli farlo con quelle di Spalletti sarebbe davvero impossibile. Inoltre la convivenza tra Tudor e De Laurentiis è come il gioco della tombola: è molto difficile sapere che numero possa uscire. Senza l’estate come cuscinetto, quindi, c’è il rischio di scontrarsi con la realtà e la fretta: proprio quello che il Napoli non può permettersi. Christophe Galtier è una fissa di De Laurentiis, ma perché?C’è stato un momento quest’estate in cui l’arrivo di Christophe Galtier a Napoli sembrava praticamente certo, prima di quel colpo di scena improvviso che ha poi portato all’annuncio di Rudi Garcia. È naturale che oggi, che Galtier è ancora libero, il suo nome stia tornando così attuale. Sia in Francia che in Italia dicono che De Laurentiis gli abbia telefonato per sondare la sua disponibilità - anche perché fino a pochi giorni fa sembrava prossimo un suo arrivo in Qatar, sulla panchina dell’Al Duhail, dove avrebbe dovuto prendere il posto di Hernan Crespo. Il nome di Galtier è spuntato, un po’ troppo evocativamente forse, anche tra i possibili sostituti di Paulo Sousa alla Salernitana.Non è difficile capire perché Galtier piaccia così tanto a De Laurentiis: ha spesso ottenuto molto con poco, ha dimostrato di saper valorizzare i giovani e in particolare i giocatori offensivi. Ha già allenato, esaltandone le qualità, Osimhen, cioè il miglior giocatore del Napoli. Il suo gioco di verticalità e transizioni sembra particolarmente adatto alla Serie A. Galtier, però, a dicembre dovrà affrontare un processo per razzismo, ed è stato in difficoltà con uno spogliatoio d’alto profilo come quello del PSG. Insomma, un nome che potrebbe avere senso da una parte e molto meno dall'altra, come quasi sempre quando si sceglie un nuovo allenatore. A volte non vorremmo davvero essere nei panni dei direttori sportivi. Perché Antonio Conte non sarebbe una buona sceltaAntonio Conte è il nome che in queste ore si fa più spesso, e le ragioni sono piuttosto intuitive. È il nome di più alto profilo che è ancora libero, ha un curriculum da vincente comprovato nel nostro campionato, ed è l’unico che - almeno a sensazione - ti dà l’idea che potrebbe ribaltare la situazione psicologica e di risultati della squadra.Ma Antonio Conte è davvero la scelta migliore?Anche mettendo tra parentesi le questioni più narrative ed emotive - bandiera Juventus, allenatore spigoloso, casinista - ci sono diverse ragioni, in realtà, per non considerare Antonio Conte una scelta ottimale. Al Tottenham è subentrato a stagione in corso, il 2 novembre, con una tempistica che sarebbe all’incirca la stessa di quella attuale. È diventato il primo allenatore della storia degli Spurs a rimanere imbattuto nelle prime 7 partite. Il suo impatto è stato immediato, ed è legato soprattutto alla capacità motivazionale del tecnico. Secondo i racconti di un po’ tutti, Conte ha metodi e approcci poco convenzionali nel calcio di oggi. È autoritario, crea un gruppo molto stretto di giocatori “fedeli”, fa lavorare con grande intensità sul piano fisico. Del digiuno di gol di Son disse: «È troppo sensibile». Al Tottenham però aveva una squadra potenzialmente molto adatta al proprio gioco, facendo perno soprattutto sull’abilità da regista avanzato spalle alla porta di Harry Kane, e dell’abilità senza palla di Son.

Vi immaginate cosa potrebbe accadere dopo una conferenza stampa così, a Napoli?

Al Napoli non troverebbe certo una rosa così adatta, visto che finora ha giocato un calcio profondamente diverso. Partiamo dalla ovvia differenza di modulo, dal 4-3-3 o 4-2-3-1 al 3-5-2 o 3-4-2-1, che esporrebbe il Napoli ad alcuni problemi difficili da superare. Il Napoli fatica a schierare due centrali difensivi affidabili in una difesa a 4, come risolverebbe il problema in una difesa a 3? E Kvaratskhelia? In Premier League Conte si è dovuto spesso confrontare con questo problema, di come schierare giocatori creativi che giocano sull’esterno, e non è andata così bene. Hazard in fondo è riuscito a rendere, ma solo per un periodo e senza smettere di lamentarsi - «Mi fa giocare fuori ruolo», aveva detto chiaro e tondo; un’altra volta aveva definito gli allenamenti di Conte «ripetitivi e noiosi». Non tutti i giocatori sono uguali, ma Kvaratskhelia sembra comunque un accentratore di gioco difficile da gestire in un sistema come quello di Conte in cui i giocatori, tendenzialmente, non dribblano.Qui veniamo alla ragione per cui sarebbe più complicato vedere Conte al Napoli, e cioè i principi di gioco. Da anni il Napoli comanda gli spazi e i tempi di gioco attraverso la palla, e un palleggio fatto a più velocità, basato sulle letture negli smarcamenti dei giocatori. Soprattutto con Spalletti, il Napoli ha raggiunto una fluidità di gioco in cui non sembrava esserci nulla di prestabilito, e le azioni nascevano spontanee dalle letture dei giocatori. Soprattutto negli ultimi anni, invece, Conte è sembrato cedere un calcio estremamente ideologico e meccanizzato, con pattern di gioco costruiti a monte dentro cui i giocatori devono rientrare. Nel calcio di Conte i giocatori si muovono dentro limiti molto codificati, e in un momento di difficoltà questo può sembrare una strada affascinante - soprattutto perché il problema di Rudi Garcia è affidarsi fin troppo ai desideri individuali dei giocatori. Eppure Conte alla lunga rischierebbe di snaturare l’identità profonda del Napoli, reprimere il talento dei suoi migliori giocatori, logorare mentalmente un gruppo che oggi ci sembra già abbastanza esaurito.In queste ore in molti al Napoli chiedano la celebre scossa, e Conte questa scossa sarebbe senz’altro in grado di darla, ma il club negli ultimi anni è riuscito crescere e a vincere lo scudetto grazie a una programmazione coerente e paziente, non grazie a queste scosse, o a decisioni impulsive.Al Tottenham, come pressoché ovunque sia andato, Conte ha finito presto o tardi per scontrarsi con la società, specie per le richieste sul mercato. Non solo al Napoli non ha una squadra sulla carta adatta alle sue richieste, ma stiamo anche parlando di un allenatore che vorrebbe una squadra esattamente come la vuole lui. De Laurentiis è pronto a concedere tutto quel potere al suo allenatore, in un momento in cui sembra volere tutto il potere per sé?Graham Potter: il nuovo Roy Hodgson?In Serie A non vediamo un allenatore inglese da quasi trent’anni. Era il 29 ottobre del 1995 e sulla panchina dell’Inter faceva il suo esordio Roy Hodgson, oggi una leggenda del calcio inglese non esattamente per quell’esperienza. Hodgson era arrivato in Italia dopo una carriera molto peculiare, che l’aveva visto allenare prima nelle serie minori inglesi e poi fiorire definitivamente in Svezia, come ha fatto molti anni dopo Graham Potter, che oggi qualcuno associa al Napoli forse più per pigrizia da Transfermarkt. Al di là delle coincidenze, comunque, Potter potrebbe avere senso per più di una ragione. È un allenatore pragmatico senza essere impreparato, ha quel sottile carisma ironico che hanno gli inglesi colti (un altro punto di contatto con Hodgson), soprattutto ha dimostrato di saper tirare fuori il meglio da giocatori giovani o apparentemente a fine corsa. Potrebbe incastrarsi bene con una rosa come quella del Napoli, dove le scommesse sono molte e l'abitudine è quella di giocare con grande fluidità. Certo, Potter è stato divorato dal capitalismo finanziario britannico, è davvero pronto per il capitalismo neoborbonico di Aurelio De Laurentiis? E come farà con lo spogliatoio incendiario del Napoli? Teoricamente lo scontro culturale tra una persona così squisitamente inglese, sobria, di certo non incline alle follie degli allenatori del nostro campionato, e la società italiana potrebbe essere ancora più spettacolare a quello a cui è andato incontro Garcia - uno che teoricamente la Serie A la conosceva bene. Peccato non avere più la Gialappa’s Band dei tempi d’oro, e l’autoironia di quell’epoca, se no l’arrivo di Potter a Napoli c’era davvero da augurarselo.

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