Iniziamo dalla domanda più urgente: quante chance hanno secondo voi Roma e Juventus di passare ai quarti?
Emiliano Battazzi
Scrivere della Roma sta diventando come scrivere le previsioni del tempo con due settimane di anticipo: non ci sono certezze, ci sono al massimo delle tendenze, ma in fondo chi lo sa cosa potrà succedere. In considerazione dei potenziali avversari che avrebbe potuto pescare al sorteggio, è ovvio che alla Roma sia andata di lusso: ma non perché il Porto sia debole, quanto piuttosto perché si tratta di un’avversaria con cui almeno potrà giocarsi le sue carte. Nonostante ciò, i portoghesi alla vigilia mi sembrano leggermente favoriti: è una squadra molto regolare (non perde una partita - nei 90 minuti - da inizio ottobre), magari senza grandissimi picchi qualitativi ma con poche chiare idee. E in questo momento chiunque abbia un’idea su come attaccare la Roma può avere la meglio.
La squadra di Di Francesco vive ancora in un’indeterminatezza assoluta, che a questo punto sembra la vera cifra della stagione: la Roma non trova un equilibrio perché non può, semplicemente. Stretta tra le rigidità del suo allenatore e le caratteristiche dei giocatori, forse non comprese appieno in sede di mercato, la Roma naviga a vista.
Contro il Porto, la squadra dell’anno scorso si sarebbe trovata perfettamente a suo agio: i portoghesi vanno in difficoltà se aggrediti nell’inizio azione, e neppure l’innesto di Pepe sembra aver aiutato a risolvere questo problema. Ma i giallorossi di quest’anno sono invece molto passivi, e non sembrano più in grado di applicare meccanismi di pressione ben organizzati. Di conseguenza, tutto il resto cade come tessere del domino: la squadra non riesce più a essere corta, la linea difensiva è spesso poco ordinata e subisce un numero di occasioni troppo elevato (è fuori dalle prime 10 migliori difese della Serie A per expected goals concessi).
https://twitter.com/OfficialASRoma/status/1095032901345951744
Negli scontri a eliminazione diretta la solidità e la concentrazione difensiva sono fondamentali, ed erano stati il punto di forza della Roma nella passata edizione della Champions: zero gol subiti in casa fino alla semifinale contro il Liverpool. Forse con il Porto sarà più una questione di trovare equilibrio tra i propri demoni, che di contrastare la forza avversaria.
Fabio Barcellona
Non si può certo dire che la Juventus sia stata fortunata al momento del sorteggio. Al di là del valore dell'Atletico, o del fatto che la finale al Wanda Metropolitano costituisce un ulteriore stimolo alla squadra di Simeone, soprattutto per ragioni puramente tattiche.
La storia delle partite a eliminazione diretta della Juve di Allegri in Champions League è costellata di piccoli adattamenti tattici finalizzati a sfruttare a proprio vantaggio le caratteristiche avversarie, puntando molto su una plasticità strategica quasi sempre superiore a quella degli avversari. Pur con una squadra profondamente diversa da quella delle passate stagioni, le mosse di Allegri possono ancora costituire un'arma da giocare nei 180 minuti. Purtroppo per i bianconeri, il 4-4-2 solido e attento di Simeone lascia poco spazio a mosse fuori dagli schemi e lascia presagire a una partita con lunghe fasi di posizionamento.
Il momento della squadra di Simeone non è dei migliori, la sconfitta casalinga nel derby contro il Real Madrid è stata piuttosto netta e ha evidenziato un problema, latente ma sempre più evidente, in fase di costruzione del gioco, che inevitabilmente si riflette anche sulla tenuta difensiva in transizione. Per questo è probabile che Simeone provi a lasciare il pallone alla Juve, puntando sulla difesa e sulle ripartenze, unica arma offensiva veramente efficace contro il Real.
Di contro, in un quadro tattico che non ama particolarmente, la Juve non vorrà sbilanciarsi e attaccherà con prudenza. Tuttavia l’Atletico Madrid è complessivamente meno forte dei bianconeri e attraversa un momento tecnico-tattico piuttosto grigio. Se la Juve ritroverà, come sembra, Bonucci e Chiellini al centro della difesa, dovrebbe avere, a mio parere, più chance degli avversari di passare il turno.
Quanto è cambiato l’Atlético nell’ultima stagione, rispetto a quello che conoscevamo?
Daniele V. Morrone
La più ambiziosa campagna di rafforzamento della storia dell’Atlético di Madrid ha portato alla rosa più ricca a disposizione di Simeone in questo suo grande ciclo. La squadra del “Cholo” si trova nel punto più alto in termini di qualità dei giocatori a disposizione, il che significa anche che c’è una certa pressione per vincere questa Champions League, con una finale da giocare in casa che potrebbe cambiare per sempre la sfortunata storia della squadra.
Va detto che l’Atlético arriva sì agli ottavi di CL dopo essere stato eliminato dalla Coppa del Re dal Girona e dopo essere stato praticamente umiliato dal Real Madrid nell’ultimo derby, ma anche che Simeone sembra aver dissipato alcuni dubbi di inizio stagione. Finalmente, in Lucas Hernandez e Arias, ha trovato il ricambio generazionale nelle due caselle dei terzini. Questo è un grande passo in avanti rispetto ad inizio stagione, a cui va aggiunto l’arrivo di un Morata in più da poter ruotare con Diego Costa, accanto all’insostituibile Griezmann.
Foto di PIERRE-PHILIPPE MARCOU/AFP/Getty Images
Rispetto all’Atlético che conosciamo Simeone ha un centrocampo ricco come mai di alternative a cui poter attingere per formare la sua linea a 4. Ruotando i giocatori a disposizione, vuoi per gli infortuni, vuoi per il momento di forma dei singoli, vuoi in base all’avversario, Simeone può scegliere il tipo di centrocampo che preferisce e di conseguenza una strategia diversa: può pressare alto, aspettare, giocare in verticale, ricercare il possesso. Con Saúl e Koke nel picco della carriera, ci sono anche Thomas e Rodrigo per giocare con il centro del campo più bloccato, mentre Lemar e Correa rappresentano il tipo di esterno tecnico che tanto cercava negli anni passati, anche come risorsa per le rotazioni a partita in corso.
Questa versione dell’Atlético è più versatile e profonda anche nella strategia, che può modificarsi con il momento della partita. Aggiungo però che con un Diego Costa che arriva da un lungo infortunio e Morata che ancora non sembra integrato al 100% nel sistema del Cholo, ancora una volta sarà il talento di Griezmann l’ago della bilancia delle ambizioni della squadra. In questo, almeno, l’Atlético non è cambiato.
Per la Juve conterà di più il piano tattico o quello mentale?
Dario Pergolizzi
La Champions League degli ultimi anni, tra il dominio del caos del Real di Zidane, il cannibalismo di squadre come Atlético e Liverpool e la “gestione dei momenti” della Juventus, ci ha forse insegnato che la componente emotiva nelle fasi ad eliminazione diretta ha un peso decisamente più elevato di quanto non avessimo considerato.
La Juve si presenta agli ottavi con un po’ di sana sfacciataggine in meno rispetto alla prima fase, persino con qualche incertezza difensiva in più, ma incontra una squadra che a sua volta è forse nel momento peggiore della sua stagione. Sarà interessante vedere come entrambe affronteranno “mentalmente” la doppia sfida, se il grande palcoscenico sarà una spinta positiva o uno stress deleterio. Dal punto di vista tattico abbiamo ben chiare le difficoltà della Juventus contro il pressing intenso sulla costruzione bassa, ma anche la capacità dell’Atletico di controllare gli spazi tra le linee sulla sua trequarti potrebbe costringere la squadra di Allegri a puntare solo sulle corsie laterali per rifinire l’azione.
Insomma, la sensazione è che ancora una volta le sorti dell’Atlético dipendano dalla sua efficacia senza palla, mentre i bianconeri dovranno dimostrare una crescita netta con il pallone, assorbendo meglio il pressing e cercando una maggiore imprevedibilità offensiva. Non è semplice, ma la partita è quella giusta per togliere diversi dubbi.
Fabio Barcellona
Sia Juventus che Atlético Madrid sono squadre super esperte e incredibilmente solide e danno ampie garanzie sotto l’aspetto mentale. Secondo me, quindi, la partita si giocherà sul campo tattico. Quello di questa stagione non è forse la versione più efficace delle tante dell’Atletico Madrid di Simeone, ma continua ad essere una squadra solida e complicata da affrontare. Nonostante l’innesto di giocatori tecnici e votati al palleggio come Lemar e Rodri, l’attacco dell’Atletico Madrid fatica a creare occasioni da gol.
I colchoneros sono solamente all’undicesimo posto nella Liga per xG prodotti e, specie in fase di attacco posizionale, sembrano spesso incapaci di generare con continuità pericoli per gli avversari mostrando uno dei difetti che periodicamente sembrano affliggere il gioco di Simeone.
Come detto da Daniele Morrone poco sopra, l’attacco è legato mani e piedi ad Antoine Griezmann, 11 gol e 6 assist in campionato. Due dati sono parecchio indicativi: in Liga nessun giocatore, escluso ovviamente l’asso francese, ha realizzato più di 2 gol e ben un terzo dei 33 gol segnati derivano da situazioni di palla inattiva. Per questo non è difficile immaginare un Atletico che provi ad attaccare la Juventus in contrattacco, cedendo il pallone ai bianconeri e sfruttando principalmente gli spazi ampi - dove la coppia Griezmann-Morata può effettivamente trovare il suo ambiente ideale - e le ripartenze corte figlie di recuperi del pallone derivanti da mirate fasi di pressing alto in cui l’Atletico è maestro.
Foto di MARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images
E proprio per questo la Juventus dovrà essere cauta nel trovare l’equilibrio - a dir la verità non sempre perfetto questa stagione - tra la necessità di muovere con qualità la palla per attaccare il blocco compatto dell’Atletico e quella di farsi trovare sufficientemente coperta in fase di transizione negativa. Inoltre, dovrà essere capace di resistere al pressing puntuale e mirato dell’Atletico, alzando il livello tecnico del palleggio e migliorando in movimenti senza palla e lo scaglionamento in campo necessario a fare circolare il pallone in sicurezza e brillantemente.
Non mi stupirei, quindi, se nella partita d’andata fosse la Juventus più interessata a segnare un gol, per porre Simeone in una situazione di punteggio sfavorevole alla sua comfort-zone tattica, rispetto a un Atletico Madrid che potrebbe di certo non disprezzare di arrivare a Torino dopo uno 0-0, così da mettere sotto pressione la Juventus e puntare anche a un solo gol per raggiungere la qualificazione.
Il Porto è primo in campionato e ha passato il girone di Champions (con Schalke, Galatasaray e Lokomotiv) vincendole tutte, tranne un pareggio, e con 15 gol fatti (meno solo di PSG e City). Che partita aspetta la Roma?
Daniele V. Morrone
Come ha detto Emiliano Battazzi, rispondendo alla prima domanda, non possiamo sapere quale Roma si presenterà contro il Porto. Sappiamo però che Conceição metterà in campo una squadra prima di tutto attenta a non commettere errori, pragmatica nella strategia e solida nell’approccio in campo. Un Porto che, per capirci, potrà puntare parte delle sue fiches sulla capacità della Roma di complicarsi la vita da sola. Il Porto sembra essere proprio quel tipo di squadra che scommette sugli errori degli avversari, e considerata la fragilità psicologica e della manovra giallorossa non sarà una sfida facile da affrontare.
Il Porto non ha i picchi qualitativi che può avere la Roma, ma neanche i tonfi in termine di gioco e, soprattutto, concentrazione. In campo non ci sarà nessun fenomeno in grado di mettere paura da solo, ma un gruppo compatto guidato da vecchi bucanieri della competizione come Hector Herrera, Pepe e Brahimi. Di Francesco in conferenza ha esaltato la fisicità dei rivali, e il Porto effettivamente è una squadra con giocatori atleticamente di alto livello, che vuole entrare in campo con l’idea di vincere ogni duello difensivo e aereo.
La squadra ha un’ottima routine nei calci piazzati, grazie a chi li calcia (come Brahimi) e a chi va a colpire di testa (come Pepe o Danilo): nei gironi ha segnato 4 gol da calcio da fermo in 6 partite. Va detto che la squadra avrà due assenze pesantissime: Corona (la stella della squadra) e Marega (la punta) che tanto bene aveva fatto nei gironi. Queste due assenze tolgono potenziale offensivo alla squadra e spingeranno probabilmente il Porto ad una strategia ancora più reattiva di quanto visto finora.
Sarà quindi una squadra fisica, che probabilmente difenderà bassa con una linea difensiva a 4 che in fase di possesso diventa a 3, per rendere sicura l’uscita del pallone. Un meccanismo che Conceição modifica a seconda degli interpreti: se, come sembra alla vigilia, giocherà Militão terzino destro, allora rimarrà bloccato, mentre il terzino sinistro Alex Telles salirà in linea con i centrocampisti; dovesse giocare Militão centrale, allora sarà il centrocampista Danilo a scendere tra i centrali difensivi mentre i due terzini si alzano (e gli esterni si muovono sugli spazi di mezzo per fargli spazio). Insomma, una squadra fluida pronta a reagire anche alla Roma aggressiva vista lo scorso anno in Champions.
Il Liverpool, finalista dello scorso anno, ha pescato il Bayern Monaco. Come la vedete?
Fabio Barcellona
Il gennaio del Liverpool non è stato eccezionale. I “Reds” sono stati eliminati in FA Cup dal Wolverhampton, hanno perso lo scontro diretto contro il Manchester City e infine hanno consentito alla squadra di Guardiola, con i pareggi contro Leicester e West Ham, di raggiungerla in vetta alla Premier League. Non è raro vedere le squadre di Klopp rifiatare a gennaio in vista dello sprint necessario in primavera e, come dimostra il cammino della scorsa stagione, i “Reds” sembrano anche più a loro agio nelle sfide ad eliminazione diretta per caratteristiche dei giocatori e principi di gioco.
Il Bayern di Nico Kovac, invece, sembrava in qualche maniera uscito dal pessimo momento di inizio stagione, ma il ciclo di sette vittorie consecutive è stato bruscamente interrotto dalla pessima sconfitta di Leverkusen (3-1). A peggiorare le cose per i bavaresi c'è l'infortunio di Neuer, che costringerà il Bayern a schierare l’incerto Ulreich, protagonista la passata stagione del clamoroso errore nella semifinale contro il Real Madrid al Bernabeu.
https://twitter.com/FCBayernUS/status/1095087662577405953
Dopo il confuso inizio di anno, Kovac pare avere trovato la strada per migliorare l'efficacia della sua squadra, scegliendo una circolazione palla più semplice e diretta per minimizzare i rischi e sfruttare la velocità dei suoi esterni, giocando al contempo una fase difensiva più prudente. Il Bayern sembra soffrire anche di un calo generalizzato dei suoi giocatori: Lewandowski non è nella sua migliore stagione, mentre per Robben e Ribery l'età inesorabilmente avanza, e i sostituti Gnabry e Coman sono ancora da testare a questo livello. Anche la fase difensiva, specialmente dopo l’infortunio di Neuer, potrebbe andare molto in difficoltà nei 180 minuti contro l’attacco esplosivo di Klopp. Troppe le disattenzioni, specie dei centrali, e la vulnerabilità in transizione difensiva, specie se accoppiata alla miglior squadra del mondo in contrattacco.
Daniele V. Morrone
Tra le squadre dell’aristocrazia europea, il Bayern è una di quelle che ha cambiato meno l’organico negli ultimi anni, nonostante gli anni passino per i suoi giocatori più importanti. Sembra un ciclo immutabile: la squadra ogni anno torna dalla pausa invernale rinvigorita e avanza fino ad essere eliminata da una squadra spagnola. Quest’anno, però, questo cerchio potrebbe spezzarsi.
Kovac, infatti, non ha trovato gli automatismi in grado di far girare un collettivo comunque di livello e si ritrova quindi a dover affrontare il Liverpool senza le sicurezze tattiche dei predecessori. E questo senza contare che la squadra di Klopp, per caratteristiche, sembra fatto apposta per mettere in difficoltà la manovra della squadra tedesca. Il Bayern attualmente cerca di essere più prudente nello sviluppo della manovra per mitigare i difetti lampanti in transizione difensiva che si erano palesati ad inizio stagione, in cui gli avversari riuscivano facilmente a leggere dove attaccare la squadra sfruttando gli spazi ampi tra le linee prima che si potesse sistemare.
Anche contro il Liverpool, la prudenza dovrebbe essere la prerogativa del Bayern, che si ritrova ad affrontare una delle migliori squadre al mondo ad attaccare in transizione. Offensivamente, poi, la squadra di Kovac dipende quasi totalmente dalla vena del suo tridente offensivo nella singola partita. Nonostante Gnabry e Coman sono risultati ricambi adeguati in Bundesliga, non sappiamo come risponderanno ad un avversario del livello del Liverpool e probabilmente le fortune del Bayern saranno legate a doppio filo agli stati di forma di Ribery, Lewandowski e Robben. Ancora una volta.
Qual è il vostro “black horse” (la possibile outsider, una squadra che potrebbe andare magari anche oltre i quarti)?
Dario Pergolizzi
Per me la sorpresa potrebbe essere il Manchester United, sulle ali dell’entusiasmo portato da Solskjaer e per il modo in cui sta rilanciando le prospettive di carriera dei suoi giovani fortissimi.
Emiliano Battazzi
Al momento del sorteggio avrei davvero puntato tutto sull’Ajax: ancora ci credo, ma la situazione è cambiata quasi radicalmente, in gran parte per la ritrovata forma del Real Madrid, ma non solo. I lanceri sono secondi in Eredivisie, addirittura a 6 punti dal PSV, e nell’ultimo mese hanno raccolto solo una vittoria, registrando anche una clamorosa sconfitta per 6-2 a Rotterdam. Insomma, arrivano agli ottavi di Champions nel loro momento più critico.
Eppure, l’Ajax rimane un fantastico raggruppamento di talento in tutte le zone del campo, e quando tutto gira alla grande il 4-2-3-1 di Ten Hag (allenatore della squadra B del Bayern ai tempi di Guardiola) funziona che è un piacere. E in effetti, i principi di gioco sono quelli di un calcio posizionale con tendenze verticali: in particolare, è impressionante la qualità nell’uscita del pallone della difesa, con un quadrilatero formato da De Ligt, Blind, De Jong e Schone.
E proprio De Ligt e Frenkie De Jong sono probabilmente i due talenti più promettenti del calcio europeo in questo momento: la doppia sfida contro il Real Madrid (anche se sembra che De Jong potrebbe saltarla per infortunio) sarà anche una grande occasione per capire il loro livello di competitività nel calcio d’elite, che è ben altra cosa rispetto all’Eredivisie. L’Ajax però ha qualità anche sulla trequarti, con il trio pazzo Zyech-Van de Beek-Tadic, tutti abili a smarcarsi tra le linee, servire passaggi filtranti, creare occasioni, cambiare campo, segnare (46 gol in tre finora).
Foto di EMMANUEL DUNAND/AFP/Getty Images
Il ruolo della punta centrale è stato uno dei problemi della stagione, con un Dolberg per ora molto spento e il cacciatore Huntelaar che ha pur sempre 35 anni (ma continua a segnare). Il Real concede sempre molto spazio: se i quattro davanti riusciranno a creare delle trame di livello, e la squadra tutta riuscirà a mantenere un atteggiamento iper-aggressivo nel recupero della palla, senza disunirsi, l’Ajax potrebbe davvero portare a termine il colpo del 2019 - e a quel punto puntare ad andare più in avanti possibile.
Per van Gaal, quest’Ajax è forte quasi come quella che vinse la Champions nel ‘95: vedremo se riuscirà davvero a ripetere un percorso così entusiasmante.
Daniele Manusia
Io quest’anno mi gioco l’incognita Borussia Dortmund. Ha un ottavo difficile con il Tottenham ma se dovesse uscirne bene per me potrebbe arrivare anche fino alla semifinale.
Fabio Barcellona
Sono d’accordo con Dario, penso che il Manchester United potrebbe davvero essere la sorpresa di questa Champions League. L’impatto di Solskjaer (o, in controluce, gli effetti dell’addio di Mourinho) sono sotto gli occhi di tutti: Pogba è in un momento d’oro e agli ottavi affronterà un PSG che sarà senza Neymar e, con ogni probabilità, anche senza Cavani. Può passare il turno e diventare scomodo per tutti.
Emanuele Mongiardo
I suoi migliori momenti in Europa il PSG li ha vissuti grazie al controllo della coppia Verratti-Thiago Motta. Oggi al posto dell’italo brasiliano c’è Leandro Paredes e con lui e l’ex Pescara, ancora in forse per l’andata, i parigini potrebbero avere un centrocampo capace di giocare con la sigaretta in bocca anche contro il pressing più aggressivo. Sarebbe bello vedere un centrocampo così tecnico, fragile e incompreso andare avanti nonostante l’assenza di Neymar.
Marco D’Ottavi
E se fosse il Lione? Hanno dimostrato di poter mettere in crisi squadre più forti, il City nel girone e il PSG recentemente in campionato, e l’attacco Fekir-Depay-Moussa Dembelè può letteralmente inventare gol dal nulla contro tutte le difese. Se l’attacco del Barcellona dovesse per qualche motivo incepparsi…
Il PSG è sempre tra le favorite della vigilia, ma dovrà fare a meno di Neymar e affronta uno United rinvigorito da Solskjaer.
Daniele V. Morrone
Lo United sembra aver ritrovato la consapevolezza nei propri mezzi, necessaria a questi livelli per affrontare gli avversari più forti. La sfida con il PSG sarà però molto complessa e bisogna dire che il lavoro tattico di Tuchel sulla squadra francese è forse sottovalutato, anche per via della superiorità che può esercitare sul campionato nazionale. L’allenatore tedesco ha dimostrato ancora una volta il suo talento, riuscendo a dare un’identità tattica chiara ad una squadra troppo dipendente dal talento individuale.
https://twitter.com/PSG_inside/status/1095009378841870336
In questo senso, l’assenza di Neymar e Cavani (lui probabilmente solo all’andata) potrebbe per paradosso rivelarsi una buona notizia, portando il gruppo ad affidarsi totalmente al proprio allenatore, che ha dimostrato di essere abbastanza versatile da disegnare piani all’altezza di ogni avversario. La preparazione di Tuchel potrebbe rivelarsi decisiva ad un livello in cui sembra sempre sull’orlo della debacle dal punto di vista tattico e mentale.
Emanuele Atturo
Neymar è stato comprato dal PSG quasi solo per giocare queste partite. È particolarmente ironico - e doloroso se non siete tra i molti che odiano O’Ney - quindi che siamo al secondo anno di seguito in cui è costretto a saltare gli ottavi di Champions League. È difficile capire se quindi quest’assenza sia più pesante per la carriera di Neymar o per la competitività del PSG. Quello che sappiamo è che Neymar ha una storia di grandi prestazioni nelle sfide a eliminazione diretta della Champions (è impossibile non citare il momento in cui ha ribaltato proprio il PSG quasi da solo) e che i giocatori come lui servono proprio per marcare la differenza in scontri di questo livello, dove una vittoria o una sconfitta passano per dettagli e piccole sfumature qualitative.
L’assenza di Neymar aiuta quindi il Manchester United ad assottigliare il gap qualitativo che in teoria lo separa dal PSG. Nonostante l’antipatia che si può provare per Neymar, non c’è altro modo per interpretare la sua assenza.
Tottenham-Dortmund, partita hipster?
Fabio Barcellona
Eh sì, in particolare perché il Borussia Dortmund è una squadra piena di giovani talentuosi. La dirigenza giallonera e il tecnico Lucie Favre hanno puntato decisi su un gruppo di giocatori di prospettiva il cui rendimento però è stato immediatamente più alto dal previsto. Dietro, la coppia titolare è formata dal ventiduenne svizzero Akanji e dal diciannovenne francese Zagadou. Il terzino sinistro è il ventenne marocchino, di proprietà del Real Madrid, Achraf Hakimi.
Ma è sugli esterni del 4-2-3-1 che il BVB mostra in maniera ancora maggiore il suo carattere hipster: a destra si alternano Jadon Sancho e Christian Pulisic, a sinistra il diciannovenne danese Jacob Bruun Larsen e Raphael Guerrero. Sancho ha ancora diciotto anni ed è un mix affascinante seppur ancora un po’ disordinato di accelerazioni irresistibili palla al piede, dribbling e trick da calciatore di strada.
Al suo confronto il ventenne Pulisic pare già vecchio, ma le sue qualità hanno convinto il Chelsea a pagare 64 milioni di euro per averlo in squadra nella prossima stagione. Bruun Larsen è un’ala destra di piede che ama giocare a sinistra, dotato di velocità e potenza.
Davanti, poi, c'è Paco Alcacer che a Dortmund ha trovato doti realizzative che parevano non appartenergli realizzando 12 reti in campionato, con una media di una segnatura ogni 53 minuti e più di 6 gol in più dei 5.6 attesi con il modello degli expected goal.
Marco D’Ottavi
Che il Tottenham dopo anni non sia riuscito ancora a togliersi di dosso l’etichetta di squadra hipster, non è un buon segno. Tuttavia può essere proprio questa la sfida per fare quel salto di mentalità che spesso gli è mancato. Vincere in maniera convincente contro una squadra più eccitante, ma meno esperta vorrebbe dire tornare tra le prime 8 d’Europa dopo diversi anni, ribaltando il giudizio che espresse l’anno scorso Chiellini, del Tottenham come una squadra a cui manca il DNA vincente. Al momento è la sola squadra un minimo vicina a City e Liverpool, a 5 punti di distanza, con lo United dietro a 9 punti. Insomma, in campionato Pochettino sembra potersi un minimo rilassare, mentre nelle coppe nazionali si è fatto già eliminare: puntare su una campagna europea di livello a questo punto potrebbe essere l’unico modo per certificare il proprio livello e la qualità del suo lavoro in questi anni.
Può essere l’anno del Manchester City?
Dario Pergolizzi
Come in ogni anno dell’era Guardiola, il City rimane sempre una squadra capace di raggiungere picchi di onnipotenza, ma anche di buttare via la singola partita in maniera avventata. Quest’anno, forse anche complice la lunga convalescenza intermittente di Kevin De Bruyne, i suoi giocatori sembrano anche leggermente meno convinti dei loro mezzi, pur eseguendo sempre alla perfezione il piano tattico dell’allenatore.
Il City in questa stagione non concede neanche troppe occasioni da gol, ma spesso quelle poche si rivelano troppo grosse per essere fallite. Insomma, proprio il genere di situazione che una presunta favorita non dovrebbe e vorrebbe mai vivere in Champions League. In sintesi, credo che al momento non ci siano i presupposti per dire che sarà l’anno del City, ma l’imprevedibilità potrebbe dare una mano all’allenatore catalano, soprattutto dai quarti di finale in poi.
Daniele V. Morrone
Forse è sempre questa la sensazione prima che inizino gli ottavi di finale, ma questo sembra essere uno degli anni in cui la vittoria finale è meno prevedibile e alla portata di un gruppo ampio di squadre, tutte con problemi abbastanza grandi da far deragliare il loro cammino in coppa. Per quanto riguarda il City, ad esempio, la snervante corsa per il titolo con il Liverpool potrebbe portare a fargli perdere risorse mentali e fisiche extra, che potrebbero risultare fatali ai fini della Champions League.
Eppure, allo stesso modo, questo sembra anche l’anno in cui la squadra di Guardiola è più matura, sufficientemente almeno per arrivare alla finale della coppa più importante. Il City ha picchi di gioco con pochissimi paragoni e finalmente la rosa è profonda in ogni ruolo (soprattutto ora che anche Laporte e Mahrez sono pienamente integrati nelle rotazioni). Anche i singoli stanno sbocciando proprio al momento giusto: Agüero sta giocando il miglior calcio della sua carriera, De Bruyne è tornato a pieno regime, Fernandinho non sbaglia una partita.
Anche a livello di esperienza, la batosta subita la scorsa stagione contro il Liverpool potrebbe aver fatto crescere sia l’allenatore che i giocatori. E, in questo senso, se ce l’ha fatta il Liverpool la scorsa stagione ad arrivare in fondo non vedo perché non dovrebbe farcela quest’anno anche la sua rivale diretta.
Qual è la doppia sfida da non perdere (al di là del tifo)?
Emiliano Battazzi
Difficile secondo me trovare un ottavo più affascinante di Real Madrid - Ajax, per tanti motivi diversi. Anzitutto per il fascino indiscreto delle grandi aristocrazie calcistiche europee, con il ritorno dei lanceri sul palcoscenico più grande; poi la sfida tra i più grandi talenti giovani al mondo (De Ligt-De Jong da un lato, Vinicius Junior dall’altro); per il tasso tecnico spaziale di quasi tutti i giocatori in campo (soprattutto nei Blancos, ma anche l’Ajax mica scherza); infine per la scarsa solidità delle due squadre, che tendono a lasciare occasioni all’avversario, due squadre che non speculano e che potrebbero continuare a ferirsi a colpi di gol per 180 minuti. Per una volta, believe the hype.
Dario Pergolizzi
Credo che PSG-Manchester United possa essere una sfida inaspettatamente sorprendente, e che ci dirà anche molto sulla maturazione delle due squadre.
Daniele V. Morrone
Atlético-Juventus sarebbe stata una finale credibile, non fosse altro che erano entrambe candidate ad inizio stagione alla vittoria finale e sono entrambe arrivate in finale più di una volta nell’ultimo lustro. Avere un ottavo con due squadre di questo livello tecnico-tattico-psicologico è quello per cui esiste la Champions League.
Fabio Barcellona
Anche io, come Emiliano, non sono insensibile al fascino della nobiltà europea e cercherò di non perdermi Real Madrid-Ajax. Al di là del glorioso passato vale la pena osservare De Ligt e Frenkie De Jong al Bernabeu e, in generale, la qualità diffusa in tutta la squadra olandese. Il Real di Solari è in forte crescita, ma l’Ajax non parte battuto e possono venire fuori due bellissime partite.
Emanuele Mongiardo
La fase a eliminazione diretta della Champions League è il momento in cui più si esaltano le individualità, quindi mi accodo e dico anch’io United-PSG, il match con più talento in campo. Già solo il duello Mbappé-Martial dovrebbe essere un buon motivo per restare incollati alla TV.
Daniele Manusia
Tottenham-Borussia mette di fronte due delle squadre più intense di questa Champions, e se il Liverpool con il Bayern di Monaco troverà pane per i suoi denti e potrebbe venirne fuori una partita un po’ atipica per Klopp, mi aspetto che Favre e Pochettino stiano organizzando una festa in cui a vincere sarà l’ultimo a restare in piedi sul tavolo. Nel senso, mi aspetto due partite spettacolari.
Difficile dirlo prima, ma di quale singolo potrebbe essere questa Champions? Oltre a Ronaldo e Messi, ovviamente.
Emiliano Battazzi
A me piacerebbe molto se questa Champions League fosse quella di David Silva, uno dei giocatori più forti dell’ultima decade, ma anche uno di quelli meno idolatrati - sempre in squadre con giocatori più appariscenti, più da copertina, e che ha pagato molto la sua scarsa vena realizzativa e il non aver mai giocato nel Real o nel Barça. Da alcuni considerato tra i primi tre stranieri più forti nella storia della Premier, forse persino la sua costanza di rendimento può averlo penalizzato: ci si abitua anche al caviale. Il percorso del City di Guardiola dipende molto dalla sua mezzala di possesso, un talento enorme nella creazione di gioco sulla trequarti, un leader ormai secondo solo a Kompany per carisma.
Dario Pergolizzi
Io torno ancora una volta su PSG-Manchester United. Troppi i riflettori su Mbappé, senza Neymar e Cavani, ma è anche un momento di forma psicofisica strepitoso per Pogba. Chi dei due campioni del mondo riuscirà a passare il turno potrebbe ulteriormente migliorare la propria considerazione (già altissima) nello star system europeo.
Foto di JEFF PACHOUD/AFP/Getty Images
Fabio Barcellona
Potrebbe essere la Champions di Roberto Firmino, per non dimenticare che pur all'interno di un contesto hard-rock come quello di Klopp la delicatezza tecnica e la comprensione fine del gioco siano sempre la cosa più importante. O di Pogba, come suggerisce Dario. O, perché no, di Benzema, una sorta di rivincita contro chi non ha visto la grandezza di questo centravanti, declassato quasi a valletto di Cristiano Ronaldo per la sua capacità di modulare i suoi movimenti su quelli del portoghese.
Potrebbe però essere la Champions di CR7 che, vincendo con la Juventus, consacrerebbe il suo status nell'olimpo dei grandi del calcio. Che storia sarebbe quella di Cristiano Ronaldo che lascia il Real Madrid dopo 4 Champions League, di cui le ultime 3 consecutive, e vince il trofeo con la Juventus, magari con un gol decisivo nella finale, sconfiggendo i demoni dei bianconeri nell'atto conclusivo del torneo?
Al di là di ogni considerazione di tipo economico e commerciale, è chiaro che con l'acquisto di CR7 la Juve abbia tentato l’all-in in Europa e che il portoghese abbia messo ancora più in alto l'asticella della sua ambizione. Sono due fattori da tenere in conto per immaginare il futuro in Champions dei bianconeri e del loro fuoriclasse.
Emanuele Mongiardo
Prendo spunto da quanto detto da Fabio Barcellona per avanzare la candidatura di Benzema. Nella prima stagione post Cristiano Ronaldo si è preso il Real Madrid sulle spalle, ed è assurda la quantità di critiche piovute sulla testa del francese negli ultimi tempi, considerando che parliamo di un giocatore al top da quasi dieci stagioni.
Un Benzema così brillante forse non lo si vedeva dai tempi di Ancelotti, non solo per i gol (già 10 in 23 giornate di Liga, il doppio rispetto ai 5 dello scorso anno e uno in meno rispetto agli 11 del 2016/17) ma soprattutto per la qualità delle giocate, un po’ appannata nelle ultime due stagioni al netto dei movimenti senza palla. Il francese ha passato anni a creare spazi per CR7 e anche oggi continua a svariare e a offrire supporto ai compagni. Insomma, il lavoro dietro le quinte non finisce mai. Tuttavia per Benzema questo potrebbe essere il momento giusto per prendersi il proscenio.
Daniele Manusia
E se fosse la Champions di Jadon Sancho? Si sa che dagli ottavi in poi è tutta una questione di momenti, di rovesciate pazze e gol indimenticabili, e se fosse un ragazzino incosciente in una squadra senza nessun equilibrio mentale (esagero) a prendersi i riflettori? Oppure, per ragioni simili, e se fosse la Champions di Ousmane Dembelé? Fermo restando che il Barcellona è Messi, per la prima volta dopo l’addio di Neymar c’è un giocatore in grado di giocare negli spazi vuoti di Messi, creando dal nulla e in maniera autosufficiente pericoli per le avversarie. È stato il Mondiale di Mbappé, magari sarà la Champions di un altro giovane elettrico in grado di spezzare gli equilibri di partite come se stesse giocando nel cortile di scuola.
Di cosa non stiamo tenendo conto?
Emiliano Battazzi
Forse la risposta è persino troppo semplice: ci stiamo dimenticando del Real Madrid. Per ora la stagione della “Casa Blanca” è stata una montagna russa difficile da comprendere: hanno triturato un allenatore, Lopetegui, e l’hanno rimpiazzato con la classica figura interna dell’ex grande giocatore e poi allenatore delle giovanili, Solari. Attualmente la squadra alterna brutte figure a partite di dominio e dopo la cessione di Cristiano Ronaldo, sembra priva di una figura capace di imporsi (anche psicologicamente) a livello offensivo. Bale continua ancora a mancare di leadership, che forse non avrà mai, ma rimane il singolo giocatore più forte della squadra, capace di vincere una finale di Champions con una prodezza individuale, come nella passata stagione.
Se ciò non bastasse, Marcelo sembra solo l’ombra del grande terzino (si fa per dire: terzino, regista, fantasista, attaccante) degli anni passati, tanto da essere insidiato in campionato dal canterano Reguilón, che ha giocato da titolare molte delle ultime partite. Isco, infine, è ormai panchinaro fisso e in aperta insurrezione contro l’allenatore.
Insomma, viste le premesse, il Real Madrid dovrebbe essere fuori gioco, ma come ogni anno in realtà non lo è affatto. In quello che è ormai un grande classico, i “merengues” hanno ricominciato a giocare a calcio con l’avvicinarsi del periodo decisivo della Champions. Così, improvvisamente, la “Casa Blanca” è seconda in classifica a 6 punti dal Barça, che sta affrontando in semifinale (con grandi possibilità di superare il turno dopo l’1-1 al Camp Nou); ha stravinto al Wanda il derby contro l’Atleti di Simeone e si presenta come sempre con grandi ambizioni in Champions. Per risollevare la squadra, Solari si è affidato principalmente a Benzema, in grande stato di forma: ma il francese aveva bisogno di compagni con cui associarsi, ed ecco che dal cilindro è emerso tutto il talento di Vinicius Junior.
Il brasiliano, classe 2000, si è recentemente guadagnato il posto da ala sinistra a piede invertito: la sua capacità di occupare lo spazio di mezzo e di associarsi con Benzema sta risolvendo molti problemi nella creazione di gioco sulla trequarti. Allo stesso tempo, in un’altra zona di campo, Modric ha ripreso a dominare tra le linee, anche grazie alla rigida posizione degli esterni larghi (Carvajal e Lucas Vazquez, più spesso di Bale). Insomma, come al solito, il Real è l’unica squadra europea a seguire un andamento da NBA: contano solo i playoff.
Daniele V. Morrone
Da inizio stagione tutto l’ambiente del Barcellona ha posto come obiettivo stagionale la vittoria della Champions League e questo è anche quello che sembra guidare Valverde. L’allenatore ha costruito la sua versione del Barça utilizzando i gironi come palestra e ha puntato alla fine su due giocatori chiave (oltre ovviamente a Messi) e cioè Dembélé e Arthur. Entrambi in questa stagione stanno dimostrando un talento eccezionale, che potrebbe risultare decisivo anche in Champions League, in termini di talento puro il primo e di controllo il secondo.
Anche le incognite però sono tante: l’assenza forzata proprio di Arthur Melo per gli ottavi, un Arturo Vidal fuori contesto, Coutinho ancora indecifrabile e lo stato di forma non ottimale di Luis Suárez portano il Barça ad affrontare il mese più importante della stagione non al massimo del suo potenziale. Forse contro il Lione potrebbe anche bastare, anche perché la possibile eliminazione agli ottavi è un risultato impensabile in Catalogna (ma si diceva lo stesso prima dei quarti con la Roma la scorsa stagione!). Per arrivare fino in fondo, però, servirà ben altro.
Marco D'Ottavi
Bisogna quanto meno citare l'ingresso del VAR nella grande famiglia della Champions League. Non sarà un fattore come i giocatori in campo, ma si dovrebbero evitare alcuni errori piuttosto gravi visti nelle ultime edizioni. E poi - soprattutto nelle partite che non ci vedono emotivamente coinvolti - l'attesa del giudizio con il VAR è piuttosto spettacolare.
https://twitter.com/UEFA/status/1093883444730437632
Emanuele Mongiardo
Insieme a Manchester City-Schalke, Barcellona-Lione è potenzialmente l’ottavo dall’esito più scontato, anche se in realtà potrebbe regalarci più emozioni del previsto. I francesi hanno giocato una fase a gironi assurda, e non solo per essersi qualificati con solo una vittoria e ben cinque pareggi. La squadra di Genesio hanno conquistato i tre punti all’Etihad contro il City, poi in casa contro l’Hoffenheim si sono fatti rimontare dal 2-0 al 2-2 nonostante la superiorità numerica. In Germania poi hanno subito il 3-3 nel recupero e hanno centrato la qualificazione a Kiev all’ultima giornata con una giocata del loro fuoriclasse, Fekir, malgrado la neve.
Insomma, ogni partita dei francesi è ricca di ribaltamenti e giocate spettacolari, a immagine e somiglianza della squadra. Il Lione, che ha alternato 4-2-3-1, 4-3-3 e 3-4-3, attacca affidandosi soprattutto al talento dei singoli. Genesio invita i suoi a costruire lateralmente ma, nonostante la presenza dei classici triangoli di fascia, sono le giocate individuali, e non i movimenti e le connessioni, a creare i pericoli. Solo una squadra con calciatori eccitanti come Fekir, Depay, Ndombele e Aouar può permetterselo.
Togliere la palla a questi giocatori, anche in spazi stretti, è davvero difficile, perché riescono a creare occasioni estemporanee anche se la squadra mantiene il baricentro basso, come presumibilmente accadrà contro il Barcellona. I difensori cercano di essere aggressivi proprio per recuperare palla, affidarla a Ndombele o Aouar, e attivare i talenti offensivi. Purtroppo però la ricerca continua dell’anticipo dei due centrali Denayer e Marcelo potrebbe essere letale contro un attaccante bravissimo a girarsi col difensore addosso come Suarez. Per il Lione la qualificazione sembra quasi impossibile al momento, ma se se le squadre si allungassero potrebbe giocare un brutto scherzo ai catalani.
Daniele Manusia
Forse in conclusione qualcosa di più va detto anche sul Liverpool. Forse nessuno vuole esprimersi perché la doppia sfida con il Bayern Monaco è la più difficile da prevedere, ma qualche credito in più va dato a Klopp che rispetto allo scorso anno ha una rosa più profonda e un sistema di gioco più complesso e vario. In generale il Liverpool, quest’anno, mi sembra non avere i picchi offensivi che aveva nei momenti migliori della passata stagione - non ancora, almeno - ma ha una gestione delle partite molto matura. E se dovesse uscire vincitore da questi ottavi, il Liverpool per me tornerebbe di prepotenza nel novero delle favorite.