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Ma come ha fatto Carlos Cuesta
20 giu 2025
Il nuovo allenatore del Parma è giovane, ma ha già una lunga formazione alle spalle.
(articolo)
11 min
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IMAGO / NurPhoto
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Se in Serie A molte panchine hanno cambiato allenatore, e altre hanno pensato di farlo, i nomi a girare sono stati sempre gli stessi. In questo panorama stantio, il Parma ha deciso di affidare la panchina a Carlos Cuesta, ventinovenne assistente allenatore di Arteta all’Arsenal. Cuesta è sconosciuto in Italia, ma di lui si parla in Inghilterra fin da quando è arrivato all’Arsenal, e già la scorsa estate il Norwich lo voleva come allenatore.

«Sono venuti nel mio ufficio e il direttore dell'accademia mi ha presentato Carlos, e non so.... Sai quando senti qualcosa di speciale? Ho guardato questo ragazzo. Era così giovane, così curioso e con una passione incredibile per il calcio» Ha raccontato Federico Cherubini, l'amministratore delegato del Parma, che poi è quello che l’ha voluto. All’epoca era un dirigente della Juventus: «Quando Carlos se ne andò, dissi al direttore dell'accademia: "Massimiliano, per favore, dobbiamo ingaggiare questo ragazzo. Abbiamo bisogno di lui nel nostro gruppo di allenatori. Viene dall'estero, ha una mentalità diversa, ha una passione incredibile". Così, in pochi secondi, ho visto Carlos come una persona con un grande potenziale come allenatore». Effettivamente Cuesta era stato assunto, e aveva allenato nelle giovanili della Juventus per due anni, prima di andare all’Arsenal.

Dopo l’addio di Chivu il Parma ha avuto bisogno di un nuovo allenatore, e Cherubini ha ritenuto Cuesta abbastanza pronto da poter allenare una prima squadra.

Il suo contratto sarà valido fino al 2029, un attestato di fiducia verso le sue qualità, e anche un modo per provare a evitare possibili voci in caso di qualche sconfitta di troppo all’inizio. Il Parma deve essere rimasto scottato da quanto successo con Enzo Maresca: scelto nell'estate del 2021 da assistente di Pep Guardiola al Manchester City ed esonerato dopo solo 13 giornate, per fare spazio a Beppe Iachini. Maresca poi sarebbe tornato in Inghilterra, guidato il Leicester a una bella promozione in Premier, guadagnandosi una chiamata dal Chelsea, con cui ha vinto una Conference League in questa stagione.

La dirigenza del Parma aveva individuato in Maresca un allenatore promettente prima di altri, ma non ha avuto il coraggio di puntare su di lui. Non è una novità per il club ducale quella di scommettere su allenatori agli esordi, lo hanno fatto anche con Chivu. Il tecnico romeno ha portato il Parma alla salvezza, e proprio la sua partenza verso l’Inter, ha aperto le porte all’arrivo di Cuesta. Una scelta ambiziosa, che fa pensare come l’idea della dirigenza non sia quella di limitarsi alla salvezza, ma creare un progetto tecnico a medio termine con idee nuove, che possa portare la squadra più in alto.

A stupire della scelta di Cuesta è stata anche l’età, anche perché in Italia per avere il patentino UEFA Pro bisogna avere almeno 32 anni. Tutto il percorso fino a poter diventare allenatore è legato all’età, più che in altre nazioni come la Germania, dove è ormai normale vedere allenatori appena trentenni. Lo stesso Davide Ancelotti ha fatto il percorso per il patentino all’estero, e per un giovane italiano che non ha un parente nel calcio professionistico l’opzione migliore è andare via prima del tempo per iniziare la propria carriera fuori: l’esempio può essere quello di Francesco Farioli, partito dalla Turchia e visto la scorsa stagione a resuscitare l’Ajax, o anche quella di Alessio Lisci, che ha iniziato in Spagna e quest’anno ha allenato con grande successo il Mirandes in Segunda.

Diventare capo allenatore in Serie A a 29 anni è davvero particolare, in ogni caso. Cesc Fàbregas ne ha quasi nove in più, e l’anno scorso era l’allenatore più giovane della Serie A. E parliamo di uno dei calciatori più forti della sua generazione, che è stato anche fortunato nel trovare la situazione quasi unica del Como (e dove ha iniziato come prestanome). Cuesta è invece, più semplicemente, qualcuno che, senza nessun appiglio, è riuscito a procedere velocemente nella sua carriera professionale.

In Serie A ci sono già stati allenatori che non sono stati calciatori professionisti, il caso più famoso è sicuramente quello di Arrigo Sacchi, ma mai di avere un allenatore così giovane (Cuesta sarà il secondo più giovane nella storia del nostro campionato, il primo nell’era dei tre punti). Cuesta non ha fatto quella che viene definita gavetta, cioè partire dal basso come allenatore di categorie inferiori e poi risalire tutta la piramide (come Sarri, sempre per fare un esempio di sucesso), ma sta nel mondo del calcio da sempre.Da giovane, in realtà, ha giocato nella squadra del quartiere di Palma de Mallorca in cui è cresciuto, il Santa Catalina Atlético. Nello stesso tempo allenava i ragazzi del club e da subito ha capito che sarebbe stata quella la sua strada, senza neanche provare come calciatore professionista (dirà poi che il suo livello era troppo basso). Entra alla facoltà di scienze motorie all’università a Madrid e al contempo studia anche le lingue, cosciente di quanto sia importante in vista della sua carriera: oggi oltre al catalano e al castigliano, parla inglese e un adeguato francese, portoghese e italiano.

A 19 anni arriva all’Atlético Madrid grazie all’allora Twitter, interagendo con dei membri dell’accademia del club e vedendo accettata la sua richiesta di lavorare come volontario nelle giovanili: «Si necesitas a alguien que te ponga los conos, aquí estoy» ha raccontato di aver scritto.

Mentre allena nelle giovanili dell’Atlético scrive diversi articoli per la rivista The Tactical Room fondata da Martí Perarnau, un punto fermo per il discorso tattico in Spagna. Cuesta si occupa sia di giocatori, come Tiago dell’Atlético e Varane del Real Madrid, che di temi più teorici. Ad esempio già 9 anni fa scriveva del problema della standardizzazione nel calcio: “Il calcio, come la vita, è una costante di causa-effetto. Ed è anche uno sport di mode. [...] Si è idealizzato il gioco del Barça di Pep Guardiola e le nuove metodologie emergenti in allenamento, in particolare la Periodizzazione Tattica e l’Allenamento Strutturato. Sono stati certamente grandi contributi che hanno migliorato la qualità del calcio, ma – come tutto in questo sport – devono essere studiati in profondità, e forse la loro influenza sulla formazione non è stata del tutto positiva. Non basta leggere, bisogna comprendere. Non basta copiare, bisogna adattare». O in un altro spiega la sua teoria sul perché un giocatore non deve pensare in campo: “Secondo me, pensare è dubitare, e dubitare è morire nel calcio. Quando si pensa, si apre una gamma quasi infinita di opzioni. Il calcio è uno sport molto complesso e aperto, in cui in ogni situazione di gioco ci sono diverse soluzioni possibili, ma solo una è la migliore. Quando si pensa, l'esecuzione richiede molto tempo, mentre il calcio è uno sport di decimi di secondo. [...] Anni fa mi è stata detta una frase che mi è rimasta impressa: “Nel calcio è la prima idea che conta”».

La sua prima intervista italiana la fa a 21 anni, da allenatore dell’u14 dell'Atlético di Madrid, durante un campus organizzato dal Ravenna nell’estate 2017. È un reperto interessantissimo, perché si vede già il bozzolo dell’uomo che è oggi: «Una delle mie virtù è lavorare tanto e provare a fare un lavoro di qualità, quando faccio qualcosa provo sempre a dedicargli più tempo possibile per farlo al massimo. E un’altra virtù è la vicinanza che ho con i giocatori. Poi per me a livello di metodologia provo a rendere tutti gli allenamenti il più simile possibile a quello che succede in partita, replicare quello che succede in partita. Come difetti ho poca pazienza al momento di vedere il comportamento che mi aspetto in allenamento e forse provo troppo ad influire sul giocatore».

Due curiosità: la squadra italiana che tifa è l’Inter, ci tiene a precisare per via di Mourinho. Il suo piatto italiano preferito, almeno all’epoca, era la pasta al pesto.

A 23 anni decide di dare una svolta ulteriore al suo percorso e lascia l’Atlético. All’università di Porto aveva partecipato a un seminario di Vitor Frade, uno dei padri della periodizzazione tattica, metodologia portoghese di grande successo e di cui Mourinho è stato il figlio prediletto. Tramite un amico comune (forse proprio Martí Perarnau confidente di Guardiola e fondatore di The Tactical Room?), Cuesta invia ad Arteta alcune analisi tattiche sul Manchester City. Arteta ne rimane colpito e lo invita ad assistere agli allenamenti della squadra di Guardiola. Quando va a Manchester Cuesta è già un nome che gira in Spagna, tanto che nel febbraio 2019 rilascia un’intervista a El Pais: «In quella visita ho capito quanto sia importante circondarsi delle persone giuste. Pep ha uno staff di grande qualità professionale e umana. Metto in evidenza Mikel Arteta. Diventerà un grande allenatore».

Il titolo dell’intervista è “Allenatore 23enne in tournée in Europa per inseguire il sogno della Champions League”. Nell'articolo viene scritto che anni prima aveva provato più volte, senza successo, a contattare José Mourinho. Nell’articolo c’è anche una descrizione della sua idea di auto-miglioramento. Una filosofia che trasmette ai suoi giocatori: «È un aspetto che di solito non viene sviluppato, ma è fondamentale. I giocatori devono interpretare tutte le situazioni come qualcosa di positivo per superarle». Il suo mantra è: «Niente scuse, sì soluzioni. Non ci sono “ma”. Le lamentele o le scuse sono solo un'altra occasione persa».

Con l’idea di continuare il percorso di crescita fuori dalla Spagna passa nelle giovanili della Juventus, come detto, a volerlo è Federico Cherubini all’epoca direttore tecnico della squadra. L’incarico è di assistente di Francesco Pedone, allenatore dell’U17. Tra i giocatori che allena ci sono Koni De Winter, Radu Dragusin, Nikola Sekulov e Franco Tongya. L’anno dopo fa il collaboratore tecnico della Juve Next Gen. «Conosco alcuni giocatori che erano in squadra con Carlos e che lo ricordano sempre in modo positivo. Quando abbiamo giocato un'amichevole contro l'Arsenal nel dicembre 2022, ho visto che alcuni dei nostri giovani giocatori erano molto, molto felici di vedere Carlos», ricorda sempre Cherubini.

La vera svolta arriva con la chiamata di Arteta, nel frattempo diventato allenatore dell’Arsenal. Cuesta arriva il giorno dopo la vittoria della FA Cup, durante la pandemia. L’allenatore basco decide di rinforzare il suo staff tecnico con assistenti con compiti specifici, e quello di Cuesta è lo sviluppo dei giocatori. «Sono sicuro che un giorno diventerà un allenatore di un grande, grande, grande club» ha detto Granit Xhaka di lui. «Lo dico perché sa cosa vuole, ha le idee chiare e ha obiettivi chiari che vuole raggiungere. La mia sensazione dal primo incontro con lui è stata che prima di tutto, come persona, è molto onesto, molto diretto. Ma aveva anche una grande conoscenza del calcio. Sa quello che fa: sa come parlare con i giocatori, di cosa hanno bisogno i giocatori. È stato semplicemente fantastico fin dall'inizio».

Xhaka parla di un rapporto speciale che si era creato tra loro due: «Il rapporto tra me e Carlos era molto speciale. Penso che il nostro modo di pensare come persone fosse esattamente lo stesso. L'onestà che mostravamo all'altro e alle altre persone era sempre la stessa. E mi ha aiutato molto. Abbiamo avuto tanti incontri individuali, sessioni video e conversazioni. Queste cose hanno contribuito a portarmi dove sono oggi». Nel documentario che Amazon ha girato seguendo l’Arsenal nella stagione 2021/22 Cuesta appare spesso. Lo si vede sia agli allenamenti, quando Arteta fa i discorsi alla squadra, ha delle scene tutte sue in cui siede a tavola con i calciatori, dove sembra uno di loro. Per una questione di età e di vicinanza costante ai giocatori Cuesta diventa non solo il tramite diretto tra Arteta e lo spogliatoio, ma anche una valvola di sfogo per i giocatori.

Il focus del suo lavoro è lo sviluppo tecnico e tattico del giocatore; lo si vede soprattutto nelle riunioni che ha con i singoli giocatori, dove si presenta con specifici consigli per migliorare un aspetto del loro gioco, con l'utilizzo di presentazioni video (solitamente avviene a fine sessione). L’aspetto principale che passa sottotraccia, sono i complimenti che riserva ai giocatori. Gli si avvicina, gli dice che sono speciali, ne accarezza l’ego, emana naturale empatia. I consigli vengono così filtrati positivamente. L’approccio di Cuesta è definito “olistico”: prende in considerazione ogni aspetto del giocatore in termini tecnici, tattici, fisici e come persona, per fare un lavoro mirato di crescita quindi a tutto tondo.

In questi anni Arteta ha tenuto un gruppo di assistenti allenatori con cui ha condiviso l’ascesa. Il più esperto e quello più vicino a lui in panchina è Albert Stuivenberg, poi ci sono i due giovani spagnoli Miguel Molina e appunto Carlos Cuesta. Questo trio è il nucleo principale, il resto dello staff ha compiti più specifici, come l’ormai celebre Nicolas Jover, maestro dei calci piazzati o Inaki Cana, allenatore dei portieri. Non è previsto che l’Arsenal copra la partenza di Cuesta con un altro assistente: ricopriva un ruolo troppo particolare. Di sicuro è difficile trovare una persona che possa entrare così in sintonia con lo spogliatoio dell’Arsenal come ci era riuscito Cuesta.

Non possiamo sapere ora che tipo di allenatore sarà Cuesta, che filosofia di gioco vorrà impostare. Pensare che farà un Arsenal in miniatura è un salto logico senza prove. Non sappiamo neanche ancora che rosa avrà a disposizione. Il Parma si è fidato di cose semplici: la sua competenza e le sue evidenti evidenti qualità umane, che avevano già impressionato Cherubini alla Juventus. Che Cuesta sia pronto per allenare una squadra di coetanei, in un campionato così idiosincratico e abituato a guardare con sospetto le nuove idee e chi ha bruciato le normali tappe è un altro discorso. Se però chiediamo da tempo un po’ di coraggio in più alle dirigenze italiane, il Parma ci ha mostrato cosa significa avercelo.

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