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Ma quindi, come giocava l'Ajax di Farioli?
06 giu 2025
Il suo periodo in Olanda non andrebbe frainteso.
(articolo)
10 min
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IMAGO / DeFodi Images
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Il suo finale di stagione è stato contraddistinto dall'incredibile, imponderabile psicodramma che gli ha fatto scivolare via dalle mani dall'Eredivisie dopo aver avuto nove punti di vantaggio sulla seconda a cinque giornate dal termine. Ma ora che la stagione è terminata e Francesco Farioli non è più nemmeno l'allenatore dell'Ajax vale la pena guardare le cose a mente fredda, perché il suo lavoro non si può ridurre solo a quelle assurde settimane finali e chissà magari l'allenatore toscano potrebbe tornare ad allenare presto, forse anche in Serie A. L'epilogo del campionato ha confuso le cose, che già prima non erano del tutto chiare: come giocava quindi l'Ajax di Farioli?

Farioli, per la squadra olandese, è stato il sesto allenatore negli ultimi due anni, il primo italiano, l’unico non olandese degli anni duemila. L'aveva trovata quinta alla fine della scorsa stagione - una delle peggiori della sua storia - lontana 35 punti dal PSV campione, reduce da tre cambi tecnici, l’ultimo dei quali, John van’t Schip, ha traghettato quel che restava dell’equipaggio fino al termine dell’anno, per un incarico durato 244 giorni. Il più durevole dell’ultimo, tremendo, biennio.

Già il fatto che Farioli l'abbia superato per longevità, insomma, è una notizia meno scontata di quanto ci può apparire da qui. E c'è stato un momento, quando per esempio l'Ajax ha avuto nove punti di vantaggio sul PSV secondo, in cui è apparsa miracolosa. Prendiamo per esempio il valore di rosa delle due squadre. Lo so, è sempre scivoloso prendere questi dati Transfermarkt, visto che sono elaborati attraverso i giudizi soggettivi dei suoi utenti, ma ci serve per darci una prima indicazione a spanne: parliamo di 305,65 contro 208,65 milioni di euro - un gap che si è ridotto moltissimo in questa stagione proprio per via della stagione dell'Ajax, e per lunghi tratti è stato anche molto più ampio di così. D'altra parte l'Ajax ha fatto 22 punti di più rispetto alla stagione precedente e in mezzo gli acquisti fatti non sono proprio quelli che in Italia definiremmo di alto calibro: Rugani, Klaassen, Weghorst, Youri Reeger, Oliver Edvardsen, Lucas Rosa.

Ovviamente non voglio ignorare quelle ultime settimane, perché anche quelle fanno parte della stagione dell'Ajax, ma adesso che tutto è passato penso sia più interessante concentrarsi su come giocava, la squadra di Farioli, perché penso che ci sia qualche fraintendimento a riguardo.

Personalmente, se dovessi ridurre a un'unica qualità questi risultati parlerei della capacità d’adattamento - forse scontata per chi, a 36 anni, ha già allenato, e quindi vissuto, in Qatar, Turchia, Francia e ora Paesi Bassi - ma che forse dall'Italia, dove Farioli viene ancora considerato un allenatore integralista, non viene nemmeno considerata.

L'idea di Farioli come allenatore astratto che cerca di riprodurre partite quasi artificiali, ideali in uno scenario immobile priva di variabili impreviste è infatti piuttosto lontana dalla realtà, e questa stagione dell'Ajax lo ha confermato. Questa squadra, come le sue precedenti, sembrava invece spiccare per reattività al cambiamento, per come era in grado di riconoscere, accettare e ballare nel caos della partita. Non che manchi il tentativo di razionalizzare lo scenario di gara, che probabilmente è quello che lui chiama “questione di gusto” che ha dato il titolo alla sua tesi UEFA PRO.

Certo, esisteva un Ajax ideale, che più o meno dovrebbe essere questo qui sopra, visto quando Farioli introduceva il proprio gusto nelle prime preparazioni estive. E questo ci dà delle prime indicazioni sul suo talento, perché l'allenatore toscano ci ha messo poco a trasferire le proprie intenzioni e renderle visibili ad occhio nudo. Non a caso, in un’intervista rilasciata a Cronache di Spogliatoio al termine della stagione passata a Nizza, definiva il suo lavoro come: «Facilitare i processi di apprendimento ed essere dei traduttori delle difficoltà del gioco».

Il suo primo modello si basava su un 4-3-3, a cui ha aggiunto Jordan Henderson da vertice basso in costruzione. Per evitare che il centrocampista inglese venisse oscurato dalla pressione avversaria, Farioli ha giocato con il terzo uomo e la verticalizzazione del centrale di destra. La costruzione dal basso, insomma, era molto curata, e permetteva all'Ajax di arrivare in fase di rifinitura, dove di solito un’altra combinazione con il terzo uomo infiammava lo sviluppo offensivo.

Un esempio da una partita di inizio novembre. L’Ajax sfida e batte 3-2 il PSV attraverso la ricerca di un pressing aggressivo, in parità numerica, con orientamento sull’uomo, che torna sulle proprie posizioni se viene superata la prima linea di pressione per non esporre i centrali difensivi a dover coprire troppo campo in profondità. Anche il PSV, però, cerca l'aggressività senza palla in alto sul campo e questo produce una partita di giocate dirette, che stimola il tre contro tre che Bosz lascia in difesa. Anche in questo si vedeva la capacità di adattamento di questo Ajax: quando si potevano ottenere vantaggi maggiori con giocate dirette non aveva problemi a seguire questa strada.

Tre giorni prima, contro il Feyenoord, il De Kuip era stato silenziato così dopo solo sei minuti: rinvio-assist lungo 60 metri del 41enne Pasveer che dall’interno dell’area corta traccia un arco che scavalca tutta la squadra avversaria fino a portare Taylor da solo davanti al portiere.

Come detto, dipende dall'avversario e dai momenti della partita. Nel gol del momentaneo 2-2 al PSV, per esempio, l'Ajax era arrivato al gol con una bella uscita dal basso. La squadra di Farioli utilizza il portiere come uomo “dispari” contro pressioni in parità numerica, attira gli avversari in avanti solo per saltarli di colpo, con giocatori abili nell'uno contro uno come fa in questo caso Godts. Da qui, uno sviluppo offensivo che si muove tra gli scalini delle uscite avversarie.

In questo modo l’Ajax si guadagna la metà campo avversaria per poi andare all'uno contro uno sull'esterno destro, con Traoré. L'esterno converge fino al tiro che produrrà la respinta decisiva, raccolta da Fitz-Jim, uno dei 6 giocatori dell’Ajax che avevano fatto irruzione in area di rigore. L'occupazione dell'area con almeno metà dei giocatori a disposizione è poi diventata uno dei pattern più riconoscibili dell'Ajax di quest'anno.

Un mese più tardi, in Europa League, l’Ajax deve vedersela con la Lazio. La mobilità in costruzione della squadra di Baroni mette in crisi il sistema di pressioni a uomo dell’Ajax, che in questo modo finisce per allungarsi spesso, perdendo solidità.

Farioli prova a mettere una pezza riproponendo quello che già si era visto a Nizza: Henderson prende gli appunti che erano stati di Ndayishimiye in Ligue 1, abbassandosi tra i centrali e componendo un 5-4-1 nei momenti di difesa posizionale più bassa. Ancora una volta: adattamento. «L’umiltà: mi dicevano che è una parola poco comune nel DNA Ajax», ha dichiarato Farioli nell’intervista post partita «Invece credo ce ne sia bisogno. Se siamo arrivati fin qui è perché abbiamo fatto cose che non eravamo abituati a fare».

In quella partita, tra l'altro, l'Ajax adotta delle marcature con un forte orientamento sull'uomo. Rensch, per esempio, abbandona spesso la corsia per continuare a dare la caccia a Pedro. E allo stesso modo la strategia di mettere un altro uomo sull’ultima linea permette ai centrali di avere più libertà nel rompere la linea in avanti per accorciare sugli avversari in posizioni intermedie.

In quella partita, però, la coperta sempre troppo corta. La squadra di Farioli riesce ad essere più aggressiva sull'uomo ma perde contatto con il pallone, perché è troppo bassa per alzarsi in tempo. La Lazio costruisce con fluidità e frequenza e gli olandesi faticano a riguadagnarsi il possesso. La densità numerica, almeno, aiuta a nascondere difetti di tattica difensiva individuale e di reparto che minano l’efficacia difensiva dell’Ajax, come si vede per esempio in una transizione in inferiorità numerica in cui la pigrizia nella scappata di Sutalo viene salvata soltanto dalla scelta errata di Rovella.

Finirà 1-3 dopo una partita che aveva restituito un senso di inferiorità persino superiore al risultato. Era la terza sconfitta nelle ultime 5 partite, tra Eredivisie ed Europa League, con un pareggio e una sola vittoria, in rimonta sul NEC. In queste 5 partite, tra l'altro, l'Ajax aveva subito ben 10 gol: a volte pagando errori in costruzione o su effetti di pressioni offensive andate a vuoto.

Da lì però qualcosa cambia. Nelle successive 10 gare di campionato, l'Ajax ottiene solo vittorie, qualcosa che ad Amsterdam non succedeva dai tempi di ten Hag, nel 2018. Otto di queste dieci vittorie, per di più, arrivano senza subire gol: in campionato nessuno segna all’Ajax per più di un mese, dall’inutile rete del Feyenoord battuto 2-1 a inizio febbraio.

Proprio nell’ultima vittoria contro il Feyenoord, neanche due mesi dopo la sfida con la Lazio, l’Ajax muove passi ancora più sicuri difensivamente. Impressiona la compostezza che riesce a mantenere anche quando chiamata a mettere la tuta da lavoro del 5-4-1, che adesso sembra più sicuro. Henderson rimane il capo progetto ma le interpretazioni sempre più fini dei giocatori gli consentono di comporre la struttura desiderata con elementi differenti in base alla necessità del momento.

Certo, non tutto era perfetto. Il pressing alto, per esempio, non è ancora sostenuto adeguatamente dall’elasticità dell’ultima linea, che spesso ha tempi di reazione più dilatati rispetto alle uscite dei propri attaccanti in prima pressione. La difesa resta seduta più in basso sui propri riferimenti e quindi le linee si dilatano, lasciando tasche di spazio in cui si infilano le ricezioni avversarie.

A noi questo può sembrare un lavoro nella giusta direzione ma in Olanda mon tutti poi hanno apprezzato un Ajax così solido in difesa. Lì, per esempio, qualcuno ha criticato Farioli di fare del “betonvoetbal”, letteralmente "calcio di cemento", cioè, in sostanza, catenaccio. Gli era già successo in Francia, quando aveva dovuto rispondere a domande su partite definite “noiose”. I numeri mostrano come l’Ajax abbia gradualmente perso percentuali di possesso durante la stagione: delle 17 volte in cui ha registrato dati superiori al 50%, in campionato, soltanto 4 appartengono al 2025 e in generale il dominio del pallone sembra essere stato lasciato all’inizio del percorso. L'Ajax, insomma, aveva imparato a difendersi anche con lo spazio e non solo con il pallone.

Questo non significa che la squadra di Farioli avesse perso del tutto la sua impalcatura originaria. L’utilizzo della suola per fissare o invitare alla pressione gli avversari, i continui richiami al terzo uomo con la capacità di lavorare da pivot di Brobbey, la tipica sovrapposizione a facilitare l’uno contro uno dallo spigolo dell’area, l'occupazione massiccia dell'area avversaria: tutte queste cose erano rimaste.

Un esempio dalla partita di Europa League contro il Galatasaray.

In generale, l’Ajax era una squadra che, offensivamente, cercava di ottimizzare la qualità delle proprie conclusioni. Lo si capisce guardando i dati, come sempre offerti da Hudl StatsBomb. Quella di Farioli non era la squadra che tirava di più Eredivisie (ha chiuso il campionato addirittura settima per numero di conclusioni) ma era quella più pericolosa nelle sue conclusioni (ogni tiro valeva mediamente 0,11 xG), a conferma della buona qualità delle occasioni create. Interessante da questo punto di vista anche il contributo realizzativo dato dalle mezzali più utilizzate: il 2002 Taylor, l’ex Inter Klaassen e Fitz-Jim sono stati spesso le spine più dolorose nell’area avversaria (in tre hanno segnato ben 19 gol).

Offensivamente, insomma, l'Ajax sapeva fare tutto e attaccare in tanti modi diversi. Creare occasioni già a partire dalla costruzione dal basso, ma anche transizioni sferzanti, come quella che ha portato al rigore, poi sbagliato da Werghost, nell’ultimo successo sul Feyenoord. Qui, ancor più rispetto al passato, Farioli pare sfruttare al meglio le debolezze dei propri avversari, e puntare ancora di più sulla riconquista immediata del possesso appena perso, che diventa occasione per transizioni dirette.

«Si deve essere in grado di saper fare tutto in ogni momento e avere un’identità forte, ma questa identità dev’essere fatta da più identità per me», aveva detto Farioli prima dell'inizio di questa stagione. All'Ajax, forse il club che più solidamente poggia le sue fondamenta su un'identità tattica unica, sembra aver raggiunto questo obiettivo più che altrove. Certo, è beffardo che poi la stagione sia finita nel modo in cui è finita, con uno scudetto perso a favore di un allenatore che era stato definito un filosofo, ma questo più che sul lavoro di Farioli dovrebbe farci riflettere sulla crudeltà del calcio e l'aleatorietà della vittoria.

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