Al 94’ di Chievo-Sassuolo, i padroni di casa sono sotto per uno a zero e sanno già di aver perso la partita. Sarebbe la nona sconfitta, in un campionato in cui il Chievo non è ancora riuscito a vincere: la squadra prima allenata da Lorenzo D'Anna, ora da Gian Piero Ventura, ha addirittura un punteggio in classifica in negativo, quel -1 frutto di una penalizzazione iniziale di 3 punti (dovuta al caso delle plusvalenze con il Cesena) che non si è ancora ridotta fino a scavalcare lo zero.
Per questo è ancora più straziante quello che succede al minuto 94 della partita di ieri. Il Sassuolo batte una rimessa laterale in zona d’attacco e il Chievo è così rassegnato che lascia scappare Sensi solo in area di rigore. Jaroszynski cerca di chiuderlo disperatamente. Corre verso di lui e poi si butta ai suoi piedi a corpo morto; Sensi però lo anticipa e Jaroszynski cade con la faccia a terra, quasi volesse risparmiarsi il resto dell’azione. Quando Berardi riceve palla al centro dell'area di rigore è solissimo, controlla e tira di piatto sinistro forte. Ma è una conclusione sciatta, come la sua stagione, come i suoi ultimi anni, che Sorrentino para con la trance agonistica di chi gioca come se non avesse mai niente da perdere. Ed è a questo punto che le cose degenerano: la palla si alza in aria, Mimmo Berardi è già a terra con i pugni sul prato a maledire la propria decadenza, mentre Giaccherini ci arriva con calma. È in netto anticipo, non ha nessuno intorno e può fare quello che gli pare. Potrebbe controllare palla e ripartire dall’altra parte del campo, per un ultimo glorioso assalto finale; potrebbe spazzare in angolo per esprimere tutta la sua ansia sul presente e il futuro del Chievo; potrebbe persino appoggiarla per il compagno che si sta staccando davanti a lui; potrebbe stopparla con la coscia e mettersi a palleggiare fino a fine partita in aperta polemica con una squadra che non è all’altezza della sua storia, persino del suo talento.
Invece, decide di appoggiarla di petto a Sorrentino. Solo che Sorrentino è ancora a terra, perché si è appena impegnato in una parata difficile. Per un attimo prova a rialzarsi e a recuperare il pallone, poi desiste e la palla scivola lenta e beffarda dentro la porta. A meno che si pensi che Sorrentino avesse qualche interesse a far entrare la palla del 2-0 per il Sassuolo, è davvero straziante guardarlo mentre prova a rialzarsi, per poi ricadere su sé stesso e arrendersi, con un crollo psicologico netto, come se il peso di tutti i mali del mondo lo avesse schiacciato a terra, sulla schiena, con le braccia allargate “a 4 di spade”. Sembra la scena di un western: dopo aver ricevuto un proiettile un cowboy prova a rialzarsi per recuperare la pistola a pochi centimetri da lui, ma un altro proiettile, implacabile, ne strozza l’ultimo slancio vitale.
L’autogol è diventato virale sui social, prima solo in Italia e poi anche all’estero. “No puede ser!” scrive ESPN Spagna; “inverosimile” lo definisce un sito di calcio francese. Alcuni, addirittura, ne scrivono per rivangare l’antica diatriba fra De Laurentiis e Sarri sulle scarse rotazioni del Napoli, con il senso: “guardate Giaccherini quanto è scarso, vi ricordate quando lo volevate in campo?”. L’autogol di Giaccherini, quindi, è diventato uno dei più popolari degli ultimi anni, e lo è diventato perché esprime in maniera potenziata il dramma tragicomico implicito in tutti gli autogol.
La maggior parte degli autogol arrivano come una sorta di cortocircuito improvviso della realtà. Guardate ad esempio questo di Consigli, che da un momento all’altro sembra perdere le connessioni neurali che legano il suo cervello al suo corpo. O anche questo, famosissimo, in cui Pancaro fa per spazzare fortissimo ma l’universo sembra ribaltarsi dalla parte opposta e fa finire il suo tiro forte sotto la traversa.
Quello di Giaccherini, invece, nasce da una specie di allucinazione. Sembra aver visualizzato qualcosa che si è poi rivelato disallineato dalla realtà: la tensione drammatica nasce da un leggero scarto tra ciò che pensa Giaccherini e ciò che sappiamo noi che lo guardiamo, che abbiamo capito prima la tragedia a cui sta andando incontro.
Nel momento in cui Giaccherini salta per colpire la palla di petto verso la porta forse non ha presente la condizione di Sorrentino e si fida del suo istinto; noi invece, proprio in quel momento, ci rendiamo conto di quello che sta per succedere. C’è una brevissima finestra temporale in cui ci rendiamo conto che Giaccherini non si sta rendendo conto di quello che sta per fare, ed è tragico e comico allo stesso tempo. Una finestra temporale che si allarga ovviamente se vediamo l’autogol per la prima volta sui social, sapendo che stiamo per guardare il video di un autogol.
Certo, perché capiti un autogol del genere non basta un unico, per quanto clamoroso, errore. È tutta una concatenazione di piccoli errori, sciattezze e calcoli sbagliati. Una specie di coreografia sull’auto-distruzione a cui partecipa persino Berardi, col suo triste tiro a tre metri dalla porta. Prima c’è il modo assurdo in cui il Chievo decide di difendere quella rimessa laterale; l’intervento goffo di Jaroszynski; poi c'è la lentezza con cui Sorrentino si rialza (ma forse aveva preso una pallonata in faccia). Più in generale, il Chievo restituisce la sensazione di un palazzo in fiamme, con i giocatori che saltano dalle finestre sui materassi dei vigili del fuoco. In un video in cui si sente bene l’audio dello stadio, il mormorio di sconcerto del pubblico è il suono della malinconia.
Dopo che la palla entra in porta ci sono però almeno altri due dettagli di una crudeltà sproporzionata. Il primo è la reazione dei giocatori del Chievo inquadrati, tutti profondamente, intimamente, distrutti. Sembra un dipinto sul Compianto di Gesù.
Ma soprattutto, c'è la risata di Berardi, che ride nonostante abbia appena fatto un errore assurdo: una risata perversa, da pazzo, da persona senza cuore, i cui occhi tutti pupille sembrano rivelare una natura demoniaca.
Emanuele Giaccherini era arrivato al Chievo a gennaio dello scorso anno, dopo appena 4 presenze nel Napoli di Sarri. Era stato un protagonista degli ultimi punti salvezza della squadra. Ha segnato 3 gol pesanti, di cui uno dal respiro “tottiano” contro il Bologna, tirando sotto l’incrocio di collo sinistro un assist di Castro. Giaccherini ha vissuto una carriera di grandi momenti: gli Scudetti con la maglia della Juventus, di cui almeno uno vinto da protagonista; il gol contro il Belgio agli Europei del 2016.
Un giocatore che ha costruito un culto minore grazie alla sua normalità, ma la propria efficacia ad alti livelli su una raffinatezza tattica che tendiamo a sottovalutare. Al Chievo Giaccherini sembrava poter avere l’ultimo sussulto di una carriera bella ma strana, dove non si è capito se sia stato un miracolato o un talento che avrebbe persino potuto aspirare a contesti più alti. Invece ha trovato una squadra in dismissione, indebolita dal mercato estivo e fiaccata dallo scandalo estivo delle plusvalenze. Uno scandalo che non ha solo compromesso la classifica del Chievo ma ne ha anche corroso l’immagine.
Due anni fa chiamavamo il Chievo “Pandoro meccanico” e scrivevamo della sua avanguardia tattica (un modello di gioco definito che Maran sta applicando ora al Cagliari). Uno stile di gioco che riusciva a migliorare l’immagine di una rosa vecchia (la più vecchia d’Europa ormai da anni) e di una squadra con pochi tifosi. Andati via il "Pata" Castro e Roberto Inglese è rimasta solo la parodia del Chievo, con Birsa e Pellissier che sembrano i fantasmi di Birsa e Pellissier. Come se non bastasse, da qualche settimana è arrivato Gian Piero Ventura, forse l’allenatore più odiato d’Italia, il colpevole della storica eliminazione dell’Italia, che ora viene atteso al varco ad ogni sconfitta. Seduto sulla panchina del Chievo, Ventura ha già ridotto il proprio lavoro a un’operazione finanziaria: «Sarei contento se qualche giovane del Chievo a fine anno andasse in una grande squadra».
Nessuno ormai, se non pochissimi, vuole bene al Chievo e tutta Italia sembra aspettare solo la sua ineluttabile retrocessione. Proprio per questo è impossibile non provare un minimo d’empatia per loro dopo l’autogol di Giaccherini. Eppure Giaccherini è finito nel tritacarne dell'opinione pubblica e qualcuno sta provando a rimettere in discussione il suo valore. Come se un'azione così peculiare e sfortunata possa davvero dirci qualcosa su un giocatore che ha vinto campionati e giocato titolare in Nazionale. Come se non fosse tutto un grande manifesto della stagione del Chievo. Una squadra ridotta così male che ieri, subito dopo la sconfitta, Ventura ha parlato di segnali di crescita: «Prendetemi per demente, ma sono contento».