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Foto di Dino Panato / Getty Images
Calcio Marco D'Ottavi 5 maggio 2018 5'

Perché i portieri gridano dopo le parate?

Saverio ci ha chiesto delle grida di Sorrentino. Risponde Marco D’Ottavi.

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Ciao raga, una domanda semplice: perché Sorrentino urla dopo ogni parata?

 

Grazie

Saverio

 

Risponde Marco D’Ottavi

 

Ciao Saverio,

lo stesso Stefano Sorrentino ha provato a rispondere alla  domanda in un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport nell’aprile del 2017: «Le urla dopo una parata? Non mi arrabbio coi difensori, quello è un modo di caricarmi, la grande parata equivale a un gol. Non mi sono mai permesso di inveire contro i compagni. Quando subisco gol non dico una parola». Una risposta che contraddice completamente quello che pensavo, ovvero che i portieri che urlano dopo una parata  – e quindi anche Sorrentino – urlano sempre perché i difensori sono tutti stronzi.

 

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Non credo però di essere l’unico ad averlo pensato: esiste infatti tutta un’epica fatta di estremi difensori che dopo una parata si sentono in dovere di rimproverare tutti, come un capo particolarmente severo in una brutta giornata. E più belle sono le parate, più loro si incazzano, in un rapporto tra causa ed effetto non del tutto chiaro. Personalmente il mio preferito era Storari ai tempi di Messina: capelli lunghi, fascetta, orecchini di brillanti e tantissime urla da pazzo. Con il tempo si è calmato, forse perché i secondi portieri non possono permettersi di essere così sopra le righe.
Eppure le parole di Sorrentino – anzi grazie per avermi fatto indagare su un dettaglio che davo per scontato – mi hanno costretto a riflettere. E se le sue fossero davvero un riflesso incondizionato rivolto ad autocelebrarsi come i come on o vamos urlati dai tennisti? E se lo fossero anche se espresse sotto forma di insulti ai compagni? Dopotutto ci hanno insegnato che i portieri sono tutti un po’ pazzi e – se davvero non lo sono tutti – lo è certamente Sorrentino (in questa intervista si definisce un pazzo squilbrato), uno che ogni volta che gioca sembra un uomo sul punto di suicidarsi trafiggendosi lo stomaco con una spada come Mishima. Per dire: Sorrentino ha chiamato la sua biografia Gli occhi della tigre e ha usato questa foto come copertina.

 

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Non è poi normale che quest’uomo urli come un ossesso dopo ogni parata? Che se la prenda con tutti senza prendersela davvero con nessuno? Per me sì.

Il primo video-tributo che troviamo scrivendo “Stefano Sorrentino” su YouTube si apre con lui che urla, come se fosse un suo tratto distintivo, come il dribbling per Messi e le bombe per Roberto Carlos. Le urla fanno parte di Sorrentino e se lui dice che non sono rivolte ai compagni, io ci credo. Anche quando sembrano assolutamente rivolte ai suoi compagni. Prendiamo la reazione a queste tre parate consecutive contro la SPAL. Sorrentino si trova trascinato in un incubo: dopo aver respinto con la mano sinistra la conclusione a botta sicura di Bonazzoli, i suoi compagni si impicciano e non riescono a liberare l’area, ma anzi favoriscono l’azione di Rizzo sul quale deve pensarci lui ancora una volta chiudendo col corpo l’angolo di tiro del giocatore della SPAL. E quando pensava di aver finito deve invece andare a togliere dall’angolino basso il destro di Grassi.

 

Tre parate in venti secondi, tre parate dovute ad evidente lassismo dei suoi compagni. La sua reazione è estremamente plateale: stringe il pugno e lo ruota dall’alto verso il basso con ardore tirando fuori delle urla che non possiamo sentire, ma che ci sembra quasi di poterlo fare, proprio come farebbe un portiere che vuole insultare qualcuno.

 

E sarebbe anche normale: la sua difesa ha permesso all’attacco della SPAL di fare un pic-nic nella sua area e lui ha dovuto occuparsi di tutto praticamente da solo.

 

Anche qui Sorrentino voleva semplicemente caricarsi? Sì. Facci caso: quando si rialza dopo la terza parata, si ritrova davanti agli occhi Cesar. Se avesse voluto prendersela coi compagni, la cosa migliore – e più naturale visto il casino che hanno combinato – sarebbe stato tirargli un pugno. O se non un pugno, almeno urlargli in faccia, scuoterlo, dirgli qualcosa. Invece no, Sorrentino lo scansa e preferisce urlare verso un punto lontano nel vuoto dove, ipotizzo, lui vede o immagina una qualche figura verso cui rivolgere le sue urla (il padre anche lui portiere? il portiere avversario con cui si sente in perenne competizione? Pellissier?).

 

Ma facciamo altri esempi: qui urla (sempre facendo lo stesso movimento con il pugno) dopo aver tolto da sotto la traversa un tiro a giro di Insigne. Ma può prendersela con la difesa in questo caso? Insigne è uno dei giocatori che tira di più in serie A e quando decide di concludere col destro dal limite dell’area sinistro c’è poco che la difesa possa fare. Qui invece urla e sbraccia (questa volta col doppio pugno) dopo aver parato un rigore a Kessié. Il suo comportamento è simile a quello tenuto dopo le tre parate contro la SPAL, ma in questo caso non possiamo addossare colpe alla difesa. Un rigore è come quando ti caga un piccione sulla giacca: con chi te la vuoi prendere? Dopo questa parata su un colpo di testa di Parolo si vede benissimo che  – addirittura – riesce non solo a caricarsi, ma allo stesso tempo incitare i compagni.

 

C’è poi un altro motivo per pensare che le sue urla siano auto-rivolte e non etero-rivolte: la difesa del Chievo è probabilmente la più vecchia del pianeta. Dario Dainelli (38 anni), Alessandro Gamberini (36), Bostjan Cesar (35), Massimo Gobbi (37), solo per fare alcuni nomi, non sono ragazzini contro cui puoi urlare a piacimento. Sorrentino (il più vecchio di tutti) sa che deve portare rispetto se vuole che lo aiutino nella sua campagna contro il gol.

 

Sorrentino – per quanto pazzo – è molto lucido: si lascia prendere la mano solo quando una sua parata risolve l’azione. In caso contrario non tradisce nessuna emozione, come dopo questa doppia parata contro la Roma. L’intervento è prodigioso, le colpe della difesa evidenti, ma lui non si scompone: rimane concentrato sulla partita come uno che si fa chiamare Gli occhi della tigre dovrebbe sempre fare. Ancora oggi è uno dei portieri più reattivi del campionato. Solo Nicolas del Verona e Gomis della SPAL compiono più parate di lui sui novanta minuti e più urla si ritroverà a fare, più possibilità avrà il Chievo di salvarsi.
Devo dire che anche dopo tutte queste parole non sono sicuro al 100% Sorrentino non abbia mai urlato contro i compagni, ma come detto prima voglio crederci fermamente. Se ci pensi in un epoca dove gli insulti tra le persone sono diventati parte integrante delle nostre vite, il fatto che invece Sorrentino usi le urla solo come espressione di felicità ci deve rincuorare. Dovremmo essere tutti più come lui, urlare solo di felicità e lasciare le urla di odio ai poveri di spirito.
Senza aver completamente fugato il tuo dubbio, ti lascio con altri possibili motivi per cui Sorrentino urla dopo una parata affrontando la questione in maniera più olistica:

 

– Perché è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo.

 

– Perché non ha capito il finale di Lost.

 

– È un codice segreto con cui parla con il portiere avversario. Questo spiegherebbe anche perché molti portieri urlano.

 

– Perché una volta con 10000 lire ci andavi al cinema e ci prendevi pure una pizza.

 

– Omaggio a Munch, suo artista preferito.

 

– Omaggio alla poesia Ginsberg, Urlo (Howl), sua poesia preferita.

 

– Omaggio alla scena iniziale de L’uomo in più (quella negli spogliatoi), del suo regista preferito Paolo Sorrentino.

 

 

Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.

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