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Giaccherini Mania
10 feb 2016
10 feb 2016
Giaccherini è stato sopravvalutato o sottovalutato?
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Il 10 marzo del 2013 la Juventus gioca in casa contro il Catania. I bianconeri sono primi in campionato con 7 punti di vantaggio sul Napoli. È la seconda Juventus di Conte, con meno smalto della prima e senza i campioni della terza. La vittoria del campionato sembra più il prodotto della mancanza di concorrenza che di una vera supremazia. Anche in quella partita la Juventus fatica, gioca male, appesantita forse dall’impegno infrasettimanale in Champions. Al 92esimo Giaccherini riceve sulla sinistra e mette al centro una palla a caso, calciata in modo così sciatto che sorvola i quattro giocatori dentro l’area e sembra dover uscire tristemente verso l’esterno. Prima che il pallone cada però arriva Pogba quasi in volo, come se non fosse fatto della stessa materia degli altri giocatori in campo, e fa uno stop di un’eleganza così sfacciata che fa quasi il giro e diventa volgare. Tra il cross di Giaccherini e lo stop di Pogba ci sono di mezzo talmente tanti scalini tecnici che sembra un’assurdità in quel contesto: come se un cantante lirico del teatro dell’Opera fosse sceso a cantare nella metropolitana. Pogba lascia al pallone un rimbalzo, un altro, e poi lo colpisce di taglio come se il suo piede fosse una racchetta. L’effetto a uscire inganna Andujar, che smanaccia male il pallone verso il centro, lì arriva Giaccherini,

. Il boato dello stadio è impressionante, Giaccherini corre verso la panchina, fa per togliersi la maglia, ma qualche senso di colpa risale dal cuore profondo dell’anima di Giaccherini e reprime l’istinto liberatorio. Okay l’esultanza, okay il gol vittoria: ma un cartellino giallo è un cartellino giallo.



 

Il primo commento del telecronista è “Ma che cos’ha fatto Pogba su quella palla lì?!”; “Pogba, un alieno!”, risponde l’altra voce.

Con quella vittoria la Juventus va a +9 dal Napoli e il gol di Giaccherini viene considerato, a tutti gli effetti, il “gol scudetto”. Nei commenti sottostanti al video i tifosi della Juventus non citano lo stop di Pogba, e i più votati sono “Giaccherini, per tutti una sega, in realtà giocatore fortissimo” e “se riprendessimo Giak?”.

 



feticcio

fe·tìc·cio/





Motivo di un culto o di un rispetto esclusivo, irragionevole e fanatico.

 



Emanuele Giaccherini è uno dei più indiscutibili feticci del tifo juventino. Nel senso che i tifosi della Juventus gli tributano un affetto che forse va al di là di quello che un calciatore come Giaccherini può in linea teorica meritare dalla tifoseria di una delle squadre più blasonate d’Europa. Per certi versi Giaccherini è solo un discreto giocatore che nell’infinito, e incalcolabile, moltiplicarsi di universi paralleli ha incrociato quello in cui una serie di circostanze lo hanno portato a massimizzare i frutti del proprio talento, a vestire la maglia della Juventus, a segnare gol decisivi, a vincere trofei, a entrare nel cuore dei tifosi.

 



Anche se nelle storie come quella di Giaccherini i confini di fattori come la

e la

si sfumano fino a diventare indistinguibili. A 23 anni Giaccherini era ancora in C2 a giocare i playout per non retrocedere con il Pavia. Negli anni precedenti aveva giocato al Bibbiena e al Bellaria Igea Marina, spostandosi sempre da Talla a bordo di una Ford Fiesta. Al Cesena era stato messo fuori rosa e stava quasi per smettere, poi Pierpaolo Bisoli lo ha richiamato perché si era infortunato l’esterno titolare. «Se con il Cesena non fosse andata, avrei trovato una squadra in Promozione e mi sarei messo a cercare lavoro. Avevo un diploma da perito meccanico, potevo trovare qualcosa. Da piccolo in realtà volevo fare il pilota di aerei». Con i soldi del primo contratto

una Audi.

 



Lista approssimativa di pagine Facebook dedicate a Emanuele Giaccherini:

 















 



È facile pensare che Giaccherini sia entrato a far parte di una storia più grande di lui, che ha finito per definirlo. Simbolo, più di ogni altro giocatore, di una Juventus che è dovuta ripartire da basi operaie per imporre la propria monarchia unica alla Serie A. Come se prima dello swag di Pogba, dell’ecumenismo tattico di Khedira, della classe di Tevez e Dybala, si sia dovuti passare nel bagno d’umiltà dei dribbling scolastici di Giaccherini. Un tifoso interista, peraltro.

 

https://www.youtube.com/watch?v=RVfmf4_iyn8

Un gol sotto al sette di Giaccherini, alla Playstation.


 



Un’altra interpretazione facile della parabola sentimentale di Giaccherini è questa: Giaccherini è il prototipo dell’eroe popolare su cui i tifosi possono proiettare sé stessi. Meno irraggiungibile, nell’immaginario, di altri giocatori tecnicamente e umanamente fuori scala. Pochi giocatori così palesemente

sono arrivati a essere decisivi come Giaccherini, a giocare in contesti così vincenti e prestigiosi. Quando parla della sua infanzia a Talla

un quadro idilliaco, simile alla

della Terra di Mezzo: «Se dovessi tornare a nascere, rinascerei lì. È un paese di nemmeno mille anime. Ti diverti pescando le trote con le mani, da sotto ai sassi. A suonare i campanelli delle case dei vecchietti e scappar via. Quando smetterò di giocare a calcio tornerò a vivere lì».

 



Ma è anche la dimensione tecnica a rendere interessante la figura di Giaccherini. Quando lo si deve descrivere spesso si usa un tono che sembra voler giustificare o compensare l’apparente

della sua carriera. Si dice che Giaccherini “

è un ottimo giocatore” o un “giocatore

più che discreto”. Come se se per Giaccherini ci sia sempre stata una sproporzione tra ciò che è e ciò che appare, come se per capire a fondo il suo valore calcistico servisse attivare una razionalità maggiore, spogliarsi da tutti gli aspetti inessenziali del calcio per arrivare a guardare il nocciolo duro del gioco.

 



Emanuele Giaccherini fa parte di quel tipo di giocatori capaci di mettere in crisi le nostre categorie interpretative. Forse perché nessun giocatore riesce a situarsi in modo così ambiguo sulla frontiera sottile che divide un giocatore mediocre da un buon giocatore. Proprio per questo, nel discorso pubblico, Giaccherini è tanto sottovalutato quanto sopravvalutato, in un loop indecidibile. Da una parte Antonio Conte sostiene che “se si fosse chiamato Giaccherinho avrebbe goduto di maggiore considerazione in carriera”; ma dall’altra esistono pagine Facebook come “

”, diventata un vero agone di scontro tra sostenitori e detrattori di Giaccherini.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Smo_cY2ewZk

Gareth Bale vs Emanuele Giaccherini.


 



Giaccherini è uno dei pochi giocatori a cui è stata tributata una

. L’incipit della voce è questo: «Emanuele Giaccherini è il Messi della Romagna, ma forse è più corretto dire che Messi è il Giaccherini d'Argentina».

 



Le pagine su Nonciclopedia sono per lo più dedicate a giocatori la cui ricezione internet ha sovrastato la loro immagine calcistica. In un certo senso anche Giaccherini fa parte di quella categoria di calciatori (insieme a Vieri, Vannucchi, Moscardelli, Brienza etc.) che vengono trattati con un livello di ironia dove sarcasmo e idolatria vera e propria si confondono. Un modo ormai dominante di agire in rete e che per Giaccherini ha a che fare ancora con le allusioni al suo livello di gioco: al fatto che è più o meno forte di quanto gli viene riconosciuto.

 



s. f. [dal lat. 

, gr. εἰρωνεία «dissimulazione, ironia», der. di εἴρων -ωνος «dissimulatore, finto»]. –

Nell’uso com., la dissimulazione del proprio pensiero (e la corrispondente figura retorica) con parole che significano il contrario di ciò che si vuol dire, con tono tuttavia che lascia intendere il vero sentimento.

 



L’ironia può essere anche solo un tentativo di risposta al fatto che c’è qualcosa di Giaccherini che ci confonde, che ce lo rende opaco. Forse c’entra il suo ruolo, quello di ala sinistra o trequartista. Un ruolo in cui fatichiamo ad accettare un giocatore senza un talento luminoso, naturale. Il terzino può sopperire alla mancanza di talento con lo spirito di sacrificio; il difensore centrale e i centrocampisti con il fisico e l’intelligenza; il centravanti con l’ “istinto”, la “fame” o chissà quale altra categoria pre-moderna. Sulla trequarti però, soprattutto in Italia, devono stare giocatori che compiono gesti la cui efficacia è solo una diretta conseguenza del genio, del talento puro.

 



Giaccherini ha fatto esplodere questa idea: i suoi dribbling sembrano senza estro, i suoi tiri senza classe. L’eccezionalità di Giaccherini sta nel fare tutto abbastanza bene, unendo al suo equilibrio tecnico un vero talento nell’interpretazione dei dettagli del gioco essenziali ma poco visibili: l’intelligenza tattica, i movimenti senza palla, la capacità di fare sempre la scelta giusta, di sbagliare poco.

Per questo Giaccherini mette in crisi la nostra idea di talento legato a ciò che è visibile, chiaro. Uno stop di velluto, un dribbling contro intuitivo, una rovesciata assurda, una scivolata visionaria.

 



Un gol di Emanuele Giaccherini al Brasile:

https://youtu.be/MGlnpI4ih14?t=44s

 



Da trequartista però il compito di Giaccherini è soprattutto quello classico di un trequartista: dribblare, tirare, segnare, rifinire, creare occasioni. Tutti gesti che nell’immaginario comune appartengono a dei fuoriclasse e che Giaccherini replica come se fossero una loro versione derivativa. Le cose che gli riescono sembrano il prodotto artigianale di un lungo lavoro su sé stessi, non le illuminazioni estemporanee di un talento naturale. Le finte di Giaccherini non sono iconiche, non c’è una finta che immediatamente ci fa pensare a lui. È come se Giaccherini avesse aperto un manuale del calcio, avesse letto come si fanno le finte e le avesse riprodotte su un campo. La punizione alla Lazio come falso d’autore

.

 



 



Quest’anno, a distanza di poche giornate, Giaccherini ha guadagnato due calci di rigore per il Bologna con una finta semplice, artigianale: convergere verso la porta da sinistra, fintare di rientrare ancora per poi sterzare improvvisamente verso l’esterno. Un modo diretto di sfruttare il mismatch fisico con i difensori lenti.

 



 



 

Una finta tanto banale quanto efficace, che Giaccherini potrebbe scegliere



 



Giaccherini forse è sempre stato in contesti più grandi di lui, finendo per avere l’aria, a seconda di chi lo giudicava, dell’imbucato o dell’idolo. Quest’anno al Bologna può finalmente esprimersi in una dimensione per lui ideale: senza la povertà tecnica del Cesena, le ambizioni della Juventus e le difficoltà ambientali del Sunderland. Al Bologna è in una squadra di livello medio-alto, che gioca un calcio propositivo e che lo investe di importanti responsabilità creative. Proprio in un contesto

come quello del Bologna, Giaccherini emerge come un giocatore

.

 



Senza Giaccherini titolare il Bologna ha una media punti di 0,9 per partita, che con Giaccherini titolare passa a 1,60.

 

Giaccherini ha già realizzato sei gol, e ogni volta che ha segnato il Bologna non ha mai perso. Ha sbloccato la partita contro Atalanta, Verona, Milan, Sassuolo e Lazio, e ha realizzato la rete del pareggio contro la Fiorentina. Oltre ad aver procurato il rigore del 2 a 2 finale in casa contro la Roma. Giaccherini è uno dei giocatori più decisivi in Serie A, uno di quelli che porta più punti.

 



Eppure questo peso di Giaccherini nel gioco e nella classifica del Bologna non si rispecchia in statistiche notevoli. La sua quantità di dribbling è ben distante da quella di altri creatori di gioco sulla trequarti e nel Bologna tira verso la porta meno di Destro, Taider e Brienza.

 



Un piccolo paradosso che ben rappresenta le qualità sottili di Emanuele Giaccherini, maestro zen della trequarti offensiva, filosofo del dribblare poco per dribblare bene, tirare poco per segnare molto.

 

In casa del Sassuolo, per esempio, ha effettuato un solo dribbling e un solo tiro in tutta la partita, quelli che hanno fruttato

.



 



Giaccherini è solo un ottimo giocatore che ha avuto una carriera sopra la media? Se così fosse il modo in cui è stato percepito in questi anni, i giudizi diametralmente opposti sul suo valore, l’amore e il fastidio che ha suscitato negli appassionati, è stato sproporzionato rispetto alla sua storia. Una sproporzione che forse è spia di un nostro modo di guardare allo sport e di costruire su di esso un orizzonte di aspettative.

 

Chi ha amato oltremisura Giaccherini ne apprezza la normalità: nello sport ricerca storie eccezionali scritte da persone normali, che riescono a ridurre la distanza tra sé e l’universo sportivo professionistico.

 

Chi l’ha odiato o l’ha giudicato inadeguato oltremisura forse è perché preferisce mettere distanza tra sé e quell’universo, e allora ha visto in Giaccherini una minaccia alla straordinarietà dello spettacolo sportivo professionistico, concepito come la più alta espressione dei migliori atleti del pianeta. Qualcosa di eccezionale e lontano, praticato da persone che non hanno il nostro corredo genetico.

 



Quando Giaccherini si presentava ai provini un po’ intimorito, quasi sempre più basso degli altri, il padre gli ripeteva per fargli coraggio: “Ricordati che hanno tutti due gambe come te”. Forse è proprio per questo che lo amiamo e odiamo molto, perché apparentemente Giaccherini rimanda all’idea che il calcio è alla fine questo: un gioco praticato da uomini con due gambe, come noi.

 

 

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