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Martial deve ancora capire quanto è forte
29 nov 2018
29 nov 2018
Dopo tante difficoltà l'attaccante francese sta finalmente cominciando a giocare bene.
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8 min
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Durante i primi dieci minuti di Manchester United-Newcastle dello scorso 6 ottobre, i Red Devils hanno toccato il loro punto più basso - almeno finora - sotto la gestione tecnica di José Mourinho, che, secondo un’indiscrezione lanciata dal Mirror nei giorni precedenti alla partita, sarebbe stato esonerato a prescindere dal risultato ottenuto: del resto si trattava della peggior partenza stagionale del club in 29 anni, condita poi dall’eliminazione casalinga ai rigori contro il Derby County in Coppa di Lega.

Gli eventi però hanno preso una piega diversa e rocambolesca con la vittoria in rimonta dei padroni di casa, anche grazie ad alcune ottime mosse - in particolar modo i cambi - a gara in corso di un Mou meno convincente e carismatico rispetto a qualche anno fa ma che non ha perso del tutto il suo talento nell’approccio al calcio come pura arte strategica.

A ispirare l’impresa dello United è stato Anthony Martial, che si è prima procurato il calcio di punizione dell’1-2 siglato da Mata e poi ha pareggiato l’incontro con un bel gol: da quella partita il francese sta vivendo un ottimo momento di forma andando a segno per ben 5 partite consecutive in Premier League, un traguardo riuscito soltanto a pochi altri illustri connazionali e di per sé sorprendente dato che la continuità dell’ex-Monaco è sempre stato uno dei maggiori punti di discussione da quando gioca nel Manchester.

Un contesto non ideale

Dopo una prima stagione più che positiva con i Red Devils, si pensava che con l’arrivo di Mourinho e l’arrivo di un’idea di calcio reattivo basato su ripartenze veloci, in antitesi con il possesso conservativo (a tratti davvero tiki-taka) di Van Gaal, si sarebbe trovato in un sistema di gioco più consono alle sue caratteristiche, con più spazio da attaccare e in maniera più diretta: nulla di più sbagliato.

Innanzitutto Martial ha trovato meno spazio (per lui soltanto 1584 e 1558 minuti in campionato nelle ultime due stagioni rispetto ai 2632 del 2015/16) e più in generale non ha un rapporto idilliaco con il tecnico portoghese, che in estate lo aveva bacchettato per essersi assentato più del dovuto durante il ritiro dei Red Devils negli States (in realtà per colpa di una complicazione nel parto della compagna, come chiarito dal francese) e che di recente lo ha accusato di immaturità. A ciò vanno aggiunte un paio di considerazioni tattiche: in fase di non possesso, il francese non è continuo nei ripiegamenti per le lunghe fasi di difesa posizionale richieste da Mourinho e interpretate con grande passività dalla squadra, le cui due linee di pressione sono incapaci di schermare bene le opzioni di passaggio degli avversari in zona centrale e la cui struttura difensiva tende spesso a perdere compattezza a causa delle rigide marcature a uomo; in fase di possesso invece l’assenza di connessioni e di un efficace attacco posizionale porta spesso i giocatori ad affidarsi esclusivamente alle proprie doti individuali e capacità di lettura delle singole situazioni: uno scenario non ideale per un esterno un po’ meccanico come Martial, che non brilla nelle letture e che negli ultimi anni ha provato spesso a caricare le difese a testa bassa.

In più Mourinho tende a schierare dietro a Martial dei terzini destrorsi o piuttosto conservativi come Young e Darmian. Nel 4-2-3-1 o 4-3-3 quindi Martial è stato maggiormente esposto ai raddoppi avversari e ha cercato sempre meno la superiorità numerica. Il numero di dribbling tentati ogni 90 minuti lo dimostra, essendo progressivamente calato dai 6.2 del 2015/16 ai 3.2 attuali).

Nonostante un contesto complessivamente disfunzionale, quest’anno il suo approccio alle singole partite, soprattutto in zona gol, sta cambiando in positivo.

Ottenere tanto con poco

Finora in campionato ha realizzato 6 gol in 10 presenze (0,8 ogni 90 minuti) mostrando una certa bravura negli smarcamenti rispetto agli anni passati; non tira molto, ma lo fa da posizioni più redditizie: secondo i dati raccolti da Understat il rapporto tra i suoi Expected Goals totali e tiri complessivi (xG/Shot) in area è di 0,23.

In altre parole, ogni suo tiro ha un valore medio di 0,23 xG e quindi storicamente diventa un gol il 23% delle volte: il campione statistico di partite è abbastanza basso ma si tratta di un miglioramento sensibile rispetto agli 0,18 e 0,12 delle ultime due stagioni. Osservando i gol segnati si nota una buona lettura delle situazioni di gioco, soprattutto quando lo United attacca da destra e Martial può chiudere l’azione partendo dal lato debole.

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L’azione del gol contro il Bournemouth: nella transizione positiva condotta da Young c’è un 6v4 per i Cherries. L’inglese punta Smith e gioca un filtrante sulla sovrapposizione interna di Sánchez, abile a servire a centro area Martial che è stato rapido a cambiare direzione di corsa smarcandosi dagli avversari.

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Nell’azione del secondo gol contro il Chelsea invece Martial sfrutta bene il difetto strutturale tipico delle squadre che difendono a zona pura, vale a dire la copertura del lato debole in area di rigore, soprattutto quando i centrali scalano velocemente e male verso le fasce.

Il volume di tiri del francese non è elevato (2 ogni 90 minuti) ed è influenzato dalle enormi difficoltà della squadra in fase di possesso: come sottolineato da Luca Donina nella sua analisi sui Red Devils di qualche mese fa, «bisogna considerare anche che lo United tira poco in porta, con gli attaccanti che magari nel corso della gara hanno una sola occasione per provare a segnare». Riuscire ad ottenere tanto con poco in questo contesto non è per nulla semplice e si spera che il recente trend positivo del francese possa continuare anche sul lungo periodo.

Al Monaco il francese aveva una media gol ogni 90 minuti piuttosto discreta (rispettivamente 0,3 e 0,4 nel 2013/14 e 2014/15), segno di come la sua finalizzazione potesse e dovesse migliorare, ma in compenso il francese era un perno per le transizioni offensive della squadra grazie alla sua velocità e conduzione del pallone, la bravura nel saltare l’uomo ed una sensibilità tecnica non indifferente per un giovane appena diciottenne all’epoca.

Il repertorio di skills del francese poi è ampio, ma allo United emergono soltanto nelle ripartenze dei Red Devils (soprattutto se condotte da Pogba), che ad oggi sono l’unica situazione offensiva di buon livello per la compagine inglese.

Se la squadra sarà in grado di implementare anche semplicemente un pressing offensivo e con maggiore continuità, in grado di esaltare l’anima verticale di Martial come succedeva al Monaco, è molto probabile che il giocatore possa essere più incisivo e determinante di quanto non sia in questo momento critico per il club.

L’azione del primo gol di Lingard contro l’Arsenal lo scorso anno è un piccolo saggio della bravura di Martial in transizione.

Il feeling con Pogba

Nonostante manchino spesso buone connessioni per facilitare lo sviluppo del gioco, qualche volta lo United lascia intravedere una serie di scambi veloci che potrebbero essere maggiormente sollecitati in un sistema più organizzato date anche le caratteristiche tecniche dei giocatori a disposizione.

Nel caso di Martial, oltre ad una buona complementarietà nei movimenti con un ritrovato Shaw, si può notare anche una certa intesa con Pogba nei rari momenti in cui l’ex-Juventus ha libertà per sganciarsi in avanti ed accompagnare l’azione offensiva.

Martial riceve palla in inferiorità numerica e l’azione offensiva sembra destinata a morire con un retropassaggio, ma Pogba è bravo ad attaccare lo spazio tra Yedlin e Lascelles facendosi dare palla dal connazionale e restituendogliela di tacco, creandogli così un varco per infilarsi in area e segnare.

I due si trovano molto bene nel 4-3-3, dove Pogba può giocare da mezzala sinistra, rispetto al 4-2-3-1 dove invece viene schierato da mediano destro: se Mourinho riuscisse ad utilizzare il 4-3-3 in pianta stabile favorendo la creazione di un lato forte a sinistra formato da Shaw, Pogba e Martial, lo United potrebbe risolvere buona parte dei suoi problemi nella circolazione del pallone, rifinitura e finalizzazione, anche se ad oggi è difficile che ciò possa accadere.

Non c’è niente di chiaro nella stagione del Manchester United: attualmente i Red Devils sono ottavi in Premier, distante 12 punti dai cugini del City e con la qualificazione agli ottavi di Champions League ancora incerta. La profonda crisi di gioco non è più compensata dal fragile equilibrio di risultati raggiunto negli scorsi anni (va detto che lo United ha chiuso la scorsa stagione al secondo posto, anche se non si capisce come ci sia arrivato) ed inoltre continuano a circolare voci su un possibile addio di Martial a fine stagione (con l’Inter tra le squadre interessate al giocatore) l’attaccante ha rischiato già di partire in estate.

L’addio del francese rappresenterebbe un altro fallimento della società nel valorizzare un potenziale talento mondiale a lungo termine come già successo con Depay, che nel frattempo è rinato a Lione. Martial era arrivato al Manchester United per una cifra complessiva di circa 80 milioni di euro (50 di parte fissa e 30 di bonus). Un investimento che ne aveva fatto, in quel momento, uno dei calciatori più pagati al mondo: van Gaal disse che aveva comprato Martial per i prossimi allenatori del Manchester UTD. Una profezia che era poi suonata triste, almeno fino alle ultime settimane.

Potrebbe essere un fuoco di paglia ma Martial oggi è diventato più concreto, e in campo la sua presenza sembra più consistente. Ad eccezione del rigore contro il City tutti gli altri gol segnati in campionato sono stati decisivi con lo United quasi sempre a rincorrere il punteggio. Secondo Nemanja Matic, suo compagno di squadra, Martial ha un semplice problema di consapevolezza: «Ha bisogno di capire di essere un grande giocatore. A volte non capisce quanto è forte. Può diventare uno dei migliori della Premier League, questo è sicuro».

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