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Dario Saltari
Angel Di Maria, miglior attore non protagonista
30 giu 2022
30 giu 2022
L'argentino arriva alla Juventus dopo una carriera da comprimario di lusso.
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Dario Saltari
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Negli ultimi sette anni Di Maria è rimasto a Parigi in una strana condizione di epifania permanente. All’ombra prima di Neymar, poi di Mbappé, infine addirittura di Messi, finivamo sempre per dimenticarcene, ma poi in una partita di Champions League riappariva squarciando la nostra incredulità con un qualche numero incredibile. Sembrava che il suo solo scopo sul campo da calcio fosse in realtà quello di farci chiedere: come abbiamo fatto a dimenticarci di un giocatore così? Già sei anni fa, dopo gli ottavi di finale di ritorno di Champions League contro il Chelsea, anche qui sull’Ultimo Uomo coronavamo un pezzo sulla sua prestazione allucinante con un titolo che sembrava un’implorazione: vogliamo (PER FAVORE) parlare di Di Maria? Come se il dibattito intorno a lui potesse impedirgli di sparire un’altra volta.


 

Ma di Di Maria non si parlava mai perché, obiettivamente, al PSG c’è sempre stato qualcosa di più importante di cui parlare. Lo stesso club parigino, d’altra parte, non è sembrato sempre convintissimo della sua importanza, se è vero, come sembra, che nell’estate del 2017, appena due anni dopo il suo arrivo, lo abbia offerto al Barcellona, da cui aveva appena prelevato Neymar in cambio di un assegno da 222 milioni di euro. C’è da dire che Di Maria è sembrato sempre ballare tra l’essere irrinunciabile e irrilevante anche prima del suo arrivo a Parigi. Nel 2014, appena tre mesi dopo la finale che assegnò al Real Madrid la tanto agognata Decima in cui giocò tutti e 120 i minuti di partita, Di Maria fu il primo dei giocatori che componevano l’ossatura di quella squadra a essere venduto, anche in quel caso senza troppi rimorsi, un po’ perché comunque in cambio il Manchester United offriva 75 milioni di euro, un po’ perché si voleva far posto a uno dei tanti giocatori che in quel momento sembravano più irrinunciabili di lui, e cioè James Rodriguez.


 

Proprio l’esperienza al Manchester United è stata forse la più paradigmatica di questa condizione di Di Maria, un giocatore che è sembrato rendere al meglio solo quando poteva splendere di luce riflessa. A Old Trafford, con l’etichetta da 75 milioni che gli pendeva al collo e la pressione di essere l’attore protagonista, al calciatore argentino è sembrata mancare l’aria (sempre per i suoi standard almeno, parliamo comunque di 3 gol e 11 assist: un giorno forse dovremmo mettere anche in discussione il palato dei dirigenti e dei tifosi dello United). «Quando ero al Manchester United ho iniziato bene», ha dichiarato qualche anno fa Di Maria «I primi due mesi era tutto a posto, poi c'è stata una lite. E si sa, quando si litiga, a volte le cose non tornano più come erano prima. Cambiano i rapporti, il modo di vedersi. […] La lite con van Gaal c'è stata perché mi faceva sempre vedere quando sbagliavo, quando giocavo male e per questo mi rimproverava davanti a tutti. Sempre a farmi vedere quando perdevo palla, sempre quelle maledette palle perse. E un giorno, visto che sentivo che stavo giocando bene, non ce l'ho fatta più e sono esploso». Mesi dopo, van Gaal ha risposto a queste dichiarazioni facendo intendere di aver fatto di tutto per metterlo nelle condizioni migliori per brillare. «Chiedo sempre a un calciatore dove vuole giocare. Per lui era l’esterno sinistro, dove giocava in Argentina. Quindi ho iniziato a utilizzarlo in quella posizione, ma non rendeva così bene, almeno non al livello che ti aspetteresti da un giocatore che è costato così tanto. Quindi ho pensato: devo vedere se c’è una posizione migliore per lui. L’ho fatto giocare da ala sinistra, da numero dieci, da seconda punta e da ala destra. I critici dicono che l’ho fatto giocare in troppe posizioni. La verità è che gli ho dato tutte le opportunità per rendere al meglio».


 

La libertà di prendersi delle libertà, la libertà di poter sbagliare - esattamente, cioè, la libertà che non si concede ai giocatori da cui ci si aspetta che si carichino la squadra sulle spalle nei momenti di difficoltà - è sembrato essere l’elemento imprescindibile per la seconda fioritura di Di Maria. Nella sua condizione di Sancio Panza permanente, sempre all’ombra di un qualche astro più grande, al PSG Di Maria è sembrato la spalla perfetta per chiunque fosse la prima voce, un talento che d’altra parte aveva in parte già dimostrato al Real Madrid reinventandosi mezzala per fare spazio sugli esterni a Cristiano Ronaldo e Gareth Bale. In ogni caso un talento, e anche piuttosto sottovalutato, se pensiamo a quanto poco spesso funzionano in campo i super team di cui fantastichiamo nelle nostre teste o, tornando al reale del PSG, quanto poco abbia funzionato l’intesa tra Neymar e Mbappé, e poi tra Messi e tutto il resto del PSG - intesa che teoricamente avrebbe dovuto spostare le montagne e che invece ha dato vita per lo più ad assoli sublimi in mezzo a tanto grigiore. Con Di Maria, invece, soprattutto Neymar ha saputo esaltarsi, regalandoci le ultime reminiscenze del suo talento degne della MSN. Su tutte, i quarti di finale di ritorno contro il Bayern Monaco nella Champions League 2020/21, forse la miglior prestazione individuale al PSG di Neymar, che in quella partita si spostava quasi compulsivamente dalla sua posizione per specchiarsi nel riflesso di Di Maria su una delle due fasce del campo.


 

In questa sua condizione accessoria, per paradosso, Di Maria è riuscito a ritagliarsi un ruolo da protagonista, diventando una leggenda del PSG, e non solo per aver battuto il record di assist realizzati nella storia del club parigino (è arrivato a quota 112). Nella sua ultima partita al Parco dei Principi, contro il Metz, ha bagnato con le lacrime il suo ultimo gol e nel momento del cambio la sua squadra gli ha tributato la cosiddetta guardia d’onore, mentre lo stadio cantava il suo nome. «Lasciare in questo modo è la cosa più bella che mi sia mai capitata», ha dichiarato commosso dopo la fine della partita Di Maria, che è stato lasciare a scadenza nonostante avesse l’opzione per il rinnovo per un altro anno. A risultare fatale, forse, l’ultima dolorosa eliminazione dalla Champions League con il Real Madrid, in cui per la prima volta è risultato sostituibile più che complementare. All’andata, il PSG era riuscito a inclinare la partita dalla sua parte proprio nel momento in cui era stato sostituito al posto di Neymar (suo il tacco che propizierà lo squarcio finale di Mbappé). Al ritorno, invece, entrerà ad appena nove minuti dalla fine, quando la prima delle assurde rimonte della squadra di Ancelotti era ormai già compiuta. «A gennaio ho detto al PSG che volevo rimanere. Mi hanno risposto che dovevano vedere cosa sarebbe successo. È possibile che l’eliminazione con il Real Madrid mi abbia giocato contro», ha dichiarato Di Maria.


 

Contro il Metz, comunque, l’ala argentina ha aperto la partita con un assist allo zucchero filato per Mbappé che, visto il suo record, può essere considerato una specie di testamento tecnico del suo talento. È una buona occasione per una piccola top 3 dei suoi migliori assist con la maglia del PSG, visto che della sua creatività mi sembra si parli meno di quanto si dovrebbe.


 

3. L’assist archetipo di Di Maria: il cross di sinistro per il taglio in area dalla seconda linea




 

 





 

1. Di rabona, perché sì




 

Quello creativo è l’aspetto del talento di Di Maria che meno è stato intaccato dal tempo, se si pensa che ancora nell’ultimo anno l’argentino tra i pari ruolo dei cinque principali campionati europei risultava nel 93esimo percentile per assist e passaggi progressivi per 90 minuti, e addirittura nel 99esimo per Expected Assist. Al di là delle considerazioni tattiche, su cui arriveremo, questa è di per sé una buona notizia per la Juventus, una squadra che lo scorso anno ha fatto una fatica tremenda a creare occasioni da gol. I bianconeri, alla fine della stagione appena passata, sono risultati quinti per xG prodotti su azione, sesti per quelli prodotti su piazzato, e addirittura settimi per tiri prodotti su azione. Di Maria, in questo senso, è sicuramente una buona notizia, anche perché, come ha scritto Marco D’Ottavi, “è un calciatore che non ha bisogno di un sistema che lo protegge per giocare bene a calcio”.


 

Più che altro sarà interessante vedere come Allegri plasmerà la Juventus intorno a Di Maria che, per la prima volta dai tempi di Manchester, tornerà a ricoprire il ruolo da primo attore, forse solo in parziale compartecipazione con Paul Pogba. Proprio il dialogo tra i due nuovi acquisti potrebbe diventare il nuovo asse creativo della squadra di Allegri, tanto più adesso che Dybala non c’è più. Per permettergli di fiorire, però, l’allenatore livornese potrebbe dover abbandonare - magari in maniera graduale, come è solito fare - l’identità difensiva dello scorso anno. Né Pogba né tanto meno Di Maria, infatti, si sono mai ritrovati a proprio agio in squadre reattive, e per l’ala argentina vale anche il discorso del tempo, visto che a 34 anni sembra aver perso lo spunto soprattutto sui primi metri e non sembra più pronto per affrontare un’intera partita di transizioni e corse difensive all’indietro. A questo proposito viene da chiedersi quanto il 3-5-2 sia ancora il modulo più adatto per inserire i due nuovi acquisti, e soprattutto Di Maria, che sarebbe costretto o a un gioco spalle alla porta a cui non è abituato nel caso in cui giocasse da seconda punta, o a un dispendio atletico che non sembra più essere nelle sue corde se venisse messo a fare l’esterno a tutta fascia.


 

Molto dipenderà anche dai principi di gioco che adotterà la Juventus la prossima stagione, perché con un gioco più improntato alla fluidità e al controllo del pallone Di Maria potrebbe anche fare il “falso” esterno a destra esentato da compiti difensivi da uno dei tre centrali che gli scivola alle spalle ma, visto anche il ritorno di Chiesa a sinistra, l’approdo alla difesa a quattro sembra al momento più naturale.


 

Con il 4-2-3-1/4-3-3, a seconda della posizione più o meno avanzata di Pogba a sinistra, Di Maria potrebbe ricoprire il ruolo più usuale di ala destra, dove potrebbe essere aiutato difensivamente da un terzino solido come Danilo e da due mezzali molto mobili senza palla come Zakaria e McKennie che potrebbero aiutarlo a ritagliarsi lo spazio per il suo classico movimento a rientrare sul mancino dentro la trequarti. Proprio questo set di movimenti si incastrerebbe bene non solo con la presenza dall’altra parte della trequarti di Pogba, con cui verrebbe così naturale dialogare, ma anche con le caratteristiche di Vlahovic e Chiesa, che idealmente potrebbero ricoprire i ruoli di prima punta e ala sinistra. La loro vivacità senza palla, la loro esplosività nell'attaccare lo spazio alle spalle della linea difensiva avversaria, potrebbe esaltarsi proprio grazie alla visione di gioco di Di Maria, che dopo circa 15 anni di onorata carriera potrebbe accentrarsi con il sinistro e lanciare per il taglio del compagno sul lato cieco anche bendato e con le mani legate dietro la schiena.


 

Certo, le incognite, come sempre sono tante - dagli infortuni, che per un giocatore di 34 anni sono sempre una spada di Damocle, al Mondiale perfettamente in mezzo alla stagione su cui l’Argentina sembra puntare moltissimo (come tornerà Di Maria dal Qatar nel caso in cui dovesse effettivamente vincerlo?) - e magari non è quello che i tifosi della Juventus oggi si aspettano, ma servire i compagni, nel senso più ampio del termine, è ciò che Di Maria sa fare meglio. E in questo momento alla Juventus tutti sembrano aver bisogno di una mano.


 

Dall’eventuale rinascita di Pogba all’affermazione definitiva di Vlahovic fino ad arrivare al ritorno dall’infortunio di Chiesa: Di Maria potrebbe essere l’ingrediente segreto che scioglie i nodi e dirada le nuvole all’orizzonte, come quegli specchi da circo che ci fanno sembrare più magri di quanto non siamo e ci fanno tornare nel mondo più sicuri di quanto non fossimo prima di averci guardato dentro.


 

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