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A che punto è la notte
26 apr 2017
Appunti, considerazioni e analisi tattiche per chi non ha potuto seguire le otto serie di playoff NBA.
(articolo)
19 min
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Se, come tutte le persone normali, negli ultimi dieci giorni siete stati troppo impegnati a godervi i weekend lunghi di Pasqua e del 25 aprile, vi sarà sicuramente sfuggito qualcosa del primo turno di playoff NBA. Non preoccupatevi! La redazione basket de l’Ultimo Uomo ha raccolto mano a mano un po’ di appunti e ha provato qui a riassumere l’andamento delle otto serie del primo turno, tra quelle che sono già finite (Golden State, Cleveland e Houston aspettano già di scoprire chi affronteranno al secondo turno), quelle che stanno per farlo (Utah ha sulla racchetta il primo match point della serie coi Clippers, Toronto e San Antonio lo hanno in trasferta a Milwaukee e Memphis) e quelle che sono sul 2-2 e promettono di portarci fino al weekend con la promessa di una gara-7 (le due rimanenti: Washington-Atlanta e Boston-Chicago).

Golden State Warriors - Portland Trail Blazers

Risultato finale: 4-0

La serie contro i Portland Trail Blazers è stata una discreta corsa a ostacoli per i Golden State Warriors: in gara-1 C.J. McCollum e Dame Lillard sono impazziti segnando 75 punti in due; poi Kevin Durant, Shaun Livingston e Matt Barnes hanno dovuto saltare delle partite per infortunio; quindi persino Steve Kerr è stato costretto ad alzare bandiera bianca; e in gara-3 sono finiti sotto di 16 punti a metà terzo quarto, tra un misto di fomento da rientro di Jusuf Nurkic (durato pochissimo) e le solite follie di Dame & C.J.. Tutte prove brillantemente superate con uno slancio a dir poco impressionante, visto che gli Warriors hanno chiuso i conti già nel primo quarto di gara-4 e hanno continuato a giocare la pallacanestro schiacciasassi e divertentissima a cui ci hanno abituati da un mesetto e mezzo a questa parte.

Se i Cleveland Cavaliers sono alla ricerca di quel famoso “interruttore” da premere per i playoff, gli Warriors sono ormai certi di averlo — e la cosa che li rende veramente terrificanti per tutte le altre è che, nonostante siano una delle squadre più talentuose di sempre, lo possono premere quasi più in difesa che in attacco. E questo perché Draymond Green è al suo assoluto picco come difensore a tutto tondo — come già analizzato da Nicolò Ciuppani settimana scorsa — e il resto degli Warriors ha ormai raggiunto un grado di conoscenza reciproca da rendere la comunicazione difensiva sostanzialmente telepatica.

Aver chiuso così in fretta i discorsi sul passaggio del turno permette loro di gestire i recuperi di KD (solo 20 minuti in campo in gara-4) e delle altre due riserve con relativa tranquillità, anche se a preoccupare di più è la situazione della schiena di Steve Kerr. Per quanto ancora si parli di una rivalutazione delle sue condizioni settimana prossima, Kerr non ha escluso che possa saltare gli interi playoff — e questo sì che sarebbe un colpo duro per gli Warriors, perché la sua capacità comunicativa, emotiva e psicologica non può essere replicata da nessuno dei suoi assistenti, tantomeno da Mike Brown. Perché quando Draymond Green perde la testa (e i playoff dello scorso anno ci dicono che può succedere anche fin troppo frequentemente) non avere in panchina né Kerr né Luke Walton può essere un problema anche per una macchina da guerra come questi Warriors, in grado di rendere un giocatore funzionale persino JaVale McGee (+42.2 di Net Rating in 49 minuti!).

Dall’altra parte, per Portland l’infortunio di Jusuf Nurkic ha spento anche l’ultimissima speranza di poter “dare una serie” a Golden State: senza di lui sono tornati a essere la squadra altalenante che erano prima della pausa per l’All-Star Game, e non appena Lillard e McCollum (semi-leggendario il suo primo tempo di gara-1) sono scesi di colpi, i limiti della squadra sono venuti a galla. Sarà interessante osservare cosa faranno in estate, anche perché con l’estensione di McCollum il monte salari decollerà oltre quota 140 milioni di dollari - un prezzo esorbitante per una squadra da ottavo posto & uscita al primo turno ai playoff.

San Antonio Spurs - Memphis Grizzlies

Situazione attuale: 3-2

Per strano che possa sembrare, sono state quattro parole in conferenza stampa a cambiare i rapporti di forza all’interno di questa serie. Perché è inevitabile individuare in quell’ormai leggendario “TAKE THAT FOR DATA!” di coach David Fizdale il momento in cui i Grizzlies hanno ritrovato compattezza di squadra (tanto è vero che la multa da 30.000 dollari è stata pagata dai giocatori) e hanno cambiato marcia, vincendo le due partite in casa e mostrando una voglia di combattere che nella seconda parte di regular season sembrava essere svanita.

Se le prime due partite sembravano preludere all’ennesimo cappotto o al massimo un “gentlemen sweep” (serie chiusa in cinque), gara-4 ci ha regalato la miglior partita di questi playoff a mani basse, anche perché dall’altra parte Kawhi Leonard ha scalato ulteriori marce e si è elevato a un livello impensabile all’inizio della sua carriera. Nelle prime quattro partite di playoff Leonard ha ritoccato per tre volte il suo massimo in carriera, arrivando ai 43 di gara-4 di cui 24 tra ultimo quarto e overtime.

Dice coach Fizdale: «L’altra sera era in piedi di fianco a me e non respirava. Controllerò il regolamento per vedere se i robot possono giocare nella NBA, perché Pop e gli altri sanno qualcosa che io non so. Se sanguinasse, uscirebbe dell’anti-ghiaccio o una cosa del genere». Aggiungiamo noi: TOLD YA.

Le due partite a Memphis hanno regalato alla NBA il ritorno in grande stile dei Big Three dei Grizzlies: Zach Randolph è rientrato in quintetto in gara-3 e ha riportato indietro le lancette dell’orologio manco fosse il 2011, prendendo a culate e spallate la frontline degli Spurs come ai vecchi tempi; Marc Gasol nel primo quarto di gara-1 ha giocato da miglior Gasol della famiglia e in gara-4 ha mandato a segno il canestro della vittoria, rispolverando gli alto-basso con “Zibo” che li hanno resi una coppia di culto per i decenni a venire; Mike Conley è stato semplicemente immenso, chiudendo gara-4 con 35 punti, 9 rimbalzi e 8 assist e canestri in the clutch nonostante la marcatura dell’automa con il numero 2.

Soprattutto, nonostante gli enormi limiti, il supporting cast di Memphis (da Ennis a Selden, da Harrison a Green, da Daniels fino al vecchio Vince Carter) sta dando tutto ciò che ha, opponendosi a un gruppo nettamente più talentuoso ma in qualche modo reso balbettante al di là della grandezza di Leonard. In gara-5 la panchina guidata dai 20 di Patty Mills e i 10 di un redivivo Ginobili (quattro volte a secco e 0/15 al tiro per aprire la serie) hanno rimesso le cose a posto in una partita che San Antonio non poteva perdere. Ma in vista delle prossime serie, dato che comunque passeranno gli Spurs, viene da chiedersi: è tutto qui il supporting cast di Kawhi?

Houston Rockets - Oklahoma City Thunder

Risultato finale: 4-1

Visto che siamo in tema di supporting cast, è paradossale che la serie che proponeva il “marquee matchup” di questo primo turno - quello tra James Harden e Russell Westbrook - sia stato deciso proprio da tutti gli altri. Gara-4 tra Houston e OKC da questo punto di vista è stata emblematica: in una serata in cui Harden ha litigato con pallone e canestro (5/16 dal campo, 0/7 da tre, 7 palle perse), i suoi compagni sono stati in grado di produrre una fondamentale vittoria in trasferta, in particolare con il trio dalla panchina Lou Williams-Eric Gordon-Nene. E se i primi due erano attesi a livelli del genere - visto che sono la miglior coppia di esterni immaginabili dalla panchina per il sistema di D’Antoni, nonché i due migliori realizzatori tra le riserve dell’intera NBA -, il terzo è stato il vero giocatore in grado di far saltare il banco, realizzando un 12/12 per 28 punti che ha un solo precedente nella storia dei playoff (risalente al 1975). Allo stesso modo, anche in gara-5 i Rockets sono riusciti a spuntarla di nuovo nonostante un 8/25 al tiro di Harden e un terrificante 6/37 dall’arco di squadra: due segnali estremamente incoraggianti per coach D’Antoni.

Al contrario, i compagni di Russell Westbrook sono stati inevitabilmente oggetto di discussioni infinite tanto quanto il loro leader: nelle cinque gare della serie, il differenziale su 100 possessi tra quando lui è stato in campo (+4.9 in 194 minuti) e quando si è riposato (-51.3 in 46 minuti!) è profonda quanto la Fossa delle Marianne - o, come suggerisce ESPN Stats&Info, è peggio di quanto fatto dalla Tune Squad contro i Monstars nel primo tempo di Space Jam. Molto semplicemente, i Thunder sono una squadra da altissima Lottery senza il loro leader, perché così erano stati costruiti avendo in mente di poter contare anche su Kevin Durant (sigh) e anche perché in questa serie si è giocato a un ritmo talmente elevato e col campo talmente aperto da rendere la presenza di Enes Kanter (fulcro della second unit di OKC) totalmente ingiocabile.

E dire che, tolto il massacro di gara-1, il quintetto dei Thunder se l’è giocata più che egregiamente contro quello degli avversari (+21.2 di Net Rating), venendo però a mancare tanto nei minuti senza Westbrook quanto nei sanguinosissimi ultimi quarti. Gara-2, da questo punto di vista, è stata emblematica: Thunder avanti anche in doppia cifra per quasi tutti i primi tre quarti imponendo la superiore stazza fisico-atletica; parziale di 9-0 immediato non appena Westbrook si siede; rientro in fretta e furia del leader e serbatoio della benzina del numero 0 che si svuota fin troppo presto, portandolo a scelte sbagliate (il famoso 4/18 al tiro nell’ultimo quarto in cui ha cercato fin troppe volte di procurarsi falli invece di chiudere le azioni) che inevitabilmente hanno portato al solito ginepraio di discussioni attorno al numero 0 - su cui ormai è impossibile avere un’opinione giusta semplicemente perché una giusta non c’è.

Un piccolo appunto su una deriva tecnica che mai come in questa serie sta dilagando: si è sempre pensato che procurarsi tanti viaggi in lunetta derivasse dall’attaccare costantemente il ferro, ma ormai è sempre più comune che i tiratori - specialmente quelli dei Rockets che possono vantare su due autentici maestri della materia come Harden e Williams, che ovviamente e giustamente fanno i loro interessi - riescono a lucrare preziosissimi viaggi in lunetta anche tirando tantissimo da dietro l’arco. Spesso però lo fanno rendendo impossibile la difesa agli avversari, ad esempio arrestandosi all’improvviso non appena girato l’angolo sul pick and roll e provocando il contatto col difensore che prova a passare sopra il blocco, oppure cercando le braccia protese del difensore che prova a mettere la classica “mano in faccia”. Gli arbitri continuano a fischiare questo tipo di falli anche quando i contatti sono minimi o totalmente involontari da parte della difesa, rendendo di fatto semi-impossibile difendere contro di loro: siamo sicuri che sia la direzione giusta?

L.A. Clippers - Utah Jazz

Situazione attuale: 2-3

Mai come in questa serie l’asse dell’inerzia si è spostato da una parte o dall’altra in maniera improvvisa e imprevedibile. Che tra Jazz e Clippers le cose fossero in sostanziale equilibrio era già stato ampiamente discusso in sede di preview, ma l’immediato infortunio di Rudy Gobert dopo 11 secondi di gara-1 ha dato immediatamente un vantaggio ai Clippers. I quali, being the Clippers, ne hanno raccolto i frutti solamente in gara-2 e 3, lasciando invece per strada una gara-1 decisa dal buzzer beater di Joe Johnson.

Poi la serie è cambiata di nuovo nelle gare dello Utah, perché Blake Griffin - ovviamente - si è procurato un infortunio all’alluce che lo terrà fuori per il resto della serie e in gara-4 Rudy Gobert è resuscitato, cambiando di nuovo i rapporti di forza all’interno del pitturato (58 punti a 36 in favore dei Jazz dopo che in gara-2 e 3 era finita con un +42 Clippers complessivo). Blake Griffin era il fattore X della serie, dato che con la sua presenza in campo rendeva difficilissimi gli accoppiamenti per i Jazz, costretti a impiegare i pur ottimi Joe Johnson o Joe Ingles su di lui per fronteggiarlo ma senza poter reggere il suo dinamismo in post. Ora i Clippers, che hanno ritrovato Austin Rivers solo in gara-5, sono costretti o ad andare piccolissimi con Mbah A Moute da “4”, oppure a ricorrere a scelte tutt’altro che ottimali come schierare Paul Pierce o Wesley Johnson: decisamente un brutto scenario da qualunque parte la si guardi, e subito sfruttato da coach Quin Snyder che sta allenando alla grande nella serie.

In tutto questo, a Doc Rivers rimane un solo appiglio a cui aggrapparsi, e ovviamente si chiama Chris Paul. Il playmaker di L.A. ha attivato la modalità “POINT GOD” e ha spiegato pallacanestro nei finali delle partite, rimanendo poi fin troppo solo in gara-4 e 5 per pensare di vincere la serie da solo. Ai Clippers, prima di gara-5, rimanevano sostanzialmente due vantaggi: quello di avere “CP3” e quello di poter giocare due partite su tre tra le mura amiche dello Staples Center. Ora che hanno perso il secondo, rimane solo Paul a cui aggrapparsi per non salutare la post-season per l’ennesima volta al primo turno. Ma dopo quello che si è visto in gara-5, con Joe Johnson a dominare ancora una volta nel finale e con i Jazz in grado di trovare canestri cruciali da Hayward e Hood, Doc Rivers e soci possono già iniziare a fare i conti con un’estate decisamente complicata.

Boston Celtics - Chicago Bulls

Situazione attuale: 2-2

Alzi la mano chi è riuscito a capire qualcosa di una serie tra testa di serie n.1 e n.8 in cui nessuna delle due squadre è ancora riuscita a vincere in casa. Dopo le prime due partite i Celtics, anche per la tragedia che ha colpito Isaiah Thomas e di riflesso tutta la franchigia, erano in un momento nerissimo della loro stagione, con i primi mormorii sull’immobilismo durante la deadline del mercato e persino le prime critiche (abbastanza gratuite, c’è da dire) per un intoccabile come Brad Stevens.

Bene: è bastato mettere a posto due viti in difesa, sfruttare la solita brillantezza di Isaiah Thomas, ritrovare un po’ di precisione dall’arco (17 triple in gara-3) ma soprattutto aspettare il ritorno alla normalità dei Chicago Bulls (che erano, sono e saranno una squadra mediocre, anche al di là del pur pesante infortunio alla mano di Rajon Rondo) per pareggiare e riprendere il controllo della serie. Questo però non toglie che le prime due gare abbiano esposto tutti i limiti a rimbalzo e nella creazione di tiri di questo gruppo, che è stato messo sotto da Robin Lopez nel pitturato (23 rimbalzi offensivi e 9 difensivi in quattro partite) e dallo star power di Jimmy Butler e Dwyane Wade.

In generale, le due squadre stanno cercando di fare più o meno la stessa cosa: contenere i portatori di palla dei pick and roll lasciando tiri aperti agli altri. Nelle prime due gare comprimari come Bobby Portis e Paul Zipster hanno punito questa scelta, ma nelle ultime due i Bulls sono tornati a tirare 11/45 dall’arco e a subire le scorribande di Thomas, imprendibile al di là delle lamentele di Fred Hoiberg sui suoi palleggi accompagnati (la prossima volta cerca delle frasi iconiche come “Take That For Data” o “They’Re Not Gonna Rook Us”, coach). Boston comunque è riuscita a schivare due grossi proiettili nelle gare di Chicago (vincendo la seconda persino in diretta su TNT!) e ora è di nuovo in possesso della serie, ma anche superando il primo turno questo gruppo ha ancora molto da dimostrare per poter far strada nei playoff.

Cleveland Cavaliers - Indiana Pacers

Risultato finale: 4-0

La serie tra Cavs e Pacers si è chiusa con il cappotto più “tirato” di sempre (solo 16 punti di distacco tra le due squadre), ma più per pigrizia dei campioni in carica che non per una reale vicinanza nei valori dei due roster. Le quattro gare ci hanno detto molte cose che già sapevamo: ad esempio che i Cavs difendono malissimo; che Paul George è stato lasciato solo e non nasconde più il suo disprezzo per la situazione già da un po’; che LeBron James al primo turno ha un record di 44-7 e non perde una partita dal 2012. Altre invece si sono scoperte in corso d’opera, la più importante delle quali è che Tyronn Lue potrebbe aver trovato una second unit affidabile in Deron Williams, Kyle Korver, Iman Shumpert e Channing Frye attorno a LBJ, che ha rimontato e vinto la storica gara-3.

Squadre che erano riuscite a rimontare 25 punti all’intervallo? Zero.

La stagione dei Pacers si è conclusa nella totale mediocrità, con il solo Lance Stephenson (LANCE STEPHENSON!) a mostrare un minimo di impatto in un gruppo dall’elettroencefalogramma altrimenti piattissimo. Colpa di coach McMillan, che sostanzialmente non ha dato nulla di positivo a questo gruppo in un anno di lavoro, e colpa anche della dirigenza, perché tolto l’upside di Myles Turner (abbastanza deludente nella serie), i Pacers hanno il supporting cast con meno carattere tra le squadre arrivate ai playoff.

I Cavs continuano a giocare pericolosamente col fuoco alternando momenti di dominio offensivo (115.9 punti su 100 possessi: di gran lunga il miglior attacco dei playoff) ad altri di totale superficialità e trascuratezza, mostrando delle gravi carenze nella comunicazione difensiva che di sicuro non sono nuove, ma che prima o poi dovranno pagare nel corso dei playoff. Per loro fortuna le avversarie della conference, per un motivo o per un altro, sembrano tutte mancanti quando si mettono sul piatto le qualità che potrebbero metterli in crisi in una serie di playoff. È il vantaggio di avere LeBron James, che rende luccicante tutto quello che tocca con la sua sola presenza in campo e continua, imperterrito, ad essere il miglior giocatore del mondo.

Toronto Raptors - Milwaukee Bucks

Situazione attuale: 3-2

La sfidante dei Cavs uscirà dalla serie tra Raptors e Bucks, e ancora non è chiaro chi finirà per spuntarla nonostante il match point sia sulla racchetta dei canadesi. Le due squadre hanno avuto un rendimento abbastanza opposto, nel senso che Milwaukee ha giocato sempre la stessa pallacanestro apportando variazioni minime, mentre è Toronto ad aver risposto in maniera sempre differente (prima male, poi benino, poi malissimo, quindi bene, infine benissimo) agli stessi identici dilemmi tattici posti dalle interminabili braccia degli atleti di coach Kidd.

I Bucks, sostanzialmente, fanno sempre la stessa cosa: sono più lunghi, più veloci, più grossi e più atletici dei diretti avversari praticamente in tutte le cinque posizioni; giocano una difesa incredibilmente aggressiva su tutti i blocchi sulla palla, cercando di “creare casino” e cavalcare la transizione grazie al mostro greco col 34. Quando il tiro funziona come in gara-3 (112.6 di rating offensivo) sono decisamente scomodi da affrontare; quando non c’è come in gara-4 (78.4 di Off Rtg!) o in gara-5 (100.6) tutti i loro limiti vengono a galla.

Per l’ennesimo anno consecutivo i Raptors hanno dovuto ritrovarsi con le spalle al muro prima di tirare fuori le potenzialità di un gruppo che, a livello di versatilità e talento, se la gioca comunque con tutti alle spalle dei Cavs. Ogni loro gara è però legata a doppio filo alle percentuali di DeMar DeRozan, che si prende sempre gli stessi identici tiri orrendi dal punto di vista delle analytics senza che i compagni possano prevederne l’andamento: quando sono entrati in questa serie (percentuale effettiva dal campo sopra il 50%), i Raptors hanno vinto; quando non sono entrati, hanno perso anche miseramente (entrambe sotto il 50%, con un orrendo 0/8 nella sconcertante gara-3).

Con la retrocessione in panchina di Jonas Valanciunas (impalpabile contro un rookie come Thon Maker che gli rende 30 chili) e l’inserimento di Norman Powell, coach Dwane Casey ha - finalmente! - accettato di adattarsi alla versatilità degli avversari andando con Carroll da “4” e Ibaka da “5”. Powell è stato eccellente in gara-5, giustificando la scelta alla deadline di Masai Ujiri di sacrificare Terrence Ross per dargli più spazio, ma il vero fattore X per la difesa dei canadesi è il buon, vecchio P.J. Tucker, l’unico che ha dimostrato di avere una chance di contenere Antetokounmpo: nei 100 minuti con lui in campo i Raptors hanno concesso solo 94.2 punti su 100 possessi (pur avendo un attacco da 98.3); senza, crollano a un Lakersiano 108.7 (avendo comunque un attacco mediocre da 101.9).

Ai Raptors rimane però il dubbio di capire come e se può funzionare il quintetto sulla carta più logico da schierare, vale a dire quello formato da Lowry, DeRozan, Tucker, Patterson e Ibaka: nei soli 8 minuti disputati assieme hanno un Net Rating di +33.9 e Toronto ha vinto entrambe le partite. Soprattutto, bisogna capire che versione scenderà in campo in gara-6, se quella battagliera delle vittorie o quella sull’orlo dell’implosione delle sconfitte. E il miglior giocatore della serie gioca per gli avversari, contro i quali bisogna comunque mettere in campo la miglior versione di se stessi per evitare di essere sovrastati a livello fisico e atletico.

Washington Wizards - Atlanta Hawks

Situazione attuale: 2-2

Diciamoci la verità: nonostante in campo ci sia John Wall a lanciarsi da una parte all’altra come una palla di cannone, questa è in assoluto la serie con meno appeal di tutto il primo turno. Dopo i primi quattro episodi, la sensazione è che la sfida tra Wizards e Hawks finirà per trascinarsi stancamente fino a gara-7 non tanto per la bellezza o l’equilibrio tra le partecipanti, ma perché nessuna delle due sembra in grado di poter andare a vincere sul campo dell’altra - a.k.a. la serie più noiosa possibile e immaginabile.

Eppure, considerando i problemi dei Celtics dal loro lato del tabellone, gli Wizards avrebbero tutte le carte in regola per poter legittimamente ambire alle finali di conference, anche perché Wall sta giocando come un uomo in missione e assomiglia sinistramente al secondo miglior giocatore della conference (Giannis permettendo). In gara-3 e in gara-4 però i compagni (tolto Bradley Beal) lo hanno lasciato da solo a combattere contro i mulini a vento, facendo nascere più di un dubbio sulla reale forza mentale di questo gruppo (con Markieff Morris ad accusare Millsap di essere un frignone…) che ancora deve dimostrare di poter vincere in trasferta.

In compenso: Marcin Gortat nelle prime tre gare si è preso la rivincita su Dwight Howard per tutti i minuti passati in panchina ai tempi di Orlando (prima del revival di DH in gara-4 con 16 punti e 15 rimbalzi), ma gli Hawks hanno comunque trovato il modo di cavalcare al meglio Schroeder e Millsap, che una chance di vincere- almeno in casa - te la danno sempre, oltre a far sembrare Taurean Prince il prossimo swingman di punta della premiata Scuola Mike Budenholzer Per Esterni Che Vogliono Guadagnare Un Sacco Di Soldi.

Nonostante le due sconfitte in Georgia, Washington ha ancora dalla sua il fattore campo e i due migliori giocatori della serie in Wall e Bradley Beal: la panchina però deve farsi trovare pronta (Net Rating negativo per tutti i membri, persino per John Wall che prova a tenerli su) e anche in fretta, perché gli Hawks non sono così lontani da potersi permettere di giocare costantemente in cinque per tutta la serie. Dopo le risse, i proclami e i finti funerali della regular season, non regalarci una serie tra Celtics e Wizards sarebbe delittuoso.

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