Nella nostra lista, per forza di cose, mancheranno alcuni fighter che, seppur non con lo stesso appeal nell’anno venturo rispetto ai citati, meritano almeno una menzione. 40 nomi sono al tempo stesso tanti e pochi, ma sarebbe impossibile comunque menzionare tutti i fighter di cui vorremo guardare gli incontri nel 2018. Ad esempio è rimasto fuori Marc Diakiese, peso leggero inglese dotato di uno striking davvero spettacolare (è velocissimo e fa dell’equilibrio e della coordinazione nei colpi i propri punti di forza) e che era destinato ad un incontro almeno da top 15 se non avesse prima perso contro Drakkar Klose e poi chiuso il proprio 2017 nel peggiore dei modi, subendo una ghigliottina nella sua seconda sconfitta consecutiva (e in assoluto) contro Dan Hooker.
Un altro peso leggero che stimolerà senz’altro la nostra curiosità ma è rimasto fuori classifica sarà David Teymur: fortissimo striker, con un background nella muay thai da far invidia. Ha surclassato un ottimo Lando Vannata e legittimato uno status non più di sola promessa, ma di fighter affermato. Come se non bastasse, per chiudere il 2017 in bellezza, ha strappato l’imbattibilità a un solido Drakkar Klose.
A malincuore abbiamo lasciato fuori anche alcuni dei nostri fighter preferiti, che semplicemente sulla carta non sembrano prepararsi a un grandissimo 2018. Tipo Alexander “The Mauler” Gustafsson, il martello svedese che sembra incastrato in una specie di limbo: capace di sterminare tutti coloro che tentano l’assalto alla top 3, ma incapace di sconfiggere il campione di categoria. Due match risicati contro Jones e Cormier che gli sono valsi lo status di fan favorite, ma non la cintura alla vita. Anche Cormier è rimasto fuori, penalizzato dall’assenza di Jones che lo lascia sul trono dei Light-Heavyweight senza però avere molto da chiedere al suo 2018 (tranne forse proprio un incontro con Gustafsson). Potremmo andare avanti, citando Henry Cejudo (#2 nel ranking UFC Flyeight), Jorge Masvidal, John Lineker, Yoel Romero, Jacare Souza e tutti gli altri… ma a un certo punto, anche in questa introduzione, dobbiamo fermarci.
Buona lettura.
- Cristiane “Cyborg” Justino
Di Giovanni Bongiorno
Foto di Sean M. Haffey / Getty Images
Chi è la donna più forte del mondo? Saranno in pochi quelli che pur seguendo le MMA non risponderanno Cris Cyborg, nome d’arte dell’artista marziale mista brasiliana Cristiane Justino Venâncio. Negli anni (combatte da più di 10) si è sbarazzata facilmente di qualsiasi avversaria le si sia parata davanti e sono davvero poche le fighter che ad oggi accetterebbero un match contro di lei.
L’ultima, pochi giorni fa, è stata Holly Holm, ex campionessa Bantamweight che ha deciso di tentare l’assalto alla cintura di campionessa dei pesi Featherweight. Cyborg per adesso conta una sola sconfitta, tra l’altro all’esordio nelle MMA, e non corre il rischio – almeno per il momento – di rovinare un record di 18 vittorie di fila (interrotto solo da un No Contest).
A macchiare la sua carriera sono state, semmai, le due violazioni delle norme anti-doping: la prima volta (fu trovata positiva allo stanozololo, un derivato sintetico del testosterone) aveva battuto Hiroko Yamanaka, e la vittoria fu tramutata in No Contest; la seconda volta invece, nel dicembre 2016, fu sospesa per un anno (in seguito le hanno riconosciuto l’uso terapeutico di una sostanza proibita in funzione del taglio del peso, e annullato retroattivamente la sospensione).
La Justino da allora viene testata regolarmente e dopo aver sconfitto Holly Holm a UFC 219 in un match entusiasmante protrattosi per tutte e cinque le riprese, con Cyborg praticamente mai in difficoltà e nettamente più potente della sua avversaria, le resta poco da dimostrare: è una striker eccezionale, che fa del volume dei colpi e della potenza la propria arma più forte, e non si è ancora trovata un’altra fighter all’altezza della sua tecnica ed esplosività.
Se non la trovate più in alto in questa classifica è proprio perché nella sua categoria di peso (che l’UFC ha creato proprio per lei) non ci sono avversarie che sembrano poter competere con lei. Anni fa si fantasticava di un incontro con Ronda Rousey, che però nel frattempo sembra aver dirottato la propria carriera verso il cinema o il wrestling; forse proprio un incontro con la fighter che ha pensionato Ronda sarebbe l’unica opzione plausibile per il 2018, la connazionale Amanda Nunes, attuale campionessa Bantamweight. In ogni caso, se il nome di Cyborg saltasse fuori in una prossima card, siamo sicuri che ci segneremo la data nell’agenda.
- Jose Aldo Jr.
Di Giovanni Bongiorno
Foto di Rey del Rio / Stringer
Jose Aldo non è più “il re” incontrastato dei Featherweight da quando, con una prestazione che lascia poco al commento tecnico, durata solo 13 secondi, finì vittima del gancio sinistro di Conor McGregor. Il brasiliano ha più volte parlato di ritiro dal mondo delle MMA, e la bassa frequenza degli ultimi match fa pensare che gli siano rimaste poche cartucce nel caricatore: non ha mai combattuto molto, ma gli ultimi quattro incontri sono avvenuti addirittura con cadenza annuale.
Dopo aver perso il titolo contro Max Holloway a UFC 212, nel terzo round, in un match che probabilmente lo vedeva in vantaggio ai punti, Jose Aldo si è trovato ad un bivio. L’infortunio di Frankie Edgar gli ha dato l’opportunità di giocarsi ancora una volta la cintura, ma Holloway, più fresco e atleticamente pronto, lo ha costretto ancora una volta a una brutta caduta nel terzo round. Lo stile di Aldo non si è mai davvero rinnovato, ma è riuscito comunque a fare vittime illustri fra i suoi avversari: con il suo striking vario ma ortodosso, un footwork basato su movimenti in verticale, uno stile da toccata e fuga con un’ottima velocità e grande potenza. Però non ha un ritmo forsennato e non è dotato di un cardio che gli consente di avere continuità, lacune a cui compensa con un timing spesso ineccepibile e delle combinazioni di braccia che spesso chiude con violentissimi low kick, ormai suo marchio di fabbrica.
Nonostante la cintura nera nel Brazilian Jiu Jitsu ha palesato limiti nella difesa del ground and pound, più volte, sebbene sia davvero difficile da portare a terra: i colpi più pesanti li ha subiti da Mark Hominick, nel lontano 2011, e da Holloway negli incontri di giugno e dicembre dello scorso anno.
Aldo è rimasto al confine che separa i migliori di una categoria, per un periodo limitato di tempo, da i migliori fighter di sempre, senza mai davvero convincere tutti di far parte di questa seconda categoria. Se è vero che vanta vittorie praticamente con tutti gli altri Featherweight (a volte anche doppie, come nel caso di Chad Mendes e Frankie Edgar), è anche vero che ha perso in maniera piuttosto brutale i tre match titolati contro Conor McGregor e Max Holloway.
Il 2018 di Jose Aldo è una totale incognita, visto il dominio passato in categoria: qualunque sia il suo prossimo avversario, c’è una grossa possibilità che il brasiliano lo abbia già affrontato nel suo periodo migliore. Il che significa inevitabilmente o ripetersi, o peggiorarsi.
- Carlos Condit
Di Gianluca Faelutti
Foto di Getty Images
“The natural born killer” non è soltanto il titolo di un film cult degli anni Novanta, ma anche il soprannome, legittimo, di uno dei fighter più feroci, spettacolari, determinati e talentuosi che si siano mai visti in un ottagono. Lo dicono i numeri prima di tutto: delle 30 vittorie conquistate in carriera, Carlos Condit ne ha ottenute 28 prima del limite, di cui 15 attraverso i colpi e 13 mediante sottomissioni. Un fighter impetuoso, aggressivo, ma al contempo anche estremamente tecnico, aggraziato, fantasioso: un connubio di prevaricazione e bellezza, è una sintesi fra forza e audacia.
Da dove cominciare cercando di descrivere le sue qualità? Direi dalla sua Muay Thai, stellare, fatta di un altissimo ed eterogeneo volume di colpi, un’infinita varietà di calci, gomitate letali dallo stand up e un pugilato pulito e preciso fino alle soluzioni più sfrontate ed estrose come le ginocchiate volanti (sublime quella inferta a Dong Hyun Kim) oppure le gomitate girate. Schiena a terra è perfettamente a suo agio, attivissimo nella guardia attiva. Ha messo in grande difficoltà GSP dalla posizione dominate, e quando è lui ad ottenerla può fare molto male, in particolare con le gomitate.
Il 2017 è stato un anno di riflessione per lui, dopo che nel 2016 ha perso entrambi i match disputati: il primo, epico, una guerra di cinque riprese, contro Robbie Lawler (dove in molti, me compreso, pensavano che il verdetto avrebbe potuto essere differente); il secondo per sottomissione, al primo round, contro Demian Maia. L’ombra del ritiro si faceva sempre più insistente, invece, quasi sorprendentemente, Condit ha deciso di rimettersi in gioco, pur con un rientro opaco, con una sconfitta per decisione unanime contro Neil Magny.
La speranza è che torni al meglio il prossimo anno, magari senza infortuni e altri contrattempi che a quasi 34 anni potrebbero essere letali. Lo stile, l’ambizione e la passione per il combattimento di Condit fanno di lui un fighter da seguire a tutti i costi, anche se forse in carriera ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato, il 2018 potrebbe rendergli giustizia.
- Paulo Henrique Costa, detto “Borracinha”
Di Gianluca Faelutti
Foto di Mike Stobe / Stringer
Ha fatto irruzione in UFC con la sua consueta spavalderia e sono stati in pochi a non accorgersi del suo avvento, Paulo Henrique Costa ha uno stile sportivamente arrogante, irruento e sfrontato. Più che attaccare, assalta, accorcia in continuazione la distanza e non smette di sferrare colpi che sfociano spesso nello scambio selvaggio. La sua intensità è sbalorditiva, così come la potenza dei colpi. È forte fisicamente, elastico (da qui deriva appunto il soprannome Borrachinha letteralmente “rondella di gomma”) e molto esplosivo.
Contro Oluwale Bangbose ha dimostrato di gestire discretamente le fasi di grappling, oltre a palesare quanto devastante possano essere i suoi middle kick e il suo ground and pound. Ha partecipato alla terza edizione brasiliana del “The Ultimate Fighter”, è imbattuto da 11 incontri e ha sempre finalizzato i suoi avversari nell’arco di due riprese, nove volte alla prima e dieci volte attraverso i colpi.
Il suo stile è molto dispendioso e potrebbe essere soggetto a qualche calo se non gli riesce di chiudere il match in tempi brevi (come, c’è da dire, gli è accaduto anche nei tre match disputati in UFC finora) e la gestione dell’energia andrà valutata più attentamente in futuro. Il 2018 ci dirà quanto legittime siano le sue ambizioni, ma vederlo combattere darà comunque una certa soddisfazione, al di là di tutto.
- Gegard Mousasi
Di Daniele Manusia
Foto di Rey Del Rio / Stringer
La ragione per cui Gegard Mousasi va seguito nel 2018 è semplicemente che si tratta di uno dei migliori Middleweight al mondo. La ragione per cui invece sarà meno interessante seguirlo di quanto sarebbe potuto esserlo in condizioni “normali”, e già farlo rientrare nei primi 40 di cui vorremo vedere gli incontri è più un gesto d’affetto che altro, è che lo scorso anno per ragioni contrattuali e probabilmente anche di relazioni personali ha preferito firmare un contratto con Bellator.
Si è discusso molto della scelta di Mousasi, perché se da una parte è risaputo che l’UFC non fa il bene di tutti i fighter allo stesso modo, e che nella ridistribuzione della ricchezza delle MMA l’organizzazione mangia una fetta troppo grande della torta; dall’altra è vero anche che Gegard Mousasi ha tradito il patto implicito che ogni atleta stipula con gli appassionati, evitando il confronto con gli atleti al suo stesso livello, con gli altri Middlewight migliori al mondo. Oggi avrebbe la cintura UFC? Chi sa, in ogni caso il 2018 sembra annunciarsi come un anno estremamente per la sua categoria e lui non sarà in nessun incontro davvero importante.
A questo si è aggiunto l’esordio in Bellator andato diversamente dal previsto, con un overhand di Alexander Shlemenko che nel primo round è arrivato a segno fin troppo bene, rompendo un’orbita a Mousasi e un pollice allo stesso Shlemenko. Mousasi ha combattuto con un occhio gonfio e chiuso, mezzo cieco, per altre due riprese, vincendo con un giudizio contestatissimo. Questo dimostra che anche in Bellator il suo successo non sarà scontato, ma Mousasi dovrà per forza di cose arrivare alla cintura nel 2018 e i suoi incontri rischiano di non essere interessanti o, come quello con Shlemenko, di esserlo per le ragioni sbagliate.
- “Magic” Marlon Moraes
Di Giovanni Bongiorno
Foto di Ed Mulholland / Stringer
Marlon Moraes è l’ex campione WSOF (organizzazione americana che lo scorso anno si è rinominata come Professional Fighter League, con l’idea di fare un campionato annuale con torneo finale) e per 16 incontri è sembrato inarrestabile. L’unico match in cui non lo è sembrato, è quello di esordio in UFC, perso per decisione non unanime contro il forte Raphael Assunçao.
A 29 anni ha 9 KO e 5 sottomissioni all’attivo. È stato protagonista di un match molto duro e dinamico contro John Dodson, vinto davanti al pubblico di Norfolk, Virginia, l’11 dicembre 2017; bissato meno di un mese dopo dalla vittoria su Aljamain Sterling, portata a casa con una ginocchiata (fortuita, per quanto di un tempismo eccezionale) nel primo round, che corrisponde al primo KO subito in carriera da Sterling. Moraes è senz’altro una delle stelle nel firmamento dei Bantamweight ed è naturale chiedersi quale sarà il futuro dell’attuale #7 di categoria nel corso del 2018.
- Fabricio “Vai Cavalo” Werdum
Di Giovanni Bongiorno
Foto di Rey Del Rio / Stringer
Fabricio Werdum, ex campione Heavyweight, è giunto alla fama mondiale forse troppo tardi: nella sua lunga carriera ha sconfitto, fra gli altri, Cain Velasquez, Alistair Overeem, Minotauro Nogueira, Mark Hunt, Travis Browne, Fedor e Alexander Emelianenko, Gabriel Gonzaga, Antônio Silva e Roy Nelson. È l’unico uomo nel mondo delle MMA ad aver sconfitto entrambi i fratelli Emelianenko, ha distrutto la striscia d’imbattibilità di Fedor in soli 66 secondi, ha stupito il mondo quando dominò Cain Velasquez laureandosi campione UFC.
Per farla breve, “Vai Cavalo” è uno dei migliori Heavyweight ad aver mai calcato l’ottagono. Con un record di 11 vittorie e 4 sconfitte in UFC (nella quale ha esordito nell’aprile 2007), Werdum a 40 è un combattente completo in ogni campo. Alla Kings MMA, sotto gli occhi attenti del coach Rafael Cordeiro, Werdum si è reinventato striker e ha migliorato in maniera esponenziale la sua abilità nel clinch. Dopo la sconfitta per decisione maggioritaria contro Alistair Overeem, Werdum ha vinto due incontri consecutivi e ha chiesto un’ultima chance per tornare in possesso della cintura, che adesso appartiene a Stipe Miocic, con cui ha perso il titolo un anno e mezzo fa e che però ha già un incontro fissato con l’ultima grande rivelazione nella categoria dei massimi, Francis Ngannou.
Ed è un peccato, sia per l’esperienza di Werdum, che per la fiducia nei propri mezzi oggi ai massimi storici; anche se è stato proprio l’eccesso di fiducia nei propri mezzi a causargli brutte cadute, come quelle contro Junior dos Santos e proprio con Stipe Miocic. L’ultimo Werdum è comunque sembrato molto maturo e in ottima condizione atletica: basterà per ottenere una title shot e battere il futuro campione di categoria? Solo il 2018 potrà darci una risposta.
- Marvin Vettori (ex aequo)
Di Giovanni Bongiorno
Foto di Josh Edges / Zuffa LLC
Ovviamente c’è del campanilismo nelle nostre scelte, ma le MMA sono uno sport con un alto coinvolgimento e l’identificazione con un atleta che per qualche ragione ti è vicino è una componente spesso fondamentale. Marvin Vettori è probabilmente il miglior fighter che l’Italia possa offrire oggi, sia per il record costruito dalla sua chiamata in UFC (2-1-1), ma anche per quella personalità forte che divide il pubblico ma che sembra anche alimentare la crescita nell’ottagono. Vettori è molto fiducioso delle proprie capacità, che cerca di affinare con un duro lavoro in palestra (dove spesso lo si vede allenare con Fabricio Werdum, Lyoto Machida e Kelvin Gastelum), e si è dato l’obiettivo di conquistare la cintura dei Medi entro il 2019.
Per adesso quasi tutti i suoi match in UFC sono avvenuti contro avversari brasiliani: è riuscito a battere con una sottomissione Alberto Uda – cintura nera BJJ – e per decisione Vitor Miranda, mentre è stato battuto per decisione dei giudici da Antonio Carlos jr, fenomeno del BJJ e Heavyweight “mascherato” da Medio, che ha vinto la terza edizione del TUF Brazil.
Vettori ha una grande fisicità, che si traduce in “forza” più che potenza, ha mostrato grossi miglioramenti nello striking negli ultimi incontri ma è a terra che continua a far vedere le cose migliori: fantastiche transizioni portate facilmente a termine, equilibrio eccezionale, ottime sottomissioni.
Non è arrivato in UFC per caso o per fortuna, e vuole dimostrarlo. Il match contro Omari Akhmedov a UFC 219 ha messo in mostra la sua capacità di incassare e un certo spirito di abnegazione venuto fuori, probabilmente per la prima volta, nel corso del terzo round. Dopo aver subito nei primi due incontri a causa della fatica, il suo comeback contro il russo è stato furioso e gli ha permesso di arrivare a un pareggio maggioritario che, seppur frustrante, potrebbe essergli utile per continuare a crescere. In fondo, ha ancora 24 anni.
- Alessio Di Chirico (ex aequo)
Di Gianluca Faelutti
A inizio 2017 Di Chirico si è trovato sull’orlo del precipizio dopo aver perso per sottomissione contro Eric Spicely, complice anche la controversa sconfitta all’esordio in UFC contro Bojan Velickovic, sebbene poi riscattata dalla vittoria su Lellan. Il match contro Bangbose di inizio dicembre, con un record parziale di 1-2, assumeva un’importanza cruciale per la sua carriera e una sconfitta avrebbe quasi sicuramente coinciso con la fine della sua esperienza in UFC. Il valore del suo avversario non veniva certo in suo aiuto e in molti in Italia pensavano avrebbe avuto la peggio. Ma avevano fatto i conti senza Di Chirico.
Di Chirico ha dimostrato di saper reggere la pressione e di avere dentro dei valori importanti; non si è lasciato irretire dall’atteggiamento esageratamente rinunciatario del suo avversario, non si è esposto all’esplosività dei suoi colpi d’incontro, ha combattuto con lucidità e determinazione cercando (più volte) e trovando nel primo round una ginocchiata al volto dal clinch. Quel suo: “Ora avete capito chi c**** siamo!”, gridato guardando in camera immediatamente dopo il TKO è un gesto che stride con i toni solitamente molto pacati che lo contraddistinguono, per questo sa davvero di liberazione.
È un fighter solido, strategico e tenace, duro mentalmente, con un gran wrestling e ottime fasi di clinch. Finalmente sembra aver trovato quella iniezione di fiducia che potrebbe portare ad una svolta nella sua carriera e nel 2018 probabilmente vedremo un Di Chirico arrembante e meno contratto di quello visto fin’ora in UFC. Il miglior Di Chirico, ne siamo certi, è quello che vedremo il prossimo anno.
- Antonio Carlos Junior, detto “Cara de Sapato”
Di Gianluca Faelutti
Foto di Christian Petersen / Getty Images
“Cara de Sapato” ha partecipato e vinto il TUF brasiliano nella categoria Heavyweight, scendendo poi nei Middleweight, conservando ovviamente una fisicità che fa la differenza nella categoria inferiore. Ma è anche un fighter in grande crescita, dopo un inizio non esaltante caratterizzato da due vittorie e due sconfitte, una ai punti contro Patrick Cummins e l’altra, per TKO, contro il judoka Daniel Kelly.
Antonio Carlos Junior, che vanta un palmares di tutto rispetto nel BJJ, ha messo in fila quattro vittorie importanti sconfiggendo, in un match molto combattuto, anche il nostro Marvin Vettori, l’unica, della quattro vittime, a non essere stata sottomessa per Rear Naked Choke (7 delle sue nove vittorie in carriera sono arrivate proprio per sottomissione).
È sempre lucido nell’applicare il suo gameplan, quando si è trovato davanti fighter con un BJJ di altissimo livello come Eric Spicely ha evidenziato tutta la sua caratura. Oltre alla grande forza fisica e è apparso migliorato nelle fasi in piedi, dove può contare anche su mani pesanti. Nel 2018 potrebbe rivelarsi il vero outsider nella categoria dei pesi medi, prendetela come una scommessa….