Con la doppietta al RB Salisburgo, Dries Mertens ha sorpassato Diego Maradona come secondo miglior marcatore di sempre con la maglia del Napoli e, nel resto della stagione, se tutto va come deve andare, dovrebbe raggiungere anche Marek Hamsik, primo a 5 reti di distanza.
L’incontro con Sarri ha cambiato la carriera del belga, spostandolo dall’esterno al centro dell’attacco, ma Mertens ha raggiunto un picco inaspettato per tutti, sviluppando parti del suo gioco a discapito di altre. La manovra della squadra di Sarri gli chiedeva di muoversi in profondità per ricevere alle spalle dei centrali (e non soltanto del terzino avversario come faceva prima) ma anche – soprattutto – più ricezioni spalle alla porta. Per un esterno cresciuto dribblando anche le ombre parliamo di un cambio radicale, copernicano, di movimenti così diversi che sembravano tirare delle qualità semplicemente non potevamo sapere che Mertens avesse.
Non c’è stato solo il fatto che è aumentato il numero di conclusioni in area di Mertens, ma che ad esempio è diminuito di molto il numero di dribbling tentati: per dire, la scorsa stagione ha provato 1,6 dribbling per 90’, nella stagione 2016/17 (la prima da attaccante centrale) ne ha provati 4,5 e nella stagione 2013/14 (la prima a Napoli l’ha giocata da ala) erano addirittura 5,6. Abbiamo, insomma, abbandonato un Mertens dribblomane e trovato un giocatore sempre più sofisticato nel modo in cui manipola l’avversario con i suoi movimenti e i suoi tocchi di palla.
Tanto che, anche quando riceve da fermo spostato sull’esterno, la prima cosa che prova adesso è il filtrante in diagonale per poi scattare in area e ricevere, più che puntare l’avversario diretto e capire cosa fare dopo come un tempo.
Con Ancelotti stiamo vedendo la terza fase della carriera a Napoli di Mertens, che spesso è affiancato da un altro attaccante che va a occupare l’area in base alle sue caratteristiche: in maniera più statica come Milik e Llorente, oppure dinamicamente come Lozano. Al belga tocca aiutare la manovra giocando fuori dall’area. Ancelotti gli chiede in sostanza di mantenere lo stesso volume di conclusioni in area, ma partendo più indietro e aiutando prima la manovra come rifinitore. E il fatto di muoversi più indietro ha portato Mertens a diventare uno dei giocatori più bravi a sfruttare quella zona di campo comunemente chiamata mezzo spazio (o se preferite spazio di mezzo, half-space) ovvero la fascia verticale immaginaria, se dividiamo il campo in 5 corridoi, a metà tra quella più esterna e quella al centro.
Ho raccolto 4 azioni da quattro partite diverse che mostrano come Dries Mertens sia diventato un maestro della manipolazione sfruttando le ricezioni nel mezzo spazio e di come, sviluppando quest’arte, abbia reso più pericoloso il Napoli.