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Marco De Santis
290 milioni in un anno
27 lug 2015
27 lug 2015
È la cifra spesa dal Manchester United negli ultimi 13 mesi per l'acquisto di nuovi giocatori. Ecco com'è stato possibile.
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Marco De Santis
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Se in Italia la maggior parte delle squadre è costretta a fare “i conti della serva” in ogni sessione di mercato per far quadrare i bilanci, fuori dal Bel Paese questo problema non sembra riguardare alcuni club stranieri. In particolare oggi vogliamo porre l’attenzione sul Manchester United, prestigiosissimo club inglese che ha vissuto nel 2013/14 la peggiore stagione della sua storia recente in termini di risultati, rimanendo addirittura fuori dalle coppe europee 2014/15. La reazione della dirigenza societaria non si è fatta attendere: dal mercato estivo 2014 a oggi, in soli tredici mesi, i Red Devils hanno già speso 290 milioni nell’acquisto di nuovi giocatori e sicuramente nelle prossime settimane verrà superata quota 300, poiché van Gaal ha già fatto sapere che si aspetta almeno altri due innesti prima della fine del mercato. In molti si chiedono: come è possibile che il Manchester United possa fare queste spese all’apparenza folli proprio in un periodo nel quale sono mancati gli introiti della Champions League? Il Fair Play Finanziario per loro non conta? Subiranno punizioni in futuro?

 

La risposta a tutte queste domande sarà, spero, molto chiara al termine di questo articolo, dove andremo ad analizzare la situazione societaria dello United, i suoi conti di bilancio (un po’ come abbiamo già fatto qui su

per molte squadre italiane) e il vero impatto sul conto economico degli acquisti delle ultime stagioni.

 

Partiamo con una constatazione se volete amara per noi italiani ma ineludibile: è impossibile allo stato attuale delle cose confrontare il potenziale economico di club come il Manchester United, il Real Madrid e il Barcellona (ovvero le tre squadre che superano di slancio i 500 milioni di fatturato annuo) con quello della Juventus e a maggior ragione di tutte le altre squadre italiane. I ricavi di questi team sono così elevati che le loro possibilità di spesa sul mercato sono semplicemente di un altro livello, per questo quelli che a noi sembrano investimenti assurdi sono in realtà pienamente sostenibili.

 

Ma entriamo nel caso specifico legato al Manchester United. Il brand dei Red Devils oggi ha raggiunto un valore astronomico, evidenziato dal fatto che per abbinare il suo nome alle maglie dello United dal 1° agosto e per i prossimi dieci anni l’Adidas pagherà un totale di 750 milioni di sterline. Al cambio attuale si parla di 1 miliardo e 71 milioni di euro (se volete fare un confronto, la Juventus ha il contratto più remunerativo in Italia con uno sponsor tecnico, anche in questo caso l’Adidas, e riceverà 140 milioni di euro in sei anni). Ancora: il “main sponsor”, quello che appare sulle magliette della squadra, per i Red Devils è la Chevrolet (del gruppo General Motors) che si è assicurata la presenza del suo marchio sulle divise dello United in cambio di 70 milioni di dollari a stagione (al cambio attuale circa 65, la Juventus ne riceve poco meno di 20 dalla Jeep, bonus compresi). Se pensate che il Manchester United è anche la squadra più attiva nella ricerca di partner commerciali e ha un numero rilevante di sponsor secondari e “regionali” capite bene come mai il loro fatturato relativo al marketing e alla pubblicità sia alle stelle.

 

Ho voluto sottolineare i cambi sterlina/euro e dollaro/euro perché per una squadra che cerca sponsor anche oltreoceano (lo United è di proprietà americana) e oltretutto si trova in un paese fuori dall’Eurozona, il livello di competitività può variare enormemente a seconda dei tassi di cambio. Per i Red Devils, così come per tutte le squadre inglesi, negli ultimi due anni è stato proprio così. Il valore dell’euro nei confronti della sterlina è calato drasticamente, passando da un cambio di 0,85 a 0,7 sterline per un euro. Applicando i due differenti tassi di cambio agli elevatissimi valori dei contratti di sponsorizzazione del Manchester United scopriamo che gli inglesi possono sfruttare l’enorme rafforzamento della moneta nazionale negli ultimi 24 mesi: i 1071 milioni del contratto decennale Adidas con il cambio del 2013 sarebbero stati “solamente” 882, un guadagno virtuale di quasi 20 milioni l’anno in più se i tassi di cambio continueranno a essere questi. Può anche darsi che in futuro la situazione si rovesci, ma nel momento presente—che è quello che stiamo analizzando—aver chiuso molti contratti di sponsorizzazione in sterline quando la moneta britannica aveva un cambio meno favorevole con l’euro, e investire nella maggior parte dei casi per l’acquisto dei giocatori in euro (comprando nei paesi dell’Eurozona), è senza dubbio un vantaggio competitivo enorme.

 

Ma le buone notizie per il Manchester United non finiscono qui. Anche a livello finanziario la squadra di proprietà del gruppo Glazer (dal cognome del patriarca, deceduto nel 2014) viaggia a gonfie vele. Il Patrimonio Netto (che per il Fair Play Finanziario deve essere non negativo) è in attivo di addirittura 700 milioni di euro. L’indebitamento, che pure rappresentava un problema fino a qualche anno fa, è stato abbattuto negli ultimi anni ben al di sotto della soglia di rischio (rappresentata dal valore del fatturato annuale), scendendo sotto i 400 milioni, valore calcolato tenendo già conto del rialzo avvenuto in seguito alle grandi spese sostenute nell’estate del 2014 (quasi 200 milioni nell’acquisto di nuovi giocatori). Il tutto in un quadro di aumento continuo dei ricavi che spostano sempre più lontano la soglia di “pericolo”. Attualmente lo stato finanziario della squadra è così buono da aver permesso alla società di rimborsare anticipatamente alcuni debiti in modo da abbatterne la spesa che si sarebbe dovuta sostenere per pagarne gli interessi futuri.

 

Fatto un quadro generale, scendiamo ora nel particolare dando uno sguardo ai numeri del conto economico della società dalla stagione 2009/10 a quella 2013/14, così come abbiamo fatto nelle scorse settimane per diverse squadre italiane. Ricordo che questi dati non danno una visione globale di tutti gli aspetti economici e finanziari che deve affrontare una società, ma riescono comunque a far emergere il quadro generale in cui si muove la dirigenza e il tipo di politica societaria che porta avanti. Per permettere un confronto fra i valori anno per anno, e con i dati delle altre società italiane (che potete trovare in tre diversi articoli cliccando rispettivamente sulla triade contenente il nome della squadra che vi interessa:

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), tutti i valori sono espressi in euro e ricalcolati al cambio attuale di 0,7 sterline per un euro.

 



 

I numeri sono quelli di una squadra costantemente in crescita economica e amministrata egregiamente. Prima di entrare nei dettagli, mi sembra assolutamente d’obbligo precisare che i 209 milioni di utili fatti segnare nel bilancio 2012/13 hanno una motivazione finanziaria e non sono strettamente legati allo stato del conto economico societario inteso nella sua accezione classica riguardante i ricavi e i costi. In quell’anno lo United ha messo in atto una riorganizzazione dell’intero gruppo di aziende facenti capo ai proprietari che ha portato a un ricalcolo delle imposte degli anni precedenti, evidenziando la possibilità di inserire a bilancio un attivo di circa 170 milioni di euro. Depurato di questa operazione straordinaria, il bilancio 2012/13 avrebbe chiuso comunque in attivo, ma sui livelli dell’anno precedente e di quello successivo.

 

Ho voluto in ogni caso lasciare il dato sia perché è effettivamente l’indicatore dell’utile stagionale sia perché è un altro tassello importante per capire come mai il portafoglio dei Red Devils sia così gonfio da permettere le spese alle quali assistiamo in questo periodo. Senza entrare troppo negli aspetti più tecnici e finanziari della riorganizzazione societaria degli ultimi anni, è comunque un dato importante da tenere a mente che il Manchester United è inoltre stato quotato alla borsa di Wall Street nel 2012 e che l’abbattimento del debito e l’ottimizzazione della parte finanziaria del bilancio sono passate anche attraverso il successo delle operazioni di emissione di nuove azioni andate a ruba sul mercato e non solo grazie al pur sensibile aumento dei ricavi. Un piccolo inciso interessante in chiave Milan: lo United, prima di sbarcare a Wall Street, sembrava deciso a quotarsi nelle borsa di Hong Kong o in quella di Singapore, ma ha poi annullato il piano virando sulla borsa americana per le incertezze legate alla grande volatilità dei mercati asiatici. La speranza per i tifosi rossoneri è che Berlusconi e Mr. Bee, che vuole quotare la società rossonera proprio ad Hong Kong, stiano facendo bene i loro conti.

 

Tornando allo United e ai dati vediamo che i ricavi sono in continua crescita e in maniera più che proporzionale ai costi, che comunque continuano ad aumentare. Il costo per il personale è stato fino al 2013/14 inferiore al 50% del valore del fatturato (il Fair Play Finanziario consiglia di non superare il 70%, soglia avvicinata o addirittura superata da quasi tutte le squadre italiane), numero che dimostra ancora una volta la solidità strutturale della società nonostante gli elevati stipendi elargiti ad alcuni giocatori. Anche il livello degli ammortamenti non è particolarmente preoccupante, anche se va evidenziata una crescita nel 2013/14 che ci attendiamo—come vedremo fra poco—ancora maggiore nel bilancio della stagione appena conclusa, date le importanti operazioni in entrata. Altro dato interessante che certifica la situazione ottimale del Manchester United è che negli ultimi quattro anni la società ha ottenuto continui attivi di bilancio senza sfruttare in maniera esagerata le plusvalenze, oscillanti attorno a un valore medio di circa 10 milioni di euro. Ciò vuol dire che gli attivi di bilancio dipendono da ricavi continui e ripetibili nel tempo e non da operazione straordinarie quali la cessione di giocatori.

 

Per quanto riguarda il 2014/15 non abbiamo ancora a disposizione i dati annuali, ma quelli dei primi nove mesi lasciano supporre un ovvio peggioramento dei conti, dovuto sia alla mancata partecipazione alle coppe europee sia agli investimenti sul mercato. Nonostante questo, però, la società potrebbe chiudere comunque con un leggero attivo, compensando buona parte delle perdite con l’aumento continuo e importante dei ricavi. Fra i quali giocano un ruolo importante i diritti televisivi della Premier League, il cui valore è in costante crescita negli ultimi anni e che nel 2015/16 subirà un ulteriore importante balzo verso l’alto, rendendo più ricche tutte le squadre inglesi (come si può già notare da alcuni colpi piuttosto costosi messi a segno sul mercato anche da team di medio livello).

 

Prima di concludere questo viaggio nei conti dello United, voglio presentarvi tre tabelle relative agli ultimi tre mercati della squadra di Manchester, costruite con un formato che tiene in considerazione, in maniera non perfetta, ma sicuramente più corretta rispetto alle valutazioni relative ai soli costi dei cartellini, il vero impatto di ogni operazione sul bilancio annuale.

 

di ogni singolo caso particolare e delle variabili alla base della costruzione e dei calcoli finali delle tabelle sarebbe troppo lunga, e per molti casi che non riguardano lo United anche inutile in questa sede, ma qualche piccola indicazione prima di vedere le grafiche è comunque necessaria:

 

- Nella prima colonna troverete il nome dei giocatori acquistati e venduti e il totale speso in acquisti, ricavi in cessioni e la differenza totale fra entrate e uscite relative ai costi dei cartellini. Inoltre, l’impatto del mercato invernale riporta sui conti di giugno i costi e i risparmi sul bilancio successivo da parte delle operazioni concluse nel mercato di gennaio.

 

- Nella seconda colonna abbiamo il prezzo nella parte relativa agli acquisti, mentre troviamo le eventuali plusvalenze o minusvalenze nella voce cessioni.

 

- “Ing.” è l’ingaggio annuale lordo dei giocatori.

 

- Gli “Anni” sono riferiti agli anni di contratto. I numeri dopo la virgola servono per esprimere con un numero a tre decimali l’equivalente dei mesi di contratto considerati (esempio: 0,917 sono undici mesi, dato il risultato di 11 diviso 12).

 

- “Amm.” è il peso dell’ammortamento annuale del giocatore (ricordo che i bilanci vengono costruiti inserendo nel conto economico di ogni stagione non l’intera cifra spesa o incassata per un giocatore nel momento in cui cambia squadra, ma l’ammortamento annuale di quella cifra, dato dal rapporto fra il costo del cartellino e gli anni di durata del contratto al momento dell’acquisto).

 

- La colonna “Costo” è il costo totale di ogni operazione, data dalla somma di costo del cartellino più lo stipendio lordo moltiplicato per gli anni di contratto. Nella parte relativa alle cessioni abbiamo invece la colonna “Risp.” che indica il risparmio che la società ottiene vendendo un giocatore su tre voci: ingaggio per gli anni di contratto restanti, l’ammortamento annuale residuo ed eventualmente incasso ottenuto dalla cessione.

 

- Nell’ultima colonna, la più importante, troviamo il peso sul bilancio annuale di ogni operazione. La somma di tutti i valori dell’ultima colonna indica di quanto le sole operazioni di calciomercato migliorano o peggiorano il bilancio rispetto all’ipotesi “nessun acquisto e nessuna cessione”.

 



 



 



 

Come si può vedere dalle tabelle, il reale impatto sul bilancio annuale di ogni mercato—a fronte di elevate spese totali e nei costi dei cartellini—non è stato così elevato da mettere, da solo, a rischio i conti finanziari del club. Ovviamente aumentare di 20 milioni i costi nel 2014/15 e non diminuirli nel 2015/16 vorrebbe dire rendere fisso questo aumento (anzi incrementarlo ulteriormente, visto che le plusvalenze esauriscono il loro effetto in una singola stagione a differenza di ingaggi e ammortamenti), ma come abbiamo visto la continua crescita dei ricavi della squadra rende più che sostenibile questa operazione.

 

Entrando nel dettaglio, vediamo la prima tabella, che uso anche a titolo esplicativo per facilitare l’interpretazione delle altre a chi le vede per la prima volta. Prendiamo la riga relativa a Di María: l’argentino è stato pagato 75 milioni, il suo ingaggio è stato stimato a 14,176 milioni lordi l’anno (circa 7,5 netti), ha firmato un contratto di cinque anni, ciò vuol dire che l’ammortamento annuale (ovvero il costo del suo cartellino che viene messo a bilancio per ognuno dei cinque anni) è di 15 milioni (dato dalla divisione di 75 milioni per i 5 anni di contratto), il costo totale dell’investimento è di quasi 146 milioni (75 per il cartellino e 71 per l’ingaggio quinquennale) e infine il vero peso dell’operazione sul bilancio annuale è di poco più di 29 milioni (la somma dei 15 dell’ammortamento e dei 14 e spiccioli dell’ingaggio).

 

Altro esempio Falcao: l’attaccante sudamericano è arrivato a fine mercato in prestito e quindi è rimasto al Manchester United 10 mesi (0,833 è il risultato di 10 diviso 12), in questi dieci mesi gli è stato pagato lo stipendio (quindi se in un anno il suo ingaggio lordo era di 22,75 milioni lo United gli ha dato 22,75*0,833=18,95 milioni circa) ed è inoltre stato pagato 7,5 milioni il prestito annuale, per un peso totale sul bilancio annuale di 26,45 milioni. E così via per gli altri acquisti.

 

Passando alle cessioni, per Welbeck i Red Devils hanno ricavato 20 milioni. Hanno potuto contarli tutti come plusvalenza perché l’ammortamento residuo del giocatore era zero (Welbeck era un prodotto del settore giovanile), inoltre hanno potuto risparmiare il suo stipendio di 6,8 milioni per i 22 mesi residui del suo contratto dal momento della cessione alla scadenza (pari a 1,833 anni). In virtù di ciò hanno potuto risparmiare 32,5 milioni in totale dei quali 25,7 nel bilancio annuale. Ultimo esempio, poi credo che il meccanismo inizi a diventare piuttosto chiaro, è quello di Kagawa: il giapponese aveva un ammortamento residuo di 8 milioni per due anni di contratto, è stato ceduto al Borussia Dortmund proprio per 8 milioni e ciò ha comportato una plusvalenza nulla (8-8=0), un risparmio di 4 milioni dell’ammortamento annuale (dato dagli 8 residui diviso i 2 anni di contratto) e un risparmio dello stipendio calcolato come nell’esempio precedente, per un totale di 17 milioni risparmiati, dei quali 8,1 hanno alleggerito il bilancio annuale 2014/15.

 



Passando ai dati aggregati, possiamo notare che nell’estate del 2014, chiusa comunque con un passivo sul bilancio annuale di quasi 27 milioni di euro (il numero finale in basso a destra dato dalla somma di tutti i valori di quella colonna), la società è riuscita a compensare in parte le elevatissime spese annuali per Di María, Falcao, Shaw ed Herrera (senza dimenticare Blind e Rojo) con una plusvalenza inusuale per le abitudine societarie: la cessione per venti milioni all’Arsenal di Welbeck, prodotto del vivaio e quindi senza costi di ammortamento da scalare nel calcolo della plusvalenza. Inoltre si è liberata degli elevati stipendi di Vidic e, soprattutto, di Ferdinand, chiudendo altre buone operazioni in uscita e riuscendo così a limitare in qualche modo i “danni”.

 



A gennaio 2015 lo United si è dedicato a piccole operazioni di ottimizzazione, facendo cassa con la cessione di qualche giocatore in esubero (per esempio Zaha ha un risparmio annuale dato dalla sola somma fra la minusvalenza e il risparmio dell’ammortamento perché era già in prestito in altra squadra, quindi cederlo non ha comportato un ulteriore risparmio di stipendio sul bilancio annuale). Nel computo finale del 2014/15 gli ingaggi dovrebbero aumentare in maniera relativa (fra i 5 e i 10 milioni), mentre a crescere in maniera importante saranno gli ammortamenti (di circa 40 milioni) e, come già visto, potranno essere contabilizzati 25 milioni di plusvalenze.

 



Nel mercato in corso il Manchester United ha già speso 96,5 milioni in cartellini incassandone solo 13,6, ma come potete vedere il differenziale sul bilancio annuale è quasi in pareggio. Questo perché le importanti spese relative agli acquisti di Schneiderlin, Depay, Schweinsteiger e Darmian sono state più che compensate sul 2015/16 dalle operazioni in uscita, in particolare quelle relative a Falcao e van Persie, titolari di stipendi astronomici e con degli ammortamenti pesanti sul bilancio 2014/15 (il colombiano era costato 7,5 milioni per un solo anno di prestito). Nonostante la minusvalenza fatta segnare per l’olandese, l’operazione che lo ha riguardato nel suo complesso ha permesso allo United di alleggerire il suo bilancio di questa stagione di 22 milioni, mentre quella di Falcao addirittura di 26, con il monte ingaggi che beneficerà in maniera rilevante del mancato computo quest’anno dello stipendio “monstre” pagato al colombiano nella scorsa stagione.

 

Questi dati, oltre a mettere in evidenza la sostenibilità delle operazioni dello United, dimostrano come spesso si tenda a non dare importanza nelle analisi di mercato alle operazioni chiuse con bassi costi dei cartellini (come il fine prestito di Falcao o la cessione a 6,6 milioni di van Persie), mentre in realtà le reali implicazioni economiche risultanti dall’uscita di giocatori con elevati stipendi possono essere molto rilevanti qualsiasi sia il prezzo di vendita e aiutare in maniera sostanziale le società a creare all’interno delle voci del conto economico lo spazio a bilancio per nuovi e onerosi acquisti. Per mettere in luce ancora meglio questa particolarità, concludo con altri tre casi emblematici riferiti a giocatori svincolati a parametro zero nel mercato in corso: Xavi del Barcellona (15,5 milioni di stipendio lordo risparmiati), Khedira del Real Madrid (risparmio di 7,6 milioni di stipendio e 2,8 di ammortamento residuo) e Milner del Manchester City (8,8 di stipendio più 4,4 di ammortamento residuo).

 
 

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