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Redazione
11 nomi per il dopo Mancini
14 ago 2023
14 ago 2023
A chi affidare la panchina della Nazionale?
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Siamo andati a farci il bagno con il caldo come unica preoccupazione e quando siamo tornati Roberto Mancini non era più il CT della Nazionale. Improvvisamente la prossima pausa per le Nazionali, la crescita dell'intero movimento, l'Europeo 2024 ci sono sembrate tutte cose vicinissime e minacciose. Chi può e vuole prendersene carico ora, mentre il resto del mondo è in vacanza? In queste ore sono stati fatti molti nomi per il successore di Roberto Mancini sulla panchina azzurra, noi abbiamo cercato pro e contro di ogni opzione. Con qualche nome a sorpresa. Luciano SpallettiCi sono pochi dubbi sul fatto che Luciano Spalletti sia la figura di più alto profilo che la Nazionale possa permettersi in questo momento. E non ci sono nemmeno grandi discussioni sul valore narrativo che un passaggio simile significherebbe: l’allenatore antagonista che ha rincorso la vittoria in Serie A per tutta la sua carriera e che, dopo lo scudetto a Napoli, è pronto ad assurgere alla figura di padre della patria in Nazionale. Quello che bisogna chiedersi, quando si parla di Spalletti sulla panchina azzurra, è più che altro: lui è davvero pronto per un lavoro simile?Sì perché mai come a Napoli abbiamo conosciuto Spalletti nella sua essenza: un allenatore ossessivo, che concepisce ogni suo problema come un problema di campo, che è riuscito a forgiare un gioco quasi perfetto con un lavoro metodico sul campo d’allenamento. Ecco, siamo sicuri che un allenatore simile, e in più non del tutto abile a sbrogliare i problemi davanti ai microfoni, sarebbe il migliore per il ruolo da commissario tecnico, in cui si incontrano i propri giocatori solo una manciata di volte l’anno e il resto del tempo lo si passa guardando partite da lontano, stringendo mani, e cercando di mantenere un’idea di gruppo tramite chiamate e messaggi?Sulla carta Spalletti avrebbe perfettamente senso, tatticamente parlando. Un allenatore in grado di salvaguardare il lavoro fatto da Mancini sui principi di gioco in questi anni - l’uscita della palla dalla difesa in modo ragionato, la risalita del campo attraverso i triangoli, la densità in zona palla - ma anche capace di aggiungere a questo sistema una sua vertigine verticale, una ricerca della profondità che alla Nazionale è spesso mancata. L’ossessione di Spalletti per il lato cieco sarebbe una manna dal cielo soprattutto per Ciro Immobile, che poi è sempre stato ed è ancora oggi IL giocatore da recuperare per la Nazionale. Riuscite a immaginarvi un match migliore tra allenatore e giocatore di questo? Con Spalletti tornerebbe ad avere senso anche parlare di costruzione di un lato forte a centrocampo, con la vecchia guardia Jorginho/Verratti, a cui contrapporre un lato debole, dove a Barella a destra si sono aggiunte negli anni le ingombranti presenze di Tonali e Frattesi. Con il tecnico di Certaldo forse si potrebbe anche mettere una toppa temporanea al problema di avere una coppia di centrali affidabili, perché pochi allenatori più di Spalletti sono riusciti a mascherare i limiti di difensori discutibili attraverso la forza dei propri sistemi di gioco. La questione di fondo, però, rimane. Spalletti sarebbe davvero in grado, con pochi allenamenti e ancora meno partite, a lavorare sulle sue idee, con un Europeo che incombe a meno di un anno di distanza? E se le cose dovessero andare storte sarebbe davvero lui la persona adatta a tenere la barra dritta o la sua personalità farebbe naufragare definitivamente la situazione? Sembrano questioni di lana caprina di fronte alla prospettiva di portare Spalletti in Nazionale ma dopo due eliminazioni consecutive dai Mondiali siamo forse nella fase più delicata della storia degli Azzurri, e vale la pena prendere in considerazione anche ciò che oggi ci sembra impensabile. Antonio ConteLa storia con la Nazionale di Antonio Conte sembrava essersi interrotta a metà, come se mancasse qualcosa. Quale momento migliore per rimediare? L’uscita con la Germania ai rigori a Euro 2016, dopo un torneo trascinante come per l’Italia non si vedeva da tempo, aveva portato a delle dimissioni non per un fallimento, ma perché Conte era in quel momento un allenatore troppo di grido, troppo carico di ambizione per limitarsi al lavoro lento e dietro le quinte di un CT. Sette anni dopo la situazione sembra essersi ribaltata. Il Conte degli ultimi mesi al Tottenham era un allenatore usurato, l’ombra del trascinatore che conoscevamo. Soprattutto era un allenatore stanco, fiaccato dal suo modo di lavorare che in una squadra disfunzionale della Premier League è diventato come una punizione divina.

E allora oggi Conte potrebbe essere addirittura contento di una panchina da CT, meno lavoro giornaliero, più lungimiranza, con l’obiettivo di arrivare carichissimi al Mondiale del 2026, con l’Europeo come banco di prova più che come trofeo da vincere davvero. Rispetto alla prima esperienza la sua Italia avrebbe sì meno esperienza (fuori Buffon, Bonucci, Chiellini, De Rossi), ma anche più talento e incastro tecnico. Nel frattempo, infatti, il 3-5-2 è diventato un modulo quasi egemonico in Italia, anche se non tutti lo interpretano come farebbe lui. Certo, alcuni limiti rimangono, gli stessi con cui si è scontrato Mancini e che ci sono costati la partecipazione al Mondiale in Qatar, ma Conte avrebbe facilità a inserire alcuni elementi che finora in Nazionale non avevano spazio: Bastoni dietro diventerebbe il leader difensivo, Frattesi e Tonali, insieme a Barella, sarebbero una bella batteria di mezzali contiane, sull’esterno sinistro Udogie e Dimarco si giocherebbero il posto, davanti magari potrebbe godere della definitiva trasformazione di Chiesa a seconda punta oppure recuperare Zaniolo, perfetto per il suo calcio. C’è anche Raspadori. Insomma, non una squadra perfetta, ma più talentuosa di quella del 2016. Conte, da questo punto di vista, è bravo a tirare fuori dai suoi giocatori più del loro valore e questo, in tornei brevi e dove conta molto cogliere l’attimo, può essere un valore aggiunto. Ok, magari non è tutto perfetto, Conte avrebbe difficoltà a inserire alcuni giovani trequartisti che si stanno affacciando nel nostro calcio (Baldanzi, Pafundi) o esterni come Zaccagni e Gnonto che meriterebbero di essere almeno tra i convocati. C’è da dire che Conte si è dimostrato meno ortodosso nelle ultime esperienze, ad esempio al Tottenham giocava con il 3-4-3. Forse, si può dire, che il suo calcio sembrava un po’ passato, come se negli ultimi anni avesse mancato qualche passaggio. Magari però in questo tempo fermo, Conte si è riposato e rigenerato, magari si è anche aggiornato. Da CT, in ogni caso, avrebbe più tempo per studiare nuove soluzioni, sempre rimanendo fedele ai suoi principi. Insomma, nel 2016 eravamo felici con Eder e Pellè, perché non riprovarci? Carmine NunziataPer allenare la Nazionale bisogna innanzitutto far parte del giro della Federazione, e Nunziata ne fa parte. Il suo tuttavia resta un nome utopico per tantissime ragioni. Banalmente, Nunziata non ha il curriculum per ricoprire un incarico così delicato. Essere CT della Nazionale non significa soltanto mandare la squadra in campo con certe idee e principi, significa anche parlare ai microfoni, rassicurare il popolo, fare il padre della patria. Essere una figura di maschio desiderabile e rassicurante. Come può esserlo Carmine Nunziata che in carriera se ne è quasi sempre stato in disparte?Eppure la sua Nazionale Under 20 è stata entusiasmante e ha espresso un gioco che per certi aspetti è la versione aggiornata dell’Italia di Mancini: una Nazionale che vuole controllare il pallone, riconquistare il pallone in alto e non dare riferimenti all’avversario. Una squadra estremamente fluida che si accorderebbe bene anche ai talenti migliori che sono presenti in Nazionale maggiore o che possono entrarci (Casadei, Baldanzi, Hasa, Cambiaghi per esempio). La sua sarebbe una scelta logica e in continuità per molti aspetti, magari con l’idea di un incarico a termine in attesa di accordarsi con un nome più grande. Nel frattempo potremmo anche cambiare idea e restare con Nunziata in panchina.Walter MazzarriÈ arrivato il momento di Walter Mazzarri? È uno dei tanti nomi che si rincorre in queste ore, uno dei meno credibili viste le ultime due esperienze poco fortunate con Torino e Cagliari. Mazzarri sembra uscito dal giro degli allenatori che contano dopo essere stato respinto dalla Premier League, trasformandosi velocemente in un meme: le sue reazioni diventate gif, le sue scuse leggendarie. Allora forse Mazzarri non è il miglior CT possibile, ma magari potremmo sfruttare questo posto - che comunque è un posto pubblico, pagato dalle nostre tasse come si dice (non che sia del tutto vero) - per riscattare un allenatore che invece ha avuto un ruolo nel nostro calcio: il suo 3-4-3 ai tempi del Napoli era moderno e divertente, forse ha raccolto meno di quello che meritava. Mazzarri in Nazionale, a destra torna Maggio: perché no?Massimiliano AllegriSecondo qualcuno ci sarebbe un accordo informale tra la Juventus e la Federazione per far arrivare Allegri sulla panchina dell’Italia a fine stagione. Molti tifosi bianconeri ci sperano e cercano di spingere il suo nome con modi sardonici. Ci sono molti motivi per considerare Allegri adatto all’incarico, e non stiamo parlando soltanto di quanto ci farebbe divertire in conferenza (motivo, però, di per sé sufficiente per desiderarlo CT). Allegri ha l’esperienza e il curriculum per allenare la Nazionale, se solo ci dimenticassimo di quest’ultima fase reazionaria della carriera. Magari, fuori dai veleni delle squadre di club e della Juventus, si ammorbiderebbe. Tornerebbe ad ascoltare un po’ di più le voci attorno a sé, uscirebbe da alcune sue convinzioni. Magari tornerebbe a essere l’allenatore scaltro e geniale che è stato per la prima parte della carriera. Le qualità di Allegri sono quelle eterne dell’allenatore italiano: la flessibilità, l’acume strategico nella preparazione della partita, la capacità motivazionale, la cura dell’organizzazione difensiva. Se esistesse ancora questo Allegri, che forse oggi è solo immaginario, allora sarebbe perfetto per allenare la Nazionale e per farla rendere al massimo nei tornei brevi.

Se invece arrivasse la sua versione incubo vista di recente - rinuncia ostinata al pallone, scarnificazione tattica, paranoia comunicativa, rigidità dei compiti ai giocatori - sarebbe un disastro. Allegri ha già dimostrato di valorizzare poco (o niente) alcuni dei migliori prospetti italiani: Rovella, Miretti e Fagioli. Le sue squadre hanno bisogno di un centrocampo fisico, di una difesa solida e di attaccanti autosufficienti. Niente di tutto questo esiste nella Nazionale italiana, a meno che non vogliamo provare a naturalizzare Rabiot e Morata.Davide NicolaIn queste ore i nomi di allenatori italiani che potrebbero sostituire Mancini si stanno rincorrendo come fosse il gioco della sedia. Tra questi quello di Davide Nicola è forse uno dei più imprevedibili, ma per qualche motivo meno assurdo di quello che sembra. Nicola non ha un pedigree nobile, la sua carriera fin qui si è svolta in squadre che lottavano per la salvezza, spesso da subentrato, spesso chiamato come uno sciamano ad aggiustare situazioni apparentemente inaggiustabili. La salvezza con il Crotone, quella ancora più incredibile con la Salernitana. L’Italia non ha bisogno di essere “salvata”, certo, ma forse un CT in grado di dare una scossa all’ambiente, di ricreare una certa armonia potrebbe tornare utile. Nicola è un allenatore con suoi principi, con un’idea di calcio abbastanza moderna, con qualità evidenti, anche umane e di comunicazione che farebbero molto comodo. Certo, non si può ignorare che, alla lunga, non è quasi mai riuscito a imporre i suoi progetti. Il CT, però, è un ruolo diverso da quello di allenatore e con più tempo magari Nicola potrebbe trovare la sua vocazione definitiva. Gennaro GattusoLe ultime esperienze di Gennaro Gattuso non sono state fortunate, per usare un eufemismo, ma il lavoro sul campo è una parte molto più relativa delle mansioni del commissario tecnico rispetto a quello dell’allenatore. Per fare il CT serve soprattutto la capacità di rendere gruppo ciò che non lo è per gran parte dell’anno, e anche una certa carica nazional-popolare davanti ai microfoni. E chi incarna meglio queste due capacità in una figura sola più dell’uomo che viene chiamato Ringhio? Le idee, lo sappiamo, procedono per espansione e restrizione, per sistole e diastole, e dopo il tempo dell’ideologia, della controcultura, del gioco della Nazionale di Mancini forse adesso c’è bisogno della sua antitesi. Una Nazionale fatta di gridacci, pacche sulle spalle e discorsi motivazionali. Il nuovo corso avrebbe il vantaggio di portare il rinnovamento forzato di cui questa Nazionale ha disperatamente bisogno. Abbandonata la via maestra del possesso potrebbero lasciare definitivamente la maglia azzurra Jorginho e Verratti, rendendo più facile l’inserimento dei molti giovani centrocampisti che scalpitano alle loro spalle. Gattuso da sempre oscilla tra il 4-3-3 e il 4-4-2, e questo permetterebbe di inserire più di frequente nelle rotazioni sia giocatori più spiccatamente portati alla gestione del possesso basso, come Rovella e Ricci, sia mezzali di conduzione e inserimento, come Tonali e Frattesi. Il rinnovato utilizzo delle ali scioglierebbe anche uno dei equivoci più incomprensibili degli ultimi anni di gestione Mancini, e cioè Mattia Zaccagni, che con i suoi allunghi e i suoi dribbling in conduzione sarebbe perfetto per una Nazionale tutta battere e levare su campo lungo. Con un gioco più diretto tornerebbero ad avere senso anche i vari Immobile, Zaniolo, Pellegrini e Federico Chiesa, tutti giocatori del cui talento abbiamo bisogno in vista del 2026, orizzonte a cui questa Nazionale deve puntare come un’oasi nel deserto. Certo, rimarrebbe il problema di essere privi di centrali di livello per i lunghi tratti di difesa posizionale che questo gioco richiederebbe, ma se mancano i giocatori non è certo colpa del CT.

Ma poi immaginatevi che figura, andare in Germania l’anno prossimo guidati da uno degli eroi del Mondiale del 2006 (ragione per cui, credo, si è fatto anche il nome di Fabio Grosso). Gattuso che mette la faccia da guerra in panchina, che grida in faccia al quarto uomo, che in conferenza stampa sbatte i pugni sul tavolo e in ritiro viene accolto da una delegazione di discendenti di emigrati calabresi in Germania. Siamo nell’epoca in cui le storie ci sembrano più reali della realtà stessa e difficilmente troverete una storia migliore di questa. L’ologramma creato con l’intelligenza artificiale di Vittorio PozzoStiamo in uno stato tecnologico della nostra civiltà troppo avanzato per accontentarci di un essere umano sulla panchina. Iniziamo l’epoca del post-umano e evochiamo il nostro allenatore più vincente di sempre.Ted LassoL’attore di Ted Lasso, baffi e cappello, a interpretare il CT degli azzurri. Il tutto ripreso in una docu-fiction rivoluzionaria, con grandi intrecci narrativi e performance attoriale intense dei nostri giocatori, alcuni mischiati con veri attori (Adam Driver: Sandro Tonali; Aaron Paul: Gianluca Scamacca; Harry Styles: Niccolò Zaniolo). Prima Nazionale branded content della storia.Il ticket Marcello Lippi-Fabio CannavaroLa versione incubo sia di Ted Lasso che dell’ologramma di Vittorio Pozzo.Julian NagelsmannProviamo a dimenticarci per un attimo che è più giovane di Buffon, che è tedesco, che ha quella faccetta là pronta a indispettire metà della popolazione nazionale alla prima sconfitta. Se pensassimo a Nagelsmann solo come l’allenatore più di alto profilo al momento disponibile, come effettivamente è, non vi gettereste a capofitto sull’agenda per trovare il numero del suo agente prima che ci riesca qualcun altro? Non che il fatto che sia giovane, tedesco e senza un passato da calciatore non abbia un valore di per sé. Che terremoto culturale porterebbe all’intero movimento una figura simile? Non è esattamente ciò che abbiamo invocato le due volte che la Nazionale è stata eliminata dal Mondiale? È inutile girarci intorno: siamo un Paese calcisticamente in difficoltà e in questi momenti chiudersi nei propri confini, nelle proprie convinzioni significa avvitarsi ancora più profondamente nella propria crisi. Nagelsmann nella sua breve carriera ha già dimostrato di saper far salire di livello i giovani e allo stesso tempo saper trattare con i giocatori di più alto profilo, il tutto con idee ambiziose e innovative. Obiettivamente cosa c’è di meglio? Portare l’avanguardia in Nazionale, come in Italia d’altra parte è già stato fatto con Sacchi, ci ha già trascinato fino alla finale dei Mondiali. E se rompere anche il tabù del CT straniero ci facesse fare l’ultimo passo? Certo, nel 1994 avevamo Baggio, e oggi di Baggio in Italia sembra non ne possano nascere più. Ma insomma, puntare su Nagelsmann significa anche puntare sulla storia dell’uomo che è diventato allenatore studiando, facendosi le ossa nei settori giovanili, arrivando in cima grazie a giocatori impensabili. Se ripartire dai vivai è la parola d’ordine nei momenti di crisi della Nazionale, assumere Nagelsmann come CT significherebbe pronunciarla ad alta voce, senza paura.

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