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Alfredo Giacobbe
Io voglio dimostrare le mie idee sempre, intervista a Davide Nicola
28 set 2022
28 set 2022
L'allenatore della Salernitana ci ha parlato di stili di gioco e ambizione.
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Alfredo Giacobbe
(foto)
Giuseppe Maffia/NurPhoto via Getty Images
(foto) Giuseppe Maffia/NurPhoto via Getty Images
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Arrivo al centro sportivo della Salernitana all’ora di pranzo. Due campi regolamentari e un terzo più piccolo, usato per lavori specifici, sono vuoti. Da un fabbricato arrivano voci che si alzano sopra lo scroscio delle docce. È una giornata calda e solo il lavorio dei giardinieri intorno agli alberi ingialliti mi ricorda che non è più estate.Nel ristorante c’è quel che resta del gruppo squadra – undici calciatori sono via con le Nazionali. Alcuni sono riuniti intorno ad Antonio Candreva, che parla con voce calma e bassa mentre indica qualcosa sul suo cellulare. Più in là, in un altro tavolo, vedo Davide Nicola con il suo staff. Ascolta tutti, sentenzia alla fine.Quando lo incontro mi stringe la mano. Nicola mi riconosce – scherza sulla nostra precedente intervista – anche se non ricorda il mio nome. L’intervista inizia mentre ancora camminiamo verso la sala stampa, quasi non servono le mie domande.Sei arrivato alla Salernitana a febbraio. Cosa cambia per un allenatore quando arriva da subentrato rispetto a quando comincia la stagione dall’inizio?[reply]Cambiano le priorità. Quando subentri, erediti una squadra che non hai avuto tempo di conoscere. Nella prima settimana di full immersion bisogna capire le caratteristiche della squadra, la metodologia di allenamento a cui era abituata. Un’idea dell’impostazione tecnico-tattica che tu avresti dato, guardando da fuori quel tipo di squadra, ce l’hai; poi, allenandola, ti rendi conto di quanto tempo ci vuole per cambiare dalla vecchia impostazione. Bisogna conoscere le caratteristiche di tutti i giocatori, classificare le problematiche nelle varie aree, riconoscere i propri punti di forza, con un'analisi il più dettagliata possibile servendosi anche dei big data. E a quel punto: iniziare ad allenare, scegliere i principi di gioco che sono inderogabili, capire se c’è qualcosa da adattare in base alle caratteristiche dei giocatori a disposizione.[/reply]Fammi degli esempi concreti: anche quando le caratteristiche della squadra sono molto lontane della tua idea di calcio quali sono i principi a cui non puoi rinunciare?[reply]Un gioco organizzato nella valutazione e nella comprensione degli spazi, nelle relazioni tra giocatori. Un movimento deve obbligare un altro movimento. Ti faccio un esempio: in qualsiasi zona del campo, di solito i giocatori che partecipano alla costruzione di un’azione non sono mai più di quattro. Per me è importante che capiscano quale relazione devono avere tra di loro, quali sono i compiti che hanno l’uno rispetto all’altro.Altri elementi sono: i tempi di smarcamento, la conoscenza dei movimenti di reparto, una forte aggressività con e senza palla. Io mi annoio a vedere squadre troppo lente, che ragionano troppo. Anch’io voglio giocatori pensanti, ma è qualcosa che devi costruire negli allenamenti. In partita deve andare la parte inconscia della mente. Un giocatore in campo porta il suo bagaglio di conoscenze e di abitudini, e per costruirlo ci vuole tanto lavoro.Queste cose sono inderogabili, tutto il resto è adattabile. Per situazioni, momenti, caratteristiche dei giocatori, esigenze della piazza, storia del club. Io e il mio staff ci mettiamo sempre in discussione, ma siamo convinti che il nostro approccio metodologico ci abbia portato benefici sia subentrando che iniziando una stagione.[/reply]

L’anno scorso avevi Milan Djuric, e quindi avevate un certo modo di risalire il campo, con palla addosso o palla alta, e contestando le seconde palle. Quest’anno hai attaccanti diversi e state muovendo di più la palla a terra. Il principio è lo stesso – la verticalità – è cambiato il modo di fare le cose. E l’efficacia in attacco è aumentata: oggi siete settimi per Expected Goals, l’anno scorso eravate terzultimi. È qualcosa che hai voluto tu, in accordo con la società, cambiare il tipo di attaccante per giocare un calcio diverso?[reply]Quest’anno mi è stato prospettato un programma, dove io potevo partecipare all’idea di gioco che volevamo proporre. Ci siamo seduti e abbiamo fatto una programmazione in funzione del tipo di gioco che volevamo fare e abbiamo individuato dei giocatori che ci potessero dare la possibilità di modificare l’arrivo sulle punte con caratteristiche diverse, più di attacco dello spazio, con giocatori che cercavano la soluzione individuale di superiorità numerica. Abbiamo cercato di mettere dentro giocatori con caratteristiche diverse, che si compensassero. Gli esterni, i quinti, li abbiamo cercati con proiezione esclusivamente offensiva. Mazzocchi aveva già fatto bene l’anno scorso. Candreva lo conoscevo da avversario, è stato una piacevole riscoperta, ha una qualità importante nella scelta delle giocate e nella partecipazione all’azione offensiva. Bradaric è un quinto perfetto, di qualità, ha avuto un infortunio, deve crescere ma avrà le sue chances, Sambia è diventato quinto nella sua carriera ma ha qualità da mezzala, aspettiamo la sua crescita. Bisogna considerare che tutti i giocatori che prendi dall’estero te lo puoi trovare tra quattro, cinque, sei mesi. Se hai la pazienza di aspettarli… io sono convinto che sono stati presi giocatori con criterio, qualcuno doveva essere importante in questo momento, come Lovato; altri di prospettiva te li ritroverai un po’ più avanti. Questa programmazione è stata possibile perché il presidente ha una visione lungimirante e ambiziosa, i direttori sportivi conoscono i campionati esteri, io ho dato delle caratteristiche, in alcuni casi ho proposto o confermato il nome del calciatore che avrei voluto portare io. Rispetto allo scorso anno: lo studio che facciamo per conoscere le caratteristiche di un giocatore quando arriviamo in una squadra è molto approfondito. Milan Djuric è uno dei giocatori più abili che io abbia conosciuto nell’avere quella precisione di sponda, per favorire l’inserimento del terzo uomo o anche per chiudere un uno-due. Non è un giocatore statico, sa sempre come divincolarsi in area e ha capacità di lettura per andare a prendere lo spazio dove cadrà il cross. Ma è inutile che io gli chieda una corsa box to box, o anche solo una di trenta metri. Né Milan né le altre punte avevano caratteristiche di attacco della profondità. A me non piace il calcio verticale fine a sé stesso. La verticalità che piace a me è velocità, è capacità di riconoscere le pressioni dell’avversario per batterle. Non voglio un gioco che ristagni in orizzontale, con passaggi che non battono linee avversarie e non conquistano spazi.

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