I soliti tre giorni di follia
Cosa è successo nel primo weekend del mercato NBA, a partire dallo scambio di Paul George
Cosa è successo nel primo weekend del mercato NBA, a partire dallo scambio di Paul George
E così anche Paul George, uno dei giocatori più ambiti al mondo, ha trovato una nuova destinazione quando nella notte tra venerdì e sabato gli Oklahoma City Thunder hanno finalizzato uno scambio per affiancarlo a Russell Westbrook, spedendo Domantas Sabonis e Victor Oladipo agli Indiana Pacers.
Prima di tutto, senza stare a pensarci troppo: i Thunder hanno stravinto la trade secondo tutti i possibili scenari immaginabili. Mentre Celtics, Cavs e Lakers combattevano una gara immaginaria tra chi aveva più speranze di prenderselo, i Thunder sono sgusciati fuori da un tombino, hanno imbavagliato George scambiandolo come fatto da Indiana Jones con l’idolo d’oro e il sacchetto di sabbia e sono spariti nel nulla.
La mossa ha sorpreso tutta la NBA e la maggior parte dei dirigenti. Come scritto in questo pezzo di Kevin O’Connor su The Ringer, molti dirigenti NBA sono rimasti increduli che lo scambio sia realmente avvenuto. I Pacers erano ormai ad un punto di non ritorno, con PG13 che aveva già comunicato di voler cambiare aria con corsia preferenziale i Los Angeles Lakers. Indiana, come avevamo scritto tempo fa, non aveva possibilità di migliorare il roster di quest’anno (che tutto era meno che irresistibile) e il fatto che Larry Bird se ne sia andato dal front office “sbattendo la porta” fa pensare che il modo in cui avrebbe voluto gestire la faccenda era profondamente diverso.
Le notizie che circolavano però dicevano che i Pacers volevano ottenere due titolari e svariate scelte future. I Thunder se la sono cavata con un solo titolare, un rookie promettente e nessuna scelta. Persino i Sacramento Kings sono riusciti ad avere una scelta per Cousins; i Brooklyn Nets sono riusciti ad averne una per (qualche mese di) Bojan Bogdanovic; gli L.A. Clippers ne hanno ricevuta una per Chris Paul che avrebbe salutato dopo qualche giorno; i Chicago Bulls, pur con tutti i loro limiti, sono riusciti (circa) a migliorare una loro scelta. Gli Indiana Pacers non ne hanno ottenuta nessuna, neanche un biscottino da secondo giro.
Probabilmente l’opinione che Kevin Pritchard, GM dei Pacers, si è fatto di Oladipo e di Sabonis è superiore a quella di chiunque altro al mondo, famiglie dei giocatori comprese. Magari Pritchard vede in Oladipo una guardia dominante in una Eastern Conference sempre più povera e in Sabonis un futuro titolare perfettamente in grado di integrarsi con Myles Turner. Ma è l’unico o quasi a farlo. I Pacers adesso sono liberi di muoversi sul mercato senza la spada di Damocle della scadenza di George sopra la testa, ma non è chiaro se saranno in grado di peggiorare a dismisura il proprio roster per puntare ad una scelta altissima in Lottery o se la povertà diffusa dell’Est potrebbe comunque garantirgli una possibilità di sperare nei playoff, a patto di muoversi in un certo modo nel mercato dei prossimi giorni. La prima possibilità è comunque più auspicabile, più facile da attuare e con una visione più ampia della seconda.
La trade dalla parte di OKC
I Thunder dal canto loro hanno operato il colpo del secolo, con una trade che sembra addirittura migliore di quella che i T’Wolves hanno chiuso per arrivare a Jimmy Butler. Un anno fa il GM Sam Presti aveva ottenuto Sabonis e Oladipo (più Ersan Ilyasova) in cambio del contratto in scadenza di Ibaka; un anno dopo hanno scambiato i due giocatori per Paul George. La statuetta per il GM dell’anno 2018 ha già un favorito fortissimo.
George è senza dubbio un giocatore quanto mai necessario per OKC, in grado di condividere la palla con Russell Westbrook – e quindi abbassare il suo usage rate spropositato – o alternarlo in situazioni di isolamento. Ma George è anche un difensore pazzesco, che a Indiana ha quotidianamente preso in affidamento il miglior attaccante avversario indipendentemente se fosse un 1 o un 4, e la maggior parte delle volte ne ha preso il numero di targa senza farlo andare via. George non ha mai avuto un compagno di squadra del livello di Westbrook, e se i Thunder dovessero rifirmare Andre Roberson, per George ci sarebbe uno sgravo dei compiti anche nella metà campo difensiva.
Probabilmente questi Thunder non sono al livello di quelli di due anni fa, quando con il loro atletismo si sono presi lo scalpo dei San Antonio Spurs e sono arrivati vicinissimi a prendersi quello dei Golden State Warriors, ma la squadra è stata allestita concettualmente nello stesso modo. L’atletismo dei Thunder rischia di essere impareggiabile, con Westbrook e George che sono praticamente incontenibili quando hanno spazio aereo vicino al ferro. Ma PG13 è anche un tiratore eccellente, che ha realizzato il 40% dei tiri da 3 punti l’anno scorso quando era la prima, la seconda e la terza minaccia offensiva di squadra. Con i penetra e scarica di Westbrook – che si portano dietro mezza difesa e le staccionate dei vicini in un uragano di devastazione – George può restare fuori ed avere metri di spazio che non ha mai avuto in carriera.
Anche se la situazione non dovesse funzionare e George decidesse di diventare free agent e non rifirmare coi Thunder, Presti non ha sacrificato praticamente nulla di importante per avere un’occasione del genere. Indipendentemente da come andrà, questa mossa non sarà mai un fallimento o uno scambio in grado di generare rimorso: Oladipo aveva firmato un contratto stratosferico che gli garantisce 21 milioni all’anno per i prossimi quattro anni, lo stesso aveva fatto Steven Adams – con il suo contratto leggermente più alto per un totale di oltre 105 milioni nei prossimi 4 anni. Se Westbrook avesse deciso di cambiare casa quei contratti sarebbero diventati di intralcio in una franchigia in ricostruzione, ma ora senza Oladipo – il cui spazio a cap sarà ricoperto dal contratto di George, che sposta decisamente di più a una cifra minore – e Adams trincerato in un contesto ultra-competitivo, la situazione per Oklahoma City sembra essere molto più rosea. Al contrario, adesso OKC ha anche dato un valido motivo a Russell Westbrook per estendere il proprio contratto con il super-massimo salariale e legare la sua carriera a doppio filo alla città.
La trade per tutte le altre
I Celtics escono sconfitti dall’ennesimo intreccio di mercato che non li vede protagonisti. Alcuni report sostengono che i Celtics avessero offerto due titolari, tra cui Jae Crowder e probabilmente Avery Bradley, ma che fossero riluttanti ad allegare una scelta futura di quelle buone. Altri invece sostengono che i Celtics avevano effettivamente incluso nella trattativa pure delle scelte. Non è facile capire cosa non abbia funzionato: può essere stata una mancanza di convinzione nel prendere George, oppure una sopravvalutazione dei propri assets, o altrimenti pura e semplice sfortuna che i giocatori che i Celtics desideravano sono stati scambiati per pacchetti indubbiamente peggiori di quelli che Boston potrebbe imbastire in cinque minuti.
Differente è la situazione per i Lakers, che se avessero voluto prendere Paul George avrebbero dovuto sacrificare uno dei loro giovani intoccabili (Ingram e Lonzo), perché non hanno tutte le loro scelte da offrire e perché gli altri “giovani” (Randle e Clarkson) non sono dei veri e propri asset appetibili nel mercato. La loro miglior occasione è sperare che le cose in OKC non funzionino e che George rimanga comunque convinto di andarsene a L.A. come aveva desiderato in passato, anche se al momento pare un’ipotesi più rischiosa di quanto lo potesse essere a Indianapolis.
Nicolò Ciuppani: parla di basket su Ball Don't Lie, ne scrive sul Buzzer Beater Blog e programma analytics per Chartside.
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