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Zidane è Zidane anche quando gioca con gli amici
10 feb 2022
La grandezza del francese è evidente anche nei video in cui gioca a futsal.
(articolo)
10 min
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Da persona nata a fine anni ‘90, che non ha quindi potuto godere del suo massimo splendore, mi fermo a guardare ogni qualvolta mi capita di imbattermi in video di vecchie partite di Zidane. Credo di conoscere a memoria le sue partite contro il Brasile nel 2006 e contro il Portogallo nel 2000, il dribbling di tacco al Valencia culminato in un assist per Portillo e quello in cui stordisce Beckham senza neanche toccare la palla. Negli ultimi tempi, su YouTube e Twitter proliferano diversi account dedicati a Zidane: canali capaci di riesumare sue esibizioni in periferiche partite di Serie A o di qualificazioni ai mondiali. Uno dei miei filoni preferiti però è senza dubbio quello di Zidane lontano da contesti competitivi. Si tratta di spezzoni di suoi allenamenti o di partite tra amici. Persino da allenatore, Zidane continua ad alimentare il suo mito. C’è, ad esempio, il video di un torello insieme ai giocatori del Real Madrid della Decima. È il 2013/14, Zidane è vice di Ancelotti e tra i partecipanti si riconoscono Benzema, Di Maria, Isco e Marcelo. Zidane si posiziona accanto al brasiliano e usa solo il tacco e l’esterno, senza sbagliare un appoggio.

L’altro giorno, però, mi sono imbattuto in un reperto che potrebbe rappresentare l’esemplare migliore del genere.

È un video abbastanza noto in Francia, conta trecentomila visualizzazioni circa. Lo ha girato Farid, il fratello maggiore di Zidane, scomparso a luglio 2019. Dopo il mondiale di Francia ‘98, Zizou torna a La Castellane, il suo quartiere nella periferia di Marsiglia, e fa visita alla palestra locale. C’è il parquet, le pareti color verde edificio pubblico, le porte da futsal e qualche canestro. Ci sono anche le spalliere in legno tipiche di qualunque scuola media o superiore italiana. Il freddo umido di quella stanza così ampia, dove ogni suono rimbomba, trapassa anche lo schermo del pc e Zidane entra in scena con una lunga giacca nera in pelle, identica a quella che Richie Aprile regala a Tony nella seconda stagione de I Soprano. Stringe la mano a un po’ di gente e comincia a giocare. Come diverse altre persone in campo, indossa dei lunghi pantaloni di tuta, magari un lascito del calcio di strada, magari il rimedio più ovvio al freddo della palestra, in un’epoca in cui le calzamaglie non andavano ancora per la maggiore. Le immagini sono sfocate, ma Zidane sembra vestire un dolcevita, metafora forse un po’ scontata del suo modo raffinato di giocare a calcio. In una partitella tra amici, ovviamente, il numero dieci della Francia si preoccupa solo di scegliere la giocata più sbalorditiva e di passare palla ai compagni sulla linea di porta. Pur senza metterci nessun impegno, per uno come Zidane questa partitella di esibizione vada trattata alla stregua delle sue migliori partite.

Zidane è uno dei rarissimi casi di calciatori la cui grandezza è quasi tutta contenuta nella sua iconografia, a prescindere dal peso di trofei, competizioni o partite. O almeno, così sembra a me, che come dicevo me lo sono goduto pochissimo dal vivo, praticamente solo nell’estate del 2006, quando io avevo nove anni e lui chiudeva la sua carriera con un torneo giocato divinamente. Le sue prestazioni contro Spagna e Brasile, tra ottavi e quarti, erano state un’epifania. Eppure, pur non sapendolo con certezza, Zidane era già entrato nella mia vita. All’epoca passavo molto tempo col pallone e il primo trick che ho imparato è stata la Veronica, inutile dirlo il trick per eccellenza di Zidane. Io lo avevo scoperto in un vecchio spot d’apertura della Champions League, di quelli in cui si declamano tutti gli sponsor ufficiali. Nelle stelle del logo, con l’inno in sottofondo, passavano le giocate di alcuni dei protagonisti. Rimanevo sempre incantato dalla piroetta con cui Zidane si spostava il pallone e poi spariva in dissolvenza. Così incantato da sforzarmi ad imparare quel gesto e a provarlo spesso ancora oggi, non sempre con successo e senza un minimo della grazia di Zizou, viste le mie gambe tozze e il fatto che mi renda almeno dieci centimetri in altezza.

La Veronica – o ruleta alla spagnola - è l’espressione più rappresentativa del calcio di Zidane, del suo essere etereo ed elegante, prima che efficace e vincente. Per questo quando parliamo di lui o ricordiamo la sua carriera parliamo prima di questi tocchi, dei suoi dribbling, del tipo di esperienza che era vederlo giocare e poi dei trofei, che pure sono molti e importanti, o della costanza di rendimento, qualcosa forse mai troppo sottolineato in una carriera così lunga al vertice, oppure di tutto il resto che portava in campo. È il suo rapporto con pallone e spazio ad avere valore in sé, a essere un’icona. Ecco perché anche video come quello di lui che giochicchia a La Castellane meritano di essere considerati prova valida della sua grandezza. Nel pantheon dei grandi Zidane occupa un posto tutto suo. Non ha il carisma da capopopolo di Maradona, la raffinatezza intellettuale di Cruijff o l’accumulazione seriale di imprese di Messi e Cristiano Ronaldo. L’impatto di Zidane nella storia del calcio passa dalla sua aura ascetica in campo, riflessa in maniera involontaria da quel taglio di capelli monacale, dallo sguardo glaciale e da quel tono di voce sempre così pacato (i motivi per cui forse, a differenza di tutti gli altri grandi della storia, non c’è nessuno disposto a parlare male di Zidane). Un senso di candore sintetizzato nella sua eleganza con la palla. È impossibile non farsi catturare anche solo dalla sua postura, un’espressione di bellezza universalmente riconosciuta, così tangibile da averlo aiutato nel passaggio alla carriera da allenatore, permettendogli di avere immediatamente il rispetto di uno spogliatoio difficile come quello del Real Madrid.

Che siano i gesti ad averne definito prima di tutto la legacy è evidente anche 15 anni dopo, vedendo appunto quanto successo hanno account come Stop that Zizou o visite le sue compilation su Youtube. È il motivo per cui Dusan Tadic – nato nell’1988 e quindi testimone quasi diretto di Zidane – dopo aver stregato il Bernabeu a marzo 2019, ha giustificato la sua Veronica su Casemiro dicendo di passare troppe ore a guardare i video di Zidane: un tributo del tutto singolare ad un livello così alto.

Se scavate in Internet, oltre al video del calcetto a La Castellane, troverete altre clip di Zidane contro avversari improbabili: Scozia, Israele, persino Hong Kong. Il fatto è che di fronte al suo portamento, gli avversari, il pubblico e la competizione scompaiono. È giusto astrarre le giocate di Zidane dalla partita. Il suo calcio va considerato alla stregua di sport come il nuoto sincronizzato o la ginnastica artistica, dove il risultato lo decide una giuria e si valuta la forma, senza l’assillo di un fine per cui quell’esecuzione è destinata. Gli avversari sono solo uno strumento per la propria esibizione, come la trave nella ginnastica artistica: Zidane li usa come punto d’appoggio per una nuova piroetta o per uno di quei trucchi da illusionista in cui sposta il peso del corpo da una parte e il pallone dall’altra. D’altronde, il modo in cui a inizio video usa le braccia per scrollarsi di dosso il ragazzo con la felpa rossa mentre con la suola del destro manda indietro il pallone, non è lo stesso movimento che fa all’inizio di Francia-Brasile del 2006, quando con le mani tiene lontano Zé Roberto per poi sfuggire al raddoppio con un tocco all’indietro di suola?

Nei due minuti di partita registrati da Farid, Zidane sfoggia tutte le giocate più classiche del proprio repertorio. Le esegue quasi camminando, non sembra muovere i piedi a una velocità da professionista. Eppure il fascino di Zidane che mulina le gambe per mandare fuori strada l’uomo, è sempre magnetico. Credo sia un sentimento comune: guardare video di Zidane invoglia a prendere il pallone e giocare a calcio. Questo breve video allora, con l’ex Juve e Madrid che esegue i propri trucchi a velocità moderata e la telecamera che lo riprende da così vicino, somiglia a un tutorial su come imparare ad essere lui, o almeno provarci.

C’è, ad esempio, la perfezione manualistica con cui usa la suola, lo strumento più comodo su un parquet e contro avversari più precipitosi di un normale difensore professionista. Zidane è noto per i controlli al volo impossibili, forse il miglior primo controllo della storia del calcio. Con la palla a terra, però, se si scompongono i tocchi, il francese non tenta mai cose troppo arzigogolate. Non è Ronaldinho – per citare un altro fuoriclasse dall’iconografia forte quasi quanto la sua – che faceva passare la palla da una parte all’altra del piede in maniera incomprensibile, con angolature della caviglia proibite a persone normali. L’eleganza di Zidane, in questo senso, è figlia anche di una certa semplicità, o meglio, di una grazia neoclassica, priva di ridondanze. I tocchi di Zidane sono sempre un inganno al difensore, un invito ad andare fuori posizione. La Ruleta stessa, non è forse un modo di coprire la palla e saltare un avversario che, attratto dall’allungo, è uscito su di lui in maniera aggressiva? La suola, unita ad un controllo del corpo irripetibile, altro non è che il modo migliore di dominare a proprio piacimento lo spazio in relazione all’avversario. Ecco perché Zidane non ha mai avuto bisogno di trick troppo sfarzosi, per qualcuno anche volgari, come quelli di Ronaldinho, Neymar o degli altri trequartisti franco algerini, per rimanere vicini al suo esempio.

I primi piani di Farid, insomma, svelano da vicino il modo in cui il destro di Zidane accarezza il pallone e il modo in cui porta fuori strada gli avversari. Non potrebbe essere più chiaro al minuto 3:34, la mia parte preferita del video, con Zidane che accarezzando la palla con i tacchetti trasforma un avversario in un burattino e se lo porta fin dentro la propria metà campo per poterlo raggirare: per chi guarda, un chiaro suggerimento su come comportarsi se proprio si vuole fare i veneziani nel proprio calcetto tra amici.

Ma al di là di preziosi particolari tecnici, il video va conservato con cura perché ci svela l’essenza di Zidane, ci riporta alla dimensione di calcio di strada che ne ha forgiato il modo di stare in campo. Fate caso a un dettaglio: tutte le persone sul parquet, Zizou compreso, usano il battimuro perché non ci sono limiti al campo. Lui, in particolare, lo usa per eseguire un tunnel e una veronica. Il battimuro è l’esempio più evidente di come giocare per strada, o comunque con limiti di campo non convenzionali, sviluppi in maniera spontanea l’intelligenza calcistica. È uno strumento che porta al cuore di un calcio picaresco come era quello di Zidane: la parete diventa un compagno in più, una sponda che, inconsciamente, invita a cercare alternative in maniera originale, insegna a scaricare la palla e smarcarsi in avanti; insomma, un esercizio che andrebbe introdotto in maniera obbligatoria anche nelle scuole calcio.

Grazie a YouTube e ai social network, il ricordo di Zidane vive ancora. Jude Bellingham, classe 2003, in un’intervista ha detto di non riuscire a smettere di guardare suoi video. «Onestamente credo sia il mio centrocampista preferito di sempre, insieme a Gerrard. – ha detto con un accostamento un po’ sacrilego – Un giocatore può segnare un gol o fare un assist, ma penso che la gente stia trascurando la parte bella del calcio. I numeri non sono tutto, c’è anche il semplice gusto di guardare qualcuno e da questo punto di vista non c’è nessuno meglio di Zidane». Bellingham non ha mai visto giocare il francese, aveva circa un anno quando Zizou domava da solo la sua Inghilterra ad Euro 2004, eppure dalle sue parole traspare devozione: il valore delle compilation di Zidane, dei suoi primi controlli, delle sue veroniche, delle sue partite in Champions e ai Mondiali, è inestimabile.

Video come quello di La Castellane, però, dovrebbero indurci a riflettere. Il calcio di oggi è sempre più standardizzato – Bellingham è il prototipo del centrocampista del futuro, più robotico che artistico, ed è strana la sua passione per Zidane da questo punto di vista – i ritmi alti sfumano le peculiarità dei giocatori, via via più simili tra loro. Sul parquet de La Castellane, invece, c’è tutta l’originalità di Zidane, che nell’umidità di quella palestra ritorna alla forma primordiale del proprio calcio. I giocatori più raffinati, capaci di pensare e agire fuori dagli schemi, hanno sempre qualcosa da trasmettere lontano da contesti formali: pensiamo anche al calcetto di Maradona sulla terra rossa a Napoli, forse un campo da tennis adibito a campo di calcetto. Video così raccontano perché un giocatore come Zidane è differente alla radice e ci fanno augurare di vedere meno omologazione nel calcio del futuro.

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