L'auto-aiuto, o auto-miglioramento (dall'inglese self-help), è un miglioramento auto-guidato delle proprie condizioni di vita, in particolare emotive o psicologiche, o almeno così sostiene Wikipedia. L'auto-aiuto spesso utilizza informazioni condivise o gruppi di supporto disponibili al pubblico, su Internet e di persona, in cui persone in situazioni simili si incontrano e si riuniscono. In tal caso si parla più specificamente di "auto-mutuo-aiuto", nel senso che l'aiuto non proviene solo da se stessi, ma anche dagli altri membri del gruppo.
Tifare Orlando Magic come faccio io da un tempo ormai indefinibile significa non poter condividere le proprie esperienze e condizioni con altre persone che si trovano nella medesima situazione, perché non ne esistono, quindi l’auto-mutuo-aiuto è da escludere e bisogna fare da sé. Le informazioni disponibili su Internet, che nel caso specifico rientrano nell’ambito della cronaca sportiva, non sono di grande aiuto, anzi. A volte si ha anche l’impressione che non esistano nemmeno gli Orlando Magic, o almeno si prova a convincersi che sia così. Aiuta ad alleviare il dolore e a migliorare le proprie condizioni di vita, in particolare emotive o psicologiche.
È vero anche però che tifare Orlando Magic permette di discutere di NBA con un qualsiasi appassionato da una posizione di forza, perché nel peggiore dei casi all’interlocutore è palese sin dall’inizio che l’obiettivo della conversazione non è affermare la superiorità della squadra per cui si tifa. Anzi, nel migliore dei casi nasce addirittura un sentimento di pietà e un impeto da crocerossina, che se non altro bilancia in modo parziale il peso della Sindrome di Stoccolma che affligge in modo irreversibile il tifoso Magic. È un ottimo modo per vedere il bicchiere mezzo vuoto, il che è un successo, perché vuol dire che almeno non è vuoto del tutto. Questione di abitudine e punti di vista.
Quando a un tifoso di Orlando, ammesso che nella vita capiti di incontrarne uno, si chiede un aneddoto che rappresenti nel modo più sintetico ed esaustivo possibile la storia della sua franchigia, la risposta automatica è che il leader di tutti i tempi per partite giocate in maglia Magic è Nick “The Brick” Anderson. O al limite, ma solo se il paziente ha già iniziato il percorso terapeutico e l’elaborazione del lutto, qualcuno cita il lay-up sbagliato da Courtney Lee al termine di gara-2 delle Finals 2009.
Pochi giocatori sono entrati nella storia da una porta più sbagliata di quella attraversata da Nick Anderson.
Esistono franchigie, come Lakers e Celtics, che hanno una lunghissima lista di maglie e numeri ritirati in onore dei grandi giocatori del loro passato, ed esistono squadre che (anche perché nate molto più recentemente) non hanno ritirato ancora alcun numero, come ad esempio i Toronto Raptors fondati nel 1995.
Non c’è niente di male nel non aver appeso al tetto del proprio palazzetto nemmeno una canottiera, anzi, è estremamente dignitoso scegliere di non forzare la mano. Gli Orlando Magic, nati nel 1989, invece hanno deciso che alla dignità è meglio preferire la linea comica e in mancanza di meglio hanno ritirato il solo numero 6, quello del cosiddetto sesto uomo, il pubblico. Nonostante siano regolarmente nella parte destra della classifica per quanto riguarda l’affluenza dei tifosi al palazzetto. Perché è giusto mettere le cose in chiaro sin da subito e rendersi conto di che tipo di franchigia si sta parlando per introdurre il doloroso discorso riguardo al suo attuale giocatore di riferimento.
Il posto di Vucevic nella storia dei Magic
Nella stagione in corso Nikola Vucevic è 11° in NBA per punti totali segnati, 3° per rimbalzi raccolti, 2° per doppie doppie, 4° per canestri segnati, 2° per tiri tentati, nelle prime 20 posizioni per tiri da 3 tentati e segnati e 8° per percentuale al tiro da fuori (41.2%) tra i giocatori che tentano più di 6 triple a partita, e durante il weekend parteciperà per la seconda volta in carriera all’All-Star Game tra le fila del Team Durant.
Sarà il sesto giocatore della storia dei Magic a vantare più di una convocazione nella partita delle stelle insieme a Grant Hill (due, nel 2001, anche se non giocò causa infortunio, e nel 2005), Shaquille O’Neal (quattro, dal 1993 al 1996), Penny Hardaway (quattro, dal 1995 al 1998), Tracy McGrady (quattro, dal 2001 al 2004) e ovviamente Dwight Howard (sei, dal 2007 al 2012) e ottavo in tutto (Jameer Nelson, anche se infortunato, e Rashard Lewis furono convocati nel 2009).
Il centro montenegrino nato in Svizzera, sta disputando la nona stagione in maglia Magic, permanenza più breve solo di quelle di Nick Anderson e Jameer Nelson (10 stagioni per entrambi) ed è nelle prime 5 posizioni di tutte o quasi le classifiche di squadra ogni epoca nelle principali voci statistiche: 1° per tiri da 2 punti tentati e segnati e per canestri totali realizzati; 2° per tiri totali tentati e sbagliati e per rimbalzi totali, offensivi e difensivi; 3° per stoppate, falli commessi e punti segnati; 4° per partite e minuti giocati e molto altro. Vucevic è quindi a tutti gli effetti già oggi uno dei giocatori più importanti della storia della franchigia e se dovesse restare a Orlando (nelle ultime ore è emerso un interessamento da parte di Hornets e Celtics, ma è non è chiaro quanta intenzione abbia la dirigenza di scambiarlo in questo momento) potrebbe puntare a diventarne il miglior realizzatore di sempre, dal momento che dista solo 400 punti (cioè meno di 20 partite, dato che segna oltre 24 punti a partita) da Nick Anderson e 1.200 (cioè una cinquantina di gare) da Dwight Howard.
Howard tra l’altro è il giocatore del quale “Vooch” ha preso il posto sia letteralmente, essendo arrivato ad Orlando nello scambio che ha portato tra gli altri DH12 ai Lakers, sia inserendosi nel solco dei grandi centri che hanno caratterizzato la storia della franchigia, cioè Shaquille O’Neal a metà anni ’90 e appunto Howard un decennio fa.
Terminato questo lungo elenco di record, questa somiglia alla fase dell’accettazione:
L’imperfetta completezza del gioco di Vucevic
Che poi a Vucevic non si può neanche più dire granché, perché tutti i suoi limiti sono dettati da caratteristiche fisiche: non è colpa sua se non è un giocatore verticale né in attacco né in difesa. Anzi, nel corso degli anni ha costantemente migliorato e raffinato il proprio gioco e ampliato la gamma di soluzioni a disposizione, rendendosi un giocatore sempre più completo. Del tiro da tre si è già scritto molto: nelle prime 5 stagioni della carriera aveva tentato solo 26 tiri dall’arco, nella sesta è salito a 75, nella settima ha più che triplicato questo dato (da 1 a partita a oltre 3), nella successiva ha migliorato notevolmente le percentuali (da 31% a oltre 36%), nella scorsa ha ulteriormente aumentato il volume (4.7 a partita) fino all’esplosione definitiva nella serie di primo turno di playoff contro i Bucks nella bolla di Orlando, tirando il 41% su quasi 9 tentativi a partita.
Insieme a Domantas Sabonis (100 tentativi fin qui) è l’unico lungo ad affidarsi ancora costantemente a ganci e semiganci (qui tutti i suoi 147 tentativi di questa stagione) e anche in questo fondamentale il volume (20% dei suoi tiri totali) e la versatilità (è sostanzialmente ambidestro) non intaccano l’efficienza (54%).
La sua poca esplosività si fa però sentire in tutti i movimenti di potenza e quando si avvicina al ferro: fino a questo momento ha realizzato solo 7 schiacciate e tra i giocatori che si mettono spalle a canestro in almeno il 15% dei propri possessi offensivi è uno dei meno efficaci, appena 0.92 punti per possesso, come Blake Griffin (RIP), LaMarcus Aldridge (ci manca poco), Deandre Ayton (giocatore ancora in evoluzione) e il citato Sabonis che, per quanto più ruvido di Vucevic, ha caratteristiche comparabili e una mano dominante, risultando quindi più facile da leggere e contrastare.
Come se non bastasse Vucevic è totalmente allergico alla linea del tiro libero: non una singola volta in tutta la carriera ha raggiunto i 3 (tre, non è un typo) tentativi a partita dalla lunetta nonostante ormai sia il fulcro dell’attacco da anni, e non a caso Orlando è costantemente sul fondo della classifica per tiri liberi tentati e segnati. Un po’ come in quella per tifosi al palazzetto.
Gli stessi problemi si presentano in difesa: il sistema di coach Steve Clifford è solido (i Magic sono stati rispettivamente ottavi e undicesimi per rating difensivo nelle ultime due stagioni, e il ventesimo posto attuale dipende soprattutto dagli infortuni) e cerca di proteggerlo, ma Vucevic è estremamente poco mobile e carente sia in verticale che in orizzontale.
Sul pick and roll avversario la sua unica soluzione è il drop, perché la sua limitata mobilità laterale lo rende totalmente inadatto a cambiare o a fare show senza trasformarsi in un birillo facilmente aggirabile dal portatore di palla. E anche nei dintorni del canestro è tutt’altro che dominante, come testimoniato dalla combinazione tra le percentuali al tiro concesse al ferro e l’imbarazzante dato nelle stoppate, meno di una di media in carriera e 0.6 in questa stagione (la sua peggiore in carriera). Elenco a caso di giocatori con una percentuale di stoppate più alta del 1,7% di Vucevic: Tyrese Haliburton, Shai Gilgeous-Alexander, Luka Doncic, Fred VanVleet, Kelly Olynyk, Carmelo Anthony. OUCH. (Anche se, va detto, Vucevic ha l’ordine tassativo di non commettere fallo e di assicurarsi il rimbalzo difensivo (top 5 NBA nella specialità), quindi qualche piccola scusante c’è.)
Su una metà campo Vucevic è un giocatore old school perfettamente integrato nella NBA del 2020 e non è un due volte All-Star per caso. Nell’altra metà campo però è un giocatore old school e basta, che magari 20 anni fa sarebbe stato un dominatore assoluto e oggi è solo un ottimo atleta.
Non è tutta colpa di Vucevic (anche se)
Perché sono finito qui? Non ne ho idea, ma ne avevo bisogno. Come avrei bisogno di tifare per una squadra la cui dirigenza non si incaponisce nella ricerca di una mediocritas manco tanto aura, che ad arrivare ai playoff a Est con il 40% di vittorie non c’è nulla di dorato, ma in fondo è comprensibile, perché i tentativi di ricostruzione dell’ultimo decennio si sono sempre inchiodati su una combinazione di sfortuna e incompetenza. E allora ha senso fare di Vucevic, che mette un ceiling abbastanza rigido alla squadra di cui è leader, ma garantisce un floor stabile e dignitoso, il proprio faro.
Non è colpa sua e forse non è neanche colpa della dirigenza dei Magic, perché da quando Vucevic è a Orlando al Draft è andata come segue:
- 2012: alla 19 Andrew Nicholson (LOL, e tra l’altro i Portland continueranno a pagarlo fino al 2024, ma questa è un’altra storia);
- 2013 alla 2 Victor Oladipo (la scelta giusta, miglior giocatore tra quelli scelti nelle prime 14 posizioni ma poi sbocciato altrove);
- 2014 alla 4 Aaron Gordon (anche qui la scelta giusta, miglior giocatore con Marcus Smart e Julius Randle tra quelli scelti dopo la 4. I Magic avevano il terzo peggior record alla fine della stagione precedente, la terza scelta di quel Draft è stata Joel Embiid. E poi alla 10 Elfrid Payton, ma va beh)
- 2015 alla 5 Mario Hezonja (scelta disastrosa, ma Myles Turner scelto alla 11 e soprattutto Devin Booker scelto alla 13 per qualche motivo erano visti in modo quasi unanime come prospetti di livello inferiore al croato)
- 2016 alla 11 Domantas Sabonis (la scelta giusta su commissione, ceduto insieme a Oladipo ai Thunder per fare di Serge Ibaka il franchise player dei Magic. Per 4 mesi.)
- 2017 alla 5 Jonathan Isaac (la scelta giusta, perché per Donovan Mitchell alla 13 e Adebayo alla 14 vale il discorso fatto per Turner e Booker)
- 2018 alla 6 Mo Bamba…ok, forse era meglio scavare un po’ meno a fondo, rischio di rovinare la seduta di auto-aiuto. Devo essere positivo.
Il bicchiere stavolta magari è mezzo pieno, perché i Magic in questa stagione sono destinati a restare sul fondo della classifica e ad avere nuovamente una scelta alta in un Draft che pare molto promettente. Gli infortuni che terranno fuori fino al prossimo autunno Markelle Fultz e soprattutto Jonathan Isaac, con i quali i Magic hanno dimostrato di essere discretamente competitivi almeno a sprazzi, magari si riveleranno una fortuna nella sfortuna. Una squadra in crescita in cui Vucevic è il veterano e lo stabilizzatore e non letteralmente l’unico attaccante dignitoso la guarderei volentieri. Ok, basta. Basta farsi del male.
Nikola, io ti amo poi ti odio poi ti amo poi ti odio poi ti apprezzo.
Uno dei migliori giocatori della storia dei Magic.
Sicuramente uno dei migliori 5, e non inteso come ruolo.