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Dario Pergolizzi
Il velo con cui Luis Alberto ha spento il Napoli
05 set 2023
05 set 2023
Un'azione che ci dice molto del suo talento.
(di)
Dario Pergolizzi
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IMAGO / Insidefoto
(foto) IMAGO / Insidefoto
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È il cinquantaduesimo minuto di Napoli Lazio, Felipe Anderson ha appena intercettato un passaggio di Zielinski, ma non è riuscito a controllare il rimbalzo: il pallone si impenna tra i due giocatori, e dopo un anticipo iniziale di Zielinski, alla fine il numero 7 della Lazio riesce a superare l’avversario tagliandogli la strada e allungandosela in avanti di testa, finendo per terra e rialzandosi in una frazione di secondo.

Luis Alberto si trova nei pressi dell’estremità del cerchio di centrocampo. Una volta realizzato che il suo compagno sta per avviare una ripartenza promettente, inizia ad accompagnarne l’avanzata nel corridoio centrale che conduce verso la porta avversaria, chiamando palla non appena superato il cerchio di centrocampo, nella metà campo avversaria.

Dal momento del vantaggio effettivo guadagnato da Felipe Anderson fino al passaggio di quest’ultimo verso Luis Alberto passano circa tra i 5 e i 6 secondi. Luis Alberto, correndo in avanti, mantiene lo sguardo diretto sul pallone, ma nel mentre gira la testa, compulsivamente ben sei volte, controllando lo spazio davanti a sé e quello alla sua sinistra. Man mano che si avvicina il momento della potenziale ricezione le durate dei suoi movimenti di “scanning” si accorciano sempre di più: l’ultimo, un attimo prima che il pallone gli giunga, è appena percettibile dalle inquadrature televisive.

Luis Alberto ha percepito che Di Lorenzo si stava portando verso di lui. Il capitano del Napoli, in ripiegamento profondo, poteva scegliere se privilegiare la copertura di Rrahmani, attaccato da Immobile, o ignorare la ricomposizione della linea difensiva, stringendosi per assorbire l’inserimento del numero 10 della Lazio. Il movimento di Di Lorenzo non è scontato, né scellerato: è un movimento di consapevolezza, di adattamento al di là del ruolo o del “reparto”, anche quando la palla ce l’ha l’avversario; una fluidità che nel calcio contemporaneo è sempre più frequente vedere. La scelta di Di Lorenzo ha il suo senso: con Lobotka scalato immediatamente su Felipe Anderson, Zielinski in ritardo dopo aver perso il contrasto, Zambo Anguissa praticamente tagliato fuori dalla transizione a causa della sua posizione alta di partenza e i difensori centrali già impegnati, Luis Alberto da solo, in trequarti, è un pericolo da evitare.

Di Lorenzo stava ripiegando molto rapidamente, ma quando si è trovato davanti alla scelta di stringere o ricomporre la linea, ha rallentato la corsa. Una frazione di secondo necessaria per elaborare la situazione, ma che sarà di troppo. Dopo quella frazione di secondo persa il massimo che avrebbe potuto ottenere dal suo movimento sarebbe stato di schermare il tiro o comunque di disturbare il fantasista spagnolo. Non c'era più la possibilità di anticiparlo. Ormai, sfruttando questo gioco intrecciato di scelte sovrapposte, Luis Alberto, senza nemmeno toccare il pallone, aveva disegnato il suo capolavoro.

Luis Alberto approccia il pallone con piglio deciso e piede destro allargato, come se stesse per caricare un tiro da fuori, attirando Di Lorenzo nella trappola - anzi adescandolo, se vogliamo chiamare questa mossa con il gergo di Coverciano: esca. Alle sue spalle si materializza Kamada, che dopo aver raccolto il pallone si trova di fronte a un gol tutt’altro che già fatto, chiudendo l’azione con un tiro perfetto sul secondo palo con un angolo di manovra abbastanza stretto. Un gol "della Madonna", secondo lo stesso Luis Alberto, che però nell’azione ha avuto un peso tanto decisivo quanto difficile da quantificare, oltre alla finta, anche grazie alla sua progressione dinamica fatta di costante aggiornamento della percezione dell’intorno. La classica giocata che per le statistiche – quantomeno le più accessibili – non esiste, ma che può essere tranquillamente assimilata a un passaggio chiave o a qualsiasi altra metrica indicativa del peso di un’azione “on the ball” nella progressione verso il gol. Luis Alberto ha di fatto tagliato fuori Di Lorenzo dall’azione, attirandolo con la sua sola presenza fuori da una zona che poi sarebbe stata immediatamente attaccata da Kamada.

In Brasile questo tipo di finta è chiamataCorta Luz”, traducibile in “Taglia Luce”, un nome evocativo che suggerisce come, attraverso una quasi artistica combinazione di tempismo e uso ingannevole del corpo, sia possibile per chi attacca “spegnere la luce” al difendente, oscurarlo dal bagliore immaginario emanato dal pallone, frapponendosi in mezzo, facendo riapparire la “luce” in tutt’altro punto, in favore di un compagno di squadra. Un gioco di prestigio che, fuori dall’ironia, si addice perfettamente a un numero dieci il cui soprannome è “il Mago”.

Esche di questo tipo, in Italia, abbiamo imparato ad apprezzarle nei decenni scorsi soprattutto nei movimenti delle coppie di attaccanti che, disponendosi in maniera alternata sul corto e sul lungo, potevano utilizzarle per combinare tra di loro in maniera rapida, attaccando la profondità dopo aver attirato in avanti i difensori. Oppure in occasione di passaggi orizzontali dall’esterno, scavalcati da una mezz’ala e ricevuti da una punta o un trequartista, in favore della stessa mezzala che poi poteva essere servita come terzo uomo in profondità. In questo vecchio articolo di Dario Saltari sull’uso delle esche nel Chievo di Maran ne possiamo percepire la dimensione più strategica, codificata, che diventa pattern di gioco.

Nella giocata di Luis Alberto, invece, è più possibile ammirarne l’aspetto creativo, ingannevole, estemporaneo, forse anche perché questa esca è giunta nel corso di una ripartenza e non durante un’azione manovrata di possesso consolidato. Difficile dire quale possa essere stato il momento in cui Luis Alberto ha “deciso” di agire così, a vederlo da fuori il trequartista spagnolo non pare nemmeno vedere Kamada per tutta l’azione. Eppure evidentemente era consapevole del movimento del compagno, o comunque si aspettava, per via della memoria accumulata allenamento dopo allenamento, che almeno un compagno ci fosse.

Insomma, è sempre scivoloso attribuire una singola giocata all'estro dell'individuo o al sistema di intelligenza collettiva che si instaura più o meno naturalmente in una squadra. Per questo sarebbe bello sentire da Luis Alberto stesso il racconto di questa azione, per provare a intuire come un calciatore di così alto livello elabori (e rielabori) questo tipo di situazioni, al confine tra la premeditazione e l’improvvisazione, tra la coscienza e l’incoscienza. Intanto possiamo continuare a farci queste domande godendoci questa azione da fuori. Provando a capire, con le nostre interpretazioni personali, l’azione con cui il Mago per un attimo ha sospeso il tempo e spento la luce.

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