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Ultramaratone
28 nov 2015
28 nov 2015
La gara più lunga dell'atletica leggera non è la maratona. Esistono gare che possono arrivare anche a mille chilometri.
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Forse non tutti sanno che la maratona non è la gara più lunga dell’atletica leggera. Esiste infatti un grande numero di sportivi capaci di superare i confini codificati dei 42,195 chilometri della regina delle corse, per raggiungere distanze impensabili ai più. Esiste un lato oscuro della corsa che può arrivare fino a gare di 1000 chilometri, addirittura di mille miglia. Gare che durano giorni su qualunque tipo di tracciato, nelle condizioni di tracciato e atmosferiche più estreme. Vengono chiamate ultramaratone.

Le colonne d’Ercole della Federazione internazionale dell’atletica leggera (IAAF), si spingono fino ai 100 chilometri. Questa infatti è l’unica specialità di ultramaratona ad avere primati mondiali riconosciuti dalla Federazione: li detiene entrambi il Giappone, e chi sennò. Gli ultimi Mondiali di specialità si sono tenuti a settembre a Winschoten, nei Paesi Bassi, e il nostro Giorgio Calcaterra è stato medaglia di bronzo. Gli azzurri inoltre hanno conquistato l’argento nella prova a squadre.

I re dell’ultima frontiera

Il campione del mondo in carica sui 100 km è lo svedese Jonas Buud, che ha coperto i dieci giri del celebre percorso della cittadina olandese (a Winschoten si sono svolte sette edizioni dei Mondiali da quando sono stati corsi per la prima volta nel 1987) in 6h22’44’’. Mentre tra le donne la campionessa mondiale è Camille Herron, statunitense che ha chiuso la gara in 7h08’35’’. Si è trattato di una gara di altissimo livello medio, una delle più veloci della storia della specialità, con ben 21 atleti sotto le sette ore. Non la più veloce, perché i tempi da record sono rimasti piuttosto lontani.

Lo svedese è nato per correre su ogni tracciato.

Buud è un ex campione di orienteering (una corsa folle in mezzo ai boschi armati solo di mappa e bussola) e da quando è tornato sulla strada ha partecipato a gare su diverse distanze con discreto successo. La conquista del Mondiale è stato il coronamento della carriera che lo aveva visto arrivare secondo per ben quattro volte nella corsa iridata: nel 2009, 2010, 2012 e 2014.

Detiene il record di Svezia sulla 100 km, stabilito proprio a Winschoten lo scorso settembre ed è stato due volte campione europeo sulla distanza nel 2009 e nel 2010. Inoltre ha trionfato in otto edizioni della Swiss Alpine Marathon, una delle più importanti ultramaratone d’Europa: 78 chilometri di salite e discese tutte in quota. Vanta anche un secondo posto nella Comrades Marathon del Sudafrica, la più antica e prestigiosa ultramaratona del mondo.

Una foto pubblicata da Vasaloppet (@vasaloppet) in data: 7 Mar 2015 alle ore 23:19 PST

Jonas Buud inoltre è campione in carica da due edizioni consecutive di un’altra ultracorsa molto prestigiosa e conosciuta nell’ambiente, la Ultravasan 90. Costola della storica Vasaloppet, maratona di sci di fondo che si disputa nella regione svedese della Dalarna, è nata nel 1922 ispirandosi al percorso che il futuro Re Gustavo Vasa aveva compiuto nel 1520. La corsa a piedi percorre gli stessi novanta chilometri dello sci, ad agosto invece che a marzo, andando dalla città di Sälen a Mora mentre tutta la regione è in festa.

Una foto pubblicata da Vasaloppet (@vasaloppet) in data: 22 Ago 2015 alle ore 06:47 PDT

Lei è Jasmin Nunige, campionessa 2015, premiata in abiti tipici e allegria.

A fine novembre la corsa si ripete, stavolta col nome di Vasastafetten: una gara a staffetta in cui squadre miste formate da dieci concorrenti (provenienti da tutto il mondo) coprono i novanta chilometri del classico tracciato mentre i paesi attraversati festeggiano l’arrivo dell’inverno.

Herron ha vinto per tre volte la Memorial Marathon della sua Oklahoma City.

Dopo una discreta carriera tra mezzofondo e fondo (20 maratone vinte in carriera), Camille Herron ha debuttato nel mondo dell’ultramaratona solo quest’anno. E lo ha fatto alla grande. Prima ha conquistato il titolo statunitense, stabilendo il nuovo record nazionale, che durava da ben 26 anni. Poi si è presa il titolo mondiale col quarto tempo all time e il secondo degli Stati Uniti. Grazie a lei il team a stelle e strisce ha portato a casa l’iride nella categoria a squadre.

Herron vuole far suo un altro record e cioè quello di prima a vincere almeno una maratona in tutti e 50 gli Stati americani con tempi sotto le 2h50’. Per ora ne ha conquistati dodici vincendo ad agosto in Sud Dakota. Poi c’è stato l’exploit di Winschoten, senza dimenticare la vittoria nella Fall 50/US in Winsconsin: ultramaratona sulla distanza di 50 miglia (80,367 km). In quell’occasione Camille ha stabilito il nuovo record mondiale sulla distanza.

Jonas Buud e Camille Herron sono quanto di meglio l’ultracorsa possa offrire in questi ultimi anni, ma restano ancora molto lontani dai due imperatori giapponesi che detengono i record mondiali sulla 100 km. Si tratta di Takahiro Sunada, che il 21 giugno 1998 fermò il cronometro sulle 6h13’33’’ a Tokoro, e Tomoe Abe, che il 25 giugno di due anni dopo ha fissato il limite femminile al mostruoso tempo di 6h33’11’’. Camille è a più di mezz’ora di distanza.

La distanza tra sua maestà Tomoe e tutte le altre forse non rende a pieno la follia del tempo che questa piccola giapponese ha fatto segnare quindici anni fa a Hokkaido. Tra lei e il record del suo collega Sunada ci sono meno di 20 minuti su una corsa lunga 100 km. Con un calcolo privo di valore scientifico, ma che può aiutare a rendere l’idea, sarebbe come se arrivasse una pantera capace di correre i 1.500 in 3’43’’ e spiccioli, quando il record monstre stabilito da Genzebe Dibaba quest’estate è 3’50’’07.

Abe è uno scricciolo di 149 cm per 39 chili di peso forma ed è stata anche una buona maratoneta in carriera, conquistando il bronzo ai Mondiali di Stoccarda del 1993, battuta nel finale dalla connazionale Junko Asari e dalla portoghese Manuela Machado. In carriera vanta due vittorie nelle maratone di Osaka 1994 e Sapporo 1996, ennesimo esempio della capacità giapponese di essere profeti in patria.

Il giapponese a un soffio dal terzo posto di Jackson Kabiga sotto la Porta di Brandeburgo.

Takahiro è riuscito a imporsi anche al di fuori dei confini patri proprio nel 2000 quando, da detentore del record mondiale di ultramaratona, si è laureato campione del mondo nella 100 km di Belvès in Francia. Si è inoltre piazzato quarto alla maratona di Berlino con un discreto 2h10’07’’, a meno di cinque minuti dal record dell’epoca di Khalid Khannouchi, e che rimane il suo miglior cronometro di sempre. Edizione, quella del 2000 della corsa tedesca, che vide il Giappone sugli scudi, con ben 7 atlete tra le prime 16 arrivate al traguardo (la migliore Noriko Geji, anche lei quarta) e il dodicesimo posto di Hiroyuki Suzuki tra gli uomini.

Gli atleti giapponesi hanno raggiunto e raggiungono risultati eccellenti quasi sempre senza spostarsi dal loro paese, senza peraltro dare adito a sospetti. Per quanto riguarda tutti gli altri è molto più marcata la propensione a confrontarsi con qualunque tipo di tracciato e clima, rendendo piuttosto appassionante il circus delle ultramaratone, con alcune ormai assunte al capitolo di leggenda. Jonas Buud e Camille Herron si stanno preparando alla sfida col Sudafrica.

Spirit of Human Race

La Comrades Marathon è una gara di novanta chilometri da percorrere nel tempo massimo di 12 ore tra le città di Durban e Pietermaritzburg nella provincia di KwaZulu-Natal. Ogni anno, dal 1921, un numero spropositato di runner (nell’ultima edizione erano 23mila) si danno appuntamento qui per affrontare il moloch di una corsa che solo una metà (mediamente) di loro porterà a termine e per incarnare i cinque valori dello spirito della Comrades: solidarietà, altruismo, dedizione, perseveranza e ubuntu. Quest’ultimo è un termine della lingua bantu che fa riferimento a una regola di vita basata sulla compassione e il rispetto dell’altro.

La corsa è divisa in varie tappe che gli atleti devono portare a termine entro un tempo prestabilito, altrimenti vengono eliminati. Per tutti quelli che portano a termine la gara è prevista una medaglia, quella d’oro viene assegnata ai primi dieci atleti maschi e le prime dieci atlete femmine. La Comrades si corre ininterrottamente dal 1921, salvo una pausa durante la Seconda guerra mondiale. Nel 2015 si è disputata la novantesima edizione. La corsa ha le sue radici nella Prima guerra mondiale, in quanto nata dall’idea del veterano Vic Clapham, che con essa volle ricordare la memoria di tutti i soldati sudafricani caduti in battaglia.

Il re della Comrades è l’atleta sudafricano Bruce Fordyce, capace di trionfare in nove edizioni consecutive tra il 1981 e il 1990. Tra le donne il record di vittorie appartiene alla russa Elena Nurgalieva, otto volte sul gradino più alto del podio, che diventano dieci se si sommano quelle della sorella Olesya, così da stabilire un dominio assoluto di famiglia su tutto il decennio 2003-2013.

Quando si parla di ultramaratone estreme non si può dimenticare la Marathon des Sables, corsa di 240 chilometri tutta nel deserto del Marocco che ha festeggiato quest’anno la trentesima edizione. La Marathon si svolge ad aprile e dura una settimana, con sei frazioni e un giorno di riposo. I partecipanti percorrono la lunghezza della maratona in completa autosufficienza alimentare, infatti i punti ristoro lungo il percorso forniscono soltanto acqua.

Un anniversario festeggiato in grande stile.

Qui in realtà siamo nella branca della corsa sulle lunghissime distanze che prende il nome di ultratrail, ovvero quelle competizioni che si svolgono in mezzo alla natura e quindi non sull’asfalto. Correre sulle dune è massacrante, perché i piedi affondano nella sabbia moltiplicando la fatica e la pericolosità: tre sono le vittime nella storia della Marathon. Eppure ogni anno i partecipanti sono più di mille e nel 2015 si è toccato il numero di 1.300. Le difficoltà stanno nell’affrontare l’escursione termica fortissima nel sud-est del Marocco, tenersi alla larga da serpenti e scorpioni e, incredibilmente, la pioggia che può arrivare improvvisa e violenta.

L’imperativo resta non perdersi, come accadde all’italiano Mauro Prosperi, olimpionico di pentathlon a Los Angeles, che nel 1994 scomparve per dieci giorni. Anni dopo ha raccontato di essere sopravvissuto mangiando bisce e bevendo urina. Ma anche se non si perde la bussola bisogna prestare attenzione alle provviste. I partecipanti devono essere autosufficienti e lo zaino può avere un peso variabile tra i 6,5 e i 15 chili con cibo liofilizzato, tenda e coperte assolutamente indispensabili.

Altra ultratrail affascinante e sfiancante è la Badwater Ultramarathon. Anche qui sabbia e deserto, ma in condizioni se possibile più estreme. Si gareggia infatti a luglio nella Death Valley americana, nei dintorni del bacino di Badwater, che le dà il nome. Si parte proprio sulla riva del bacino che si trova 85 metri sotto il livello del mare e si arriva, dopo circa 220 chilometri di percorso, sulla vetta del monte Whitney, con un dislivello in salita complessivo di circa quattromila metri e altri 1.400 in discesa.

Una gara massacrante.

A differenza della des Sables nella Badwater non ci sono tappe: si corre infatti senza soste prestabilite. Nata nel 1977 e divenuta ormai un brand con diverse manifestazioni durante tutto l’arco della stagione agonistica che vanno sotto il nome di Badwater, e studiata con decine di saggi, la maratona californiana si è dotata nel 2002 di una Hall of Fame per festeggiare i suoi 25 anni di vita. Il primo a essere inserito è stato Al Arnold, primo concorrente della storia a concludere la gara.

Fuga senza fine

La più affascinante e ricca di storia tra le ultramaratone è di certo la Spartathlon, massacrante a livelli che soltanto l’antica Grecia poteva raggiungere. Le sue radici affondano infatti nella storia antica del paese che ha inventato le Olimpiadi: lo storico Erodoto racconta come Phidippides (o Pheidippides in dialetto spartano antico) percorse il tragitto da Atene a Sparta con una richiesta di aiuto per fronteggiare l'invasione persiana. Gli spartani rifiutarono l'aiuto e tale messaggio fu riportato ad Atene da Phidippides pochi giorni dopo.

Corsa fuori dal tempo e incontro alla mitologia.

La Spartathlon historic race misura 246 km e ricalca il percorso che unisce Atene e Sparta per celebrare l'impresa di Phidippides, proprio sul percorso che attraversa l'istmo di Corinto, la piana di Argo e i monti dell’Arcadia. Dall'Acropoli ateniese alla statua di Re Leonida, alla Spartathlon possono partecipare solo runner di altissimo livello. I criteri di selezione sono rigidissimi e le caratteristiche della corsa chiariscono il perché.

Il tempo massimo per concludere il percorso è di 36 ore (quindi si corre anche di notte e senza pause), chi non arriva col cronometro prestabilito a uno dei 75 check point viene eliminato, non c’è modo di riposarsi, perché chi rimane troppo indietro rischia l’eliminazione. I pochi che riescono a raggiungere il traguardo (dove molti collassano e perdono i sensi) vengono premiati con una corona di ulivo, mentre il vincitore vede eternato il proprio nome sulla statua in marmo bianco di Leonida.

L’ultramaratona più lunga del mondo si corre nel Queens, New York, è stata creata nel 1985 e si disputa tra giugno e agosto. La Self-Transcendence (nome azzeccato) misura 3.100 miglia (quattromilanovecentottantanove chilometri) e solo 15 eletti possono partecipare. I concorrenti hanno a disposizione 52 giorni per portarla a termine, correndo su un tracciato di circa 800 metri da coprire 5.649 volte. Il mito di questa corsa si chiama Pekka Aalto che, dopo sette vittorie in undici partecipazioni, ha stabilito il record proprio quest’estate: 40 giorni 09h06’21’’. Mentre tra le donne vive la leggenda Suprabha Beckjord, americana, che ha vinto tutte le edizioni (14) dal 1996 al 2009. Nel 2010 nessuna ha portato a termine la corsa, la leggenda si era ritirata.

Trascendere l’umana natura nel borough.

La gara più famosa di ultramaratona su strada che si disputa in Italia è la 100 chilometri del Passatore, con partenza da Piazza della Signoria a Firenze e arrivo a Piazza del Popolo a Faenza, la cui prima edizione si è disputata nel 1973.

Il Passatore è un’istituzione tra le ultramaratone ed è intitolata appunto al brigante che portava questo nome e che imperversò, tra storia e mitologia, nella bassa Romagna alla metà dell’Ottocento. L'idea è stata sviluppata da Alteo Dolcini (storico del Faentino e fondatore della Società del Passatore) e Francesco Calderoni partendo dal progetto di unire la terra del Sangiovese a quella del Chianti.

Originariamente la corsa, definita l’Olimpiade della fatica, seguiva per intero il tracciato della strada statale 302 Brisighellese Ravennate, con partenza da Piazza della Signoria a Firenze e arrivo a Faenza in piazza del Popolo, attraversando i comuni di Fiesole, Borgo San Lorenzo, Marradi e Brisighella. Oggi la strada è un po’ cambiata per venire incontro alle esigenze del traffico automobilistico. Snodandosi attraverso l'Appennino tosco-romagnolo, il percorso è caratterizzato da notevoli dislivelli e raggiunge il punto più alto al passo della Colla di Casaglia a 913 metri.

L’ultima edizione è stata quella dei record di presenze, con oltre 2.000 concorrenti alla partenza.

La partenza è fissata alle tre del pomeriggio dal centro di Firenze, l’ultimo sabato di maggio. Solitamente fa già piuttosto caldo e si sale verso il passo della Colla, dove invece i gradi sono pochi. Al momento dell’arrivo degli atleti più forti su Faenza sta calando la sera, mentre per tutti gli altri la corsa continua durante la notte (gli ultimi arrivano poco prima dell’alba) sulla lingua d’asfalto che porta a Piazza del Popolo del comune romagnolo.

Il signore della Cento chilometri del Passatore è Giorgio Calcaterra, medaglia di bronzo al Mondiale di Winschoten e capitano della Nazionale azzurra di ultramaratona, ma anche molto altro.

Taxi Runner

Calcaterra ha un discreto feeling con questa manifestazione: la vince ininterrottamente dal 2006 e quest’anno ha messo la decima. Vincendo nel 2014 ha fatto suoi due record importanti: è il runner con il maggior numero di vittorie nel Passatore ed è anche l’atleta che ha conseguito il maggior numero di vittorie consecutive al mondo in una competizione di ultramaratona.

Non importa dove e quando, importa correre.

Calcaterra, vera leggenda della lunghissima distanza, fa il tassista di mestiere ed è stato per tre volte campione del mondo di ultramaratona, la prima a Tarquinia nel 2008, a coronamento di una carriera in cui ha corso tanto. Infatti ha messo insieme 175 maratone in 10 anni, tra il 1998 e il 2008. Solo nel 2004 ne ha completate 31. Nel 2000, oltre a stabilire il suo personale sulla distanza (2:13:15), ha stabilito il record mondiale di maratone corse in un anno sotto le 2:20:00 (16), ricevendo per questo il riconoscimento dalla rivista specializzata americana Runner’s World.

All’oro di Tarquinia seguono i titoli di Winschoten e Seregno nel 2011 e 2012, nonché il bronzo di Torhout (Belgio) 2009 nella “Notte delle Fiandre”. Già perché ogni ultramaratona ha sempre una storia a sé e un campionato del mondo non è mai soltanto un campionato del mondo, ma una sfida contro il dolore e un giorno di festa.

Come detto Giorgio Calcaterra è ormai l’eroe del Passatore con le sue dieci vittorie consecutive e col record di 6:25:47 stabilito del 2011 che appare difficilmente avvicinabile al momento. Ma i veri miti di questa corsa massacrante si chiamano Walter Fagnani, anni 91 di Verona, e Marco Gelli, anni 62 di Sesto Fiorentino. Entrambi hanno corso in 42 delle 43 edizioni fin qui disputate e Fagnani è anche il detentore della migliore prestazione mondiale di specialità per la categoria M90.

Per corse senza limiti ci vogliono atleti che non conoscono limiti, di passione e fatica. Figuriamoci se l’età può fermare la voglia di superarsi e spostare la soglia del dolore un po’ più in là. Non importa dove e quando, importa correre.

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