Il punto su Team USA
Di Dario Vismara
Nelle ultime settimane ho avuto modo di fare un tuffo nel passato delle ultime edizioni di Team USA alle Olimpiadi ed ero alla ricerca di un modo per quantificare lo star power delle varie nazionali da quando sono ammessi i protagonisti della NBA. Alla fine ho fatto riferimento ai quintetti All-NBA della stagione appena conclusa, cercando di capire quanti giocatori dei primi tre quintetti avessero preso parte alle varie spedizioni. Il conto è quello che segue:
- Barcellona 1992: 9/12 (fuori solo Larry Bird per la schiena, Magic Johnson per il virus dell’HIV e Christian Laettner perché giocava in NCAA)
- Atlanta 1996: 12/12 (!!!)
- Sydney 2000: 5/12 (Gary Payton, Kevin Garnett, Jason Kidd, Alonzo Mourning e Vince Carter)
- Atene 2004: 2/12 (Tim Duncan e Allen Iverson)
- Pechino 2008: 6/12 (Kobe Bryant, LeBron James, Chris Paul, Dwight Howard, Deron Williams, Carlos Boozer)
- Londra 2012: 8/12 (Kobe, LeBron, Paul, Kevin Durant, Kevin Love, Russell Westbrook, Carmelo Anthony, Tyson Chandler)
La squadra di quest’anno mancherà di qualche nome importante – quattro quinti del primo quintetto, Curry-Westbrook-LeBron-Leonard, sono rimasti a casa – ma presenta comunque sette solidi giocatori All-NBA come Durant, Draymond Green, DeMarcus Cousins, Paul George, Kyle Lowry, Klay Thompson e l’unico primo quintetto, DeAndre Jordan. A questo gruppo di élite si aggiungono Carmelo Anthony (il “vecchio” a caccia del terzo oro olimpico e quarta medaglia della carriera, record per il basket), Kyrie Irving (MVP dei mondiali e fresco campione NBA), più l’atletismo dei vari Jimmy Butler, Harrison Barnes e DeMar DeRozan. Quindi, giusto per mettere in chiaro le cose: quando sentite dire che “a Rio hanno portato quelli scarsi”, ecco, magari anche no.
La qualità migliore di questa squadra è la versatilità: coach Mike Krzyzewski ha a disposizione innumerevoli combinazioni di quintetti per far fronte a qualsiasi evenienza. In cabina di regia può contare su un playmaker esplosivo (Irving), uno più riflessivo (Lowry), uno occulto (Draymond Green) e vari giocatori capaci di gestire un pick and roll con eccellenti risultati (praticamente tutti gli esterni). In ala ha una batteria di atleti con stazza e mezzi fisici per giocare indifferentemente da un minimo di tre a un massimo di quattro ruoli in area FIBA: Durant, George, Thompson, Butler, Barnes e DeRozan possono giostrare tra il 2 e il 4 senza il minimo problema, specialmente in difesa dove cambieranno pressoché sempre, e contro dei centri non pericolosi in post basso possono anche giocarsela da 5 per qualche possesso. Tanto sotto canestro all’occorrenza ci sono Carmelo Anthony, che in area FIBA è semplicemente uno dei migliori 4 di sempre, e Draymond Green, oltre a due lunghi veri come DeAndre Jordan e DeMarcus Cousins, che a questo livello sono ingiocabili da un punto di vista fisico, in particolare a rimbalzo offensivo, viste quante attenzioni richiedono gli esterni (e Jordan non può essere mandato in lunetta con l’Hack-a-DeAndre, per fortuna dello spettacolo).
Con questo materiale a disposizione, Coach K può schierare quintetti piccoli (con quattro esterni attorno a uno dei due lunghi); quintetti “cinque fuori” con tiro in tutte le posizioni (come si ferma una roba come Irving-Thompson-George-Durant-Anthony?); quintetti up-tempo per correre in contropiede (Irving-DeRozan-Butler-Barnes-Jordan?); quintetti enormi (Thompson a marcare i play avversari, Durant con la palla in mano, un esterno pescato dal mazzo e la coppia Cousins-Jordan sotto canestro); oppure, e questa è la soluzione più intrigante, Draymond Green da 5, la carta che ha fatto saltare il banco negli ultimi due anni in NBA, e che in area FIBA potrebbe avere effetti stile Godzilla-che-assalta-le-città-giapponesi. È una soluzione estrema, perché il gioco in area FIBA – almeno per quanto raccontato dai diretti interessati americani – è meno atletico ma più fisico, con molti contatti nel pitturato contro i “bruti” internazionali, che potrebbero richiedere uno sforzo fisico troppo grande al lungo degli Warriors. Però vuoi mettere un mini-Death Lineup anche alle Olimpiadi, magari vedendo assieme Thompson, Durant e Green in attesa della regular season NBA?
Insomma, la striscia di 64 vittorie consecutive di Team USA (ultima sconfitta: semifinale mondiale 2006 vs Grecia) non sembra essere in pericolo in questa competizione, in cui la nazionale americana probabilmente batterà di nuovo il record di triple già stracciato a Londra 2012 (129/293 nel torneo, 44%). È il basket che va in quella direzione, e nessuna nazionale interpreta al meglio il trend di quella statunitense, così come nessuna si diverte e fa divertire sui social network.
Melo farà pure il vecchio brontolone che non sopporta i Millennials, ma Jimmy Butler e Kyrie Irving che cantano Vanessa Carlton è già culto.