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Tutte le volte in cui il Real Madrid stava per uscire dalla Champions
31 mag 2022
31 mag 2022
È stata la coppa della mistica della Casa Blanca.
(articolo)
19 min
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Mai come quest'anno la mistica del Real Madrid, una squadra che sa girare dalla propria parte anche la più impronosticabile delle partite, è sembrata qualcosa di reale, tangibile. Certo, già in passato c'erano momenti che ci avevano ricordato questa forza primordiale e invisibile, a partire dal gol di Sergio Ramos in finale contro l'Atletico Madrid che portò alla vittoria della Decima, ma in nessuna delle edizioni precedenti queste specie di epifanie si erano concentrate in tutte le partite della fase ad eliminazione diretta. La squadra di Ancelotti è sembrata un cliffhanger vivente, pericoloso come la Montagna di Game of Thrones mentre giace apparentemente esanime a terra. Abbiamo raccolto tutti i momenti in cui abbiamo pensato sinceramente che questa volta era finita per davvero, prima che si rialzasse e sconfiggesse brutalmente il suo avversario.

La beffa contro lo Sheriff Tiraspol

La stagione è appena iniziata e Carlo Ancelotti è ancora un allenatore che dopo aver inanellato le tre peggiori esperienze della carriera - esonero ricevuto dai calciatori al Bayern, esonero al Napoli dopo una specie di ammutinamento e fallimento all’Everton - si ritrova sulla panchina del Real Madrid senza che il motivo sia chiaro a molti. Alla prima partita del girone il Real ha vinto in casa dell’Inter grazie a un gol di Rodrygo nel finale, dopo una partita giocata molto meglio dalla squadra di Inzaghi. Alla seconda trova lo Sheriff, che è più che una Cenerentola della competizione, è una Cenerentola che viene da un paese che non esiste, la Transnistria, con una storia sportiva e politica intricata. Presentarsi al Bernabeu, alla riapertura dopo il lavori che avevano tenuto la squadra quasi due anni a Valdebebas, è già una vittoria, una di quelle gite premio che ogni tanto il calcio regala, nessuno però pensa possa essere una partita competitiva.

Ancelotti tiene Kroos e Modric in panchina, mentre sulla destra c’è Hazard. Dall’altra parte c’è un Cristiano (ma non Ronaldo), un terzino di Trinidad che si ispira al Marcelo, più altri perfetti sconosciuti. A sorpresa è lo Sheriff a passare in vantaggio, con un colpo di testa di Jasur Yakhshiboev, centrocampista uzbeko. I Real sfiora il pareggio in più occasioni: con Benzema, Vinicius, Hazard, addirittura Nacho, ma la porta dello Sheriff sembra stregata, almeno fino a che il Var non corregge l’arbitro assegnando un rigore al Real per un fallo su Vinicius. L’uno a uno non cambia la gara, la squadra di Ancelotti è sempre sul punto di sfondare, ma Athanasiadis, il portiere dello Sheriff, le prende tutte. Al 90’ la beffa: una palla messa dietro a caso da Traore arriva sulla corsa di Thill - un calciatore lussemburghese con un tatuaggio sul polpaccio in cui è disegnato mentre sogna di giocare in Champions - che al volo di esterno sinistro la mette all’incrocio segnando il gol della sua vita, quello che racconterà ai nipotini.

Alla fine della partita le statistiche parleranno di 74% possesso Real Madrid, di 30 tiri a 4, 10 parate a una, 3.3 a 0.2 il conto degli Expected Goals. Praticamente alla prima in casa, la squadra di Ancelotti ha subito una versione più assurda e improbabile di quello che riserverà alle avversarie lungo il suo cammino in Champions League. Era sembrata una specie di resa anticipata, il Real Madrid che non riesce a battere neanche la peggior squadra della competizione in casa, ma invece andrà proprio all'opposto.


Messi sbaglia un rigore

Quante possibilità ci sono che il miglior calciatore al mondo, forse della storia, sbagli un rigore? Stando alle statistiche il 20% (la percentuale di rigori sbagliati da Messi in carriera). Quante possibilità c’erano, però, che lo sbagliasse in una partita così importante, contro il suo avversario preferito, quello a cui in carriera ha già rifilato 26 gol e 11 assist? Quello più odiato, quello a cui aveva mostrato, tronfio, la sua maglia dopo l’ennesima rete nel Clasico.

Messi però quest’anno è stato il fantasma di Messi. «Un animale meraviglioso esposto in una gabbia d’oro, e privato di qualsiasi energia vitale. Cammina spaesato, parla in una lingua che nessuno capisce più, sbaglia un calcio di rigore e se ne rimane a pensare ai propri dispiaceri con le mani nei capelli per qualche minuto. Ogni tanto, scuotendo i nervi, si inventa qualcosa. Quella palla a Mbappé nel primo tempo, altre nel secondo che può immaginare solo lui. È doloroso vederlo così».

In quel momento, al 60’ dell’andata degli ottavi, non avevamo ancora visto arrivare, la campagna Champions miracolosa di Courtois, che intanto ha parato questo rigore e retto in vita un altro po’ un Real Madrid agonizzante, che subirà il vantaggio di Mbappé troppo tardi per prendere anche un secondo gol. Quale presagio migliore del calciatore più odiato, di quello che ti ha dato più dispiacere, che sbaglia un rigore?


I gol annullati a Mbappé

Al ritorno con il PSG, il Real prova a mettere la testa fuori, ma non sembra funzionare. La squadra di Pochettino è quella che riesce ad avere il palleggio migliore, a creare le occasioni migliori, attraverso il gioco o in velocità. Al 33’ Nuno Mendes riceve un lancio in profondità di Neymar sulla destra, con un bel numero tiene il pallone in gioco e serve Mbappè a rimorchio che di piatto destro segna sul primo palo. L’arbitro annulla subito, ma bisogna aspettare la conferma del Var che arriva veloce, anche se il fuorigioco di Mendes è di quelli frazionali, tra la spalla di Militao e il ginocchio del portoghese c’è uno spazio nell’ordine dei millimetri.

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Non è l’unico gol annullato al PSG: nel secondo tempo abbiamo ammirato in diretta a un colpo di genio di Mbappé, che su un filtrante di Neymar ha eseguito la “dummy”, una finta-doppio passo in cui non ha toccato il pallone lasciandolo sfilare oltre Courtois in uscita per poi segnare nella porta vuota. Distratti dal gesto ce ne siamo persi un altro altrettanto geniale: la scaltrezza di Alaba di fare un passo avanti al momento giusto per lasciare in fuorigioco il francese.




Benzema ruba palla a Donnarumma

Al 39’ il PSG aveva segnato il gol dell’1-0 con Mbappé, portandosi avanti 2-0 nel doppio confronto. A quel punto la situazione sembrava compromessa e il risultato sembrava l’ultimo dei problemi. Era più che altro il modo in cui era arrivato. Mentre il Real Madrid cercava faticosamente di capire come penetrare la difesa parigina, a quelli erano bastati due passaggi per andare in porta. Un lancio di prima di Neymar Jr. verso Mbappé, lanciato in corsa col petto alto come i centometristi. Alaba e Militao erano così spaventati da questo predatore delle grandi praterie, che non hanno fatto che retrocedere. Mbappé ha raccolto l’invito con una punta di imbarazzo, calciando sul primo palo con una disinvoltura da allenamento. Nelle immagini si vede Alaba che gli resta distante, impaurito e senile: un rappresentante del calcio di qualche anno fa, impotente di fronte al nuovo che avanza.

Era il secondo gol di Mbappé dopo quello d’andata, quando aveva deciso una sfida decadente, in cui campioni di un’altra epoca avevano messo in piedi una recita fuori tempo massimo. Come vedere i Deep Purple in concerto nel 2022.

La partita di ritorno gira all’improvviso, con un episodio in cui sono gli avversari, quasi, a pregare il Real Madrid di tornare in gara, troppo rispettosi della sua storia. Succede quando più o meno all’ora di gioco Gianluigi Donnarumma paga il conto del karma più salato possibile - dopo la vittoria agli europei da miglior giocatore e un trasferimento discusso in estate. Si fa portare via palla da Benzema, che continua così la sua bizzarra tradizione di pressing decisivi. Il pallone attraversa tremolante la linea di porta, Vinicius Jr. lo raccoglie, alza la testa, e lo rimette in mezzo per il gol di Benzema.

Donnarumma rimane a terra, il PSG chiede il fallo senza nemmeno troppa convinzione. Dal replay è impossibile essere sicuri che il portiere non abbia subito il fallo, ma è un errore che più che altro puzza di hybris ai nasi di tutti gli spettatori. Il gol è soprattutto una delle prime e più roboanti dimostrazione di volontà di Benzema, che a tratti in questa Champions League ha spiegato gli eventi dalla parte del Madrid come fosse baciato dal divino.

Dopo la partita Benzema dice che con Donnarumma c’è stato «solo un piccolo contatto» mentre si racconta (Marca) che Nasser Al Khelaifi abbia bussato nello stanzino degli arbitri gridando “ti ammazzo”, scontento di quella decisione.


Lukaku sbaglia un gol manifesto della sua stagione

La sequenza di cose che sono andate storte al Chelsea nel secondo tempo forse è passata sotto traccia. Magari potete non chiamare sfortuna il modo in cui il Chelsea si è quasi segnato da solo il secondo gol, con Mendy e Rudiger che a tutti i costi hanno voluto far segnare la tripletta a Benzema. Il confine tra fortuna e talento però è sottile in tutti gli episodi che hanno accompagnato il Real Madrid in questa Champions League. Una parabola che ci racconta quanto è più semplice mettere la fortuna dalla propria parte se si hanno giocatori estremamente esperti e talentuosi. Al punto che dopo diversi eventi fortunati diventa stupido parlare di fortuna.

Si può ancora parlare di fortuna, per Karim Benzema, se è sempre il primo ad arrivare su questi palloni senza padrone che fluttuano tra i piedi di portieri e difensori? È fortuna avere un portiere capace di parare certi tiri anche se la palla fosse grande come una biglia?

La parata di Courtois sul tiro di Azpilicueta non è forse la più difficile ma forse la più spettacolare, sul classico tiro da fuori colpito benissimo - di un giocatore carismatico come Azpilicueta, che avrebbe dato un twist emotivo al confronto completamente diverso. La cosa più difficile da spiegare, però, resta l’errore di Lukaku su una palla che vari rimpalli gli avevano aggiustato precisamente sulla testa, senza nemmeno l’obbligo di saltare. Nel primo tempo Benzema aveva segnato di testa con un tiro quasi dal limite dell’area. Da una parte un centravanti che segnerebbe anche se il pallone avesse le dimensioni di una mosca, dall’altra uno che non riesce a segnare nemmeno se i rimpalli glielo aggiustano esattamente sulla testa.

Nessun giocatore, quest’anno, ha visto declassato il suo status nel calcio europeo come Romelu Lukaku. Arrivato al Chelsea per 115 milioni di euro (acquisto più costoso della storia di una società costruita sugli acquisti costosi) per restare in panchina quasi tutto l’anno. Vittima di equivoci tattici, fraintendimenti umani e aspettative insostenibili. Tutto si è concentrato su questo colpo di testa deviato a lato, che avrebbe messo tutta la partita di ritorno in una prospettiva diversa, con un solo gol di distanza. Magari Lukaku ha graziato il Real Madrid per il suo desiderio inconscio di voler giocare nel Real Madrid, come ha sempre dichiarato.


Il gol annullato a Marcos Alonso

Dopo aver vinto l’andata a Londra per 3 a 1, al ritorno al Bernabeu è un’altra storia. Il Chelsea segna dopo 15’ con Mount, poi raddoppia a inizio secondo tempo grazie a un colpo di testa su calcio d’angolo di Rudiger che rimette in pari il risultato. Il Chelsea controlla il gioco e sale di livello. Il Real non sembra riuscire a venire a patti con l’aggressività della squadra di Tuchel, che al 62’ recupera un pallone in alto con Kantè. È una delle rarissime situazioni in cui la squadra di Ancelotti si fa trovare sbilanciata sul campo. Il centrocampista del Chelsea allarga per Marcos Alonso, che dopo aver vinto un rimpallo con Carvajal si inventa un esterno destro che vola dritto all’incrocio. Per qualche decina di secondi il Bernabeu diventa la casa del Chelsea, la rimonta è completata, il Real sembra in ginocchio. Il tempo però si ferma: il Var si mette a lavoro e dopo un tempo interminabile, l’arbitro annulla il gol. Il tocco con il braccio di Marcos Alonso (cresciuto al Real, nipote di una leggenda del Real) è di quelli impercettibili, ma c’è: la palla prima sbatte sullo stomaco dello spagnolo, poi sul braccio. È uno di quei falli di mano che vivono in una zona grigia del regolamento, dove è impossibile dire che sia stato volontario e anche che abbia portato un vantaggio evidente ad Alonso, ma in caso di gol può essere sanzionato. È anche una questione di centimetri, se il pallone avesse colpito solo la pancia del giocatore del Chelsea, forse la storia sarebbe diversa.


Il gol di Benzema nei supplementari contro il Chelsea

Il Chelsea riesce comunque nella rimonta, il Real Madrid sembra - questa volta sì - al tappeto, ma gli bastano cinque minuti e l’esterno geniale di Modric per Rodrygo per rimettere la partita sul binario della parità. È un altro di quei momenti che è impossibile capire da dove vengano fuori, con il Real che sembrava impossibilitato a creare una singola occasione che trova una connessione tra un centrocampista di 36 anni apparentemente spremuto e un esterno di appena 21 entrato da pochi minuti.

La squadra di Tuchel rimane tuttavia quella più reattiva, più pronta a spostare la qualificazione dalla sua parte. Nei supplementari però la difesa del Chelsea - praticamente perfetta fino a quel momento - ha un attimo di distrazione. Su un retropassaggio di James, Thiago Silva gioca di prima un pallone a metà strada tra Kantè e Loftus-Cheek. Il francese sembra arrivarci prima, ma poi fa come per lasciarla al compagno, che però nel mentre si era fermato. Tra i due sbuca Camavinga, che subito serve Vinicius Junior sull’esterno. Reece James, che fino a quel momento lo aveva contenuto benissimo anche in maniera aggressiva, temporeggia, gli lascia lo spazio per il cross. Il brasiliano con un tocco delicato serve Benzema appostato sul dischetto del rigore. Rudiger, che doveva contrastarne il colpo di testa, scivola come se qualcuno avesse passato la cera sotto di lui. Al francese non serve altro: gol e vantaggio nel doppio confronto ritrovato.


La maledizione di Mahrez

Certo, il salvataggio sulla linea di Mendy al Bernabeu, ma forse non tutti ricordano che già all’andata il 4-3 finale era stato per il Real Madrid l’equivalente di una vittoria. Era già chiaro dagli sguardi dei giocatori di Ancelotti dopo i primi novanta minuti: quante volte avevate visto Benzema sorridere sornione dopo aver perso una partita di Champions League?

Dopo i primi trenta minuti il Manchester City aveva esercitato un dominio tale sull’avversario che il 2-0 ottenuto poteva già essere considerato un risultato stretto per la squadra di Guardiola. Al 26esimo del primo tempo De Bruyne recupera una palla in alto dopo aver vinto un rimpallo sulla trequarti con Mendy, che viene trasformato immediatamente in verticalizzazione da Bernardo Silva. Mahrez entra in area e Carvajal non può chiudere immediatamente su di lui per schermare la linea di passaggio al centro verso Foden. L’ala algerina decide quindi di andare da sola in porta e non è nemmeno una cattiva idea perché lo specchio davanti a lui è completamente aperto. Invece di incrociare il tiro, però, Mahrez inaspettatamente tira forte e alto sul primo palo, forse per sorprendere un Courtois che si era già capito fosse in una stagione di grazia. Il tiro però esce fuori giri e sbatte violentemente sull’esterno della rete. Guardiola prova a ucciderlo con lo sguardo, il quarto uomo lo invita alla calma sorridendo sotto i baffi.

La scena si ripete quasi identica due volte da lì alla fine della partita. La prima, all’inizio del secondo tempo, quando su un lancio lungo di Laporte, Mahrez inganna l’uscita di Militao sfiorando la palla con la punta del piede, entra in area e questa volta decide di spostarsi per tirare col sinistro a giro sul palo più lontano, come un tennista che aggira la palla per colpire di dritto. Il tiro questa volta è preciso, troppo preciso, e infatti sbatte sul palo, che rimanda la palla al centro. È un assist involontario per Foden che, pur ritrovandosi la palla addosso, riesce comunque a indirizzarla verso la porta, dove però si è posizionato perfettamente Carvajal. Pochi minuti il Manchester City segnerà comunque il 3-1.

Più grave quello che succede al 75esimo, con il risultato da pochi secondi sul 4-2 dopo l’incredibile tiro sotto al sette di Bernardo Silva. Il City continua a pressare alto con un’intensità feroce e recupera palla ai limiti dell’area del Real Madrid. Il pallone è di nuovo sui piedi di Mahrez che finta un primo tiro a giro di sinistro, se lo fa scorrere lungo linea sul destro per avvicinarsi alla porta, fino al punto in cui lo specchio libero si è ormai ridotto alla cruna di un ago. Courtois esce per sicurezza ma Mahrez scava leggermente il pallone, che supera il portiere belga e ha un angolo impossibile verso il palo più lontano. La palla balla davanti alla linea di porta e finisce a pochi centimetri dall’angolo alla destra di Courtois.

Mahrez sembra dire al cielo: “non è possibile”. Guardiola, invece, è vicino al Nirvana. Si gira verso il pubblico e lo aizza agitando le mani. Sul viso gli spunta un sorriso soddisfatto, come se sentisse che la partita, chissà forse addirittura la qualificazione, sia ormai dalla sua parte.


La maledizione di Grealish

Quando si cerca di quantificare l’apporto di portieri e difensori alla vittoria di una squadra spesso si sottovaluta il contributo psicologico di una parata miracolosa o di un tiro parato in scivolata a pochi metri dalla linea di porta. Un gol inatteso in una situazione disperata è possibile senza la speranza donata da un momento in cui si è sopravvissuti per miracolo? Per parlare dell’inspiegabile doppietta di Rodrygo alla fine di Real Madrid-Manchester City è impossibile non citare le incredibili due occasioni avute dalla squadra di Guardiola nei secondi immediatamente precedenti, a pochi istanti una dall’altra, ed entrambe sui piedi di Jack Grealish.

Sono gli ultimi minuti di partita e, nonostante il Real Madrid stia disperatamente provando a invertire la rotta, nulla dà a pensare che possa rimontare nella manciata di minuti rimanenti. Anzi, il Manchester City sembra più affilato che mai: controlla facilmente il pallone nella trequarti avversaria e lo recupera appena perso con un gegenpressing mai disordinato. Proprio da una costruzione dal basso eseguita con una lucidità impressionante per essere gli ultimi minuti di una semifinale di Champions giocata a fine stagione nasce la prima occasione di Grealish. La palla viaggia in maniera incredibilmente fluida da destra a sinistra, il pressing del Real Madrid va a vuoto, e una verticalizzazione di Zinchenko manda Grealish direttamente in porta. Di questa occasione si è detto che al trequartista inglese sia mancato il killer instinct dei grandi campioni, ma rivendendola si può vedere come già il fatto che sia arrivato a tirare a porta vuota sia un mezzo miracolo. Grealish prima supera Militao in velocità, lasciandoselo alle spalle, poi, con una decisione completamente controintuitiva, tocca il pallone con la punta del destro, ingannando per una volta Courtois, che va a terra per coprire un passaggio al centro che non c’è mai stato. A quel punto Grealish non può far altro che allungarsi in scivolata per direzionare il pallone in porta e il dettaglio persino più crudele del salvataggio sulla linea di Mendy è che la palla, dopo essere stata respinta, sbatte sulle gambe di Foden ma non con il rimbalzo giusto per finire in porta.

Ovviamente nulla in confronto a ciò che succederà quasi esattamente venti secondi dopo, con Grealish che tira quasi dalla stessa identica posizione, come un incubo che non fa altro che ripetersi. Questa volta il giocatore del City prende una decisione più convenzionale, con un tiro a incrociare che sarebbe finito esattamente all’angolo in qualsiasi altro universo che non prevede l’esistenza di Courtois. Sulla parte di tacchetto con cui il portiere belga devia il tiro sul fondo si potrebbe scrivere un romanzo intero, ma non abbiamo il tempo.

Basta rivedere lo slowmotion per apprezzare tutta l’ingiustizia e la bellezza di questo sport, creato evidentemente dal demonio.


Il tocco di Asensio prima del gol di Rodrygo

Il diavolo è nei dettagli, si dice di solito; nel calcio spesso il diavolo è nei replay. Bisogna aguzzare la vista per accorgersi della sua presenza. Sotto l’assurdità di una partita recuperata con un gol a 40 secondi dalla fine dei tempi regolamentari, quello dell’1-1, e un’altro un minuto dopo, c’è un dettaglio più eccezionale degli altri. Che sembra davvero testimoniare di una presenza invisibile, una mano che allinea tutte le coincidenze necessarie per far funzionare la sua storia, quella che ha scelto di raccontare. Che ovviamente è la storia dell’incredibile impresa del Real Madrid, che in questo caso rimonta due gol di svantaggio al Manchester City di Pep Guardiola, e poi va a vincere nei supplementari.

Il gol dell’1-1 di Rodrygo (che in realtà non serviva a pareggiare il conto, il Madrid era ancora sotto di un gol) era arrivato grazie a un movimento da rapace di Rodrygo e a un assist geniale di Benzema. Ma è il secondo gol quello in cui il divino che anima il Real Madrid è più visibile. E più specificatamente nel tocco di Asensio, con la parte superiore della calotta cranica. Impossibile da notare in diretta, è solo riguardando l’azione con attenzione che si nota come sia decisivo per togliere la palla dalla testa di Laporte, subito dietro di lui. Ma la cosa davvero inspiegabile è come abbia fatto Rodrygo a colpire così bene un cross che è stato deviato da un giocatore a un metro di distanza. Ha notato il tocco e ha aggiustato il proprio colpo di testa? Era saltato già pensando che sarebbe potuto succedere, calcolando inconsciamente l’incrocio tra la traiettoria del pallone e il salto di Asensio? Comunque sia andata Rodrygo colpisce la palla in modo perfetto, il tocco di Asensio di fatto gliela mette sulla fronte quasi come fosse un assist. Da non dormirci la notte, se con quel gol ti viene negata la possibilità di giocare una finale di Champions League.


Il palo di Mané

Prima della finale Sadio Mané aveva reclamato la sua candidatura per il Pallone d’Oro. Aveva detto che gli africani venivano ignorati per il premio. Jamie Carragher aveva detto che in caso di vittoria della Champions Mané poteva insidiare Benzema per il Pallone d’Oro. Mané sapeva che per rafforzare la propria candidatura avrebbe dovuto fare gol in finale, ed è stato uno dei migliori giocatori del Liverpool, sicuramente il migliore tra quelli offensivi.

Partendo da falso nove ha mostrato tutti i suoi miglioramenti negli smarcamenti e nei movimenti senza palla, e con uno di questi movimenti si è guadagnato la palla che poteva essere decisiva per la partita. Ha ricevuto a circa 18 metri dalla porta, e con la rapidità da serpente che lo contraddistingue dribbla il primo giocatore e si sposta verso il centro per provare la conclusione. La preparazione al tiro è folgorante. La conclusione parte secca sul primo palo, così rapido che non tutti i portieri sarebbero riusciti a partire. Courtois riesce ad arrivarci con i suoi tre metri di estensione, sfiorando la palla con la punta delle dita, deviandola sul palo. Come sarebbe cambiata la partita, col Liverpool in vantaggio e il Real Madrid costretto ad attaccare e a sbilanciarsi? Mané sarebbe riuscito a vincere il Pallone d’Oro, perché forse a quel punto sarebbe stato incontestabile, dopo la vittoria di Coppa d’Africa e Champions League?




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