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Andrea Costanzo
Le ultime speranze della Tunisia
23 giu 2018
23 giu 2018
La Nazionale allenata da Nabil Maâloul si giocherà le sue chance di qualificazione contro il Belgio, scontando anche un certo scetticismo in patria.
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Andrea Costanzo
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I sogni, in Tunisia, costano cari e si rivelano, quasi sempre, investimenti a fondo perduto. Il fallimento della “Rivoluzione dei Gelsomini”, con cui nel 2010 ha avuto inizio la “Primavera araba”, ha fiaccato le speranze di un paese che sembra non avere più le forze per illudersi di nuovo. Forse è per questo che i tunisini non si entusiasmano troppo per la loro Nazionale, nonostante la squadra, prima dell’inizio del torneo, occupasse il quattordicesimo posto nel ranking FIFA - un piazzamento mai raggiunto prima dalle “Aquile di Cartagine”.

 

Dopo la sconfitta contro l’Inghilterra, poi, la Tunisia sembra avere ancora meno chance di qualificarsi agli ottavi di finale. La sua storia ai Mondiali, oltretutto, non è delle più fortunate: nelle quattro edizioni a cui ha partecipato (1978, 1998, 2002 e 2006), la Tunisia ha vinto una sola partita – quarant’anni fa contro il Messico, in Argentina – e non è mai riuscita a superare il primo turno. Attorno alla squadra allenata da Nabil Maâloul, quindi, c’è talmente tanto pessimismo che molti si accontenterebbero di non fare brutte figure contro il Belgio per poi battere Panama e chiudere il girone con 3 punti, migliorando quanto fatto in Germania nel 2006, quando le “Aquile” raccolsero un solo punto pareggiando contro l’Arabia Saudita.

 

Eppure il percorso della Tunisia per arrivare a Russia 2018 è stato molto positivo. La squadra di Maâloul si è guadagnata il pass per il Mondiale chiudendo il suo girone davanti a Repubblica Democratica del Congo, Libia e Guinea con 4 vittorie, 2 pareggi e nessuna sconfitta. A fine marzo la Tunisia

e

, pareggiando 2 a 2 contro il Portogallo pochi giorni prima dell’inizio del Mondiale.

 

Guardando gli highlights delle partite balza agli occhi il differente trasporto con cui i tunisini che vivono in patria seguono la Nazionale rispetto ai loro connazionali all’estero. Bastano pochi minuti su YouTube per notare che mentre contro con l’Iran si gioca di fronte agli spalti semi-deserti dello Stadio Olimpico di Radès, i match contro il Costa Rica e il Portogallo - disputati all’Allianz Riviera di Nizza e all’Estádio Municipal di Braga - sono seguiti con entusiasmo dai tunisini emigrati in Europa. Per capire le ragioni di questo rapporto a intensità variabile è necessario partire da Sidi Bouzid, una piccola cittadina dell’entroterra tunisino.

 



Il 17 dicembre 2010, Mohamed Bouazizi, un venditore ambulante di verdure,

di fronte al Municipio di Sidi Bouzid per protestare contro le forze dell’ordine, colpevoli di averlo arrestato senza motivo. Nel giro di poche ore, migliaia di dimostranti invadono le strade della città per manifestare contro la polizia ma soprattutto contro il governo di Ben Ali, il Presidente che dal 1987 reprime con violenza qualsiasi forma di dissenso.

 

Bouazizi muore pochi giorni dopo, diventando

di quella “Rivoluzione dei Gelsomini” che porta alla caduta di Ben Ali e che dalla Tunisia si estende in Egitto, in Libia, in Siria, in Iraq e nello Yemen. A quasi otto anni di distanza dal gesto di Bouazizi, però, le speranze che hanno animato la Primavera Araba sono andate perdute, lasciandosi dietro un malcontento che i tunisini rimasti in patria esprimono o protestando in piazza contro il nuovo governo o firmando petizioni in favore della libertà di stampa o boicottando la Nazionale.

 

Già prima della Rivoluzione del 2010 le “Aquile di Cartagine” rappresentavano – per la maggioranza della popolazione – la squadra del governo, della polizia, dei servizi segreti. Era "

(la squadra del potere) come scrive Antonhy Hernandez, giornalista di Le Monde e autore di un

sul calcio tunisino.

 

L’allenatore francese Bertrand Marchand, che nel 2010 ha guidato la Nazionale e oggi siede sulla panchina del Club African, una delle squadre più prestigiose del paese, ricorda: «Il distacco dei tunisini nei confronti della Nazionale è iniziato prima della Rivoluzione. Mi ricordo di una partita giocata in casa, a Radès, di fronte ai nostri tifosi. Ci hanno fischiato per novanta minuti. Alla gente non importava nulla dell’incontro, era venuta allo stadio solo per insultare la polizia». La feroce repressione governativa che per anni ha silenziato la rabbia dei tunisini, impedendo di criticare pubblicamente Ben Ali, è stata aggirata proprio attraverso gli insulti alla Nazionale. Un atteggiamento che non è cambiato negli anni post-rivoluzionari.

 

«I risultati non hanno aiutato» sostiene Farouk Kattou, corrispondente dalla Tunisia per Radio France International. «La mancata qualificazione ai Mondiali del 2014 e i pessimi risultati in Coppa d’Africa hanno allontanato ulteriormente la gente. La squadra non giocava il calcio che i tifosi volevano vedere». Non c’è da stupirsi quindi se oggi i tunisini seguono con maggior interesse le squadre di club. L’Espérance (che ha appena vinto il campionato ed è una delle candidate alla vittoria della Champions League africana), il Club African e l’Étoile sportive du Sahel sono quelle con il seguito più ampio. Il derby di Tunisi, in particolare, è un affare nazionale: la rivalità tra Espérance e Club African è molto forte ed è spesso causa di violenti disordini.

 


La vittoria del Club Africain contro l’Espérance per 2 a 1 lo scorso Febbraio. Lo stadio è quello in cui gioca la Nazionale, ma i decibel non sono gli stessi.


 

Per riaccendere la passione dei tunisini, ad inizio 2017 la Federazione ha nominato Nabil Maâloul CT della Nazionale. Maâloul - che aveva già allenato le “Aquile di Cartagine” per pochi mesi nel 2013 (dopo essere stato il vice di Roger Lemerre dal 2004 al 2008) - ha ottenuto ottimi risultati, prima battendo l’Egitto nel girone di qualificazione alla Coppa d’Africa del 2019, poi assicurandosi uno dei cinque posti riservati alle nazionali africane ai Mondiali in Russia.


 


L’assist al bacio con cui Youssef Msakni manda in porta Khenissi vale la vittoria contro l’Egitto.


 

Il suo merito principale è quello di aver ristabilito la disciplina in un gruppo tecnicamente dotato ma spesso troppo incostante. «Per me il rispetto delle regole è fondamentale»

Maâloul. «Una volta stabilito questo, ci si può concentrare sullo stile di gioco. Voglio che la squadra giochi un calcio offensivo, basato sul possesso palla. I ragazzi hanno qualità tecniche importanti, dobbiamo sfruttarle». La vittoria contro l’Egitto, in questo senso, è stata emblematica: «In quella partita abbiamo avuto molte occasioni da gol, nonostante il valore dei nostri avversari. Il modo in cui abbiamo vinto dimostra quanto i giocatori siano cresciuti anche dal punto di vista mentale».

 



L’approccio dei giocatori al lavoro quotidiano sul campo è l’aspetto su cui Maâloul ha lavorato di più in questi mesi. Facendo tesoro degli insegnamenti di Lemerre (con cui la Tunisia conquistò la Coppa d’Africa del 2004), il CT ha chiesto alla Federazione di organizzare una serie di stage per preparare al meglio la Coppa del Mondo. Così, a gennaio i calciatori tunisini si sono allenati per venti giorni in Qatar, dove Maâloul ha lavorato prima come allenatore poi come commentatore per beIN Sports e dove la Federazione tunisina ha potuto contare sugli ottimi rapporti con gli emiri, felici di offrire le loro strutture all’avanguardia ad una squadra “amica”.

 

Un’amicizia non proprio disinteressata. Esattamente un anno fa, infatti, diversi paesi arabi (tra cui Arabia Saudita ed Egitto)

, accusandolo di sostenere il terrorismo internazionale e imponendogli un embargo molto duro. La decisione, in realtà, è stata presa per far pagare al Qatar i suoi rapporti troppo stretti con l’Iran sciita, nemico storico dei paesi sunniti. Spaventati da un isolamento che – oltre alla reputazione – avrebbe minacciato anche l’economia, gli emiri qatarioti si sono messi all’opera per allacciare nuovi relazioni con gli altri stati arabi. Tra questi, la Tunisia è stata tra le prime ad accettare di buon grado l’offerta di amicizia, intravedendo all’orizzonte opportunità economiche di cui, date le sue disastrose condizioni economiche, aveva un gran bisogno.

 

È in questo contesto quindi che vanno lette le dichiarazioni di Maâloul che - dopo aver dedicato al Qatar la qualificazione ai Mondiali – in conferenza stampa ha chiesto che venisse tolto l’embargo, facendo infuriare l’Arabia Saudita. A Doha, invece, le dichiarazioni del CT tunisino sono piaciute così tanto da decidere di firmare

tra la compagnia di telecomunicazioni qatariota Ooredoo e la Federazione tunisina, che potrà contare su un finanziamento da 800.000 euro annui. Un sostegno economico importante per la Tunisia, che però in Russia dovrà ovviamente trasformare in vittorie sul campo.

 

Maâloul, prima dell'inizio del torneo, era fiducioso: «Penso che la squadra abbia le qualità giuste. Siamo una delle poche nazionali africane che fa affidamento su una maggioranza di giocatori cresciuti in Tunisia, grazie ad un campionato di buon livello». Eppure, lo scorso marzo il CT ha convocato per la prima volta dei calciatori dalla doppia nazionalità: il portiere dello Châteauroux Mouez Hassen, il difensore del Leicester Yoan Benalouane e i centrocampisti Saîf-Eddine Khaoui del Troyes e Ellyes Skhiri del Montpellier. Tutti e quattro sono nati in Francia e – a differenza di quanto fatto negli anni scorsi da Hatem Ben Arfa e Wissam Ben Yedder, tra gli altri – hanno deciso di accettare la proposta della Federazione tunisina.

 

Skhiri, cresciuto nelle giovanili del Montpellier,

: «La Federazione non mi ha mai perso di vista, sin dai tempi delle nazionali giovanili. Quando mi hanno contattato, ho detto subito di si». Il centrocampista non parla l’arabo, ma non sembra preoccupato: «Ci possono essere delle differenze culturali rispetto alla Francia ma sono io che devo adattarmi». Dei 23 giocatori convocati da Maâloul, sono in 10 ad avere doppio passaporto. Un numero più basso rispetto a quelli del Marocco (17 su 23) o dell’Algeria (nel 2014, in Brasile, erano 17 su 23).

 

Nonostante ciò, quando la lista è stata ufficializzata non sono mancate le polemiche. Qualcuno teme che gli equilibri dello spogliatoio possano saltare, con i senatori della squadra indispettiti per la convocazione di giocatori che non hanno contribuito alla qualificazione. Maâloul getta acqua sul fuoco: «Negli ultimi 14 mesi ho sempre chiamato nuovi calciatori. Tra loro c’è chi gioca nel campionato tunisino, chi in Ligue 1, chi in Ligue 2, chi in Premier League e non ci sono mai stati problemi. Credo che l’unica cosa che conta, ora, sia alzare il livello della squadra. E per farlo servono sia giocatori che conoscono la mentalità tunisina sia quelli abituati a giocare su palcoscenici importanti».

 



Wahbi Khazri appartiene alla seconda categoria.

, Khazri sembra essere rinato nello Stade Rennais allenato dal franco-tunisino Sabri Lamouchi. L’attaccante, che quest’anno ha segnato 12 gol giocando la migliore stagione della sua carriera, avrà il compito di guidare la squadra nella sfida decisiva contro il Belgio, viste le assenze del capitano Youssef Msakni (che si è rotto i legamenti del ginocchio lo scorso aprile) e del giocatore di maggior esperienza, il centrale difensivo Aymen Abdennour (reduce da un’annata complicata tra Valencia e Olympique Marsiglia). Nella sconfitta per 2 a 1 contro l’Inghilterra Khazri non ha brillato, anche a causa dell’atteggiamento troppo conservativo con cui la Tunisia è scesa in campo. Maâloul ha infatti deciso di rinunciare alla creatività del giovane trequartista Saîf-Eddine Khaoui e ha chiesto a Fakhreddine Ben Youssef e Naim Sliti di sacrificarsi sugli esterni, lasciando al solo Anice Badri il compito di aiutare Khazri nella metà campo inglese.

 

Fin dai primi minuti della partita la Tunisia ha rinunciato al pressing alto sul portatore, aspettando l’Inghilterra nella propria metà campo, pur adottando, almeno inizialmente, una linea difensiva piuttosto alta. La scelta, però, non ha pagato e la Tunisia si è ritrovata costretta col passare dei minuti a subire troppo passivamente il gioco inglese.

 

Il gioco propositivo e l’atteggiamento coraggioso mostrati durante le qualificazioni e nelle amichevoli contro Portogallo e Turchia sono scomparsi al cospetto di Harry Kane. Per la Tunisia i primi 20 minuti di partita sono stati un vero e proprio incubo, con 4 clamorose occasioni da gol e la rete del capitano inglese, su cui il fino ad allora prodigioso Mouez Hassen non ha potuto fare nulla (il portiere si è addirittura

per bloccare il colpo di testa di John Stones).

 

Come era prevedibile alla vigilia, la difesa tunisina

di Dele Alli, Jesse Lingard e Raheem Sterling, con i due centrali - Syam Ben Youssef e Yassine Meriah - troppo lenti e statici per difendere i movimenti tra le linee degli attaccanti inglesi. La fisicità dei due difensori tunisini non è servita neanche a contrastare il gioco aereo dell’Inghilterra, che ha segnato entrambi i suoi gol da calcio d’angolo, con Kane lasciato libero sul secondo palo dopo aver permesso

 e 

di colpire in mezzo all’area. La Tunisia si è così trovata subito sotto di un gol, con un piano partita stravolto dopo appena 10 minuti. Maâloul non è però riuscito a cambiare l’inerzia dell’incontro, con i due centrocampisti centrali, Ellyes Skhiri e Ferjani Sassi, schiacciati davanti alla difesa e Fakhreddine Ben Youssef e Sliti troppo bloccati per far risalire la squadra lungo le fasce. Badri e Khazri sono così rimasti soli in mezzo ai tre difensori inglesi.

 

Solo un rigore concesso per 

ha permesso alle “Aquile” di riaprire la partita. Il rigore realizzato da Sassi non è però servito a restituire un po’ di tranquillità alla squadra di Maâloul, che ha finito il primo tempo rischiando di subire gol in almeno altre tre occasioni.

 

Nella seconda frazione l’Inghilterra è stata meno pericolosa, ma la Tunisia non è mai riuscita a impensierire Pickford, limitandosi a difendere dietro la linea della palla senza mai cercare di recuperare palla attraverso il pressing altissimo con cui aveva messo in grave difficoltà la difesa portoghese in una delle ultime amichevoli prima dei Mondiali. Le speranze tunisine di conquistare un punto sono svanite in pieno recupero, con il secondo gol di Kane.

 




 

Nonostante una prestazione non entusiasmante, nella

Maâloul si è detto soddisfatto, complimentandosi con i suoi giocatori per la loro disciplina tattica. «L’Inghilterra», ha detto il CT «era l’ostacolo più duro da affrontare. Ci restano da giocare altre due partite, entrambe alla nostra portata. Faremo di tutto per conquistare la qualificazione agli ottavi».

 

Contro il Belgio di Roberto Martinez, Benalouane dovrebbe sostituire Ben Youssef al centro della difesa, mentre Khaoui potrebbe giocare al posto di Sliti, per avere più creatività nella metà campo avversaria. Il cambiamento più importante, però, dovrà avvenire nella testa dei giocatori tunisini, che sono sembrati troppo intimoriti alla loro prima esperienza in Coppa del Mondo. I “Red Devils” hanno alcune caratteristiche in comune con l’Inghilterra (la grande fisicità, la rapidità dei giocatori offensivi) che non lasciano ben sperare.

 





 

La Tunisia dovrà difendere meglio sui calci piazzati e cercare di sfruttare

(soprattutto se Martinez dovesse confermare Carrasco). Per farlo, però, dovrà giocare con più coraggio, puntando maggiormente sulle qualità offensive di Badri, Sliti e Khaoui. Il rischio, evidentemente, è quello di lasciare troppo spazio ad Hazard e Mertens, che contro Panama sono stati devastanti in campo aperto.

 

L’obiettivo, dice Khazri, «è rendere orgogliosi i tunisini». Dato il livello degli avversari, non sembra un compito così agevole. Ma i sogni, si sa, qualche volta si avverano. Persino in Tunisia.

 

 

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