A livello di pathos, forse neanche la Liga è riuscita a tenere testa alla Ligue 1 quest’anno: quando tutti credevamo che il Lille potesse finalmente farcela, ci si è messo di mezzo uno 0-0 col Saint Etienne a rimandare la festa per il titolo all’ultima giornata. La lotta Champions tra Monaco e Lione è rimasta viva fino alla fine e il PSG, falcidiato da Covid e infortuni, non è riuscito a dominare i big match come suo solito. È stato l’anno del granitico Lille di Galtier, miglior difesa dei cinque principali campionati con soli ventidue gol subiti, ma anche quello della rinascita del Monaco sotto Niko Kovać, capace di costruire un gioco aggressivo nel pressing, con una coppia da trentasei gol come quella formata da Ben Yedder e Volland. Ci sono stati poi il Lione, rudimentale dal punto di vista della manovra ma sempre divertente per chi ama le compilation di trick su YouTube, il mandato di Sampaoli a Marsiglia che promette bene per l’anno prossimo e il sorprendente Lens di Franck Haise, neopromossa capace di raggiungere il sesto posto con difensori da Football Manager e con Gaёl Kakuta, che a trent’anni ha saputo dare un senso al suo talento.
Abbiamo scelto gli undici giocatori migliori della Ligue 1, esclusi per ovvi motivi quelli del PSG. Ne abbiamo selezionati massimo due per squadra. Il modulo scelto è il 4-2-2-2 del Lille di Galtier.
Portiere: Mike Maignan (Lille), 1995
Il calcio francese gronda talento in ogni ruolo, ma difficilmente esprime portieri in grado di imporsi ai livelli più alti. A ventisei anni Maignan, invece, sembra destinato a giocare in squadre d’élite, soprattutto dopo questa stagione, e a rubare a Lloris il ruolo di titolare nella Francia. Già miglior portiere della Ligue 1 2018/19, dotato di un fisico scultoreo (un metro e novantuno per ottantanove chili), è abile ad andare a terra sui tiri incrociati e a coprire tutta la porta quando deve distendersi. Dimostra un’esplosività notevole sulle conclusioni ravvicinate. Un portiere solidissimo, proprio come la sua squadra, che all’affidabilità abbina doti da calciatore moderno. Se la difesa si alza, Maignan le guarda le spalle e accorcia con tempismo in avanti per neutralizzare i lanci in profondità. Se poi il Lille vuole costruire da dietro, ha un buon destro, soprattutto se si tratta di aprire con lanci di media altezza verso i terzini. Non è un caso che da ragazzino giocasse a centrocampo, proprio come Buffon.
Terzino destro: Jonathan Clauss (Lens), 1992
Non so se in Francia esista il Fantacalcio, ma Jonathan Clauss potrebbe essere la risposta della Ligue 1 ai tornanti di Atalanta ed Hellas Verona: un esterno a tutta fascia in grado di garantire un buon numero di bonus tra gol e assist. Clauss parte largo a destra nel 3-4-1-2 del Lens di Haise. Non ha l’atletismo di Hateboer, ma è abile comunque a dare profondità con le corse senza palla. In particolare, gli piace raggiungere il fondo dopo aver triangolato con il compagno più vicino, spesso uno dei due mediani.
La caratteristica migliore di Clauss è il suo piede destro, educato sia nei traversoni che nei tiri (se il Lens riesce a servirlo isolato sul lato debole non si fa pregare: esclusi gli attaccanti e Fofana, è il giocatore del Lens con almeno mille minuti che tira di più secondo WhoScored). Il suo calcio è così sensibile che per disegnare cross pericolosi non ha bisogno né di ricevere in corsa, né di arrivare a fondo campo: anche dalla trequarti le sue traiettorie a rientrare, in diagonale, non sono mai banali, con la palla tesa che attraversa la zona tra difesa e portiere. Batte sempre punizioni e calci d'angolo. A inizio maggio SoFoot ha pubblicato un articolo indirizzato a Deschamps dal titolo «Didier, se ci ascolti, convoca Jonathan Clauss»
Centrale destro: Jean-Clair Todibo (Nizza), 1999
Il Nizza non ha vissuto un’annata facile: a inizio dicembre, con la squadra all’undicesimo posto, Vieira è stato esonerato e sostituito dal suo vice Adrian Ursea. Todibo è arrivato a gennaio, non aveva disputato neanche una partita in campionato col Benfica nella prima parte di stagione. Il suo inserimento nell’undici titolare, però, ha coinciso col buon finale di stagione dei rossoneri.
L’aspetto più vistoso del gioco di Todibo è la sua tecnica squisita col pallone. Tutta la nuova nidiata di centrali francesi eccelle in impostazione ma in pochi hanno il piede dell’ex Barcellona. La sua specialità è la conduzione: Todibo legge lo schieramento avversario, individua il corridoio libero e parte palla al piede per spaccare a metà le prime linee di pressione. La compostezza di Todibo in fase di possesso è quasi singolare, anche quando riceve sotto pressione: raramente scarica di prima la palla, preferisce spostarsela per trovare spiragli migliori. Dopo la conduzione, Todibo è in grado di giocare la palla rasoterra su distanze medio-lunghe, anche sulla corsa se è possibile.
Centrale sinistro: Loïc Badé (Lens), 2000
Con quel fisico alto e snello (un metro e novantuno per ottantadue chili), le gambe lunghe e la maglia giallorossa del Lens addosso, è impossibile non pensare a Raphaёl Varane in relazione a Loïc Badé. Certo, raggiungere il livello del difensore del Real Madrid sembra difficile, ma i trascorsi nel Le Havre, uno dei più grandi serbatoi di talento del calcio francese, sono un certificato di qualità. Classe 2000, alla seconda stagione tra i professionisti e alla prima in massima serie, Badé si è trasferito la scorsa estate al Lens, che aveva raggiunto la Ligue 1 d’ufficio dopo lo stop ai campionati in Francia.
Non fosse per il Lille, la squadra di Franck Haise sarebbe la più grande sorpresa del campionato. Il Lens si è piazzato in zona Conference League grazie a un 3-4-1-2 in cui le marcature sono orientate sull’uomo nella propria zona. Badé occupa il ruolo di centrale della difesa a tre e le idee di Haise sembrano esaltare le sue caratteristiche. I difensori hanno il compito di aggredire in avanti sull’uomo di riferimento e a Badé piace staccarsi per costringere al corpo a corpo l’avversario spalle alla porta: così Badé tampona l’uomo dietro il centrocampo in avanti e usa le gambe chilometriche e per avvolgerlo e sporcargli il pallone. Se il Lens comprime gli spazi, allora le leve lunghe gli tornano utili anche per gli intercetti: secondo WhoScored ne completa 2,6 ogni 90’, quarto tra i centrali della Ligue 1 con almeno mille minuti giocati. La posizione di difensore più arretrato gli consente di sfruttare le doti atletiche per coprire le spalle agli altri: non è velocissimo, ma ha una falcata ampia che lo favorisce sia nei movimenti laterali sia nella difesa della profondità.
Terzino sinistro: Romain Perraud (Brest), 1997
Come l’altro terzino del nostro top XI, anche Perraud si distingue per l’ottimo piede, stavolta il sinistro. Classe ’97, il mancino del Brest agisce in una difesa a quattro e fa sentire la sua influenza anche in zone più basse di campo. Possiede buona precisione nel gioco lungo e cerca spesso il lancio sia lungo linea per lo scatto dell’attaccante, sia per tagliare il campo con un cambio gioco verso destra. Superata la metà campo, Perraud è un terzino efficiente anche nei cross, capace di tracciare parabole particolarmente alte che spiovono sul secondo palo, ideali per una squadra di impatto fisico come il Brest: in questo modo sono nati la maggior parte dei suoi sette assist di quest’anno. A referto Perraud conta anche tre gol, frutto di inserimenti sul lato debole. Da quella posizione è uno specialista dei tiri incrociati sul secondo palo; contro il Lille ne ha segnato uno molto bello sul rimbalzo di collo esterno, che sa usare anche per crossare se la palla si alza.
Mediano destro: Maxence Caqueret (Lione), 2000
A un anno da quell’estate di Champions League in cui ha rubato il cuore di tutto il pubblico, Maxence Caqueret ha continuato la sua crescita, nonostante il centrocampo del Lione abbia una varietà di scelta degna dei grandi club europei. È difficile porre limiti al talento di Caqueret, nel migliore dei casi destinato a proseguire il mistero di quelle mezzali come Modrić che in un calcio sempre più ipertrofico con un solo controllo al velcro evadono da gabbie di avversari. È un piacere veder giocare a calcio Caqueret, il modo in cui gira il bacino per sfuggire al pressing, sempre con la testa alta, pronto a smaterializzarsi facendo passare la palla da un piede all’altro. A fine aprile contro il Lille, nella sconfitta decisiva per la lotta al titolo, ha tirato fuori una partita da fuoriclasse, dove è sembrato troppo superiore al contesto, con un assist per Slimani che sembrava davvero la fotocopia di quello di Modrić a Cristiano Ronaldo nella finale di Cardiff del 2017.
Il claim della Ligue 1 “La ligue des talents” potrebbe sembrare un po’ paraculo, l’atto di resa del campionato francese di fronte alle razzie coloniali dei migliori club del continente; per Caqueret però la definizione è perfetta, perché se in giornata, già adesso ci sono pochi giocatori in giro per l’Europa che riescano a soddisfare lo spettatore come lui, a generare quel senso di stupore per un giocatore così gracile e prezioso, da scoprire partita dopo partita.
Mediano sinistro: Aurélien Tchouaméni (Monaco), 2000
Aurélien Tchouaméni, mediano classe 2000 del Monaco e dell’under 21 francese, è alto un metro e ottantacinque, ma dalla tv, per come chiude ogni spazio intorno a sé, si direbbe essere più alto di almeno dieci centimetri. Per gli avversari, Tchouaméni è un ostacolo troppo ingombrante da oltrepassare. Quando difende vicino la propria area, nonostante l’età dimostra grande intelligenza nell’uso del corpo, nel modo in cui lo orienta per occupare più campo possibile e agevolare le azioni difensive: gli basta aprire una gamba per sbarrare la strada all’avversario o intercettare un passaggio. Si tratta di uno specialista difensivo, il quarto centrocampista della Ligue 1 per tackle vinti ogni 90’ tra quelli con almeno mille minuti disputati: 3,7, a fronte di soli 1,3 dribbling subiti. I contrasti con Tchouaméni sono difficili da sostenere, ma non si tratta di un mediano che difende bene solo nel corpo a corpo: nonostante il fisico ha talento anche quando va a terra per cercare scivolate più vistose. Inoltre, dispone di una buona corsa, per cui è minaccioso se si stacca per difendere in avanti. Tecnicamente però, si tratta ancora di un giocatore da costruire: preferisce la distribuzione laterale e non tenta conduzioni. Due dei migliori centrocampisti di rottura della nostra epoca come Casemiro e Kanté hanno migliorato il proprio contributo con la palla anno dopo anno. Tchouaméni è ancora a inizio carriera, avrà tempo per raffinare la sua fase di possesso.
Trequartista destro: Jérémy Doku (Rennes), 2002
Nella speranza che riesca a far fruttare il suo talento anche in zone interne di campo, ci permettiamo di adattare Jérémy Doku, ala del Rennes, al ruolo di trequartista destro del nostro 4-2-2-2. Doku quest’anno ha giocato molte partite a piede naturale, sulla destra, una rarità nel calcio moderno, ma ha giocato anche a piede invertito, sulla sinistra, dove aveva più libertà di movimento e con le sue conduzioni squarciava il sistema difensivo avversario. Nel campionato belga, con la maglia dell’Anderlecht, si era imposto grazie a una serie di dribbling francamente assurdi, con una frequenza di passo difficile da contenere. Per dare una misura del talento di Doku, una nazionale che produce ali in serie come il Belgio lo ha già convocato per l’Europeo, a diciannove anni. Quest’anno, nella partita contro il Bordeaux, da ala sinistra, è riuscito a completare dodici dribbling, un numero senza senso. Doku, alto appena un metro e settantuno, è velocissimo nella corsa e nel tocco, ma ha anche un’ottima “tenuta di strada”: quando parte palla al piede è difficile mandarlo a terra, resiste bene ai contrasti. Chissà che non sia lui la sorpresa del Belgio in grado di spaccare le partite dalla panchina.
Trequartista sinistro: Memphis Depay (Lione), 1994
Depay potrebbe aver chiuso la sua esperienza al Lione con una stagione di altissimo livello, da venti gol e dieci assist. Con un comunicato sui social ha confermato la trattativa con il Barcellona. Potremmo aver detto addio alla sua miglior versione, visto che sembra l’esatto opposto di ciò che serve a Messi, oltre al fatto che per attitudine Depay è un catalizzatore proprio come l’argentino ma al Barcellona non potrà permettersi di esserlo. Oltre ai numeri, l’olandese ha fornito il solito inventario di giocate che lo hanno reso uno dei calciatori più amati del web: colpi di tacco, pettinate di suola, un uso magistrale del corpo a corpo spalle alla porta. Depay incarnava a pieno lo spirito del Lione di Garcia, una squadra che si reggeva sulla creatività dei propri migliori giocatori e che non a caso ha favorito la rinascita di un centrocampista estroso come Paquetá. Depay poteva abbassarsi a prendere la palla e poteva approfittare delle transizioni create dal blocco difensivo basso per disegnare precisi filtranti sulla corsa dei compagni. È difficile pensare che un top club gli conceda tutta questa libertà. La speranza è che non regredisca agli anni del Manchester United.
Punta destra: Wissam Ben Yedder (Monaco), 1990
Scegliere gli attaccanti è stato il momento più difficile nella compilazione di questo top XI. Avremmo potuto premiare uno tra Delort e Laborde, la coppia di attaccanti del Montpellier da trenta gol complessivi, oppure Kevin Volland. Alla fine abbiamo scelto Ben Yedder, capitano del Monaco, uno dei calciatori più divertenti e peculiari del panorama europeo.
Il futsal, in cui si è formato, sembra aver plasmato non solo la sua tecnica, ma anche il suo fisico, col sedere sporgente e quel busto che ricorda la carena di un volatile o, per mantenere la metafora in ambito sportivo, il torace di Fausto Coppi. Ma lo ha influenzato anche nel modo di calciare, visto che Ben Yedder tira sempre di potenza, come se la porta fosse quella del calcio a cinque, troppo piccola per puntare sulla precisione. Senza dimenticare il suo controllo nello stretto, che gli consente di preparare la conclusione anche con poco spazio, vantaggio notevole visto che in area le maglie si addensano. Alla tecnica, nelle ultime stagioni l’attaccante di origine tunisina ha abbinato un’intelligenza negli ultimi sedici metri sempre più sottile: lo scorso anno, col campionato concluso dopo ventisei giornate, aveva realizzato diciotto gol; quest’anno ha toccato quota venti, raggiungendo un’intesa eccellente con Volland.
Punta sinistra: Burak Yilmaz (Lille), 1985
Di Burak Yilmaz abbiamo già parlato in un pezzo che ricostruiva la sua stagione a partire da Lione-Lille dello scorso aprile, partita che aveva rimontato e vinto di pura forza di volontà. Dario Saltari scriveva: «Yilmaz impersona esattamente tutto ciò che ci aspettiamo da una leggenda del campionato turco – la passionalità, la megalomania, l’irascibilità, quello che Galtier chiama «incredibile rabbia nei confronti delle performance non all’altezza» – ma con una levigatezza tecnica e uno swag perfettamente contemporanei, che aggiungono un ulteriore livello al suo carisma». Lo stesso carisma con cui aveva ribaltato il Lione lo ha dimostrato negli spogliatoi alla fine della penultima partita, dopo il pareggio con il Saint Etienne, al termine del quale aveva rassicurato i compagni scoraggiati con parole da capopopolo: «Non vi preoccupate, saremo campioni, vedrete. […] Saremo campioni la prossima settimana. Contro chiunque! Vedrete».
Non si fatica a pendere dalle labbra di un giocatore con una forza di volontà così feroce, capace di esaudire a trentasette anni il nostro desiderio di vederlo finalmente in uno dei migliori campionati d’Europa, dopo stagioni in cui era passato sul campionato turco come l’esercito di Gengis Khan. Burak Yilmaz non sarà l’ attaccante più forte del mondo, non ha segnato neanche tantissimo (sedici gol); molti però li ha riservati per il finale di stagione, quando più contava – sette gol tra trentaduesima e trentottesima giornata - e si può star certi che in giro non ci siano centravanti migliori di lui a trascinare emotivamente i compagni.