
Qualunque sia lo sport, l’epica della rimonta avrà sempre un potere magnetico sui suoi spettatori, in grado di incollare passanti distratti al divano, di dividere all’interno dello stesso salotto i pessimisti dagli ottimisti, di esaltare la forza di una sceneggiatura perfetta al di sopra del credo calcistico e delle questioni di tifo. Lo scambio sereno di battute su Twitter tra l’account del Borussia Dortmund e quello del Liverpool ci ha ricordato che in gioco c’era una semifinale di Europa League, finendo per spezzare quel coinvolgimento emotivo che sarebbe difficile giustificare razionalmente. Ovviamente non esiste epica della rimonta senza il discorso di fine primo tempo, un filone narrativo sublimato da Bugs Bunny che in Space Jam distribuisce l’energia segreta di Michael Jordan, che in realtà è acqua di rubinetto.
Jurgen Klopp, dopo quarantacinque minuti di frastornante dominio Dortmund, ha ricordato Istanbul, il 3-3 in finale di Champions League, e ha detto ai suoi: «Non sarà facile, ma se li battiamo possiamo battere chiunque». L’ha raccontato James Milner, che già aveva vissuto una rimonta di discreta importanza con l’assist di Balotelli per Agüero contro il QPR, con cui il Manchester City ha vinto la Premier League 2011/12. L’idea che esista una genetica societaria – è bene ricordarlo – è ridicola e affascinante nella stessa misura, esattamente come l’energia segreta di Michael Jordan, e può servire a salvare situazioni disperate.
Falsa partenza
Situazione disperata in cui in qualche modo si era andato a cacciare lo stesso Klopp che, nella settimana europea che ha dato ragione agli showman (cfr. Simeone al Calderón), ha pur sempre sbagliato la formazione iniziale. Il 4-2-3-1 con cui il Liverpool è entrato in campo non solo era inadatto alla posizione di vantaggio di cui i Reds potevano godere (con lo 0-0 sarebbero passati) ma anche alle caratteristiche degli avversari. Per mandare in crisi l’organizzazione difensiva del Dortmund sono necessari giocatori che abbiano forza fisica o almeno una grande velocità di pensiero. Per questo ha brillato Divock Origi, che poteva permettersi di ricevere spalle alla porta e attutire l’impatto del contrasto, e può sfruttare anche un’ottima tecnica di base per un centravanti della sua stazza, mentre sono parsi da subito fuori posto Firmino e Lallana, sia sul piano del ritmo che delle letture di gioco, insufficienti per anticipare il pressing improvviso dei “giallo-neri”.
E la linea di trequartisti, composta da destra a sinistra da Lallana, Firmino e Coutinho è stata immediatamente individuata da Tuchel come la debolezza da sfruttare per recuperare il pallone e lanciarsi a tutta velocità verso la porta di Mignolet. Oltretutto, con un uomo in meno a centrocampo per il Liverpool, Tuchel ha potuto schierare un elementare 4-4-2 in fase di non possesso, per coprire il campo senza rischi.
Nella gara di andata Klopp aveva scelto un centrocampo a tre, e Tuchel aveva dovuto sacrificare Mkhitaryan sulla trequarti per schermare il mediano del Liverpool, mentre a turno una delle due ali sosteneva Aubameyang nel pressing iniziale. Con la mediana a due affidata a Emre Can e Milner, non esattamente Busquets e Iniesta in fase di uscita della palla, Kagawa (che giocava al centro della trequarti del Borussia in questa occasione) poteva affiancare con continuità Aubameyang in attacco, mentre i quattro centrocampisti alle loro spalle coprivano il campo in ampiezza. Risultato: due gol in meno di nove minuti per il Borussia Dortmund. E partita (praticamente) chiusa.

Il primo gol. Palla persa per un’incomprensione tra Milner e Alberto Moreno, Mkhitaryan recupera e imposta la transizione in mezzo secondo. C’è qualcosa del rugby nel modo in cui la squadra di Tuchel riesce a coprire il campo in tutta la sua ampiezza e in parità numerica sugli avversari. Nel momento in cui ben tre giocatori dei Reds (Emre Can, Lovren, Clyne) perdono il proprio uomo e si concentrano verso il pallone nei piedi di Kagawa, il Liverpool è spacciato.

Il secondo gol. Firmino qui riceve da Milner in una posizione complicata, ma se avesse realizzato meglio l’incredibile minaccia (lo accerchiano in quattro!) avrebbe provato una giocata di prima invece che un’improbabile controllo nella gabbia giallonera. Di lì a breve, Reus recupera palla e taglia il campo a servire Aubameyang con un movimento che per rapidità d’esecuzione e perfezione del gesto ha qualcosa di Steph Curry. Aubameyang è il suo Klay Thompson.
Reazione timida
Il merito del Liverpool, dopo un avvio così difficile, è sostanzialmente quello di non aver perso la speranza e, di conseguenza, aver conservato un ritmo alto. Nelle poche occasioni avute dal Liverpool nel primo tempo si erano intravisti i temi tattici che hanno evidentemente portato Klopp a rivalutare il proprio piano gara per poi svoltare la partita nel secondo tempo: ad esempio, un’azione conclusasi con un tiro dalla distanza di Coutinho deviato in calcio d’angolo era già un chiaro segnale delle difficoltà del Dortmund a difesa schierata.
Nel momento in cui Lallana, invece che intasare la trequarti, va ad affiancare Origi e ad abbassare la linea di difesa della squadra di Tuchel, Firmino si trova incredibilmente libero di ricevere. Né Weigl né Kagawa vanno a schermarne la linea di passaggio, né Reus si preoccupa di stringere la posizione.

L’azione termina con un elementare triangolazione Coutinho – Firmino. Cou calcia anche da ottima posizione, ma si vede deviare il tiro. In circostanze del tutto analoghe, segnerà il gol del 2-3.
Come era già chiaro dopo la gara di andata, il Liverpool ha il grande vantaggio rispetto alle altre concorrenti all’Europa League di poter contare su una panchina profonda, anche al netto degli infortuni. Così al momento di cercare la punta che potesse affiancare Origi e creare problemi a Hummels e Papastathopoulos, Klopp ha trovato Sturridge. Al momento di cercare l’uomo che potesse agevolare il possesso, Klopp ha trovato Joe Allen. Al minuto sessantadue, Klopp ha sostituito Lallana e Firmino e ha cambiato la partita.
Poco prima era arrivato il momentaneo 1-2 di Origi, nato da un’incredibile intuizione di Emre Can che in progressione ha completamente travolto il centrocampo del Dortmund, complice un Julian Weigl ieri davvero molto passivo in fase difensiva. Origi ha poi finalizzato con un controllo orientato di sinistro e una conclusione con la punta del destro, cogliendo in controtempo Weidenfeller. Una dimostrazione della sua completezza e dei motivi per cui viene preferito a Benteke, e un’altra conferma che il Belgio (nel girone dell’Italia agli Europei, se per caso lo avesse scordato) fa davvero paura.
Il Borussia sembrava, però, essere tornato in controllo della gara quando, con la maturità della grande squadra, era riuscito ad abbassare di colpo i ritmi della partita e l’entusiasmo dell’Anfield Road trovando anche il gol dell’1-3, al termine di quarantacinque secondi di indisturbato possesso palla. Filtrante delizioso di Hummels a tagliare due linee del Liverpool, diagonale di glaciale freddezza di Marco Reus. A questo punto la partita era (davvero) finita.
Fuochi d’artificio finali
L’impatto di Joe Allen sulla partita è riassumibile con due screenshot distanti sette secondi. C’è uno scambio sulla fascia destra tra Clyne e Milner, e il Borussia Dortmund ha la difesa schierata. Il gallese va prima a prendere una posizione intermedia tra Sturridge e Origi che si allargano, poi attende lo scambio tra Clyne e Milner e con un taglio orizzontale si posiziona per ricevere alle spalle di Castro.
Nel Dortmund c’è grande confusione sui tempi delle uscite (ancora una volta Weigl ha provato un anticipo infruttuoso) e sulle disposizioni della zona. Con una giocata di prima notevolissima, Allen tocca per Sturridge, che però è un po’ macchinoso nel toccare per Coutinho, a quel punto libero sulla trequarti in posizione centrale.

Prima Allen è qui…

…poi compare qui e crea una limpida occasione da gol. Tutto questo movimento, assieme alla bolgia di Anfield Road, ha mandato in confusione totale la squadra di Tuchel.
La capacità di Allen di muoversi in tutte le direzioni dello spazio è ancora più evidente qualche minuto dopo, al momento del gol del 2-3 di Coutinho.
Dopo un passaggio orizzontale verso Alberto Moreno, effettua un movimento profondo alle spalle del terzino spagnolo, ritrovandosi largo sulla fascia. Nel fermo immagine si vede chiaramente il momento in cui Piszczek segnala questo disequilibrio: il terzino polacco non sa se allargarsi su Allen o stringere su Coutinho. Poi ci vuole tutto il talento di Coutinho per girarsi in un fazzoletto e scoccare una freccia nell’angolino basso, ma il Liverpool non avrebbe avuto nessuna speranza senza l’imprevedibilità offerta dalle letture sofisticate di Joe Allen.

Joe Allen scala alle spalle di Moreno, si crea un problema con Coutinho. Piszczek l’aveva previsto.
Negli ultimi quindici minuti, giocati in totale apnea, Klopp ha lasciato intravedere una sorta di rombo a centrocampo. Lucas Leiva davanti alla difesa, al posto di uno stremato Emre Can, Joe Allen largo a sinistra, Milner largo a destra, Coutinho trequartista dietro Origi e Sturridge.
La ricetta per fuggire al pressing determinato e organizzato del Dortmund era probabilmente fare affidamento a due giocatori come Allen e Milner, con l’esperienza, la forza fisica e la tecnica di base necessaria a insidiare gli half-spaces tra le marcature del Dortmund.
L’impatto dell’Anfield Road su una squadra mediamente giovane, e l’elemento di imprevedibilità inevitabilmente legato alle mischie in area di rigore hanno fatto il resto. Un colpo di testa di Sakho e un colpo di testa di Lovren hanno deciso la partita, due difensori centrali che il caso ha voluto nel posto giusto al momento giusto. Più che il caso, la passione.