
La mattina del mercoledì 18 gennaio 2006 il mondo della NBA era radicalmente diverso da quello di oggi. Il miglior record della Lega, ad esempio, era detenuto dai Detroit Pistons di Rasheed Wallace e Chauncey Billups, che quella sera sarebbero andati a vincere la loro 31^ partita stagionale su 36 giocate. E mentre San Antonio e Dallas si tallonavano per contendersi il primato dell’Ovest, la squadra che avrebbe poi vinto il titolo al termine di quella stagione - i Miami Heat - occupavano sì al secondo posto a Est, ma ben distanti dai Pistons con un non esaltante record di 23 vinte e 16 perse.
A Toronto era una piovosa (ma non tanto fredda) giornata invernale, e i Raptors mancavano dall’Ontario da qualche giorno, impegnati in un giro a Ovest che li avrebbe poi portati anche a entrare nella storia dalla parte sbagliata. In città, nei rispettivi appartamenti, un trio di amici dai tempi del college stava per imbarcarsi in un’avventura che avrebbe cambiato per sempre le loro vite.
Sono passati poco più di 12 anni da quella mattinata, e a Phil Elder (noto con lo pseudonimo di J.E. Skeets), Tas Melas e Jason Doyle si sono aggiunti nel corso degli anni Matt Osten, Trey Kerby e Leigh Ellis, dando vita all’esperimento chiamato The Basketball Jones. Nato come podcast in un’era dove il podcasting non era così sviluppato come oggi, nell’ottobre 2013 il loro progetto si è trasformato in The Starters, un format televisivo (ma non solo) prodotto e trasmesso da NBA TV che, stagione dopo stagione, continua a superare i suoi record d’ascolto ponendosi come un mondo interattivo e innovativo per coprire e raccontare la National Basketball Association.
L’avventura di questi amici - quattro co-conduttori e due produttori - passati dal commentare l’NBA per passione come rifugio dalla monotonia dei loro lavori quotidiani, all’essere dipendenti e volti di quella Lega da loro tanto amata, è quella che potremmo definire “da film” o come un classico “sogno americano”, anche se dei sei protagonisti di questa storia solo uno è nato negli Stati Uniti.
“Lavoravamo a testa bassa, senza una reale visione e percezione di dove quel progetto ci avrebbe portato”. Tas Melas, uno dei volti (e voci) di The Starters, nonché uno dei tre membri originari di The Basketball Jones, è quasi incredulo nel ricostruire il lungo viaggio che l’ha portato dal produrre uno show tra amici all’essere inviato, per l’NBA, a Londra per i Global Games. “Era qualcosa che facevamo con passione al di là dei nostri lavori quotidiani, non avremmo mai immaginato qualcosa del genere dodici anni fa: è incredibile”.
La storia di The Starters non è soltanto denotata da una considerevole componente di fortuna, ma è soprattutto una storia fatta di passione, perseveranza e anche una non indifferente componente di lungimiranza. Ed è una storia che nasce ancor prima di quel 18 gennaio 2006.
Turning points
L’avventura di The Basketball Jones in realtà inizia nel 2001, quando Melas, Elder/Skeets, Doyle e Osten si iscrivono alla Ryerson University di Toronto per frequentare corsi in comunicazione su radio e TV. I primi tre si mostrano attivi su questi temi anche a livello extra-curriculare, con i primi due che affiancano agli studi l’attività da co-conduttori su talk-show radiofonici non solo a tema sportivo, e il terzo che invece avvia l’attività da produttore.
“L’idea è sempre stata quella di fare uno show divertente, sfruttando il nostro background e perseguendo una nostra passione”. Le parole di Melas trovano riscontro in quella che era la struttura originaria del programma, interamente incentrata per un primo periodo sull’idea di un podcast audio.
La passione, poi, si riscontra anche in quelle che furono le caratteristiche dei primi anni di The Basketball Jones: dopo metà stagione fatta di uno/due episodi settimanali registrati a casa di Doyle, la stagione 2006-07 vide i tre amici passare alla creazione di episodi giornalieri da 15 minuti, programmati in piena notte su MSN e registrati prima dell’alba su Skype per non sottrarre tempo ai loro lavori retribuiti.
Un vecchio promo dei primi anni di The Basketball Jones, ispirato allo spot “Where Amazing Happens” della NBA.
Col tempo Melas, Skeets e Doyle riuscirono ad avere accesso ad apparecchiature più professionali, ma nei primi quattro anni della loro esperienza si trattava sempre un progettino dal guadagno economico pari a zero. Ad inizio 2009-10 i tre furono raggiunti anche da Osten, e in quella stagione arriva il primo vero punto di svolta.
“Il primo turning point è sicuramente stato l’arrivo nel 2010 a The Score”, dice Melas. “Era un momento in cui probabilmente avremmo chiuso la nostra avventura se non fosse arrivata una svolta: sino a quel momento era un progetto che non ci faceva guadagnare e che comportava il dispendio di tante energie. Erano passati quattro anni, e prima di The Score non sapevamo se ci sarebbe mai stata una svolta. Unirci a loro era l’occasione prima di tutto per fare questo lavoro a tempo pieno, lavorando con un’emittente che trasmetteva le partite della NBA e che aveva un rapporto diretto con la stessa Lega. Se avessimo continuato a fare questo lavoro a un livello amatoriale sarebbe stato molto più difficile notarci”.
Like a Bosh, uno dei contenuti più “iconici” della storia di TBJ.
Una volta raggiunto il primo turning point, con la stabilità che ne derivava, il gruppo si allarga con l’arrivo di Trey Kerby, blogger di Yahoo! e già autore di The Blowtorch's Big Book of Basketball Facts, libro che raggiunse il numero 1 della classifica del New York Times e fu anche consigliato da Oprah Winfrey. Kerby divenne il blogger di TBJ, comparendo anche su The Overdose, l’appuntamento settimanale in versione extended del programma. Il consolidamento del gruppo avvenne anche all’interno di due stagioni affascinanti per la NBA, dominate mediaticamente da The Decision di LeBron James e dalla finale persa malamente dai Miami Heat dei Big Three contro i Dallas Mavericks.
The Basketball Jones nel frattempo aveva anche festeggiato l’episodio numero 500 della sua storia, ma dopo 15 mesi di attività con The Score arrivò un nuovo punto di svolta: il lockout.
The Basketball Jones Amarcord: l’inno per sostenere la candidatura all’All-Star Game di Andrea Bargnani.
Il Lockout come occasione
Non è difficile affermare che tra luglio e dicembre 2011 la National Basketball Association abbia vissuto il momento più difficile della sua storia recente. La concreta prospettiva di una stagione cancellata interamente condizionò tanti giocatori, che decisero di volare oltre oceano per tenersi in attività, ma ebbe un effetto enorme anche su tutta la sfera mediatica che ruotava attorno alla Lega.
È difficile, pertanto, pensare a come il lockout possa essere stato un’occasione per alcuni appartenenti al mondo mediatico dell’NBA. Perché, per l’allora gruppo di The Basketball Jones, fu una grande occasione. “È indubbiamente stato un’occasione per noi” afferma Melas. “Non c’era basket in programma, ma la gente aveva fame di contenuti di basket. Continuare a produrre contenuti ci ha sicuramente aiutato a farci notare”.
Il lockout di The Basketball Jones si è tradotto nel ‘No Season Required’ Tour: un viaggio attraverso nove città NBA, in cui la crew ha prodotto show in diretta on the road, contenuti video interagendo con i fan, membri dei media e giocatori in attività o passati, due anni dopo la prima intervista fatta dal team a un giocatore NBA (Tony Parker, all’All Star Weekend di Phoenix 2009). Una serie di attività e contenuti che ha mostrato il talento di un gruppo che era entrato, inconsapevolmente, nei radar della Lega.
“Andare in una sauna con Benny the Bull… andare al campo dei Spurs vestiti da cowboys; ci siamo fatti notare, e oggi lo rifaremmo nuovamente” dice Melas, pur escludendo che la possibilità di un lockout possa verificarsi a breve termine vista la “totale unità d’intenti tra Adam Silver e Michelle Roberts”.
La serrata del 2011 comportò anche l’arrivo di un nuovo membro nella squadra: Leigh Ellis, che già lavorava nel dipartimento web di The Score e, come Kerby un anno prima, si era avvicinato alla crew di TBJ primariamente come grande appassionato del programma. Ellis sale a bordo dopo essersi fatto notare dal gruppo, anche per motivi pratici - in tutti gli alberghi prenotati per il Tour c’era un posto letto che avanzava - e diventa il “sesto uomo” di TBJ, nonché uno dei componenti dallo stile più iconico.
Il lockout fu quindi un successo, e The Basketball Jones continuò a far parte del bouquet di The Score per le successive due stagioni, in cui fece parte anche della categoria podcast di Grantland.com per entrare nel mercato statunitense e arrivando anche a celebrare l’episodio numero 1.000. Andò avanti fino al 21 giugno 2013, data dell’ultima puntata andata in onda, subito dopo l’emozionante Gara-7 tra Heat e Spurs.
Fino al nuovo turning point della storia.
L’episodio numero 1.000 di The Basketball Jones.
Atlanta, NBA TV
“Il cast di The Starters ha dimostrato un’abilità unica nell’avvicinarsi alla fan base dell’NBA attravero la creazione di contenuti divertenti, creativi e intelligenti attraverso più di un media. Nell’NBA siamo sempre alla ricerca di contenuti innovativi per le nostre piattaforme digitali”. Furono queste parole dell’allora GM di NBA Digital Christina Miller, quattro anni e mezzo fa, a dare il benvenuto alla crew di The Basketball Jones, nel frattempo ribattezzata in The Starters per motivi legali.
Skeets, Tas, Trey e Leigh, sempre con Matt e JD a regia e produzione, arrivano quindi ad Atlanta, trasferendosi da Toronto alla Georgia insieme a tutte le rispettive (e nel frattempo diventate numerose, in alcuni casi) famiglie, per dedicarsi alla creazione di uno show giornaliero (cinque volte alla settimana) di un’ora interamente pensato per la TV.
Il “benvenuto” a The Starters da parte della crew di NBA TV.
L’adattamento non fu dei migliori, visto che nella prima stagione emersero tutti i limiti di un gruppo non abituato a show così lunghi e in diretta. L’idea di cercare di mantenere lo show televisivo come se fosse un podcast non si rivelò delle migliori: ma siccome “sbagliando si impara”, la seconda stagione fu decisamente migliore in tal senso.
L’introduzione di The Drop, un podcast solo audio (dalla durata di 60-90 minuti) dall’uscita settimanale e parecchio simile al The Overdose che fu parte cruciale di The Basketball Jones, e la contestuale riduzione a 30 minuti dell’episodio televisivo fu la chiave per far fare al gruppo l’ulteriore salto di qualità, con un programma che è progressivamente cresciuto superando, stagione dopo stagione, i suoi record d’ascolto.
Merito di The Starters, ma anche di una Lega che ha continuato a credere nel progetto: “Il nostro essere qui, dove siamo oggi, è soprattutto dovuto all’avere incrociato la visione di una lega lungimirante” dice Melas, “che non si è mai basata esclusivamente sullo status quo, ma ha considerato una realtà di appassionati che facevano uno show in maniera divertente, alternativa e professionale e seguita da un buon numero di tifosi. L’NBA cerca sempre di evolversi e abbiamo scelto la lega giusta: se avessimo parlato di un altro sport probabilmente non saremmo qui”. La reattività della National Basketball Association nei confronti di progetti come The Starters si vede anche nella disponibilità della stessa lega ad associare la sua immagine, i suoi protagonisti presenti e passati in campo, al programma: “È illuminante, fantastico e anche surreale che l’NBA ci consideri meritevoli di poter rappresentare la Lega permettendoci di invitare giocatori e leggende in trasmissione” dice Melas.
“Ad esempio il video per le wedgies che abbiamo fatto l’anno scorso con Shaquille O’Neal, ispirato a uno spot stucchevole che avevamo visto a Toronto, è stato qualcosa di incredibile e surreale” continua il co-conduttore di The Starters. “Shaq poi è stato disponibilissimo ad aiutarci in quell’idea. Ripensandoci, sembra decisamente qualcosa fuori dal mondo”.
Lo spot per le wedgies, le giocate in cui il pallone si incastra tra ferro e tabellone.
Nelle prossime puntate
Tra interviste, trasferte e sketch, quella in corso è la quinta stagione di The Starters su NBA TV. Quella che nacque come una scommessa, per Turner e la Lega, si sta rivelando sempre più un successo editoriale lungimirante, su cui vale la pena di continuare a investire. Da un paio d’anni, infatti, le puntate di The Starters vengono registrate in uno studio di registrazione di Atlanta ad uso esclusivo del programma, rendendo questo l’unico programma di NBA TV insieme a Inside the NBA a non essere registrato nei “classici” studi di registrazione dell'emittente tv.
L’attenzione verso le nuove forme di broadcasting da parte della Lega, infatti, ha portato alla creazione di The Starters Twitter Show, una versione di The Drop trasmessa live ogni martedì su Twitter e costruita ad-hoc in funzione dello stesso Social Network, con la possibilità di interagire in diretta tramite tweet e sondaggi.
Melas, dopo dodici anni di un’avventura incredibile, è ottimista e reattivo quando pensa al futuro: “L’NBA è il motore di cui parliamo, e finché continua ad andare come sta facendo, il nostro obiettivo è quello di stare all’erta ed essere in grado di creare contenuti sempre interessanti e divertenti”.
“Intervistando il commissioner a Londra — altra esperienza surreale! — un’idea che è emersa è quella di di abbinare al commento classico di una partita quello in altre lingue o quello di personalità NBA che commentano la partita in maniera alternativa” afferma. “Abbiamo fatto una cosa simile in passato con TNT Overtime, ma questo sarebbe qualcosa di più definito e più disponibile a livello mondiale. Ad esempio rendendo disponibili alcune partite su piattaforme come Twitch”. (L’NBA ha iniziato un esperimento in tal senso, di recente, per alcune partite di G-League, ndr).
“Non so esattamente dove stia andando la Lega in questa direzione” conclude Melas. “Noi abbiamo iniziato a fare podcasting nel 2006, in un’epoca in cui non era così diffuso questo mezzo, e questo sicuramente è uno dei motivi della nostra fortuna: ci faremo trovare pronti a saltare in corsa su nuove idee o tecnologie. La chiave per noi è quella di continuare ad avere passione per il produrre buoni contenuti”.
La proposta di The Starters per l’All Star Draft.
Non è difficile immaginare che questa passione possa continuare ad alimentare il lavoro di questo meltin’ pot di appassionati NBA diventati volti e voci della lega più importante al mondo. La passione è quella che ha portato questo gruppo di amici dal guadagnare 2.400 dollari canadesi come prima retribuzione !a progetto” ai tempi di The Basketball Jones a un accordo pluriennale che ha cambiato la vita delle sei rispettive famiglie.
È quella che portava Tas Melas, J.E. Skeets e Jason Doyle a svegliarsi, più di 10 anni fa, alle 5 del mattino ogni giorno per registrare la puntata giornaliera di TBJ, prima di andare al lavoro. È quella che ha portato loro tre e Matt Osten a non mollare, dopo anni di tempo libero sacrificato per un progetto che stentava a pagare dividendi. È quella che ha portato Trey Kerby prima e Leigh Ellis poi ad avvicinarsi al gruppo, per diventarne il quinto e sesto membro, in un viaggio da Toronto ad Atlanta passando per altre nove città NBA in una indimenticabile estate senza partite all’orizzonte.
Un viaggio, impregnato di passione, che ha portato (e porterà) questi amici a vivere da vicino i momenti topici della stagione NBA: sono ormai habitué della Summer League, e nelle ultime stagioni, a rotazione, hanno vissuto anche l’esperienza dell’All-Star Weekend (anche “interpretandola” alla loro maniera) o di essere Sideline Reporter durante partite di regular season NBA, fino ad arrivare ai Global Games o anche alle NBA Finals.
Leigh Ellis nello spogliatoio dei Warriors durante i festeggiamenti per il titolo 2017.
La storia di The Starters è una combinazione unica di lungimiranza, passione e fortuna, possibile in un ambiente mediatico e sportivo reattivo alle novità e agli input esterni: la stessa The Score assunse i membri di TBJ grazie anche a un mailbombing da parte dei fan del programma.
È il lavoro dei sogni che ogni appassionato vorrebbe fare, e i primi a esserne consapevoli sono loro stessi: nel 2007 Skeets, ad esempio, affermava come il suo lavoro dei sogni fosse proprio quello che si ritrovò a fare qualche anno dopo. La passione emanata da The Starters, che colpisce in pieno la galassia NBA, è speciale anche, se non soprattutto, per la capacità di “ispirare” l’appassionato medio, calandolo allo stesso tempo nel contesto di una quotidiana discussione al bar tra amici.
Magari aspettando la prossima wedgie.