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Fabio Barcellona
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18 mag 2017
18 mag 2017
Sono bastati 45' alla Juventus per dimostrarsi più forte della Lazio, portando a casa il primo trofeo stagionale.
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Fabio Barcellona
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Dopo la sconfitta di domenica scorsa contro la Roma qualcuno aveva agitato lo spettro del “triplete mancato”: la grande paura che si possa arrivare in fondo a tre obiettivi senza poi portarne a casa neanche uno. Ci si è affidati ai ricorsi storici, ricordando

. Quell’anno la squadra guidata in campo da Michael Ballack giunse a un passo dal vincere la Bundesliga, la Coppa di Germania e la Champions League. In campionato, al primo posto e con 4 punti di vantaggio sul Borussia Dortmund a 4 giornate dalla fine, il Bayer riuscì a conquistare un solo punto nei successivi tre turni, facendosi scavalcare dai gialloneri. Nei giorni successivi perse per 4-1 la finale di Coppa di Germania contro lo Schalke 04 e quella di Champions League a Glasgow proprio contro il Real Madrid, in una finale ricordata soprattutto per

.

 

La finale di Coppa Italia era il primo trofeo da vincere per scacciare questi spettri, cominciando a tradurre in coppe l’enorme mole di lavoro fatta finora. Si trattava, in fin dei conti, di cominciare a rispettare la mentalità vincente a cui la Juventus ci ha abituato in tutta la sua storia, ma soprattutto negli ultimi anni: si perde solo se l’avversario è stato incredibilmente bravo.

 

La Lazio arrivava alla finale con meno pressioni. Dopo avere eliminato nel derby di semifinale la Roma, per i biancocelesti, sfavoriti sulla carta e autori di una stagione al di là delle previsioni, la Coppa Italia rappresentava soprattutto il coronamento di un’annata estremamente positiva.

 

 



 

Allegri ha cambiato 8 giocatori rispetto alla gara contro la Roma. Al netto delle squalifiche e degli infortuni, in campo è scesa la formazione titolare, con l’eccezione di Neto, portiere di Coppa Italia, al posto di Buffon. Come contro il Monaco, Cuadrado è rimasto in panchina per fare posto a Dani Alves, spostato più avanti con Barzagli dietro. Una scelta ormai strutturale viste le prestazioni offensive del brasiliano. In mezzo al campo, Pjanic e Khedira sono stati sostituiti da Marchisio e Rincon.

 

Simone Inzaghi è rimasto invece col dubbio se schierare o no Parolo fino all’ultimo secondo, infine mettendolo in campo. In attacco è stato lasciato in panchina Felipe Anderson, facendo spazio alla coppia Immobile-Keita.

 

Se contro il Monaco la presenza di Barzagli al fianco di Bonucci e Chiellini si era tradotta in una, seppur fluida, difesa a 3, contro la Lazio Allegri ha mantenuto il modulo 4-2-3-1. Barzagli, terzino destro, aveva soprattutto il compito di limitare il dominio aereo di Milinkovic-Savic nella zona di centro destra della difesa della Juventus.

 


Il 4-4-2 difensivo della Juventus.




Inzaghi ha provato a sorprendere la Juve cercando di mandare a vuoto la pressione bianconera sulla costruzione bassa della propria squadra. Nelle fasi iniziali della manovra avversaria Allegri ha alzato Mandzukic su Bastos, per pressare in parità numerica contro i tre centrali laziali. Allora Inzaghi ha provato ad aumentare lo spazio per il proprio rombo di costruzione allargando i difensori e abbassando Biglia.

 


La Lazio prova a creare superiorità numerica in zona arretrata allargando Wallace e Bastos e abbassando Biglia.




In questo modo la Lazio andava in un certo senso contro i propri princìpi, di solito più verticali e diretti nella ricerca degli attaccanti. Appena persa palla,

nella fasi iniziali dei match, i biancocelesti hanno provato ad applicare una riconquista immediata giocando brevi fasi di gegenpressing. Eppure, la prima occasione è arrivata da una situazione tattica tipica della Lazio di Inzaghi: Milinkovic ha lanciato d’esterno Keita in campo aperto; il senegalese ha attaccato lo spazio con la solita velocità,

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Esaurita la spinta iniziale, la Lazio è tornata nella propria zona di comfort, riappropriandosi delle proprie abitudini più consolidate. Ripiegata nella propria metà campo, ha lasciato la pressione alta a fasi brevi e occasionali. La strategia difensiva di Inzaghi era piuttosto chiara: in fase di non possesso Biglia rimaneva sempre vicino alla difesa per aiutare De Vrij, sia facendo da schermo che raddoppiando, nella marcatura di Higuain. Bastos si occupava dei tagli interni di Mandzukic, che liberavano Alex Sandro, controllato da Basta. Sul proprio lato sinistro, invece, Wallace seguiva il più possibile da vicino Dybala, anche a costo di disordinare la linea difensiva visto che, come di consueto, l'argentino occupava più che altro la zona di centro destra dell’attacco bianconero. Lulic era impegnato in un duello con Dani Alves che poi si rivelerà decisivo per le sorti del match. Infine, le due mezzali tenevano la posizione in maniera prudente, lasciando piuttosto liberi di giocare i diretti avversari Marchisio e Rincon.

 

Tutto questo impianto difensivo è stato però messo in difficoltà dalla qualità delle trame offensive della Juventus. La squadra di Allegri ha attaccato in maniera asimmetrica sui due lati del campo: a destra Barzagli rimaneva più basso e Dybala si apriva cercando le combinazioni sullo stretto con Dani Alves, mentre a sinistra, in maniera più lineare, Alex Sandro spingeva coordinando i propri movimenti con quelli di Mandzukic. È proprio sulla sinistra che sono arrivati i maggiori problemi per Inzaghi, sia quando rappresentava il lato forte che quando era quello debole.

 

Quando l’azione della Juve partiva dal proprio lato destro, i bianconeri erano bravi a creare superiorità, utilizzando l’arma posizionale e quella tecnica. Barzagli era sempre libero di ricevere il pallone e, per quanto riluttante, la mezzala sinistra della Lazio - Milinkovic-Savic prima e Lulic, dopo l’uscita dal campo di Parolo – era costretta ad abbandonare la posizione per accorciare verso il terzino bianconero. All’inizio la mezzala era sempre troppo distante e i tempi di aggressione spesso errati: la Juve ne ha approfittato bene, creando, con il supporto dell’interno di centrocampo, superiorità numerica e posizionale sul proprio lato destro, con cui faceva progredire l’azione.

 


La mezzala sinistra della Lazio, Lulic, abbandona la propria posizione ed esce su Barzagli. La Juve crea una zona di superiorità numerica che si tramuta in superiorità posizionale, giocando in 4 contro 3 con Barzagli, Dani Alves, Dybala e un interno, contro la mezzala sinistra, l’esterno sinistro e Wallace.




La qualità tecniche di Dybala e Dani Alves hanno dato spessore e brillantezza al vantaggio tattico sulla fascia destra. Anche quando erano in inferiorità numerica riuscivano a trasformarla in superiorità grazie all’efficacia dei loro fraseggi e agli scambi di posizione.

 

I problemi sulla fascia sinistra difensiva biancoceleste non erano meno gravi quando il pallone era in possesso della Juventus sul lato opposto del campo. In questo caso i biancocelesti non riuscivano a gestire lo spazio sul lato debole tra Wallace e l’esterno. Il primo gol della Juventus è nato proprio da un errore difensivo che ha lasciato Alves libero di ricevere il lussuoso cross di Alex Sandro alle spalle di Wallace.

 


Nel primo gol, con Lulic in ritardo su Dani Alves, Wallace non guarda mai alle sue spalle e stringe verso il centro, lasciando lo spazio per la conclusione a Dani Alves.




Anche le ricezioni in isolamento di Dani Alves, dopo lo sviluppo dell’azione sul lato opposto,

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L’abilità della Juventus di girare a proprio favore le falle della strategia difensiva avversaria gli ha permesso di controllare tutto il primo tempo, grazie a una circolazione del pallone sicura, senza rischi ma comunque efficace (60% di possesso palla per la Juve alla fine del primo tempo). A puntellare il dominio del pallone, e a raccordare la gestione del possesso e la fase di rifinitura è stato soprattutto Dybala, con le sue ricezioni ai fianchi di Biglia e alle spalle delle mezzali o sull’esterno destro.

 


La mappa dei 61 tocchi di palla della partita di Dybala.




Oltre alla bravura della Juventus, insomma, hanno pesato le gravi carenze della Lazio. La squadra di Inzaghi è stata imprecisa nel palleggio basso e la Juve particolarmente brava a tramutare palloni recuperati in posizione medio-alta in

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Dopo lo svantaggio iniziale la Lazio ha provato ad alzare il proprio baricentro e ad adottare un atteggiamento tattico che avrebbe richiesto una transizione difensiva molto più efficace di quella mostrata dalla squadra di Inzaghi. Le fasi di riaggressione laziale sono state quasi sempre imprecise e le marcature preventive poco puntuali, esponendo i biancocelesti alla pericolosità juventina ogni volta che perdevano palla.

 

https://vimeo.com/217977162

La Lazio è costretta dal risultato ad attaccare con tanti uomini. La Juve recupera palla in posizione molto bassa, ma Higuain sfugge alla marcatura preventiva di De Vrij e genera una pericolosissima ripartenza.


 

Per dare un contorno numerico a questo dominio: la Juve ha concluso il primo tempo con 8 tiri in porta, di cui 7 nello specchio e 2 da dentro l’area piccola. Il doppio vantaggio con cui i bianconeri sono andati negli spogliatoi era insomma del tutto legittimato dal gioco.

 

 



 

Dopo 7 minuti della ripresa Inzaghi ha provato a mescolare le proprie carte inserendo Felipe Anderson per Bastos. È stato mantenuto il 3-5-2 arretrando Basta e schierando il brasiliano sull’out di destra: l’idea era di aumentare la qualità tecnica sulla trequarti e Anderson, dopo pochi secondi dall’ingresso, per poco non segnava con un tiro di mezzo esterno sul secondo palo parato bene da Neto. Poco dopo da un suo cross per Immobile nasce la più pericolosa occasione della Lazio nel secondo tempo.

 

La Juventus invece ha rallentato il proprio ritmo e provato a giocare una partita più attendista. si è messa in campo con un 4-4-2 difensivo che aveva l’obiettivo di controllare lo spazio e negare la profondità agli avversari.

 

Nonostante i miglioramenti nella qualità offensiva, un controllo maggiore del pallone e un minor numero di ripartenze subite, la Lazio non è riuscita a mandare la difesa bianconera in affanno. I principali pericoli sono arrivate da alcune palle perse in mezzo al campo seguite da veloci ripartenze; oppure da alcune, sorprendenti, imprecisioni della linea difensiva.

 


Qui la Juventus difende bassa ma Bonucci e Chiellini sono allineati male e Immobile può ricevere nel cuore dell’area.




 

Gli ultimi cambi di Inzaghi - Luis Alberto per De Vrij - non hanno sortito effetti tangibili e la Juventus ha potuto alzare al cielo, con una certa tranquillità, la sua terza Coppa Italia di fila, record italiano, issandosi a quota 12 nell’albo d’oro della competizione.

 

 



 

La Lazio non ha forse giocato la migliore partita della sua (ottima) stagione, mentre aveva bisogno di una prestazione perfetta, senza errori. Nel primo tempo le proprie lacune - nella transizione difensiva e nei meccanismi di recupero del pallone - hanno scoperto il fianco poi attaccato dalla Juventus in maniera spietata. I bianconeri sono invece stati bravi a neutralizzare le armi offensive della Lazio, smorzando ad esempio il dominio aereo e fisico di Milinkovic-Savic grazie alla mossa di Barzagli.

 

Per la Juventus la conquista della Coppa Italia era di fondamentale importanza per allontanare l’”effetto Bayer Leverkusen” e per affrontare con serenità la decisiva sfida con il Crotone di domenica prossima e, in prospettiva, la finale di Champions League. Come spesso capita nelle partite decisive, La Juventus è stata brava a rendere concreta la superiorità virtuale, approfittando in maniera chirurgica dei punti deboli e degli errori degli avversari.

 

Se vogliamo allargare lo sguardo, in vista della finale di Champions League, è interessante notare come Allegri abbia messo a punto un ulteriore aggiustamento della propria squadra, proprio quando il 4-2-3-1 e i nomi degli 11 titolari sembravano ormai dei punti fermi. La lettura delle ultime formazioni negli impegni decisivi sembra suggerire che la scelta preferenziale sia ormai quella di schierare Dani Alves in posizione più avanzata, sfruttando così a pieno l’incredibile momento di forma del brasiliano. L’utilizzo di Barzagli consente ad Allegri una notevole flessibilità tattica: si può passare dal 4-2-3-1 al 3-4-2-1 senza cambiare un solo uomo, in modo fluido e in qualsiasi momento della partita. Un’altra arma da mettere in campo nell’attesissima sfida di Cardiff contro il Real Madrid.

 

 

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