Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Dario Pergolizzi
Venite a scoprire il Sudtirol
08 apr 2022
08 apr 2022
Una delle migliori difese in Europa.
(di)
Dario Pergolizzi
(foto)
Dark mode
(ON)

Scorrendo tra le notizie più importanti del 1971 si può leggere della morte di Jim Morrison,

, del diritto di voto alle donne

 Si va dai fatti della “

”, tentativo disgelo tra Cina e Stati Uniti, fino alla nascita del

. Un anno che, a vederlo oggi, sembra ammantato da una strana patina opaca e stantia, che lo rende per certi versi persino più vecchio dei cinquantuno anni che ci separano, ma che a guardarci attraverso lascia intravedere al contrario scampoli di ciò che sarebbe venuto poi, processi socio-politici e tecnologici che tutto sommato ce lo rendono più “vicino”.

 

Cinquantuno anni, insomma, possono essere tanti, tantissimi, ma anche molto pochi. Il 13 giugno dello 1971 la Reggiana allenata da Ezio Galbiati - che prima di sedersi sulla panchina aveva trascorso 22 anni come portiere tra serie A, B e C – conclude il campionato al primo posto, ritornando in Serie B dopo un solo anno. La particolarità della stagione della Reggiana, però, è nel numero di gol subiti: dopo 38 giornate, solo 9. Si tratta del record per il minor numero di gol subiti, oltre che per la Serie C/Lega Pro, anche per tutti e tre i principali campionati professionistici italiani. Per la Serie A i record appartengono al Cagliari 69/70 (11 gol, con 16 squadre) al Milan 93/94 (15 gol, 18 squadre), e alle Juventus 11/12 e 15/16 (20 gol, con 20 squadre); in Serie B, invece, il record è del Genoa 88/89 (13 gol).

 

Di questo record si è tornati a parlare con insistenza nelle ultime settimane perché dopo cinquantuno stagioni c’è una squadra che potrebbe eguagliare, o comunque arrivare vicino, al record della Reggiana: si tratta del Südtirol allenato da Ivan Javorčić. La squadra altoatesina si trova al primo posto in classifica nel girone A di Serie C dopo 35 partite giocate con appena 9 gol subiti. È una cifra sbalorditiva non solo se messa in confronto con i record storici citati sopra, anche se potrebbe non batterli tutti, ma anche e soprattutto se confrontata con i numeri dei suoi avversari nel girone, dove solo Padova (24) e Feralpisalò (28), attualmente seconda e terza, sono riuscite a mantenersi sotto i 30 gol subiti. Insomma confrontato con la contemporaneità e, ancora di più, con il contesto in cui si trova si può dire, anche alla luce dei 42 gol fatti (quarto attacco del campionato), che la capacità granitica di non subire gol sia alla base della grande stagione del Südtirol.

 



Non bisogna, però, farsi ingannare dai numeri. Una squadra di Serie C che rischia di vincere il campionato grazie alla miglior difesa per distacco, potrebbe far pensare a una squadra con uno stile di gioco conservativo, dove il primo comandamento è “non prenderle”. Una squadra, in definitiva,

: un attributo che spesso viene usato per allenatori e realtà dove si subisce poco perché privilegiano tattiche più difensive per arrivare alla vittoria. Ci sono però due grossi problemi con questo concetto.

 

Il primo è etimologico.

significa “che antepone la pratica alla teoria”, ma questo è un aspetto comune a qualsiasi allenatore. O meglio: il mestiere dell'allenatore è intrinsecamente teorico, la pratica è dei giocatori. L'allenatore è uno stratega, la tattica è del giocatore. L'allenatore crea un terreno comune, una rete di relazioni e interpretazioni polivalenti. In questo contesto, i concetti di teoria e pratica si mescolano, e non ci sono allenatori più "pratici" di altri. Il problema della teoria che sovrasta la pratica può presentarsi se un allenatore non riesce a filtrare il suo percorso formativo e i suoi processi di studio traducendoli in contenuti comprensibili dalla squadra. Ma in questo caso l'allenatore viene rigettato dal sistema. Un allenatore eccessivamente "teorico" nell'unica accezione possibile, semplicemente, non fa strada.

 

Il secondo riguarda il modo in cui viene usato comunemente, ovvero che sarebbe “pragmatico” chi difende basso e compatto, o in generale chi si distingue per come difende. Il sottotesto è che soddisfare queste caratteristiche (estetiche e contenutistiche) significhi essere più vicini all'aspetto concreto del gioco del calcio rispetto a chi ha altre peculiarità. È un modo subdolo per sottintendere che chi persegue altre intenzioni sia distaccato dal reale. Eppure pensare che chi ha intenzioni propositive trascuri la fase difensiva è sbagliato. Nel calcio banalmente non si può scindere una buona fase difensiva da una buona fase offensiva se si vuole riuscire nel proprio progetto. Anzi, le due cose sono strettamente collegate: un calcio propositivo non può prescindere da una impostazione difensiva altrettanto efficiente e aggressiva. È utile allora mettersi a dividere le due cose, dato che le cosiddette “fasi di gioco” sono molto più intrecciate e interdipendenti di come tendiamo a raccontarle?

 

Per Ivan Javorčić, l’allenatore del Südtirol, le due cose sono indissolubilmente legate: «spesso si giustifica un risultato del genere facendo riferimento solo ad una delle due fasi, quella di non possesso, ma secondo me il gioco del calcio è caratterizzato da una correlazione molto stretta di tutte le sue fasi e per far fronte a qualsiasi problema bisogna avere un approccio globale, olistico» così ha raccontato il lavoro che sta facendo con la sua squadra

, «Noi sicuramente abbiamo una cura maniacale del dettaglio dal punto di vista tattico su quello che è il modo di portare il pressing, sulle caratteristiche dell'avversario, e lavoriamo molto anche sull'aspetto emotivo, nel sentimento e nel piacere di difendere la nostra porta, ma sono assolutamente convinto che il modo in cui svolgiamo la fase di possesso ci aiuta tantissimo ad essere efficaci nella fase di non possesso».

 

Il pragmatismo reale è rappresentato fedelmente dall’approccio metodologico di Javorčić, che non ritiene di dover scomporre il gioco per poter lavorare meglio sulla fase difensiva della sua squadra, ma che anzi sia necessario curare al meglio il gioco nella sua globalità. Nella stessa intervista ha spiegato come circa il 70/75% dei suoi allenamenti siano dedicati a situazioni di possesso palla. Questo vuol dire che, la squadra con il minor numero di gol subiti in Italia, allena in maniera pura la propria difesa per circa un quinto del tempo.

 

Quando parlo di pragmatismo reale mi riferisco soprattutto alla necessità dell’allenatore di tradurre in pratica la sua forte preparazione teorica e trovare il modo migliore di farlo in base al contesto in cui si trova a lavorare. In un’altra intervista a

Javorčić ha affermato non solo di non aver mai pensato di riproporre il sistema di gioco utilizzato con successo alla Pro Patria, ma di essersi adeguato armoniosamente alle esigenze e le abitudini della sua nuova squadra, dove è arrivato addirittura senza staff, trovando un gruppo «particolarmente predisposto al lavoro senza palla, che veniva svolto con applicazione e intensità». Con il Südtirol ha quindi negoziato la sua preferenza per allenamenti con molti esercizi con il pallone, trovando dei compromessi che gli consentissero di insegnare i sui suoi principi senza perturbare troppo la serenità e la sicurezza del gruppo. Una qualità che potrebbe tornargli molto utile anche in piazze più grandi e ambiziose.

 



A questo punto avrete intuito che il Südtirol è una squadra propositiva, aggressiva, che cerca di imporre il proprio contesto ideale attraverso il possesso, e che la solidità difensiva che lo caratterizza è solo l’effetto più evidente di un approccio molto più globale alla complessità del gioco. Fino a qualche tempo fa avremmo definito la squadra di Javorčić come “proattiva”, e forse potremmo ancora farlo, a patto di non trascurarne la componente “reattiva”, ovvero la capacità di conciliare l’imposizione della propria identità di gioco in ogni partita e gli accorgimenti strategici che cambiano da avversario ad avversario. Tutte le migliori squadre "proattive" sono capaci di ciò, e nel suo piccolo, lo è anche il Südtirol .

 

Vedendo giocare il Südtirol le due cose che più saltano all’occhio sono la volontà di avere il pallone (e di riconquistarlo) e la determinazione con cui cercano di dominare gli spazi, che sia per svuotarli e riempirli con rotazioni dinamiche pazienti fatte di ritmi modulati, o per aggredirli voracemente con una verticalizzazione o una corsa in pressione. Il desiderio che la squadra di Javorčić ci mette per controllare il campo forse supera persino le potenzialità di finalizzazione a fronte della mole di gioco creata, però di contro consente ai “Biancorossi” di manipolare il caos tipico delle partite di Serie C rendendolo più un compagno di danza che un ostacolo.

 

Partendo da un teorico 4-3-3, Il Südtirol può cambiare struttura anche nel corso della stessa partita o in base all’avversario. Quando parte dal basso, col portiere, cerca sempre di creare più linee di passaggio corte, col fine di attirare la pressione avversaria e, solo quando si presenta un varco giusto, andare in verticale rapidamente. L’influenza del portiere Poluzzi in questi frangenti è alta, poiché gli sviluppi non sono sempre gli stessi e deve essere pronto a cogliere lo smarcamento profondo giusto e quindi a lanciare, non limitandosi insomma a fare da sostegno alla circolazione dei difensori centrali, ma partecipando attivamente.

 



 

Di solito quando parte dalla rimessa del portiere il Südtirol è disposto con un 1-2-4-4 con i due centrali (Curto, Zaro o Vinetot) larghi al fianco del portiere, uno degli interni (Broh) stretto vicino al play (Gatto) e con i terzini (De Col o l’adattato Malomo a destra e Davì o Fabbri a sinistra) aperti sulla loro linea, mentre l’altra mezz’ala si alza tra le linee e con il tridente offensivo fissa la linea avversaria in ampiezza e profondità. Anche quando decide di lanciare direttamente verso la punta o sull’esterno, il Südtirol cerca di mantenere la sua struttura più uguale possibile, così da mascherare la propria intenzione di andare lungo fino all’ultimo, per impedire agli avversari di arretrare e prepararsi. La capacità di avere due strade diverse con una struttura simile consente alla squadra di poter diversificare, alternando soluzioni più dirette e profonde a altre vicine ed elaborate, cercando, quando possibile, la superiorità posizionale data da un movimento incontro tra le linee da parte degli interni (Tait sul centro destra e Broh sul centro sinistra) della punta (Odogwu, De Marchi, Galuppini) o degli esterni (Voltan, Casiraghi o Rover) che stringono dentro il campo.

 

Solo in questa fase, cioè quando la costruzione parte dal portiere, la ripartizione degli spazi è più o meno sempre la stessa. Quando poi il gioco si sposta in avanti, il Südtirol diventa una squadra molto fluida, sfruttando rotazioni e scambi di posizioni per attaccare. Cercando di trovare una linea guida, si può dire che, alzato il baricentro dell’azione, il Südtirol tende a lasciare il solo mediano centrale come riferimento davanti alla difesa e a basculare da un lato all’altro per dare supporto al palleggio sugli esterni, mentre entrambe le mezzali si alzano oltre la seconda linea di pressione.

 


Un esempio di possesso più avanzato del Südtirol contro un avversario che pressa meno. I difensori portano palla e la squadra avanza in blocco, cercando di verticalizzare tra le linee dopo aver avvicinato il più possibile i giocatori in catena per poter sviluppare con fraseggi e movimenti rapidi.


 

Anche se talvolta è possibile vedere i difensori centrali portar palla anche oltre il centrocampo, dove la squadra di Javorčić risulta più fluida è lungo le catene laterali, all’interno delle quali il trio composto da terzino, esterno e interno attacca attraverso triangolazioni dinamiche sempre diverse e difficili da definire.

 

https://youtu.be/aPt_i7nr7TE?t=88

Nei due gol segnati alla Juventus U23 in Coppa Italia, due sfondamenti da sinistra dopo combinazioni rapide e scambi di posizione.


 

È possibile vedere il terzino stretto all’interno, l’esterno basso e l’interno aperto, così come tutte le altre combinazioni possibili, a seconda dei giocatori utilizzati e delle loro interpretazioni della specifica situazione. Sul lato debole, invece, il Südtirol cerca di mantenere aperta la possibilità di sfruttare un isolamento in ampiezza, oppure di stringere di più la posizione di un giocatore (magari la mezzala o il terzino opposti) per avere una soluzione più vicina allo sviluppo laterale e allo stesso tempo una densità maggiore in caso di palla persa.

 

[gallery ids="79918,79919"]

Il terzino destro stringe la posizione e funge da compensatore durante uno sviluppo laterale con sovraccarico. Successivamente, la sua posizione gli consente di essere anche un collegamento con l’esterno alto aperto in isolamento sul lato debole.


 

A dare supporto in avanti, scivolando lateralmente, è spesso la punta centrale, che è chiamata a venire fuori sia per aumentare il sovraccarico in zona palla che per attrarre uno dei difensori e creare spazio in area di rigore. Se la punta esce dall’area di rigore, ci sono sempre almeno 4-5 giocatori pronti a riempirla, tra esterni, interni e il terzino del lato opposto. A rimanere a presidio della possibile ripartenza avversaria, e dunque in marcatura e copertura preventiva, rimangono i due difensori centrali, che hanno un atteggiamento molto aggressivo, e il mediano, che si mantiene in una posizione intermedia; talvolta anche uno dei due terzini.

 

L’efficacia del Südtirol in riaggressione è molto alta. La priorità è quella di coprire il pallone, anche portando una doppia o persino tripla pressione se la circostanza lo richiede e consente, in modo da togliere ogni visuale al giocatore avversario che ha recuperato il pallone, mentre il resto della squadra si orienta sui riferimenti più vicini.

 





Alcune situazioni di riaggressione del Südtirol.


 

In queste situazioni i ruoli sono ancora meno vincolanti, in quanto ogni giocatore vicino alla zona in cui è stato perso il possesso è chiamato a rispondere in maniera reattiva, continuata e insistita, per provocare l’errore dell’avversario o comunque ostacolarne la progressione. Per farlo ai giocatori del Südtirol è concesso tutto: corse in avanti, in diagonale, all’indietro, in orizzontale, qualunque cosa sia necessaria pur di non lasciare troppo tempo e spazio all’avversario.

 


 

 

 

Qui, per esempio, si vede l’esterno destro che, dopo una palla persa con la squadra un po’ lunga sul suo stesso appoggio, riconosce il pericolo e stringe tantissimo dentro il campo, così come l’altro esterno, mentre i compagni si compattano. Da notare anche l’intensità delle corse in avanti sui singoli riferimenti man mano che l’avversario gioca. Tutto ciò è coronato dalle marcature preventive dei difensori centrali, che sono sempre molto aggressive e consentono alla squadra di avanzare come un unico blocco anche a palla persa, rimanendo corti e furiosi intorno al pallone.

 

Questa voracità nel recupero del possesso, naturalmente, si riflette anche nei frangenti di gioco in cui il Südtirol si ritrova a difendere di posizione, a varie altezze, alternando il 4-3-3 al 4-1-4-1 in base alla zona di campo, ma adeguandosi anche all’avversario che trova di fronte.

[gallery ids="79920,79921"]



Qui sopra vediamo due diversi accorgimenti nell’assetto senza palla: contro il 3-5-2 del Seregno (tridente in pressing sui tre centrali avversari, terzino che sale sul quinto, mezzala che stringe sul regista) e contro il 4-3-3 del Fiorenzuola (4-4-2 asimmetrico con mezzala destra ed esterno sinistro aperti sui terzini). Al di là degli adattamenti che possono esserci di volta in volta, il comune denominatore delle fasi di non possesso del Südtirol è la voglia di coprire il pallone, di aggredire in avanti, di scivolare rapidamente da un lato all’altro e di lavorare in maniera molto precisa sulle coperture da dare ai compagni che escono in pressione. Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante per garantire un’adeguata difesa sia nelle occasioni di pressing in avanti, che in quelle di protezione dell’area sulle palle laterali, circostanza che il Südtirol affronta portando spesso il raddoppio sull’esterno avversario, uscendo forte col terzino lato palla e dando coperture con gli interni o gli esterni, e talvolta anche facendo scivolare lo stesso difensore centrale, mentre il resto dei centrocampisti riempiono gli spazi in area.

 

Questi sono solo alcuni degli aspetti interessanti del gioco del Südtirol, quelli che forse rappresentano meglio la peculiarità di questa squadra, arrivata a essere tra le più invulnerabili tra i campionati europei principalmente grazie all’abilità di gestire il possesso e riprenderselo, attraverso un approccio metodologico che, stando al suo stesso allenatore, vuole rispettare

, arrivando a trasferire concetti e principi funzionali senza impoverire la proposta di allenamento. A questo punto, anche se sarebbe un coronamento adeguato, non è poi così importante che il Südtirol riesca a pareggiare il record di invulnerabilità della Reggiana – due gol presi nelle ultime due giornate lasciano pensare che sarà impossibile - quanto piuttosto che il Südtirol riesce a far passare il messaggio che per essere solidi bisogna per forza scendere a compromessi dal punto di vista offensivo. C’è tutta una fazione, non solo tra i tifosi o i commentatori ma anche proprio nell’ambiente calcistico, secondo cui per difendere bene bisogna passare tanto tempo ad allenare “la fase difensiva” come se fosse un aspetto isolato del gioco del calcio, e di farlo sempre secondo un’accezione conservativa.

 

Questa stagione del Südtirol, oltre ad averci fatto scoprire un allenatore dalla proposta molto interessante, sta infrangendo molti di questi preconcetti e chissà magari troverà sempre più emuli in futuro. Questo sarebbe davvero importante, che questa idea diventasse comune, abbracciata da altre realtà minori. Perché se in Italia è difficile provare a fare questi tipo di calcio a tutti i livelli, è quasi impossibile farlo nelle categorie che arrivano sotto la Serie A, dove invece sarebbe più interessante, e anche più facile per certi versi, sperimentare e creare altri prodotti interessanti come il Südtirol di Javorčić, che non è solo una squadra compatta e divertente, ma è anche una squadra che vince, proprio come vogliono tutte le società a tutti i livelli.

 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura