• Mondiale 2018
Antonio Cunazza

I migliori stadi del Mondiale: la Otkritie Arena

Il nuovo stadio dello Spartak Mosca è la perfetta rappresentazione estetica della storia del club.

Questo pezzo è il terzo di una serie in cui analizzeremo gli impianti più belli del Mondiale russo ormai alle porte, dopo quelli sul Luzhniki e sul Nizhny Novgorod

 

Alla Otkritie Arena si sono giocate:

Argentina-Islanda (gruppo D), 16 giugno 2018

Polonia-Senegal (gruppo H), 19 giugno 2018

Belgio-Tunisia (gruppo G), 23 giugno 2018

 

E si giocheranno: 

Serbia-Brasile (gruppo E), 27 giugno 2018

ottavo di finale 1H-2G, 3 luglio 2018

 

La Otkritie Arena, stadio dello Spartak Mosca inaugurato nel 2014, è il primo impianto “di casa” che il club russo possa definire come tale, nella sua storia. La “Squadra del Popolo”, come viene soprannominata, non ha mai avuto un proprio stadio in quasi un secolo di vita, giocando, anzi, le partite casalinghe fra vari impianti e campi da gioco in giro per Mosca.

 

Se pensiamo a Mosca e allo Spartak è soprattutto lo Stadio Luzhniki a venirci in mente. Lo stadio nazionale richiama alla memoria gli anni ‘90, che videro il club della capitale come porta-bandiera della neonata Russia nelle coppe europee. Il gol di Ronaldo con la maglia dell’Inter nel fango moscovita, in semifinale di Coppa UEFA 1997/98, è uno dei ricordi più evocativi di una squadra che arrivò anche ai quarti di finale di Champions League nel 1996 (battuta dal Nantes che, a sua volta, perderà in semifinale con la Juventus, avviata a vincere il trofeo a Roma in quell’anno).

 

Il Luzhniki ha messo in contatto anche la storia dello Spartak con quella della Torpedo Mosca, altro club della capitale russa che in quel decennio fu acquisito dalla società proprietaria dello stadio, ritrovandosi di casa nell’impianto, a differenza dello Spartak che continuava a giocare un po’ qui e un po’ nello stadio della Lokomotiv. Tre anni fa, finalmente, la storia itinerante dello Spartak, affascinante ma forse poco consona ad una squadra con l’identità storica dei “Krasno-Belye” (rosso-bianchi, in russo), è terminata proprio con l’inaugurazione della Otkritie Arena.

 

Il lungo progetto

L’idea di un nuovo stadio per lo Spartak Mosca si era fatta strada per la prima volta all’inizio del nuovo millennio, quando il nuovo proprietario, Andrei Chervichenko, acquista il club mettendo alla porta Oleg Romantsev – storico allenatore artefice dei successi degli anni ‘90, con nove campionati vinti fra il 1992 e il 2001, e possessore di una consistente quota del club.

 

Pur uscendo vincitore dalla faida interna contro Romantsev, però, Chervichenko nel 1998 si ritrova coinvolto nell’inchiesta del trasferimento illecito di denaro per il passaggio di Alenichev alla Roma (fatti a cui Chervichenko era probabilmente estraneo, ma che ricadono comunque sulla sua gestione con cinque anni di ritardo). Chervichenko, miliardario con grossi investimenti nel settore petrolifero, decide quindi di le sue quote a Leonid Fedun (uno dei principali azionisti del conglomerato energetico russo Lukoil) nel 2004, con il quale i passi per il nuovo stadio diventano finalmente concreti.

 

Foto di Ian Walton / Getty Images

 

Nel 2006 il governo federale regala al club un terreno di quasi 30 acri nell’area dell’ex campo volo militare di Tushino, a nord di Mosca. Nel 1991 si erano esibiti qui i Metallica, in un concerto che rimane storico, mentre il CSKA Mosca vinceva l’ultimo campionato sovietico prima della dissoluzione dell’URSS (con due punti di vantaggio proprio sullo Spartak).

 

La cerimonia della posa della prima pietra avviene nel 2007, con l’inaugurazione prevista (ottimisticamente) per il 2010. Nel 2009, in realtà, di costruito c’è solo quella prima pietra, e lo stadio è ancora fermo sui fogli di progetto. Il problema è uno stile definito “troppo ordinario” secondo la commissione giudicante, che lo boccia e lo rimanda a una nuova revisione.

 

Finanziato dal proprietario Leonid Fedun, tramite la Lukoil (main sponsor dello Spartak dal 2000), lo stadio inizia finalmente il suo percorso costruttivo nell’ottobre del 2010 e vede la luce quattro anni dopo, con la partita inaugurale del 5 settembre 2014, Spartak-Stella Rossa Belgrado 1-1.

 

Forgiato dalla storia

Inserita nel contesto naturale di una piccola foresta, segnata dal canale Khimka Reka (effluente del fiume Moscowa), la Otkritie Arena può ospitare 46.000 spettatori ed è uno stadio che fa della simbologia il suo tratto distintivo.

 

Stilisticamente simile all’Allianz Arena di Monaco, con la sua pianta a rettangolo arrotondato, è stata progettata dalla sezione russa della AECOM (già presente in diversi progetti sportivi, non ultimo il Mercedes-Benz Stadium di Atlanta), in sinergia con la londinese Dexter Moren Associates (coinvolti nel disegno di alcune strutture di St George’s Park, il centro sportivo della Football Association inglese).

 

All’interno si sviluppa su due livelli di gradinate piuttosto classici, che abbracciano il campo con il rosso acceso dei seggiolini, per omaggiare ovviamente il colore sociale dello Spartak. La copertura è leggermente sospesa rispetto all’ultima fila delle tribune e il bianco della struttura reticolare sui quattro lati interni contrasta con la compattezza delle gradinate sotto di sé. La struttura del tetto, inoltre, è stata studiata per combinare al meglio un ridotto peso proprio con un’ottima capacità di carico: le forti escursioni termiche e le frequenti nevicate, tipiche del clima moscovita, hanno influenzato la realizzazione dei canali di scolo e di una distribuzione ottimale dei carichi previsti sulla copertura.

 

Ma è all’esterno che si delinea il vero lato simbolico dell’impianto. La facciata della tribuna ovest è segnata da vetrate a tutta altezza, mentre gli altri tre lati dello stadio sono avvolti, senza soluzione di continuità, da una trama di pannelli in vetro strutturale sovrapposti dalla forma a rombo, che alternano una sfumatura dal rosso al bianco e viceversa. Il tutto è definito dalla forma dello stemma dello Spartak Mosca (disegnato nel 1935), che viene declinato in questo rivestimento e caratterizza completamente l’identità della casa del club. In parte un effetto-armatura, in parte una texture moderna, ad avvolgere lo stadio e unire la storia alla contemporaneità del club. Un caso molto raro in cui la quasi totalità della struttura esterna di uno stadio è caratterizzata da un’estetica riferita alla squadra che ospita.

 

Foto di Francois Xavier Marit / Getty Images

 

A rendere ancora più celebrativo lo stadio nei confronti della storia del club ci sono poi le statue celebrative all’interno e all’esterno dell’impianto. A bordo campo c’è la meravigliosa scultura dei quattro fratelli Starostin, fondatori dello Spartak, seduti su una panchina a seguire idealmente ogni partita del loro club. All’esterno, invece, di fronte all’ingresso della gradinata nord, l’enorme statua del gladiatore Spartacus a cui la squadra deve il nome e la filosofia di lottare per cambiare il proprio destino. Il monumento si innalza su una grande piramide rossa e accoglie i tifosi dall’alto dei suoi 25 m d’altezza: il gladiatore poggia i suoi piedi su una grande sfera che mescola un pallone da calcio a frammenti di metallo che richiamano il passato industriale russo, ed è incastonato a essa tramite un rombo tridimensionale stilizzato che traccia un segno di modernità e identità allo stesso tempo.

 

Quasi tutti gli elementi che caratterizzano l’estetica della Otkritie Arena, insomma, si rifanno in qualche modo alla mitologia dello Spartak, l’unica squadra moscovita la cui fondazione non fu legata direttamente o indirettamente a organi statali (a differenza della Dinamo, con la polizia, e il CSKA, con l’esercito, per parlare solo dei club di Mosca). La Otkritie Arena porta direttamente sulla sua pelle la storia di una delle squadre più importanti del calcio russo, e la declina in una struttura contemporanea che finalmente i tifosi dello Spartak possono chiamare “casa”.

 

 

Tags :

Antonio Cunazza è nato a Torino, dove si è laureato in Architettura e Restauro. Si occupa di comunicazione e divulgazione dell'architettura sportiva. Ha scritto "Wembley, la storia e il mito" (Urbone, 2021).