
Jannik Sinner vede scorrere la volée vincente di Carlos Alcaraz e già chiede l’asciugamano al raccattapalle. È un gesto istintivo che fanno tutti i giocatori dopo aver perso un punto importante: chiedono un asciugamano per asciugarsi la faccia, e pulire via il dispiacere. Si trova in una brutta situazione. Alcaraz è avanti 6-5 e ora ha una palla break, la prima della partita, che però - fatalmente - è anche un set point. Nella Inalpi Arena calano dieci secondi di paura, prima di un incoraggiamento che suona già disperato. Ci si era messo da solo in quella situazione, quando aveva vinto il sorteggio e scelto di rispondere. Si era messo nella posizione di reagire, lasciando ad Alcaraz il controllo del punteggio. Durante gli US Open era stato il suo trademark: andare avanti, non lasciarsi riprendere più.
Era stato stranamente sopito in quel set, Alcaraz: aveva giocato bene ma in controllo, senza particolari accensioni. Si era fidato molto della sua capacità irreale di schizzare per il campo, producendo contrattacchi improvvisi.
Poi all’ultimo game, percependo la linea del traguardo vicina, sgasa improvvisamente. Sinner non mette la prima, e nello stadio la paura si sta già tramutando in dispiacere. Non lascia passare troppo tempo, Alcaraz ha i piedi vicini alla riga, aggressivo, intimidatorio. Sinner ha molto da perdere. È stato sconfitto agli US Open, ha perso il numero uno del mondo e ora la sua minaccia si è spinta nel cuore del suo territorio: il campo indoor di Torino, casa sua, dove è campione da due anni. Ancora meglio, sulla superficie su cui da due anni ha un bilancio da videogioco: trentuno vittorie consecutive, quattro set persi complessivamente. L'ultima sconfitta era arrivata proprio qui a Torino, nelle Finals del 2023, contro quella che all'epoca era la sua bestia nera, Novak Djokovic.
Come si gestisce quell’ansia? Sinner in quel momento non ne ha. Realizza che non può permettersi rimorsi: forzerà la seconda. Se andrà fuori pazienza, ma l’avrà persa lui. Se andrà dentro se la sarà meritata, non avrà aspettato l’errore di Alcaraz. Tira una seconda prudente nel piazzamento ma veloce, velocissima: 187 km/h. Alcaraz è sorpreso, e siamo di nuovo in parità.
Come era successo nella finale di Wimbledon, quando aveva tirato quelle seconde robuste e coraggiose, è ancora quel colpo a sciogliere i nodi del match a favore di Sinner. Non si tratta solo del punto in sé ma delle sue conseguenze. Esserselo preso attraverso il rischio consolida le certezze di Sinner, e mette Alcaraz più sulla difensiva. Del resto l’equilibrio è tale, tra i due, che la differenze passa per i dettagli; e ormai siamo ad un livello di tennis tale in cui ogni seconda è una preda se non la tirano come se fosse un'altra prima.
Quando si usano parole vaghe come “campione” è a questo tipo di momenti che ci si riferisce, a quando si riesce a tirare fuori il meglio di sé nella massima tensione. Quando si preferisce il coraggio al timore, e si sa che è meglio perdere con le proprie mani che essere sconfitti lasciando per strada occasioni perdute, rimorsi, possibilità intentate. Questo lo si sa perché lo sport ha una propria morale interna che i fenomeni sanno rispettare: quando il momento è duro non sono concessi calcoli e dubbi, bisogna essere audaci.
"Sul 6-5 nel primo set avevo già giocato due o tre seconde: avevo sempre servito uguale e avevo sempre perso il punto. Dovevo fare qualcosa di diverso: sono andato per quella più rischiosa, poi la puoi anche sbagliare. Però anche se l'avessi sbagliata, so che avrei fatto la cosa giusta. Sono piccoli dettagli, a volte serve un po' di coraggio e un po' di fortuna. Però te lo devi anche meritare quel momento lì: preferisco perderlo io quel punto piuttosto che lo vinca lui”.
Se Sinner voleva vincere le ATP Finals, in finale contro Alcaraz, la partita avrebbe dovuto meritarsela lui.
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A Torino la finale tra Sinner e Alcaraz è apparsa subito inevitabile, se non altro per un fatto statistico: in tutti i tornei del 2025 in cui hanno partecipato entrambi, almeno uno di loro due è arrivato in finale. A Torino le racchette decorano le vetrine dei negozi, le palline da tennis schizzano nelle installazioni luminose montate a Piazza San Carlo. Negli eleganti caffè ottocenteschi si parla di tennis, in un clima umido ma stranamente caldo per novembre. E mentre si parla di tennis tutti si chiedono chi vincerà, tra Alcaraz e Sinner. Nessuno pensa che Felix Auger-Aliassime, Alexander Zverev o Alex De Minaur possano rappresentare un ostacolo all’ennesimo reboot.
Si erano incontrati nelle ultime tre grandi finali del 2025: a Parigi, a Londra, a New York. A Torino si trattava di calare il sipario sulla stagione che ha cementato la loro rivalità e monopolizzato il tennis. L’unico plot del 2025 è stato: chi vince tra Sinner e Alcaraz? L’italiano ha trionfato agli Australian Open e a Wimbledon, lo spagnolo al Roland Garros e agli US Open.
Di finali Slam tra di loro, nel 2025, Alcaraz ne ha vinte due, Sinner una. A Parigi la sconfitta di Sinner è sembrata un caso, ricorderete perché; a New York, però, Alcaraz sembra aver sciolto quello che negli ultimi mesi era stato per lui un’enigma. Si era allenato, era migliorato con un lavoro specifico ed era riuscito finalmente a minare il dominio da fondo di Sinner, sgretolando le sue certezze. Migliorato il servizio e il rovescio, Alcaraz si è sfilato la camicia di forza che Sinner aveva cominciato a cucirgli addosso. I pattern dell’italiano si sono disordinati. Alcaraz era sembrato, semplicemente, più forte. Il numero uno del mondo era una conseguenza.
Arrivato a Torino Andrea Gaudenzi gli ha consegnato la coppa per il primo posto nel ranking. Con oltre 12000 punti conquistati, Alcaraz ha vissuto una delle migliori stagioni della storia del tennis e dimostrato di essere, in questo momento, il miglior giocatore al mondo. Eppure quando gli hanno chiesto prima della partita se il favorito era lui o l’altro ha indicato Sinner, senza pensarci. Non era solo pre-tattica, aveva motivi razionali per crederlo.
A New York aveva affrontato una versione minore di Sinner, scarica e con profondi problemi al servizio. Stavolta poi si sarebbe giocato indoor: la superficie in cui l’italiano è più dominante e Alcaraz meno. Alle Finals lo spagnolo non ha mai vinto, Sinner due volte. Non perde una partita dalla finale di Torino del 2023: due anni in cui ha costruito una striscia dai contorni storici. Indoor il tennis di velocità, ritmo e sopraffazione di Sinner è ingestibile per chiunque. È arrivato in finale senza perdere neanche un set - in un torneo in cui perdere set è più semplice, visto che si gioca con quelli che teoricamente sono i migliori giocatori al mondo.
Insomma: non era semplice immaginare chi avrebbe vinto, tra Sinner e Alcaraz. Per ogni fattore a favore di uno si poteva pensare anche un altro fattore a favore dell’altro. In più ce n’era uno più intangibile: si sarebbe giocato col pubblico a favore di Sinner, come non succede mai dentro i campi neutrali, dove in genere si tifa per Alcaraz. Si sarebbe rivelato un vantaggio, oppure il pubblico di casa gli avrebbe messo troppa pressione?
Sul 4-3 al tiebreak del primo set Jannik Sinner ha già accumulato abbastanza rimpianti per non stare tranquillo. Stava giocando meglio di Alcaraz ma aveva sbagliato due palle corte di fronte a un campo spalcancato. Due errori che stavano facendo girare il parziale. Sul 4-2 in vantaggio aveva tirato un servizio talmente bene che il pubblico aveva già esultato. Tutti quei rumori lo hanno disturbato, producendo una palla corta sciroccata, fuori di tre metri.
Lo scarto competitivo è esile, le partite si vincono attraversando crinali sottilissimi. Non ci si può permettere che la perfezione, nient’altro che la perfezione. Alcaraz recupera il mini-break di svantaggio e serve una prima esterna veloce; Sinner la impatta in avanti, mettendola al centro profonda. Alcaraz gestisce bene e pian piano riesce a riprendere il comando, girando attorno al suo dritto. A quel punto Sinner è in difficoltà. Arriva fuori equilibrio su un recupero a destra, cerca di incrociare stretto, mentre vede con la coda dell’occhio Alcaraz che si avvicina a rete. Lo spagnolo ammortizza con una palla corta non male, ma Sinner ci arriva. È un miracolo, la sua velocità: un corpo così lungo e mago che si muove per il campo con una rapidità ragnesca. (Come correranno, come si muoveranno, i tennisti d'elite tra vent'anni?). Ci arriva per un pelo e deve staccare la mano, e gli riesce un pallonetto che passa beffardo sopra la testa di Alcaraz.
Sul 5-4 un altro scambio in cui Sinner deve resistere alla furia di Alcaraz, che dopo un dritto pesante scende a rete minaccioso. Sinner, gli fa giocare una prima volée di rovescio, ci arriva e ha la palla sul dritto, si avvicina, sembra caricare il colpo. Allora Alcaraz fa un altro passo in avanti per chiudere la rete. Come un giocatore di poker, Sinner maschera le intenzioni fino all’ultimo, poi sfodera un pallonetto d'inganno, da maestro dell’arte della difesa.
Forse non sono questi due lob i colpi di “variazione” a cui Sinner si riferiva, quando ferito dopo la finale degli US Open aveva annunciato di dover cambiare; di dover fare in campo cose diverse. Però è con questi colpi improvvisati, fuori dagli schemi, che Sinner ha vinto due punti decisivi nell’equilibrio della partita. Due scambi che si sono giocati fuori dai soliti pattern, in territori paludosi dove Alcaraz di solito è il più forte.
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Alcaraz sa raggiungere intensità intimidatorie nella partita. Il suo dritto sa andare anche 15 km/h più veloce della media del circuito. Chi ha guardato il primo set contro Felix Auger-Aliassime non lo dimenticherà facilmente. Un tennis di una violenza inaudita, in cui ad Auger sembrava poter saltare la racchetta tra le mani, in cui Alcaraz si è trasformato in una pressa idraulica - addolcita, di tanto in tanto, da ricami beffardi. Guardate questo scambio: Alcaraz sembra giocare col suo avversario, ridotto a una preda ormai in suo potere. Gode nella palla corta, ma gode anche nel devastare il rovescio di FAA tirando sempre più forte. Di fronte a certi punti di Alcaraz vien voglia di arrendersi.
Secondo Tennis Insights il primo set di Alcaraz nella semifinale è stato, statisticamente, il suo migliore nel 2025. Questo per dire che ci sono dei momenti in cui il tennis di Alcaraz va solo gestito, e questa è in parte la storia dell’inizio del secondo set. Quando Sinner si è presentato al servizio nel secondo parziale, era chiaro che Alcaraz avrebbe aumentato la sua aggressività al massimo, cercando di scoprire se Jannik avrebbe avuto bisogno di rifiatare. Se il suo servizio sarebbe stato meno affilato, il suo ritmo da fondo meno pressante. Di fronte a un Sinner meno intenso, un po’ confuso, Alcaraz ha trovato un break decisivo. Un colpo mentale decisivo. Sinner non subiva un break dal torneo di Parigi, ma ha commesso due doppi falli e ha tirato un dritto in corridoio. Un break insolito, per Jannik Sinner, che è un maestro nella gestione delle energie. Un economo che sa bene quando non può permettersi una tensione più bassa.
La velocità e la potenza prodotta dai due genera però una dimensione a gravità diversa. Si gioca in apnea e chi esce a prendere aria si ritrova sbalzato dall’altro in un istante. Al sesto gioco Alcaraz infila un paio di errori strani, tra cui un serve&volley assolutamente sciagurato. Uno schema frivolo, non all’altezza della serietà del contesto.
Poi un momento assolutamente decisivo: al sesto gioco ottiene la prima palla break. Alcaraz serve al corpo, Jannik se la toglie di dosso mettendo la racchetta come capita. La palla si alza verso il cielo e all’improvviso siamo in un momento da baseball, col pubblico che alza gli occhi al cielo cercando di indovinare la parabola di una palla imbizzarrita. La palla resta in campo, si ricomincia lo scambio e Sinner gioca con la precisione di chi non può lasciarsi sfuggire quell'occasione.
Nel game successivo un altro patimento di Sinner, che non mette una prima, sbaglia le scelte sulla seconda, si gratta la testa attraverso il cappello, becca un paio di risposte mortali di Carlos. Le percentuali scivolano, crollano, e il tennis di Sinner diventa di resistenza. Dall’altra parte Alcaraz riversa uragani dal suo lato di campo. In qualche modo resiste.
Non c’è molto di spiegabile nelle difficoltà al servizio di Sinner. Secondo Ljubicic c’è un problema di lancio palla troppo in avanti. Possibile, vi chiederete, che un tennista simile abbia problemi con il lancio palla? All’inizio del secondo set la percentuale di prime di Sinner scende sotto la quota, fatale, del 60% (era al 61% nel primo set). Non è automatico, ma con quella percentuale è difficile sostenere una partita contro Alcaraz. Nella seconda parte del secondo set crolla ancora, chiuderà al 47%. C’entra sicuramente la presenza di Alcaraz, che lo costringe a prendersi rischi più grandi, a fare cose diverse; eppure è più spiegabile per i doppi falli (5) che per le prime che non entrano.
Sulla seconda, che è comunque la migliore del circuito, è una partita a scacchi. Alcaraz è aggressivo coi piedi in campo, e allora Sinner carica il colpo, lo porta attorno ai 180 km/h. Può commettere doppio fallo, o sorprendere l’avversario. Alcaraz è prudente, si mette alcuni metri indietro, e allora Sinner rallenta e si mette a lavorare da fondo, dove comunque sembra avere qualcosa in più. Il saldo tra vincenti ed errori non forzati lo racconta: 8-3 senza doppi falli, mentre Alcaraz ha un conto negativo che si riequilibra solo nel finale.
Forse anche perché si è sentito più incerto nello scambio da dietro, ha cercato di verticalizzare appena possibile. Sinner, però, è infallibile nel passante: col dritto e anche col rovescio, disegnando traiettorie col goniometro. Alcaraz a un certo punto dice al suo angolo “a rete non ci scendo più”. Due punti dopo, però, è di nuovo a rete, a gestire una palla che gli si fionda tra i denti. È così frettoloso perché sta male alla coscia, oppure perché è ricaduto nella sua solita confusione tattica? Dopo la partita lui ha negato che l'infortunio lo abbia condizionato.
Nel secondo set la partita diventa quindi meno bella, ma interessante per questo scontro, tra un giocatore che cerca di accelerare di continuo pur rischiando di andare fuori giri, e l’altro sempre alla ricerca del più perfetto Cruise Mode possibile.
Alcaraz, comunque, sembra più opaco tatticamente rispetto agli ultimi mesi in cui il suo tennis si è asciugato verso una maggiore linearità. E a forza di errori Alcaraz si ritrova sul precipizio. Si presenta a rete dopo un rovescino anemico e Sinner lo fulmina, e si porta al matchpoint. La Inalpi Arena è incontenibile. Dopo uno scambio pesante, grave, da fondo campo, un rovescio di Alcaraz troppo largo, Sinner che si butta a terra. Sono braccia alzate, abbracci, baci mancati, lacrime di un angolo stravolto.
Era il miglior Alcaraz? Ha giocato una buona partita, ottima in alcune fasi, ma ha mostrato dei passi indietro rispetto alla versione apparentemente invulnerabile vista alla fine dell’estate. Se il dritto ha continuato a macinare velocità spaventose, il rovescio - il colpo più migliorato degli ultimi mesi - non ha retto stavolta lo standard di Sinner, che del resto è il più alto.
Il rendimento al servizio in finale è calato proprio nel momento più importante. Al di là delle statistiche e delle percentuali contano i momenti, e Sinner - che ha servito male - ha alzato il suo livello nel momento del bisogno. Come a Wimbledon, un paio di scommesse sulla seconda lo hanno salvato; mentre Alcaraz nell’ultimo game non è più riuscito a mettere la prima, pagandola cara contro la migliore risposta del circuito. C’è molto di buono, per lui, da portarsi dietro. Per questo ha detto di uscire dal campo comunque “a testa alta”.
Se guardiamo il quadro completo, però, Alcaraz ha giocato la sua prima finale alle Finals in carriera e ha giocato comunque quasi alla pari con il miglior giocatore su quella superficie.
La partita ci racconta l’equilibrio supremo che regna fra i due. Esistono ancora aree da esplorare, del talento di entrambi. Alcaraz può ordinare ancora un po’ il suo tennis, e rendere un po’ più stabile il servizio; Sinner può migliorare la sensibilità nelle variazioni e il servizio - forse il colpo più determinante nel futuro della sfida. La partita ci conferma però che il risultato finale, tra Sinner e Alcaraz, dipenda soprattutto dallo stato di forma in cui arrivano ai match.
È la seconda volta che Sinner vince le ATP Finals ma stavolta, in finale contro il suo rivale, ha un significato diverso. Un coronamento appropriato per una stagione che forse è stata la migliore di Sinner. Alcuni numeri ce lo dicono, la costanza, la solidità, ma soprattutto l’impressione vedendolo giocare, di un uomo che sta rasentando la perfezione. Aver sciolto la tensione della squalifica gli ha regalato una leggerezza e una maturità che si vede in campo, in come riesce a gestire le difficoltà, vincere tornei e nel frattempo continuare a lavorare su sé stesso.
Nonostante le difficoltà vissute in finale, il servizio ha fatto passi in avanti. “Sinner torna sempre più forte dalle sconfitte. Dall’ultima volta il suo servizio è migliorato” ha detto Alcaraz. È stata fatta qualche modifica nel lancio palla, nella spinta sulle gambe, ma anche nel piazzamento. Come spiegano questi dati, Sinner ricerca più servizi alla ’T’, dove vince meno punti ma mette più prime. Un compromesso positivo.
È sempre il gioco da fondo, però, quello che lascia a bocca aperta guardando Sinner giocare. Ormai abbiamo visto così tante sue partite che rischiamo di esserci abituati, eppure dovremmo farci attenzione e goderci la leggerezza con cui riesce a creare il suo ritmo insostenibile, che è espressione di puro talento come una bella volée o una palla corta ben tagliata. Soprattutto indoor. Quando il tetto è chiuso e sul campo da tennis non c’è vento né sole, nessuna interferenza esterna nell’impero delle righe, Sinner è il più forte di tutti. Quando il clima resta stabile e sul campo calano condizioni artificiali, Sinner è libero esprimere il proprio tennis di eccellenza tecnica, di dritti e rovesci colpiti con senso del tempo e dello spazio superiori. Un tennis levigato, pieno di una grazia gelida, un giro di basso dei Joy Division. Un rovescio tirato lungolinea che è la definizione stessa di potenza senza sforzo.
Per paradosso, può anche rappresentare il suo limite. Quando il tennis si sporca, e diventa un gioco di aggiustamento, allora Sinner diventa più vulnerabile. O meglio: diciamo che non riesce a toccare il picco di perfezione che raggiunge indoor, e Alcaraz ha più armi per metterlo in difficoltà.
In ogni caso, Sinner chiude il 2025 con due Slam e la vittoria alle ATP Finals. Il primo Wimbledon, il primo 1000 di Parigi. Se inquadriamo il percorso sulla distanza dei due anni, Sinner ha vinto 4 slam, due ATP Finals, quattro Master 1000. Non so se vedremo versioni di Sinner migliori di questa, quanto margine di miglioramento ulteriore ci sia. Se magari vedremo versioni diverse, se dovrà rallentare o se invece si tratterà di strangolare ulteriormente i tempi, colpire la palla con maggiore anticipo, provare a scoprire se esiste una dimensione ulteriore che il tennis di Jannik Sinner può abitare. Simone Vagnozzi ha vagheggiato l’obiettivo, per il 2026, di diventare “più aggressivi”. Ancora più aggressivi?
Se guardiamo più in là non sappiamo quanto sia possibile mantenere queste velocità, questi picchi irreali. Niente come lo sport ci insegna la finitezza. Ora, però, siamo nel bel mezzo della perfezione, quindi facciamoci caso.