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La bella vita spagnola di Simone Zaza
23 ott 2017
23 ott 2017
L'inaspettata rinascita dell'ex attaccante della Juventus.
(articolo)
8 min
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La letteratura scientifica abbonda di ricerche sul trauma psicologico seguente agli infortuni degli atleti: non altrettanto si può dire del trauma successivo a un grave errore, uno di quelli che, però, sappiamo possono definire o cambiare corsa a una carriera intera. In un gioco di squadra, nessun trauma può essere superiore a quello di un portiere che sbaglia, perché il portiere è sempre solo, certo; ma il portiere è in qualche modo preparato, a differenza di un giocatore di campo che fallisce un calcio di rigore: per lui quello è l’unico momento in cui smette di far parte di un collettivo e diventa individualità.

Dalla sera del 2 luglio 2016, cioè dalla sconfitta ai rigori contro la Germania agli Europei, noi tifosi ci siamo ripresi subito. Il tempo di deridere chi aveva sbagliato, di chiederne addirittura l’allontanamento dalla Nazionale, e poi, finita l’estate, già tutti con la testa al campionato. Da quella sera di Bordeaux, invece, c’è chi ha impiegato più tempo per riprendersi: uno di quelli che il rigore l’aveva sbagliato, e male. L’ultimo gol di Simone Zaza, prima di quella partita, fu in uno Juve-Carpi, il primo maggio 2016: non ha più segnato per tutto l’anno solare.

Per rivivere l’emozione di un gol, ha dovuto aspettare addirittura 294 giorni, e nel frattempo ha cambiato tre maglie e tre paesi: dalla Juve al West Ham, dal West Ham al Valencia. Da quel 2 luglio è un calciatore nel caos: prima ha perso tanto peso, in Inghilterra poi non si è ambientato e a gennaio 2017 è stato spedito in una squadra disastrata come il Valencia. Il 19 febbraio 2017 segna contro l’Athletic, e si scrolla di dosso un peso. Ma non sembra più lanciato verso una grande carriera, non sembra più lo stesso giocatore, ammesso che si possano mostrare delle qualità in una squadra disorganizzata come il Valencia.

Invece Zaza è tornato, in simbiosi con il Valencia, una squadra letteralmente riportata in vita da un allenatore rigoroso e metodico come Marcelino. Tra le tante scelte giuste dell’allenatore asturiano, anche quello di dare fiducia completa al centravanti italiano: decide di non acquistare altre punte, nonostante sia un reparto troppo leggero. Dopo l’esordio in campionato con gol decisivo, Zaza vive un nuovo momento oscuro, uno di quelli in cui sembra non sapersi gestire. Marcelino lo sistema in panchina nel derby contro il Levante, poi, prima di farlo entrare, gli chiede di riscaldarsi meglio di come stesse facendo. Entra, non cambia la partita (che finisce in parità), e corre nel tunnel degli spogliatoi. Marcelino lo riprende, obbligandolo a salutare i tifosi: è una prima frattura con un tecnico che deve dimostrare a tutto il gruppo di essere intransigente.

In quel momento, Zaza ha due possibilità: incartarsi di nuovo nella sua rabbia, non riuscendo a gestire il momento, fino a cedere il posto a Santi Mina; oppure trasformare finalmente le energie negative in propellente per le prestazioni in campo. Sceglie la seconda, e fa bene: poche settimane dopo vince il premio di giocatore del mese della Liga e, forse, può rilassarsi al pensiero di aver rimesso definitivamente in carreggiata la sua carriera.

Settembre, mese caldo ed asciutto, matura ogni frutto

Nelle due partite successive a quel derby Zaza è una furia. E gli bastano quelle due gare per vincere il premio di miglior giocatore della Liga per il mese di settembre.

Nella prima, contro il Malaga, la sua rabbia è ancora concentrata in un unico grumo: ha bisogno di un evento positivo per levare il tappo e trasformarsi in una forza devastante per la sua squadra. In un primo tempo discreto, con il Valencia in vantaggio, Zaza sbaglia un gol quasi fatto, su assist di Soler, a causa del ritorno del difensore del Malaga e l’intervento del portiere (che poi lo butta giù): si arrabbia, vorrebbe il rigore, e questo è l’evento negativo che potrebbe trascinarlo nei suoi soliti corti circuiti.

Nel secondo tempo però il Malaga comincia a cedere e Zaza sente vicino il momento della liberazione, che arriva al minuto 54. Al momento del cross di Carlos Soler (0.08 del video) in area ci sono due giocatori del Valencia pronti a ricevere, ma non c’è l’attaccante italiano. Un secondo dopo, Zaza è lanciato a bomba contro i suoi demoni sul secondo palo: è costretto quasi a volare per colpire il pallone, con un gesto tecnico non facile perché il pallone è schizzato per terra e l’unico modo per colpirlo è incrociando, in scivolata. Nell’esultanza, all’inizio sembra quasi fare un gesto con le mani per chiedere scusa, ma poi si aggrappa a un palo e comincia a urlare sul serio, e poi molte volte in pochi secondi: Zaza ha stappato, la rabbia esce e travolge il Malaga.

Giusto sei minuti dopo si ripete, con una performance ancora più “zazesca”: quando Montoya sta per crossare (1.24 nel video), dal limite dell’area, non si vede la sua testa pelata in area di rigore: ma un millesimo dopo, mentre tutti, compagni e avversari, sono fermi, appare un uomo che corre come un forsennato da solo verso la porta. Per colpire di testa Zaza è costretto di nuovo a lanciarsi, questa volta addirittura accartocciandosi, perché ormai la traiettoria del cross sta portando il pallone verso terra: e il colpo di testa non è proprio una sua specialità (pare che Gayà lo prenda in giro spesso sulle sue difficoltà aeree).

Neanche il tempo di esultare, perché due minuti dopo i gol diventano tre: anche questo è una sintesi delle qualità particolari di Zaza. Con Santi Mina stanno provando un classico gioco a due degli attaccanti, in netta inferiorità numerica contro la difesa avversaria: l’italiano si abbassa per ricevere spalle alla porta e servire il movimento dello spagnolo. Il passaggio è sporcato e arriva così più facilmente allo spagnolo, che prova però una giocata forzata (in parte giustificata dall’assenza di opzioni), cioè lanciarsi il pallone da un lato per superare l’ultimo difensore dall’altro. Il centrale del Malaga non si fa saltare, stoppa il pallone, ma cerca di controllarlo, e in quei millesimi di secondo sembra come una preda che incespica in un cespuglio prima di essere attaccata: Zaza si fionda sul pallone e glielo porta via. Con il destro si lancia verso la porta avversaria, e per anticipare sia l’uscita del portiere che l’intervento dell’altro centrale colpisce con un esterno sinistro rasoterra: essenziale ma elegante.

In otto minuti Zaza ha spazzato via il Malaga, che però in quest’inizio di stagione non è proprio la Grande y Felicísima Armada: insomma poteva essere solo un fuoco di paglia. Cinque giorni dopo il Valencia affronta in trasferta la Real Sociedad di Eusebio, una squadra piena di ottime individualità ma a volte un po’ troppo naïf. La partita diventa nel secondo tempo un grande battere e levare, con le transizioni a farla da padrone: ma in questa stagione a lasciare campo al Valencia si rischia tantissimo.

Chissà se ai tifosi del Valencia non ricorda un altro italiano senza capelli (con le dovute differenze, eh).

A cinque minuti dalla fine, sul 2-2, e con entrambe le squadre in 10 uomini, il Valencia scatena una transizione offensiva con il suo uomo più veloce, Gonçalo Manuel Ganchininho Guedes: entra in area ma sta per essere chiuso da due difensori, potrebbe tirare solo con il piede sinistro, che non è il suo, o forse con una puntata di destro. Ma dopo mezzo campo in conduzione con il pallone è stanco, e cerca lo scarico: la sua unica possibilità è servire Zaza, che come al solito ha seguito sornione, staccandosi dai difensori. Anche questa scelta è però molto complicata, anzi persino più difficile che tirare: sulla linea di passaggio ci sono ben due difensori. Guedes si inventa un passaggio con l’esterno piede, mandando il ginocchio destro a un livello di torsione che per noi esseri umani fa male anche solo a vederlo, e riesce a far passare il pallone in mezzo ai difensori, per farlo arrivare a Zaza, che corre da solo verso il pallone. Colpo in controtempo rispetto al movimento del portiere, gol, vittoria finale, giocatore del mese: c’è voluto poco, no?

Il centravanti di Policoro si trova benissimo in un sistema che richiede l’elaborazione di giocate codificate: i movimenti a elastico delle due punte, l’attacco continuo alla profondità, le transizioni offensive supersoniche, l’aggressività. Un insieme di qualità che Zaza ha mostrato nel corso della sua carriera, ma sempre in modo discontinuo. Adesso invece è inarrestabile, e da quella tripletta al Malaga non si è fermato più, segnando anche nelle partite successive, tutte quelle di ottobre: un gol contro l’Athletic (in cui si stacca benissimo e si fa trovare a centro area libero), uno contro il Betis, uno contro il Siviglia (prima della partita Amedeo Carboni, simbolo dell’italianità di successo a Valencia, gli aveva consegnato il premio di giocatore del mese), tutte vittorie. Se questi premi individuali avessero un senso, Zaza dovrebbe chiaramente vincere anche il premio di miglior giocatore d’ottobre della Liga (anche se Guedes è un temibile concorrente): l’italiano ha segnato ben 7 gol nei suoi ultimi 7 tiri in porta. E per arrivare ai suoi 8 gol bisogna sommare quelli di CR7, Benzema, Bale, Asensio e Borja Mayoral: cioè l’intero attacco del Real Madrid.

In questo momento è il vice-Pichichi della Liga, dietro Messi, così come il suo Valencia è secondo in classifica dietro il Barcellona: e sono entrambe associazioni semplicemente impensabili fino a due mesi fa.

La prima coppia usata da Antonio Conte come allenatore della Nazionale, quella in cui sembrava credere di più, era Zaza-Immobile: erano entrambi poco pronti e discontinui e con il tempo si erano persi in peripezie varie. Adesso la loro forza psicologica li ha risistemati al centro del grande palcoscenico calcistico, con più esperienza.

Da quel 2 luglio del 2016, e dal public shaming che ne è seguito, Zaza si è ripreso ed è tornato ad essere una prima punta dinamica e aggressiva, ma sta segnando molto di più rispetto al passato: insomma, potrebbe addirittura essere alla svolta positiva della sua carriera. C’è una sola cosa che Zaza non è riuscito a riprendersi, da quella serata così negativa: la maglia della Nazionale italiana. Tre anni dopo, considerando il loro momento di strepitosa forma attuale, forse è davvero arrivato il momento di dare spazio alla nuova-vecchia coppia azzurra Zaza-Immobile. Forse è davvero arrivato il momento di Simone Zaza, il miglior centravanti della Liga in questo inizio di stagione.

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