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Semplici come colombe, furbi come serpenti
11 lug 2016
11 lug 2016
Fernando Santos trasforma la finale di Parigi nella Waterloo di Deschamps.
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Francia e Portogallo si erano affrontati per 3 volte in un torneo ufficiale, sempre in occasione di semifinali, e la Francia aveva sempre vinto. A Marsiglia, negli Europei del 1984, la Francia aveva vinto ai supplementari recuperando negli ultimi sei minuti il gol del vantaggio portoghese segnato al 98° minuto. Di nuovo agli Europei, e ancora ai supplementari, nel 2000 era stato Zidane a risolvere la partita a favore della Francia realizzando, al 117° minuto, un contestatissimo rigore assegnato per un fallo di mano di Abel Xavier, condannando alla sconfitta il Portogallo di Figo e Rui Costa. Infine, nella semifinale del Mondiale del 2006 giocata a Monaco di Baviera, ancora un rigore di Zidane aveva regalato l’ingresso in finale alla Francia e negato ai portoghesi la possibilità di competere per il titolo.

La tradizione stava dalla parte dei francesi. Inoltre, la vittoria in semifinale contro la favorita Germania aveva assegnato, assieme al fattore campo, il ruolo di favorita alla squadra di Deschamps, che sembrava avere superato con la forza delle proprie individualità i dubbi che in ogni partita erano emersi sulla qualità complessiva del proprio gioco.

Qualificatosi come terza, con tre pareggi nel girone meno qualitativo dell’Europeo, il Portogallo aveva affrontato nella fase ad eliminazione diretta partite a difficoltà decrescente – Croazia, Polonia, Galles - sfruttando il tabellone favorevole. Costretta dai favori del pronostico a fare sempre la partita nei match del girone, il Portogallo aveva deluso rischiando di essere eliminato e mostrando grosse difficoltà a controllare il gioco contro avversari che gli lasciavano l’iniziativa. Dagli ottavi in poi, invece, complice il ruolo di sfavorita contro la brillantissima Croazia, l’ingegner Santos ha messo mano ai meccanismi di gioco della sua squadra riprogettandoli per interpretare le partite in chiave prevalentemente difensiva. Concentrandosi, cioè, sulle modalità di sabotaggio delle manovra avversaria e confidando nell’estro dei propri giocatori per creare pericoli.

Il successo contro la Croazia ha convinto il tecnico portoghese della bontà del suo progetto che pertanto è stato sempre riproposto, persino contro il più debole Galles, e che alla fine ha permesso ai lusitani di ribaltare il proprio destino di sconfitte e vincere l’Europeo.

Sulla difensiva

Nessuna sorpresa negli undici iniziali con Deschamps che ha confermato la formazione ormai tipo con Pogba e Matuidi interni di centrocampo nel 4-2-3-1, e Umtiti centrale di sinistra.

Fernando Santos recuperava Pepe al centro della difesa e William Carvalho in mezzo al campo: il Portogallo è sceso in campo con il 4-1-3-2 (Cedric Soares, Pepe, Fonte e Raphael Guerreiro davanti a Rui Patricio; William Carvalho a protezione della difesa) con Renato Sanches, Adrien Silva e Joao Mario schierati, da destra verso sinistra, sulla linea immediatamente dietro Nani e Cristiano Ronaldo.

Sin dall’inizio era chiaro il piano difensivo strutturato da Fernando Santos: il 4-1-3-2 portoghese adattava a specchio le posizioni dei propri giocatori a quelle di alcuni avversari. I lusitani non hanno mai pressato il possesso palla francese in zone alte di campo, con un baricentro che alla fine si è stabilito molto in basso (44.8 m in media), così come la posizione media di recupero del pallone (26.5 m).

Ronaldo e Nani lasciavano giocare Koscielny e Umtiti, posizionandosi nello spazio intermedio tra i centrali francesi e i terzini. Ma se Ronaldo rimaneva in posizione vigilando esclusivamente su quella linea di passaggio, Nani si orientava su Matuidi, che giocava sul centro sinistra, finendo per marcarlo a uomo durante le fasi di costruzione bassa. Su Pogba ci andava Adrien Silva, mentre William Carvalho rimaneva basso preoccupandosi di Griezmann, più che di coprire gli spazi in funzione della posizione di pallone e compagni.

Sul lato forte Renato Sanches e Joao Mario uscivano in pressione sui terzini, mentre sul lato debole accentravano la loro posizione per proteggere il centro del campo.

Il piano difensivo iniziale di Fernando Santos. 4-1-3-2 con posizioni orientate a quelle degli avversari. Adrien Silva si alza su Pogba, Nani lavora in maniera diversa da Ronaldo seguendo Matuidi. Al centro del campo William Carvalho è lontano dal pallone e dalla copertura della linea immaginaria palla-porta, ma aggiusta la sua posizione in funzione di quella della mezzapunta francese.

Proteggere il centro del campo e isolare Griezmann dal resto della squadra era lo scopo imperativo dei portoghesi. La flessibilità delle posizioni in fase di non possesso consentiva ad Adrien Silva di sostituire William Carvalho nella marcatura del capocannoniere dell’Europeo quelle rare volte che il mediano portoghese è costretto a lasciare il suo diretto avversario.

William Carvalho copre Sissoko che si è mosso verso il centro del campo. Griezmann è preso da Adrien Silva che si abbassa

Senza CR7

Con l’uscita di Ronaldo, Fernando Santos ha deciso di cambiare la disposizione in campo dei suoi, impostando un 4-5-1 con Quaresma e Joao Mario esterni, Renato Sanches e Adrien Silva intermedi con Nani punta centrale. Il piano difensivo, però, non è cambiato e, anzi, è stato portato avanti in maniera ancora più agevole: gli accoppiamenti tra i due intermedi lusitani e i due interni francesi erano più naturali e la maggiore densità di uomini in mezzo al campo consentiva di coprire meglio gli spazi senza rinunciare all’attenzione agli uomini.

Il 4-5-1 dopo l’uscita di Cristiano Ronaldo. Adrien Silva e Pogba sono naturalmente orientati su Pogba e Matuidi e gli spazi sono coperti in maniera più ordinata.

La non risposta francese

La reazione della squadra di Deschamps alla tattica in fase di non possesso del Portogallo è stata piuttosto povera. La costruzione delle azioni dal basso della Francia mostrava prudenza e inefficienza al tempo stesso: con 6 uomini statici, mediamente, impiegati in questa fase di gioco, i due terzini molto bassi. Così la Francia si garantiva sì copertura in caso di perdita di possesso della palla (una misura eccessiva in ogni caso visto lo schieramento e la volontà degli avversari) ma ingolfava la progressione del pallone riducendo al minimo le linee di passaggio in avanti, facilitando la fase difensiva portoghese che doveva preoccuparsi di tagliare poche linee e marcare pochi uomini in zona pericolosa.

Con Sissoko che si muoveva abbassandosi al fianco degli interni e Giroud impegnato ad allungare la difesa portoghese, gli unici riferimenti in avanti erano Payet, sul centro sinistra, e Griezmann al centro, isolati con estrema facilità dal sistema difensivo lusitano.

La palla lunga verso Giroud, che tante volte era stata utilizzata dalla Francia per scavalcare i problemi nella risalita palleggiata del pallone, era un’opzione scomoda viste le capacità aeree di Pepe e Fonte e l’azione francese è rimasta per lo più orizzontale e incapace di muovere la difesa avversaria.

La Francia impiega 6 giocatori per fare avanzare il pallone per il campo. Sono troppi e rendono agevole per il Portogallo isolare Payet e Griezmann dal resto della squadra e mantenere salda la propria struttura difensiva.

La sovrabbondanza di uomini in costruzione è sia causa che conseguenza della mancanza di iniziativa in fase di possesso palla dei due centrali, Koscielny ed Umtiti. Lasciati liberi di giocare il pallone dalle scelte di Fernando Santos, i due difensori francesi avrebbero potuto portare palla e costringendo uno dei centrocampisti portoghesi a scegliere se rimanere in posizione coprendo il proprio uomo (lasciando libero di avanzare il portatore) o fronteggiarli liberando lo spazio precedentemente occupato.

Invece, i due difensori centrali francesi hanno giocato per lo più orizzontalmente (ad eccezione di alcune palle in cui Umtiti ha mostrato capacità di giocare in verticale) non riuscendo quasi mai a smuovere le posizioni del centrocampo portoghese. I due terzini, Sagna ed Evra, non hanno mai insinuato dubbi nella struttura difensiva avversaria alzando ad inizio azione la propria posizione, facilitando il compito soprattutto a Cedric, libero di seguire le tracce interne di Payet senza dovere scegliere se rimanere in posizione a coprire un’eventuale posizione avanzata di Evra.

La mappa dei passaggi di Koscielny: tutti in orizzontale verso Sagna, Umtiti e gli interni. Una manna per Fernando Santos

Non solo Deschamps non sfruttava la libertà d’azione concessa ai due centrali, ma in maniera analoga non approfittava del possibile spazio sugli esterni che la protezione del centro del campo operata dai lusitani poteva liberare. Con Payet che tagliava internamente, mentre Sissoko si abbassava in posizione interna quasi al fianco di Pogba, la Francia finiva per occupare il centro, mentre il Portogallo probabilmente avrebbe trovato maggiori difficoltà a difendere un campo più ampio.

In assenza di soluzioni strutturate in fase di possesso, le chance offensive francesi erano lasciate alle iniziative individuali e, almeno inizialmente, a improvvisi break successivi a recuperi alti del pallone.

La Francia senza palla

Nei primi 10 minuti della partita, come fatto contro la Germania, la Francia ha pressato alto costringendo spesso i giocatori portoghesi all’errore e rubando il pallone. Più di un terzo dei 14 palloni recuperati dai francesi nella metà campo avversaria sono stati conquistati nei primi 12 minuti di gioco, e hanno creato le condizioni per mettere in pericolo la porta di Rui Patricio attaccando rapidamente una difesa non schierata.

La Francia pressa, Pepe perde palla e Griezmann va vicinissimo al gol.

Dopo il primo quarto d’ora, però, la squadra di Deschamps ha smesso di approfittare dei vantaggi strategici offerti dalla pressione alta e delle difficoltà portoghesi nell’impostazione dal basso e si è posizionata a cavallo della linea di metà campo aspettando i lusitani con il 4-4-2 piuttosto passivo visto già nelle partite precedenti.

Nonostante i due difensori centrali e William Carvalho non brillino certo per capacità in costruzione, al Portogallo bastava abbassare il mediano sulla linea dei due centrali per ottenere superiorità numerica e costruire periodicamente lunghe fasi di possesso palla. Anche se il gioco portoghese non era orientato alla ricerca della profondità, in questo modo abbassava ulteriormente il ritmo della partita, puntellando il dominio tattico dei lusitani.

Basta che Carvalho si abbassi tra i due centrali per creare una zona di superiorità numerica per i portoghesi che sebbene non venga sfruttata per ottenere vantaggi posizionali è più che sufficiente per mantenere il possesso del pallone. Il 4-4-2 francese è troppo passivo

La scelta di giocare una difesa essenzialmente di attesa, invece di provare con continuità a pressare il possesso palla avversario, ha tolto alla Francia, in una partita complessa da un punto di vista offensivo, la possibilità di attaccare con ripartenze rapide e non troppo lunghe la difesa portoghese non perfettamente ordinata.

Limitata ai primi 10 minuti la pericolosità in contrattacco veloce, alla Francia sono rimasti esclusivamente gli strappi palla al piede di Sissoko, non marcato nei suo spostamenti al centro e in vantaggio fisico contro Guerreiro sulla fascia. Oppure, dopo l’ingresso di Coman, gli spunti in dribbling dell’esterno del Bayern che, giocando più esterno di Payet aveva maggiore libertà per puntare il proprio uomo isolandolo dal resto della struttura difensiva portoghese.

Troppo poco contro la solida difesa portoghese, sebbene proprio nei minuti di recupero Gignac, vincendo uno dei pochi duelli individuali contro i centrali portoghesi, abbia sfiorato il gol che avrebbe regalato gli Europei alla sua squadra.

Lancio lungo di Pogba, spunto individuale di Coman, occasione per Griezmann

Quando il Portogallo attacca

Se l’infortunio di Ronaldo può avere paradossalmente facilitato il compito difensivo del Portogallo, aumentando di un’unità il numero di giocatori dediti alla fase di non possesso nella propria metà campo e consentendo una disposizione ancora più ordinata delle posizioni, va detto che per converso le possibilità offensive dei lusitani si sono ridotte di parecchio.

Con il 4-5-1 e Nani in posizione di centravanti, il Portogallo si è trovato del tutto privo di profondità. Nani ha giocato benissimo attirando fuori i marcatori francesi e facendo la sponda, ma gli spazi liberati non sono stati attaccati efficacemente dai compagni: la pericolosità portoghese è rimasta sostanzialmente confinata alle percussioni palla al piede di Renato Sanches e Joao Mario e il possesso palla orientato al mantenimento del pallone in chiave soprattutto difensiva. Alla fine del match, il Portogallo colleziona solo tre tiri nello specchio della porta, di cui solo uno all’interno dei novanta minuti regolamentari, con la rovesciata di Quaresma.

La sostituzione a dieci minuti dalla fine di Renato Sanches con Eder, oltre a risultare decisiva per il gol realizzato dal centravanti del Lille, ha migliorato l’efficienza offensiva portoghese: Koscielny e Umtiti hanno sofferto oltre misura la sua fisicità spalle alla porta, consentendo al Portogallo di appoggiarsi al proprio centravanti per risalire il campo, aumentando la brillantezza sull’esterno con il contributo di Nani e Quaresma. Ed è proprio con una giocata spalle alla porta, difesa pessimamente da Koscielny, che Eder è diventato l’unsung hero di un’intera Nazione.

La responsabilità di Deschamps

Ha vinto la squadra che ha mostrato le idee più chiare e che ha avuto un piano gara che, seppur semplice e parziale, occupandosi quasi esclusivamente della fase di non possesso, ha avuto il pregio di essere coerente e di essere stato eseguito con estrema attenzione. Le deficienze tattiche della Francia, parzialmente nascoste nelle ultime partite dalla disastrosa partita difensiva dell’Islanda e dalla ingenuità della Germania, sono nuovamente esplose contro una squadra che aveva le qualità necessarie a evidenziare le carenze della formazione di Deschamps.

L’attenzione difensiva, l’ordine e il ritmo basso imposto dal Portogallo hanno disinnescato l’unica vera forza offensiva della Francia: le accelerazioni e i colpi di Griezmann e Payet; mettendo a nudo l’enorme difficoltà dei padroni di casa di creare superiorità numerica e/o posizionale necessaria per costruire occasioni. Per tutto il torneo sono stati solo i dribbling e i cambi di passo di Payet, Griezmann e Coman, e talvolta la forza fisica di Giroud, a disordinare le strutture difensive avversarie e produrre occasioni da gol per la Francia.

Durante la finale solo le accelerazioni di Moussa Sissoko sono riuscite a creare allarme alla difesa portoghese, sia grazie ai movimenti dell’esterno francese che, abbassandosi e accentrandosi sulla linea degli interni riusciva a non avere alcun avversario diretto da affrontare, sia, sull’esterno, per il predominio fisico di Sissoko su Raphael Guerreiro, incapace di arginarne la progressione. Dopo il suo ingresso in campo, i dribbling di Kingsley Coman sono diventati l’arma offensiva d’elezione della Francia, ma, ancora una volta, le speranze d’attacco dei francesi sono rimaste affidate all’estro di un singolo giocatore.

Contro il Portogallo, che ha protetto il centro e badato principalmente a non lasciare spazio, è emersa con prepotenza la mancanza di un impianto offensivo strutturato che potesse permettere ai “Bleus” di avanzare efficacemente. La costruzione bassa, apparsa sempre difficoltosa, non ha consentito, per carenze individuali ma soprattutto per l’assenza di movimenti opportuni dell’intera squadra, di generare vantaggi posizionali da trasmettere a catena nella progressione della manovra che è rimasta ingolfata e ridondante. Tanti uomini sotto la linea del pallone che riducevano inevitabilmente le linee di passaggio in avanti e favorivano il lavoro difensivo degli avversari nel chiudere le poche traiettorie utili. Un atteggiamento disorganizzato e di fondo eccessivamente prudente che ha coinvolto in pieno Paul Pogba.

Come scritto da Daniele Manusia, il ruolo assunto da Pogba a partire dal secondo tempo dell’ottavo di finale contro l’Islanda è stato ben interpretato dal giocatore e la costruzione della manovra della squadra ha beneficiato della presenza di due piedi e un cervello calcistico come i suoi. Con accanto Matuidi, di cui è nota la tendenza da inserirsi in profondità, la posizione assunta da Pogba è stata particolarmente prudente e orientata al mantenimento dell’equilibrio della squadra. Im questo modo i vantaggi derivanti dal ruolo assunto da Pogba in termini di fluidità della costruzione bassa sono stati evidenti, ma è stato anche evidente che non potesse risolvere tutti i problemi della squadra in questa fase, derivanti più da carenze di progettualità che da deficienze tecniche. La domanda da porsi è quanto sia convenuto a Deschamps, in una squadra basata essenzialmente sulle individualità, eliminare completamente dall’ultimo terzo di campo Paul Pogba, limitandolo a un ruolo di facilitatore della manovra e equilibratore di centrocampo, privando la squadra della forza offensiva del suo fuoriclasse.

Pogba è stato il giocatore che nella partita ha giocato e recuperato più palloni (132 palloni giocati e 10 intercettati), quello della Francia che ne ha intercettati di più e che ha effettuato il maggior numero di lanci positivi (6), completando al contempo il 93% dei suoi passaggi, a testimonianza dell’attenzione messa nell’interpretazione del ruolo. Ma è davvero questo Pogba prudente, e con il 93% di passaggi giunti a destinazione ma un solo tiro in porta e due palloni toccati dentro l’area avversaria, il Pogba più utile alla Francia?

In difficoltà nel connettere il blocco arretrato, comprendente Pogba e Matuidi, con il resto della squadra, troppo facilmente isolato dal Portogallo che doveva controllare solamente pochissimi e statiche linee di passaggio, la Francia stavolta non ha avuto la possibilità di appoggiare la propria manovra offensiva su Giroud, visto che Pepe e Fonte fanno proprio del gioco aereo la propria forza. E la strategia di Deschamps è implosa su se stessa.

https://twitter.com/11tegen11/status/752260477653245952

È evidente la disconnessione tra i 6 giocatori di costruzione è il resto della squadra.

In difficoltà in fase di attacco posizionale, la Francia non ha provato nemmeno a forzare all’errore i portoghesi e a costruire la propria pericolosità su palloni recuperati in posizione avanzata attaccando la difesa portoghese non schierata. Considerate le caratteristiche di Matuidi e Pogba, abili (in particolar modo il primo) a difendere in avanti e in pressione, progettare un sistema di recupero del pallone maggiormente aggressivo e proattivo sarebbe stato probabilmente nei migliori interessi della squadra di Deschamps.

Campioni d’Europa

È bastato un Portogallo con la metà di un piano di gara per privare la Francia dell’Europeo in casa. Fernando Santos ha riorganizzato la sua squadra durante il torneo focalizzando le proprie attenzioni sulla fase di non possesso e trasformando la difesa portoghese in un appiccicoso camaleonte capace di soffocare la costruzione del gioco avversario.

La fase di possesso palla è rimasta a uno stato piuttosto embrionale e legata essenzialmente agli spunti individuali di Ronaldo e, in second’ordine, di Nani, Renato Sanches e Joao Mario. Proprio nella serata che ha reso definitivamente umano Cristiano Ronaldo, il Portogallo ha finalmente vinto un trofeo internazionale con il più improbabile degli eroi, Ederzìto Antonio Macedo Lopes, una carriera minore in patria fuori dal giro delle tre grandi storiche e due esperienze dimenticabili allo Swansea e al Lille.

E a pensarci è davvero ironico che il Portogallo, storicamente privo di centravanti all’altezza dei suoi formidabili palleggiatori di centrocampo, abbia vinto il suo primo torneo grazie proprio all’ennesimo mestierante del ruolo, mentre Cristiano Ronaldo soffriva in panchina. Ha vinto il Portogallo, ha vinto Ronaldo e ha vinto il calcio attendista e difensivo, ma quanto meno organizzato, di Fernando Santos.

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