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Dario Saltari
Sarkozy, Hollande, Laurent Blanc
10 mar 2015
10 mar 2015
Laurent Blanc e le difficoltà umane del mestiere dell'allenatore.
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Dario Saltari
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Quando Blanc ha deciso di dire basta con il calcio giocato io avevo 14 anni. Mi ricordo alcune sue partite in Nazionale, soprattutto ai Mondiali del ’98 e agli Europei del 2000, e poco altro. Se cerco negli anfratti della mia memoria non riesco a ricordare chiaramente una sua giocata, tackle o goal di testa. Eppure io di quella Francia fortissima molte cose me le ricordo perfettamente. L’eleganza di Henry, la classe di Zidane, la potenza fisica di Thuram, la pericolosità di Trezeguet, persino lo stile grottesco di Lizarazu. Blanc è rimasto impresso sul negativo dei miei ricordi unicamente per quell’assurdo rituale, che anche allora trovavo disgustoso e inquietante, di dare un bacio sulla pelata di Barthez prima del fischio d’inizio.

 

Cercando una spiegazione razionale a quest’amnesia calcistica, ho notato che Blanc è uno dei pochi giocatori di quella Francia che si è affermato quasi esclusivamente in patria. Henry era l’idolo dei tifosi dell’Arsenal, Trezeguet si è consacrato a Torino, Zidane è stato uno dei giocatori più importanti del Real Madrid, Thuram ha trovato fortuna a Parma, Lizarazu al Bayern Monaco. "Le President", invece, ha costruito la sua fama in diverse squadre francesi, il Montpellier, l’Auxerre, il Saint-Etienne, il Marsiglia, ed ogni volta che ha tentato di uscire dalle mura nazionali per consacrarsi come grande giocatore internazionale qualcosa non ha funzionato. È andato a Napoli all’alba del suo tramonto, dopo la fine dell’era Maradona, a Barcellona senza lasciare tracce, a Milano nella fase crepuscolare della presidenza Moratti, a Manchester quando il suo fisico probabilmente non gli permetteva più di competere ad alti livelli.

 

Metaforicamente la carriera di Blanc può essere riassunta da Francia ’98. Il difensore è una delle colonne portanti della Nazionale che vuole centrare la vittoria della prima Coppa del Mondo, per di più giocata in casa. La Francia arriva in semifinale dove incontra la Croazia, squadra all’epoca molto temibile. La partita non è semplice e la Croazia passa addirittura in vantaggio. La Francia però reagisce e riesce a ribaltare il risultato con un’incredibile doppietta di Thuram. Al 29’ del secondo tempo, a meno di venti minuti dalla finale al Parco dei Principi, in una mischia in area Blanc dà un colpo sul petto di Bilic, che si butta a terra mettendosi le mani sul volto. È espulsione diretta, la prima e unica di tutta la sua carriera: Blanc non giocherà mai la partita più importante di tutta la sua vita. I giorni successivi la stampa francese, trascinando con sé tutta l’opinione pubblica, si scaglierà su Bilic accusandolo di antisportività.

 

https://www.youtube.com/watch?v=VAw8ZqAe-eQ

Prendere l’unica espulsione della propria carriera, per una cosa così (minuto 6:53).



 



Blanc chiude la propria carriera nel Manchester United nell’estate del 2003. In campo non ha lasciato ricordi esaltanti (c’è chi addirittura lo

nell’undici peggiore di tutti i tempi di Ferguson, in una difesa a quattro che oltre a lui vede schierati David May, William Prunier e Quinton Fortune) ma ha comunque avuto il merito (o la fortuna) di legare con Alex Ferguson. L’allenatore scozzese lo stima profondamente e aveva cercato di portarlo all’Old Trafford più volte prima del 2001, quando Blanc all’età di 35 anni sbarca a Manchester. Molte volte i due si ritrovano a parlare per ore di tattica. Blanc lo aiuta a far crescere alcuni dei giovani più promettenti di quella squadra. Tra questi sembra che Blanc abbia avuto un ruolo determinante nella crescita di Rio Ferdinand.

 

Ferguson è la persona che più influenza Blanc allenatore. Dall’allenatore scozzese "Le President" riprende soprattutto quello che lui chiama il “management mode", ovvero l’interpretazione del ruolo dell’allenatore tutta anglosassone in cui il commissario tecnico si occupa principalmente di tattica e calciomercato e lascia ai collaboratori l’allenamento vero e proprio, e quindi anche il rapporto personale con i calciatori. Secondo "

" «ormai chiunque può trovare manuali su come allenare in tutte le librerie» e quindi, in tutte le sue esperienze, lascia sempre la gestione dell’allenamento al suo fedele collaboratore Jean-Louis Gasset. A differenza di Ferguson, però, Blanc verrà ripetutamente criticato per questa sua caratteristica. Nella primavera del 2014, Christian Gourcuff, allora allenatore del Lorient,

che chi come Blanc non lavora sul campo d’allenamento «non è un allenatore». Christian Gourcuff è il padre di Yoann Gourcuff, che Blanc ha allenato a Bordeaux.

 

Ma tra il togliersi per sempre gli scarpini e il sedersi su una panchina da allenatore passano ben quattro anni. In quei quattro anni Blanc gioca a golf, studia all’Università di Limoges e prende il patentino da allenatore. Viene cercato da diverse squadre, che finiscono tutte per scartalo, con motivazioni diverse. Viene cercato dal Marsiglia, che però lo scarta per la scarsa esperienza. Si fa viva la Federcalcio francese, che poi vira su Domenech. Dopodiché ancora l’Auxerre, che alla fine decide di ingaggiare Santini. Anche Monaco e Saint-Etienne lo cercano per poi battere altre strade. Alla fine è il Bordeaux a ingaggiarlo, ma solo dopo un lungo ballottaggio con Guy Roux. Quello di essere considerato come una seconda scelta sarà una costante della sua carriera, ma finirà sempre per cadere in piedi.

 

Blanc ha fin da subito un impatto molto forte sul Bordeaux. Appena arrivato richiama tutti i giocatori dalle vacanze estive per la preparazione atletica. Dopo la prima sconfitta in una delle amichevoli estive, Blanc va dal presidente Triaud per chiedere almeno cinque nuovi innesti. Triaud senza scomporsi risponde: «Forse tre». Alla fine però gli acquisti saranno effettivamente cinque: Diarra, Jussie, Diawara, Bellion e Chalmé. A questi vanno aggiunte due felici intuizioni: Trémoulinas e Chamakh, che Blanc pesca tra le riserve e la Primavera. Anche in uscita però il mercato è molto agitato. Se ne vanno Laslandes, Darcheville, Faubert, Mavuba, Smicer e Dalmat.

 

https://www.youtube.com/watch?v=KLGtxs1G2eQ

Musica coatta + gol del Bordeaux 2007/08 + "Le President" con l’iconico lecca lecca in bocca.



 

Una volta rivoluzionata la squadra negli elementi, Blanc cambia anche la tattica e lo stile di gioco. Viene abbandonato l’atteggiamento remissivo tipico della squadra di Gomes per adottarne uno più spregiudicato e moderno, principalmente basato sul possesso del pallone. L’intelaiatura tattica prevede un 4-3-3 molto fluido. In fase offensiva infatti il modulo è in realtà un 4-3-1-2 con una delle due ali (di solito Bellion) che si va ad affiancare alla punta centrale (di solito Chamakh) mentre l’altra (di solito Cavenaghi) entra dentro il campo piazzandosi dietro ai due attaccanti in veste di trequartista. Le fasce laterali vengono attaccate dai due terzini (di solito Chalmé e Trémoulinas), sempre molto alti, che vengono coperti dalla discesa lavolpiana di Diarra in mezzo ai due centrali. In fase di non possesso, invece, il modulo diventa un coperto 4-1-4-1 con le ali che vanno a ripiegare sugli esterni.

 

La ricetta funziona. Il primo anno il Bordeaux arriva secondo a soli quattro punti dal Lione, ormai alla fine del suo ciclo, e torna a qualificarsi in Champions League. La squadra dimostra una grande creatività offensiva (anche grazie all’esplosione di Cavenaghi, che quell’anno segna 15 goal) e una discreta solidità difensiva (a fine stagione quella del Bordeaux sarà la settima difesa del campionato). Ma nonostante ciò Blanc non riesce a mettere trofei in bacheca. Nell’estate del 2008, dopo quella esaltante stagione, arriva a sorpresa la chiamata di Sir Alex Ferguson che lo vorrebbe come suo vice dopo l’uscita di scena di Carlos Queiroz. L’offerta, che sarà rifiutata da Blanc, è anche una sorta di saggio consiglio paterno, quello di passare un periodo a lavorare a contatto con i giocatori lontano dai riflettori.

 

La storia, almeno inizialmente, sembra dare ragione a Blanc. La stagione della svolta è infatti proprio la 2008/09. Blanc pesca dal mazzo del calciomercato due assi: Gourcouff e Gouffran. Il primo viene preso in prestito dal Milan, dove era diventato presto un oggetto misterioso. Il secondo invece viene acquistato dal Caen, dove è esploso l’anno precedente. L’arrivo di un trequartista puro e di una seconda punta permettono a Blanc di “istituzionalizzare” il 4-3-1-2 fino all’anno prima adottato in modo mascherato. Gourcouff viene messo dietro a Chamakh e Gouffran (o Cavenaghi) e affiancato dalle due mezzali Wendel e Fernando che, dal canto loro, hanno il compito di riequilibrare la squadra connettendo fase difensiva e offensiva (quando salgono il modulo si trasforma addirittura in un 4-1-3-2). In fase di non possesso si torna sempre al 4-1-4-1, con Gouffran e Gourcouff che ripiegano a centrocampo inserendosi tra le due mezzali. In Champions League, invece, Blanc adotta un più accorto 4-2-3-1.

 

Più che gli accorgimenti tattici, però, è il peso dei singoli a fare la differenza. Gourcouff è di fatto ciò che mancava a Blanc per fare il definitivo salto di qualità. In quella stagione, in cui il Bordeaux conquista Campionato, Coupe de la Ligue e Supercoppa francese, il trequartista di Ploemeur mette a segno quindici goal e quattordici assist, impreziosendo il tutto con una serie di giocate che rivelano una tecnica personale impressionante (

potete leggere la sua parabola). A fine anno Gourcuff vince il premio di miglior giocatore della Ligue 1 e quello di Giocatore francese dell’anno, organizzato da France Football, davanti ad Anelka, Henry e Ribery. Sorge il pesante paragone con Zidane.

 

https://www.youtube.com/watch?v=LqhFD5YHHLA

Musica coatta + il giocatore più elegante degli ultimi 10 anni.



 

Gourcuff diviene sostanzialmente l’ago della bilancia delle prestazioni del Bordeaux. Lo si vede l’anno successivo, quando il giovane trequartista inizia ad essere martoriato dagli infortuni. Prima del 30 settembre, quando Gourcuff si infortuna all’inguine per la prima volta, il Bordeaux non ha mai perso, raccogliendo sei vittorie e un pareggio. L’infortunio lo costringe a saltare le due partite successive, entrambe perse dal Bordeaux. Gourcuff sarà fondamentale per il Bordeaux anche in Champions League: durante la fase a gironi la squadra di Blanc riesce a battere per due volte il Bayern Monaco che quell’anno arriverà in finale. Durante la partita d’andata, però, qualcosa si rompe. Il Bordeaux è già sul 2-1 quando l’arbitro assegna un calcio di rigore per fallo di Butt su Chamakh. Sul dischetto va proprio Gourcuff, che tenta un cucchiaio, Butt intuisce la direzione del pallone e riesce a parare con la mano di richiamo. È l’inizio del declino delle prestazioni di Gourcuff e con queste anche quelle del Bordeaux. Il trequartista francese sbaglia un altro rigore con il Montpellier nemmeno un mese dopo. Interrogato sulle sue condizioni dalla stampa, Blanc

che «forse ha bisogno di una vacanza».

 

La seconda parte di quella stagione è un piccolo disastro. In campionato il Bordeaux declina lentamente fino ad arrivare, a fine stagione, al sesto posto. In Champions League la squadra viene eliminata ai quarti di finale proprio dal Lione, che si prende una piccola rivincita contro il club che ha di fatto chiuso il suo ciclo d’imbattibilità. Il giorno dopo l’ultima giornata di campionato Blanc annuncia la fine del suo rapporto col Bordeaux.

 



Le voci che vogliono Blanc prendere il posto di Domenech dopo i Mondiali del 2010 esplodono ben prima di quello psicodramma nazionale che va sotto il nome di “

”. In un sondaggio realizzato nel febbraio del 2010, Blanc viene indicato come futuro ct della Francia dalla maggioranza degli intervistati (31%), che sembrano preferirlo di gran lunga rispetto alle altre scelte come Deschamps (18%) e Wenger (15%). Oltre che dall’opinione pubblica "Le President" è ben voluto anche dalla Federcalcio francese, che l’aveva già contattato prima di assumere Domenech. Lo stesso Blanc dichiara che la sua carriera ideale prevede di iniziare in Francia, andare all’estero ed infine allenare la Nazionale transalpina. Ancora una volta, però, c’è un uomo che, tra la folla, riesce a vedere le cose prima degli altri: Alex Ferguson, interrogato sulla questione,

che Blanc è troppo giovane per fare il ct della Nazionale. «Penso che Laurent abbia tante cose da fare prima di assumere un ruolo di questo tipo. Dovrebbe rimanere a Bordeaux». Ancora una volta Blanc preferisce non ascoltare il suo mentore e andare avanti per la propria strada.

 

La prima misura di Blanc da ct della Nazionale francese è quella di escludere tutti e 23 i calciatori che hanno partecipato ai Mondiali appena conclusi per la prima amichevole della sua gestione, contro la Norvegia. All’apparenza sembra una mossa punitiva contro la squadra, in quel momento attaccata da tutta l’opinione pubblica e dal mondo politico francese, ma si tratta solo di un modo per calmare le acque. Dopo quell’amichevole (persa 2-1 con goal di Ben Arfa) tutto torna come prima. Persino Benzema e Ribéry, che nel frattempo vengono accusati da una escort di aver fatto sesso con delle minorenni, vengono reintegrati.

 

Una decisione che non fa rumore è invece quella di interrompere la tradizione della Nazionale francese di servire ai propri giocatori solo carne

, cioè permessa dalla religione islamica. È una decisione che stupisce soprattutto alla luce della quantità di musulmani all’interno dello spogliatoio francese (Ribéry, Benzema, Ben Arfa, Malouda, solo per fare alcuni nomi). A stupire ancora di più è lo scandalo razzista in cui "Le President" viene coinvolto poco dopo. Nel febbraio del 2011 il sito

rivela un piano della Federcalcio francese per introdurre delle quote nei vivai al fine di limitare ad un terzo il numero di giocatori col doppio passaporto. Dato il passato coloniale francese, i giocatori con il doppio passaporto sono soprattutto arabi e africani subsahariani. Secondo le indiscrezioni del sito, durante una riunione di consiglieri federali Blanc

di preferire i giocatori di «storia e cultura» francese a quelli «grossi, forti e potenti», cioè i calciatori di colore. "Le President" all’inizio nega, poi si scusa pubblicamente se i suoi termini hanno offeso qualcuno.

 

A non offendersi è sicuramente l’opinione pubblica francese, che continua a difendere Blanc nonostante tutto. Subito dopo l’esplosione dello scandalo un sondaggio rivela che ben il 71% degli intervistati è contrario alle dimissioni del ct della Nazionale. Tra le persone con un’opinione la percentuale sale addirittura al 91%. Tra gli offesi c’è invece Lilian Thuram, ex compagno di Blanc in una Nazionale simbolo della Francia multietnica, che

di essere rimasto senza parole: «Pensavo fosse uno scherzo».

 

Un altro ex compagno di spogliatoio che ha cancellato il numero di Blanc dalla propria rubrica telefonica è probabilmente Yoann Gourcuff.
"Le President" lo convoca ripetutamente e sembra volergli dare fiducia. È proprio quello di cui ha bisogno il talentuoso trequartista, che in quel periodo lotta contro gli infortuni e che a Lione era scivolato in una zona grigia, lontano dall’attenzione del grande calcio. Gourcouff lo ripaga: durante le qualificazioni realizza tre goal e un assist, diventando il capocannoniere della squadra insieme a Benzema. Ma nel momento decisivo, cioè quello di stilare la lista dei 23 convocati, "Le President" a sorpresa lo lascia fuori. La decisione è incomprensibile soprattutto sotto un profilo tecnico, con il centrocampo francese che, tra M’Vila, Cabaye, Matuidi e Diarra, avrebbe un disperato bisogno di piedi buoni.

 

Probabilmente se ne accorge anche lo stesso Blanc, che durante quell’Europeo proverà ad adattare, con scarsissimi risultati, Malouda da mezzala e Nasri da trequartista centrale, in una formazione che oscilla tra il 4-3-3 e il 4-2-3-1. A volte si rivedono i movimenti già visti a Bordeaux, con Nasri che si affianca a Benzema, e Ribéry che entra dentro il campo piazzandosi alle loro spalle. Per il resto in campo non si vede nulla di indimenticabile. Nelle quattro partite disputate, la Francia segna la miseria di tre goal, di cui due nell’unica vittoria contro l’Ucraina. I transalpini riescono a perdere l’ultima partita della fase a gironi contro la Svezia già eliminata per poi essere definitivamente buttati fuori dalla Spagna. In un commento alla partita, un giornalista

che «l’atteggiamento codardo dei giocatori sembra derivare dalla mancanza di fiducia che l’allenatore ripone in loro». Effettivamente, la mancanza di fiducia sembra essere l’unica cosa che lega Blanc ai propri giocatori. Ben Arfa ci litiga durante l’intervallo di Francia-Svezia, M’Vila si rifiuta di stringergli la mano quando viene sostituito da Giroud durante Spagna-Francia.

 



Dopo il fallimento di Euro 2012, le Federcalcio francese decide di non rinnovare il contratto a Blanc. "Le President" non è riuscito a centrare nessuno degli obiettivi che erano stati posti dopo il Mondiale sudafricano. Rispetto a Domenech non ci sono stati progressi: l’idea di gioco è rimasta un miraggio e i problemi di spogliatoio non sono stati risolti (oltre alle questioni Ben Arfa e M’Vila, durante quell’Europeo Ménez ha mandato a quel paese il suo capitano, Lloris, e Nasri ha sfiorato la rissa con un giornalista dell’

). Blanc si prende quindi un anno sabbatico forzato in cui, ancora una volta, viene contattato da più squadre per poi essere scartato. Tra queste c’è anche la Roma, che lo prende in considerazione insieme a Rudi Garcia dopo aver provato ad ingaggiare Allegri e Mazzarri.

 

Alla fine, nell’estate del 2013, Blanc finisce sulla panchina del nuovo Paris Saint-Germain degli sceicchi qatarioti. La chiamata da Parigi arriva dopo la decisione di Ancelotti, che ha appena riportato il titolo nazionale a Parigi dopo 19 anni d’attesa, di accettare la corte del Real Madrid. Ma anche in questo caso Blanc non è la prima scelta. Prima di lui vengono contattati Mourinho, Wenger, Capello, Hiddink, Villas-Boas e Rijkaard. Ma, per motivi diversi, tutti quanti rispondono «No, grazie».

 

La prima cosa che si perde nel cambio Ancelotti-Blanc è quell’eleganza nelle dichiarazioni che viene richiesta all’allenatore di una squadra di Parigi. Blanc porta con sé anche al PSG il bagaglio di “incomprensioni” con la stampa per il quale il più delle volte viene ricordato. Nel dicembre del 2013, ad una giornalista svedese che gli chiedeva chiarimenti sulla sua impostazione tattica lui

: «Una donna che parla di tattica, è meraviglioso, è fantastico. Sai cosa significa 4-3-3?». Agli stereotipi razzisti e sessisti non potevano poi non aggiungersi anche quelli nazionali. Nel gennaio di quest’anno,

che sarà difficile limitare il numero di cartellini gialli presi da Verratti per proteste perché «impedire a un italiano di parlare non è facile».

 

Ma, soprattutto, Blanc porta a Parigi la sua inflessibilità tattica. Anche il PSG, così come il Bordeaux e la Francia, è plasmato su un 4-3-3 fluido (che si trasforma in 4-2-3-1 o 4-3-1-2 a seconda dei movimenti dei giocatori), basato principalmente sul possesso del pallone (quest’anno la media in campionato è arrivata a un impressionate 65%) che in fase di non possesso diventa un 4-1-4-1. Al PSG piace ragionare con il pallone tra i piedi, iniziando la manovra da dietro grazie alla grande qualità tecnica dei suoi difensori centrali e di gran parte dei suoi centrocampisti. In fase di impostazione il centrocampo è quasi sempre a due, con uno dei tre centrocampisti (di solito Matuidi, molto bravo negli inserimenti senza palla) che sale piazzandosi alle spalle del centrocampo avversario. Nel caso in cui siano i difensori centrali ad avviare l’azione, i due centrocampisti si allargano, occupando lo spazio lasciato dai terzini sempre molto alti. In questo modo i centrocampisti aprono il campo alla salita dei centrali e offrono una linea di passaggio orizzontale in caso di mancanza di soluzioni verticali. L’insieme di questi movimenti fa sì che per le squadre avversarie sia sempre molto difficile portare alto il pressing senza venire saltati.

 

Il centrocampo a tre del PSG ha però diversi problemi. Blanc sembra prediligere in mezzo al campo giocatori estremamente tecnici ma poco mobili, come Verratti, Motta e Rabiot. Lo scarso dinamismo rende la fase di non possesso molto faticosa, facendo spesso fallire il pressing alto e allungando la squadra. Per la stessa ragione i parigini soffrono terribilmente le fase di transizione difensiva.

 

In definitiva, il PSG tende ad andare in difficoltà contro squadre che si schiacciano all’indietro, togliendo spazio tra le linee per poi ripartire in velocità una volta riconquistato il pallone. Praticamente l’habitat naturale di Mourinho, che non a caso

un 1-1 al Parco dei Principi tirando una sola volta nello specchio. In partite del genere l’inflessibilità tattica di Blanc, la sua incapacità di leggere le situazioni, diventa un forte limite per il PSG, che sembra non avere piani alternativi per attaccare le difese avversarie.

 

Tutti problemi che i parigini avevano dimostrato sin dalla scorsa stagione, ma che "Le President" pare non aver fatto nulla per risolvere. Le soluzioni non si sono cercate neanche sul mercato, quest’estate stranamente fermo all’acquisto di David Luiz (50 milioni di euro!).

 

In fase offensiva il PSG dipende per lo più dalle peculiarità tecniche di Ibrahimovic, bravo a giocare sia venendo incontro al pallone sia andando in profondità, con la squadra che ruota attorno ai suo movimenti come attorno al sole. Quando Ibra va in profondità abbassando la difesa avversaria, un’ala (di solito Cavani) gli si affianca mentre l’altra (uno tra Lucas e Lavezzi) va alle loro spalle. Quando invece lo svedese si abbassa sul centrocampo le due ali tagliano centralmente cercando gli spazi lasciati dalla salita dell’attaccante svedese.

 

Anche in questo caso, però, la scelta del tridente è un’arma a doppio taglio per Blanc. Cavani, dato che il modulo prevede una sola punta centrale e quel posto è occupato da re Zlatan, è relegato sulla fascia, dove è costretto a consumare gran parte delle proprie energie in fase di copertura (che compie in maniera molto generosa). Questo gli toglie lucidità in fase realizzativa. In due anni di PSG Cavani ha realizzato in campionato 24 goal, numeri di tutto rispetto se non si confrontassero con i 52 che ha realizzato nei due precedenti anni al Napoli.

 

Lavezzi e Lucas, dal canto loro, pur essendo due ottimi giocatori di fascia, non hanno la stessa generosità di Cavani nel ripiegare in fase difensiva. Questo molte volte sbilancia il centrocampo, costretto a coprire una porzione di campo troppo ampia. Allo stesso modo, Pastore, che è uno dei giocatori più creativi del PSG (ha una media assist doppia rispetto a quella di Ibra, per esempio), non riesce a trovare una sistemazione che gli permetta di sfruttare il proprio potenziale. Blanc ha provato a farlo giocare praticamente in tutte le zone del campo: prima punta, trequartista, ala, persino mezzala, ma la sua mancanza di disciplina tattica ha sempre portato a qualche problema.

 

Al di là dell’immobilismo tattico, "Le President" sembra aver fallito ancora una volta nello stringere un rapporto di fiducia con i propri giocatori. È quasi impossibile trovare delle dichiarazioni di stima, anche di circostanza, dei giocatori del PSG su Blanc.

 

David Luiz, non sapendo cosa rispondere alla domanda su quale fosse la caratteristica che accomunasse Blanc a Mourinho,

sorridendo che «both are ugly», probabilmente ignorando l’ambiguità della parola "ugly".

 

La situazione ha raggiunto il picco di criticità con il calciatore dalla psicologia più controversa: Ibrahimovic. Quando lo svedese ha deciso di togliersi la maglia per mostrare al mondo i propri tatuaggi in sostegno alla lotta contro la fame nel mondo (il suo primo gesto politicamente corretto che io ricordi), "Le President"

pubblicamente a non prendere ammonizioni «evitabili». Recentemente ha deciso di rincarare la dose

che Ibrahimovic, che ha collezionato 93 goal in due stagioni di PSG, «deve segnare di più».

 

Nonostante un ricco rinnovo contrattuale fino al 2016 arrivato a maggio dello scorso anno, la posizione di "Le President" a Parigi è legata ai risultati. Se non dovesse vincere il campionato, con un budget sproporzionato a quello delle concorrenti, e con l’eliminazione in Champions League ormai probabile, è difficile pensare che i dirigenti qatarioti non guarderanno altrove.

 

I due nomi più quotati per il dopo Blanc sarebbero Simeone e Rudi Garcia. Entrambi questi tecnici, pur essendo profondamente diversi tra loro, hanno una caratteristica in comune di cui Blanc è privo: il forte rapporto che stringono con i propri giocatori. Ciò che divide Blanc dal diventare un grande allenatore, infatti, non sono i pur evidenti limiti tattici, quanto la capacità di creare una squadra, dentro e fuori dal campo. Un gruppo che ripone fiducia nei suoi confronti e con cui sviluppa un rapporto quotidiano. Così com’era già successo con la Francia, il solo lavoro sulla tattica non ha trasformato quell’ammasso di grandi campioni che è il PSG in una squadra.

 

In un’era calcistica di grandi motivatori, Blanc colpisce per il suo essere anempatico, quasi un corpo estraneo alle squadre che allena. Sembra intendere il mestiere d’allenatore in modo esclusivamente cerebrale: come se le squadre fossero una semplice equazione matematica, con il paradosso di non essere nemmeno un grande tattico. Blanc è una specie di capitano d’azienda trovatosi per caso nel mondo del calcio, non sembra neanche un allenatore ma solo uno che prende decisioni. In questo senso, il soprannome "Le President" gli calza a pennello.

 
 

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