In questo primi mesi di Serie A c’è una squadra che più di ogni altra si è messa in luce per la brillantezza del gioco e l’inaspettata qualità degli interpreti: è il Frosinone allenato da Eusebio Di Francesco. Il tecnico abruzzese, dopo alcune esperienze negative, sta ritrovando in Ciociaria la giusta dimensione per esprimere il suo calcio, valorizzando diversi giovani di prospettiva, tra cui prospetti provenienti da società prestigiose (come Soulé, Barrenechea, Reinier e Arijon Ibrahimovic) ma anche altri con un percorso più umile (come Monterisi, Cheddira e Brescianini).
Se Di Francesco è l’architetto che ha dato una forma a questa squadra in campo, il demiurgo che ha plasmato la rosa e che da tre anni sta lavorando per far crescere il Frosinone è il direttore dell’area tecnica, Guido Angelozzi. Arrivato nel 2020, appena dopo la sconfitta nei play-off contro lo Spezia (di cui proprio era all’epoca DS), Angelozzi ha ricostruito l’identità del Frosinone trasformandola in una squadra giovane, offensiva e sostenibile dal punto di vista economico, abbassando sia età media che monte ingaggi.
Nato nel 1955, Angelozzi ha iniziato a fare il direttore sportivo all’alba degli anni Novanta, convinto da un amico che l’aveva portato a lavorare nel suo Leonzio (squadra dilettantistica con base nella provincia di Siracusa), per poi proseguire per sei anni nella Fidelis Andria, che disputò con Angelozzi cinque campionati di Serie B. Dopo alcune brevi esperienze nella prima metà degli Anni Zero, Angelozzi ha vissuto altri due lunghi cicli in Puglia, con il quadriennio a Lecce e quello a Bari, terminato con la celebre “meravigliosa stagione fallimentare” da cui è stato girato il docufilm omonimo.
È nell’ultimo decennio, però, che Angelozzi ha raggiunto i risultati più prestigiosi della sua carriera: tre anni a Sassuolo, con cui ha raggiunto l’Europa League per la prima e finora unica volta nella storia della società emiliana; un biennio allo Spezia, culminato con il raggiungimento della Serie A (anche in questo caso, prima volta nella storia dei bianconeri); e infine quest’ultimo periodo al Frosinone, che è una delle squadre rivelazione di questo campionato.
Nell’analisi di questo Frosinone vorrei partire dal manico. La scelta Di Francesco è stata una scommessa, considerata la storia recente del tecnico abruzzese. La conoscenza pregressa dovuta alle esperienze di Perugia e Sassuolo [dove Angelozzi ha avuto Di Francesco rispettivamente da calciatore e allenatore, nda] avrà aiutato, ma che corde ha toccato con lui per convincerlo ad unirsi al vostro progetto?
Lei ha il raro pregio di saper proteggere i suoi tecnici, dandogli tempo quando sono in difficoltà. Che tasti tocca per far lavorare al meglio i suoi tecnici nei momenti difficili?
Com’è strutturata l’area tecnica del Frosinone? Da quanti professionisti è composta e come sono suddivisi i compiti? Vi fidate più del proverbiale “occhio” o osservate con maggior attenzione le statistiche?
Ci sono alcuni calciatori che, più di altri, rappresentano il “metodo Angelozzi”. Mi riferisco a ragazzi come Monterisi, Gelli e Oyono, arrivati da categorie minori e fatti crescere progressivamente. Che tipo di lavoro c’è sia nella fase di reclutamento che in quella del lavoro quotidiano?
Nel salto dalla B alla A gli scetticismi più forti provenivano in relazione alla composizione della rosa: troppi prestiti, c’era chi pensava la struttura si sarebbe sfaldata. Ci è voluto poco a ricreare un’identità di squadra. Anche quest’anno, però, avete tanti calciatori in prestito. È un qualcosa che la preoccupa per il medio-lungo termine?
Negli anni si sono viste tante neopromosse partite bene e poi calare alla distanza. Cosa teme maggiormente del girone di ritorno?
Soulé e Reinier sono tra i giovani più in vista di questa squadra, entrambi provenienti da società di spicco come Juventus e Real Madrid. Che percorso stanno facendo? Su Reinier, in particolare, pensa che una chiave della sua crescita possa essere quella di giocare al centro del campo?
Di recente Angelozzi ha detto «la cosa che mi piace più di tutte è decidere». Che tipo di rapporto ha avuto con le proprietà nel corso della sua carriera?
Quest’anno il Frosinone si è interfacciato con società di respiro internazionale [Juventus, Milan, Bayern Monaco, Real Madrid, nda] per completare la sua rosa. Come sono andati i colloqui con questi club? Che valore hanno riconosciuto nel Frosinone e in Angelozzi?
Proprio con i gol di Reinier e Soulé, il Frosinone ha battuto il Verona per 2-1.
Il progetto del Frosinone è tra i più sostenibili del calcio italiano, ma non è ancora riuscito a rimanere in Serie A per più di una stagione. Crede che nel futuro prossimo ci siano gli strumenti per stabilizzarsi nel massimo campionato?
Oltre ai successi della prima squadra, il Frosinone ha disputato un’ottima stagione l’anno scorso in Primavera. Il settore giovanile è un altro fiore all’occhiello della società ciociara, costruito con una forte impronta del territorio. Che lavoro avete fatto in questi anni?
In trent’anni di carriera, quanto è come e cambiato il mestiere del direttore sportivo?
Le intuizioni di cui va più fiero?
A proposito di Gatti e Boloca, come si spiega la loro traiettoria di carriera? Pensa che il loro passaggio da categorie minori sia dovuto a situazioni particolari o c’è stata una negligenza nell’osservare quel talento?
C’è un’esperienza della sua carriera che porta particolarmente nel cuore?