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Gian Marco Porcellini
Sarà l’anno di Perugia?
13 gen 2023
13 gen 2023
La formazione di Anastasi ha vinto 26 partite su 26 e sogna uno scudetto che manca dal 2018.
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Gian Marco Porcellini
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La prima volta che la Sir Safety Perugia entra nella geografia della pallavolo italiana risale al 2014, quando raggiunge la finale sia di Coppa Italia che di campionato. La società bianconera aveva trasferito il titolo da Bastia Umbra 4 anni prima, approfittando del vuoto creatosi con lo spostamento della Pet Company da Perugia a San Giustino e lo scioglimento della Sirio Perugia nel 2011, storico club nel femminile protagonista negli anni 2000 con una quindicina di trofei vinti, tra cui 3 scudetti e 2 Champions League. La squadra di Gino Sirci, fondatore dell’azienda Sir Safety e presidente del club umbro, è partita nel 2001 dalla Serie C e in 10 anni tondi è arrivata in A1. Nel giro di poco tempo si è capito come il suo obiettivo fosse quello di rendere Perugia una big a tutti gli effetti del pallavolo italiana, attirando sponsor e ricreando un bacino di pubblico al PalaEvangelisti (in questa stagione la Sir supera i 3000 spettatori di media nelle partite casalinghe). Le ambizioni sono diventate evidenti nel 2016, quando Sirci ha ingaggiato Marko Podrascanin, uno dei migliori centrali della lega, e in particolare Ivan Zaytsev, per un decennio l’icona del movimento azzurro. In rosa c'erano già diversi campioni, come quelli della diagonale palleggiatore-opposto De Cecco-Atanasijevic. Con loro Perugia vincerà il campionato del 2017/18 e l’estate successiva arriverà persino Wilfredo Leon, il più forte attaccante al mondo di posto 4, con un ingaggio vicino al milione di euro (poi salito a 1,5 milioni dopo il rinnovo a gennaio dello scorso anno). Ma pur avendo alzato 3 Coppe Italia e 3 Supercoppe italiane tra il 2018 e il 2022, Perugia non è più riuscita a vincere un altro scudetto né la Champions League, i due obiettivi principali, malgrado gli sforzi economici. Si tratta di una delle squadre più costose del panorama nazionale e internazionale: nel 2019 si parlava di un roster da 5 milioni, è possibile che i costi siano lievitati considerato che, al di là dell’adeguamento al contratto di Leon, nelle ultime due estati la Sir ha speso rispettivamente 550.000 e 220.000 euro per i cartellini del capitano della nazionale Simone Giannelli (a cui riconosce 450.000 euro di ingaggio) e del polacco Kamil Semeniuk. In campionato Perugia è sempre arrivata in fondo, ma ha perso le ultime 3 finali con Civitanova (2019, 2021 e 2022) in maniera paradossale. Nel 2021 le tensioni tra giocatori e il tecnico belga Heynen hanno portato all’esonero dell’allenatore addirittura dopo gara-1 della finale, nel 2019 e lo scorso maggio è arrivata in finale play-off da favorita ma si è sciolta sul più bello (nel 2019 è stata avanti 2-1 nella serie e 2-0 nella finale di gara-5). Nella sua storia recente la squadra umbra ha dato l’idea di una formazione poco omogenea, modellata sulle individualità di Leon e Atanasijevic, su cui il palleggiatore di turno (De Cecco prima e Travica poi) si appoggiava per vincere le partite. Solo la scorsa stagione, in cui sono arrivati, appunto, Giannelli, Rychlicki al posto di Atanasijevic e l’americano Anderson in banda, hanno raggiunto una dimensione più collettiva, ma è come se fossero arrivati svuotati alla serie finale, persa nettamente 1-3 contro una Lube apparsa più fresca e lucida. «Perdere con Civitanova, come con Modena o Trento, ci sta» – commentava l’ormai ex tecnico Nikola Grbic «hanno anche loro grandi campioni e giocatori che stanno vincendo da anni. Quello che mi dispiace è che noi non siamo stati all’altezza, non siamo andati neanche vicini alle nostre migliori prestazioni».

L’ultimo atto della finale persa contro i marchigiani. 

Sirci ha quindi deciso di cambiare l’allenatore, riportando in Italia Andrea “Nano” Anastasi, a 17 anni di distanza dall’ultima esperienza in panchina in A1, ma di non stravolgere il roster. Semmai è stata allungata la rosa, aggiungendo il nazionale brasiliano Flavio al centro e Semeniuk al posto di Anderson. Negli ultimi anni il trend delle formazioni di vertice è quello di avere rose sempre più profonde, però con gerarchie più o meno definite in partenza e un sestetto base. Anastasi invece, per affrontare tutte e cinque le competizioni (24 partite in 88 giorni) ha scelto di non scegliere una formazione fissa: al centro sta ruotando Flavio, il campione del mondo Russo e Solé, in banda sta cavalcando il grande inizio dell’ucraino Plotnytskiy, che in più di un’occasione è stato preferito a Semeniuk o a Leon, che in estate si è operato al tendine rotuleo ma è ripartito come se niente fosse, assorbendo senza problemi anche un trauma cranico subito in Supercoppa. Piccinelli è il libero titolare in Champions League, in campionato è partito 4 volte in sestetto e ormai rappresenta più di un’alternativa all’ex libero di Trento e della nazionale Colaci. Herrera, teoricamente l’opposto di riserva, ha trovato molto spazio in Champions League, in Superlega ha attaccato quasi un centinaio di palloni (con un eccelso 53,37% di positività) e ha fornito un contributo determinante nella finale del mondiale per club con Trento vinta 3-1, grazie a 9 punti negli ultimi due set. Vincere sempre, vincere tuttoPer la formazione umbra il titolo intercontinentale conquistato in Brasile è il secondo di questo 2022/23 dopo la Supercoppa italiana alzata in novembre, in una stagione in cui ha saputo solo vincere: 26 successi in altrettante partite tra Superlega, Coppa Italia, Supercoppa, Champions League e Mondiale. Solo in Supercoppa la Sir è arrivata al tie break, sia in semifinale con Trento sia in finale con Civitanova, diversamente ha concesso appena 12 set in 24 gare agli avversari. Mezzo set a partita, dei numeri senza senso. La squadra di Anastasi sta rendendo quasi monotono un dominio che dovremmo riconoscere come straordinario, considerata la quantità e la qualità dei competitor, nel campionato più difficile al mondo, dove anche le formazioni di medio-bassa classifica possono rivelarsi insidiose. E la classifica dal secondo al settimo posto, con 6 club racchiusi in 7 punti, confermerebbe, oltre alla discontinuità delle altre big, dovrebbe rivelare l’imprevedibilità e la competitività di un torneo livellato verso l’alto. Un campionato incerto ma non per Perugia, che alla terza giornata di ritorno conduce con 13 punti di vantaggio su Modena seconda in classifica. Un percorso netto in cui i block devils sono andati in difficoltà soltanto nelle due finali: in Brasile Trento ha vinto con relativo margine il primo set (25-20) in cui ha limitato Semeniuk (-3 di efficienza nel parziale), attaccato al 65% e ricevuto con il 33% di doppio positiva. Nel secondo Perugia ha continuato a soffrire, ma è stata aiutata dagli errori avversari e si è portata a casa il parziale. Nonostante Anastasi abbia cambiato tre giocatori tra secondo e terzo parziale (dentro Plotnytskiy, Piccinelli ed Herrera), la Sir non ha la solita brillantezza nel cambio palla e nel contrattacco. La ricezione è sistematicamente fuori dai 3 metri (appena 10% di perfetta) e la squadra va sotto prima 7-11 e poi 14-18. Quella di Anastasi però è una squadra che sa accettare i momenti sfavorevoli e soprattutto ha risorse infinite: oltre alla panchina lunga può fare la differenza un po’ con tutti i fondamentali, per esempio nel terzo set inizia a toccare diversi palloni a muro contro una squadra non meno preposta nel muro-difesa, ma con meno peso offensivo nelle rotazioni col palleggiatore in prima linea. Con i turni al servizio di Plotniyskiy e Leon riesce a ricucire due volte lo strappo fino a portarsi sul 22-22, poi si procura il set point con un’azione che di solito si sarebbe conclusa dopo la ricezione in tribuna di Leon.

Invece Herrera confeziona la giocata più importante della sua stagione, recuperando un pallone mentre scavalca i tabelloni pubblicitari. Il resto lo fa Russo opzionando Lisinac a muro. 

Sono quegli scambi che spostano l’inerzia dei set e di conseguenza delle gare. Perugia del resto prende la forma di una pompa che aspira l’aria dalla metà campo avversaria ogni volta che difende o mura un attacco, portando all’esasperazione dell’altra squadra, costretta a chiudere i colpi. La Sir è come quei tennisti che ti obbligano a 2 o 3 colpi in più prima di fargli un punto. Se poi anche in una partita in cui saltano contemporaneamente tre titolari come Rychlicki, Semeniuk e Colaci, trova comunque le forze per recuperare lo svantaggio stampando 8 muri in un singolo set (!), significa che c’è poco da fare per Trento (che nel parziale successivo si staccherà subito nel punteggio, perdendo 19-25). Anche perché quell’azione, bissata pochi minuti dopo con un altro muro, quello del 27-25 da parte di Flavio su Podrascanin, racconta di quella che gli americani chiamano la clutchness, ossia la capacità di rendere nel momento di massima pressione. Che nella pallavolo significa performare dopo quota 20 punti. Negli scambi decisivi Perugia alza se possibile l’efficacia del suo gioco.

Il contrattacco perugino è così assurdo - una pipe di Plotnytskiy a sfondare il muro a 3 dopo un bagherone fuori dal campo di Leon sui 4 metri - che è difficile anche da realizzare. 

Dominio tecnico e mentaleUn dominio tecnico e mentale sulle partite, quello dei campioni del mondo: in alcune gare di campionato, come a Monza o a Piacenza, la formazione di casa ha tenuto una buona continuità in cambio palla, ma è come se per conservare una costanza del genere poi non avesse altre energie per confermarsi in fase break. Il che è comprensibile, se si pensa alla pressione che gli umbri mettono già al servizio: la Sir domina nella classifica di squadra degli ace/set, 1,94, come in quella individuale, con 4 giocatori nella top 10 (Herrera, Leon, Plotnyiskiy e Semeniuk). Una formazione pericolosa in ogni rotazione dai 9 metri, compresi i centrali. Flavio serve una float con cui può cercare indifferentemente la linea dei 3 metri come la profondità del campo – in particolare la porzione dello schiacciatore di prima linea – Russo invece è diventato molto più incisivo con la sua battuta “flin”, ossia una battuta che unisce la rincorsa della float all’impatto sulla palla della spin. Anche se non trovano il punto diretto, i bianconeri dai 9 metri sono in grado di staccare regolarmente la ricezione e orientarne il cambio palla. Ma a prescindere dalla qualità dell’attacco avversario, Perugia eccelle nell’organizzazione del muro difesa, dalla lettura del palleggiatore ai posizionamenti degli uomini di prima e seconda linea. Il muro ha una capacità unica in Superlega di toccare e ribattere gli attacchi (con 2,69 block/set è la squadra con la media più alta in Italia), già a partire dai laterali che sanno offrire un’ottima compostezza e delle ottime spaziature. Plotnytskiy, nonostante non arrivi al metro e 95, sa rendersi molto fastidioso in prima linea, anche quando si ritrova a murare da solo. Poi il valore aggiunto in questo fondamentale lo danno i centrali, in particolare Russo e Flavio, per invadenza e velocità di traslocazione verso posto 2 e 4.

In quest’azione contro Piacenza, Flavio è agevolato dall’alzata imprecisa di Brizard per Leal, troppo vicina a rete e distante dalla banda. Ma vanno comunque sottolineate la rapidità del passo incrociato e la pulizia nell’invadenza da parte del centrale brasiliano, che nonostante lo slancio laterale non scorre via verso posto 2. 

La seconda linea non è da meno: tutti si applicano con profitto in difesa, coprendo lo spazio dietro e fuori dal muro. Anche giocatori in teoria meno dotati in questo fondamentale, come i centrali, non si fanno problemi ad andare a terra se necessario: in questo scambio contro Trento in campionato, Russo prima difende la diagonale stretta di Lavia nei 4 metri, poi si supera recuperando in tuffo il secondo attacco di Lavia toccato dal muro e diretto verso posto 5. Non sarebbe neanche di sua competenza (la palla andrebbe verso Leon), ma è ammirevole la disponibilità del centrale della nazionale, malgrado il tuffo un po’ goffo che spiega pure la voglia di sacrificarsi pur di togliere sicurezze all’altra squadra. Stesso discorso per la copertura di Flavio sul muro subito da Rychlicki: l’ex Vibo Valentia si accartoccia sotto rete con la reattività quasi di un libero, prima di vincere due contrasti che valgono uno di quei punti che a livello mentale spostano tanto. Giannelli e Rychlicki dal canto loro hanno qualità nel difendere di posizione e offrire un buon piano di rimbalzo, qualità incredibili per giocatori alti più di 2 metri. Se parlare del lavoro di Colaci e Piccinelli è quasi superfluo, vale la pena invece sottolineare il quid portato da Semeniuk in seconda linea. Il suo contributo nei fondamentali difensivi ha permesso di cementare ulteriormente la correlazione tra muro e difesa, implementando la coesione di una squadra per competenze e capacità di ricostruzione inavvicinabile in questo momento in Italia e non solo. Il polacco sembra sempre in controllo della situazione e a questo unisce una tecnica rara nell’esecuzione del primo tocco.

Sempre nella partita di Superlega con Trento, Semeniuk schizza verso posto 1 per difendere la parallela di Lavia che si impenna sul muro e scavalca Giannelli. Il polacco non solo tiene viva la palla, ma esegue un bagher laterale con la naturalezza di un colpo da riscaldamento a coppie. Il corpo è rivolto verso destra, eppure riesce a indirizzare una palla morbidissima verso zona 3, poi Giannelli non è da meno e si inventa una “7” per Flavio che polverizza il muro difesa trentino.

La varietà dell’attaccoSemeniuk è solo l’ultima stella di un roster pieno zeppo di fuoriclasse: campione del mondo con la nazionale nel 2018, due volte campione d’Europa con lo Zaksa nel 2021 e nel 2022 (in entrambe le finali ha sconfitto Trento, in quella di maggio ha vinto pure il titolo di MVP con 27 punti in 3 set), è uno degli schiacciatori più completi del panorama mondiale. Il classe ’96 può giocare sia come S1 sia come S2 e finora si sta imponendo soprattutto nei fondamentali di seconda linea: difesa, servizio e ricezione, dove è arrivato a un eccellente 27,9% di doppio positiva in campionato (miglior percentuale della lega tra gli schiacciatori). In attacco è un filo sotto i suoi standard di eccellenza (in tutte le competizioni viaggia al 48,74% di positività, in Polonia negli ultimi 3 anni non era mai sceso sotto il 50%), anche se va detto che si tratta di uno schiacciatore alto “solo” un metro e 94, che ha spesso bisogno di una palla spinta vicino all’asta per uscire dal muro. Ma è tutta la Sir a registrare ottime percentuali in ricezione (26,9% di rice++, oltre due punti meglio rispetto al 24,7% dell’annata precedente) ed è quasi frustrante per gli avversari la semplicità con cui riesce a mettere la palla in testa a Giannelli e coprire Leon, il giocatore più fragile - a causa della sua staticità – in questo fondamentale. Determinanti in questo senso il rendimento di Max Colaci, ancora uno dei liberi più esplosivi del campionato nonostante a febbraio compirà 38 anni e la versatilità di Kamil Rychlicki, di ruolo opposto che sulla P1 e sulla P5 scende in ricezione. In queste due rotazioni gli uomini di Anastasi, in linea con la tendenza generale, ricevono con 4 giocatori, sfruttando il background dell’ex Lube, che in passato ha giocato anche come schiacciatore.

Le zone di competenza dei 4 ricettori indicate dai rettangoli colorati: Semeniuk si posiziona di fronte al battitore e “spinge” Leon verso posto 5, Colaci copre zona 6 e in particolare la zona di conflitto con Semeniuk, mentre Rychlicki si occupa della striscia più esterna in posto 1.

Rychlicki è un elemento non troppo appariscente, forse sottovalutato, che però in questi 5 anni in Italia è cresciuto progressivamente fino a diventare l’opposto migliore della Superlega. Un giocatore influente in ogni fondamentale, compresi quelli difensivi, che in attacco ha aumentato la sua centralità. Tra le uscite di palla alta ormai può essere considerato un riferimento al pari di Leon per la quantità e la qualità dei suoi palloni: complessivamente ne ha attaccati 218 con il 53,83% di efficacia, che sale al 55% se prendiamo soltanto il campionato. Kamil oltretutto commette pochi errori (51% di efficienza) e ha raggiunto la pesantezza e la risolutività nei suoi attacchi dei grandi opposti. In dicembre ha ottenuto la cittadinanza italiana e da ottobre 2023 potrà essere convocato dalla nazionale di Fefè De Giorgi, che potrebbe contare su un rinforzo importante. Leon è la solita sentenza in attacco (in questo pezzo del 2019 ne avevamo parlato in maniera approfondita) e si sta dimostrando quanto mai efficace anche a muro (0,61 i muri/set), ma la vera notizia in posto 4 è la stagione di Oleh Plotnytskiy: il martello ucraino sulla carta doveva essere il primo cambio di Leon e Semeniuk, in pratica si sta ritagliando il suo spazio giocando la sua miglior pallavolo da quando è a Perugia. In attacco il suo rendimento è cresciuto di 12 punti esatti (da 39,5 a 51,5%), la sua percentuale di ricezioni perfette supera addirittura il 30% e dai 9 metri sfiora il mezzo ace per set (0,49). Al di là dei numeri, il martello mancino è in una condizione tale che si può permettere di osare ogni cosa, tentando persino dei trick da giocoliere degni del miglior Ngapeth. Da seconda linea attacca qualsiasi pallone passi dalle sue parti, in più come lo schiacciatore francese si diverte a fingere l’attacco per poi alzare in palleggio. Per velocità di braccio e creatività è uno dei giocatori più divertenti e imprevedibili da vedere, in grado di trovare dei colpi sorprendenti grazie all’elevazione e alla torsione del tronco.

Nella finale del mondiale con Trento, Oleh salta senza rincorsa e si avvita su sé stesso, mandando a vuoto il muro a 3. Un Punto assurdo, ma quasi da ordinaria amministrazione per l’ucraino. 

Giannelli nell’olimpoSe Perugia in stagione sta attaccando col 55,2% di efficacia il merito passa anche dalle mani del suo regista Simone Giannelli, l’unico davvero insostituibile in questa Sir (il secondo palleggiatore Ropret entra essenzialmente per la battuta). In questa seconda parte del 2022 il palleggiatore della nazionale si è dimostrato il migliore al mondo nel suo ruolo, aggiudicandosi prima il titolo di mvp ai mondiali vinti con la nazionale e poi ripetendosi al mondiale per club. Sicuramente la qualità della ricezione e il talento del parco attaccanti lo stanno favorendo, però Giannelli si sta rivelando un fattore anche nei (pochi) momenti di appannamento incontrati dalla sua squadra. Un leader tecnico ma anche emotivo, che sa leggere la partita e quali attaccanti cercare a seconda delle varie fasi.

Qui per esempio alza a una mano un cioccolatino per Rychlicki, che ha tutta la parallela libera e non si fa pregare.

Nella finale di supercoppa italiana, contro una Lube più regolare nel cambio palla e incisiva al servizio nei set centrali, il palleggiatore azzurro si è caricato la squadra sulle spalle rovesciando l’inerzia della sfida. Con Civitanova avanti 2-1 e 7-2 nel quarto set, il numero 6 con due attacchi e un “mezzo ace” ha dato lo slancio decisivo alla rimonta della Sir (10-10), riuscendo pure a riportare in partita gli schiacciatori, che faranno la differenza nel tie break. Più in generale l’obiettivo di Giannelli è privilegiare gli attaccanti di palla alta, anche con la ricezione ++, per accelerare il gioco il più possibile. Lo fa alzando verso le zone esterne del campo, oppure in pipe con lo schiacciatore di seconda linea. I centrali Russo e Flavio hanno una meccanica più laboriosa e preferiscono attaccare dei palloni appena più staccati da rete, o comunque con una ricezione più morbida, che permetta loro di preparare adeguatamente la rincorsa. Nessuno dei due ha un braccio rapido, ma sono bravi a “portare via” la palla trovando dei buoni angoli, inoltre si stanno specializzando nell’attaccare dei primi tempi spostati. Diventano un’opzione credibile non tanto in cambio palla, semmai in contrattacco. Con Solé invece, un centrale decisamente più esplosivo, l’alzatore bolzanino può giocare dei primi tempi più vicini alla rete, comprese le tese al centro. Apparentemente i posti 3 possono sembrare meno coinvolti nella distribuzione, in realtà attaccano quasi il 21% dei palloni considerando tutte e 5 le competizioni. Il che significa che più di una palla su 5 è diretta a loro, una buonissima percentuale per il ruolo. Giannelli a 26 anni è entrato nel suo prime anche per come gestisce le ricezioni fuori dai 3 metri. Perché con palla nei 4 metri il primo tempo rimane comunque un’opzione credibile, in più ha una capacità unica nel nascondere le sue giocate. In particolare la palla verso l’opposto sta diventando un’alzata molto difficile da leggere, perché inarca sempre meno la schiena e prende la stessa rincorsa di quando serve i martelli (da notare come in questo cambio palla mandi a farfalle sia Galassi sia Grozer). L’alzata in corsa verso posto 4 si è trasformata nella sua signature move: quando va incontro la palla per anticiparne l’impatto e giocare la “super” verso lo schiacciatore di prima linea – il tutto mentre esegue una rotazione del bacino verso la banda - è una gioia per gli occhi, perché in quei tocchi unisce velocità e precisione.

Giannelli è in uno stato di grazia che gli consente di spostare il limite di quello che un palleggiatore può fare in campo: in questo match con Piacenza utilizza un colpo a una mano tipicamente da difesa alta per alzare una palla che sparisce dalle inquadrature, ma che arriva precisa a Semeniuk. Il capitano della nazionale gli recapita una palla che sembra lanciata con un racchettone da come la impatta. Peccato che il polacco abbia attaccato out, altrimenti sarebbe diventata un’azione virale.

Approfittando del ritardo delle dirette concorrenti, Perugia sta dominando questa stagione con una voracità inedita in Italia. Il patron Gino Sirci, che a maggio aveva criticato pubblicamente Grbic per aver ruotato poco la squadra (“avere una panchina lunga serve per allenarsi ad alti livelli, ma direi che serve anche in partita – le sue parole dopo la sconfitta in finale - se i titolari avessero assaggiato un po’ di panchina, avrebbero potuto forse rigenerarsi, oppure recuperare un po’ di mordente, chissà. La società dovrà riflettere”), è ripartito da Andrea Anastasi. Un tecnico di assoluto valore, ma una scelta tutt’altro che banale, dato che Anastasi, dopo il secondo mandato sulla panchina della Nazionale terminato nel 2010, è rimasto all’estero in questi 12 anni, tra Belgio e Polonia. «Sei felice di essere tornato in Italia? No, sono felice di essere andato a lavorare a Perugia perché è uno dei migliori club al mondo in questo momento» ha spiegato Anastasi qualche mese fa, «sono una persona aperta ai cambiamenti, il che mi ha portato a trovarmi bene un po’ ovunque». L’ex allenatore della Nazionale italiana e polacca ha rivelato un’umiltà insolita a questi livelli, spiegando di essersi confrontato coi suoi predecessori. «Ho sentito tutti gli allenatori che erano stati qui negli ultimi anni e gente che conosceva bene l’ambiente. Un dirigente come Stefano Recine è stato importante per il mio insierimento. Ho parlato con un sacco di persone dello staff e con i giocatori per capire come potevo aiutarli. Ho cercato di comprendere cosa non aveva funzionato in passato (...) dovevo creare un gruppo che potesse ruotare. Il mio capitano, Wilfredo Leon, mi ha detto che si era dovuto operare per aver giocato tanto, troppo». I risultati stanno dando ragione a Sirci e Anastasi: mai nessuno in Superlega aveva vinto tutte le partite del girone d’andata senza lasciare neanche un punto per strada. «Ma a me i record interessano zero» ha spiegato un Sirci come al solito senza filtri «sono fatti per essere battuti. Lo considero come un inventario, io guardo al fatturato finale». La Sir Safety Susa Perugia sta dimostrando di essere la squadra più in forma e più forte, senza apparenti punti deboli né in cambio palla né in fase break. Ma dovrà ripetersi anche nella post season di Superlega e nelle fasi finali di Champions League, quando si giocherà per i titoli e quando magari le avversarie saranno più rodate (due delle principali antagoniste, Piacenza e Civitanova, in estate hanno rivoluzionato le loro rose e stanno provando a ritrovarsi tra alti e bassi) si saranno avvicinate. Il primo appuntamento decisivo del 2023 saranno le final four di Coppa Italia a fine febbraio, a cui Perugia non può che arrivarci da favorita.

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