
Che Neres avrebbe potuto fare la differenza si era capito già al 26’. Era già diversi minuti che il Napoli riusciva a passare in mezzo alla pressione della Roma senza nemmeno dare l’impressione di fare troppa difficoltà. La squadra di Gasperini, che non aveva «la solita energia» secondo il tecnico piemontese, continuava a scalare sugli avversari sempre con una frazione di secondo di ritardo e quelli continuavano a ruotare intorno al pallone senza perderne mai il controllo, come satelliti intorno al proprio pianeta.
In questa stagione è stato raro vedere la Roma così in difficoltà a recuperare il pallone in alto, a imporre la propria volontà sull’avversario con il pressing, e superata la prima metà del primo tempo la situazione iniziava a diventare frustrante. A quel punto il Napoli aveva più del doppio dei passaggi completati (159 contro 69) e una superiorità schiacciante nel possesso palla (66 contro 34%).
Il possesso che porta al tiro-cross di Lang leggermente sfiorato da Oliveira e poi allontanato dalla porta con la mano sinistra di Svilar, per dire, dura almeno un paio di minuti, inframmezzati solo saltuariamente e casualmente da interventi difensivi dei giocatori di Gasperini. Con il nuovo 3-4-3 inaugurato alla fine di novembre con l’Atalanta, la squadra di Conte ha creato un lato piuttosto forte a destra dove Beukema (o Rrahmani), Lobotka, Di Lorenzo e Neres sanno scambiarsi pallone e posizione con grande naturalezza, e in quell’occasione questa catena - che in realtà nei fatti ha più la forma di un rombo - aveva mandato in tilt le marcature a uomo della Roma per ben due volte.
La prima volta la risalita del campo sulla catena di destra è stata lineare. Passaggio taglia-linee di Beukema verso Lobotka; verticalizzazione di prima di Lobotka verso Neres; primo controllo ad aggirare Hermoso di Neres. A quel punto la Roma ha capito di aver fatto un passo avanti di troppo. Quando Neres si è messo di spalle Hermoso e ha puntato la porta, infatti, su di lui avrebbe dovuto uscire forte Wesley, che però stava tenendo sotto controllo la sovrapposizione interna di Di Lorenzo. I movimenti del terzino italiano a entrare dentro al campo sono stati decisivi per togliere certezze al sistema difensivo giallorosso e forse della sua prestazione oggi si dovrebbe parlare di più. In questo caso, per esempio, Wesley fa un passo in avanti col pensiero di chiudere la porta a Neres ma poi ci ripensa, decide di coprire lo spazio alle sue spalle per cercare di prendere tempo e far rientrare Hermoso, ma al suo fianco per l’appunto c’è Di Lorenzo che approfitta di quel movimento per ricevere nel mezzo spazio, dove Ndicka non può intervenire per la presenza di Hojlund.
L’azione porta a un primo cross respinto dalla difesa romanista ma il Napoli recupera immediatamente palla e la continua a gestire seguendo le stesse coordinate. La palla torna in difesa, poi viene lasciata a Lobotka, che si gira su se stesso un paio di volte. Quando alza la testa, davanti al centrocampista slovacco la situazione è quasi identica: Neres si sta allargando sull’esterno destro e questa volta è preso in consegna da Wesley, mentre nel corridoio intermedio c’è ancora Di Lorenzo, che con passi felpati è sfilato alle spalle di Pellegrini, mentre Hermoso è troppo lontano.

Per Lobotka servirlo è un gioco da ragazzi e il Napoli in questo modo può ancora inclinare il campo verso la porta di Svilar. Questa volta l’azione da destra va a sinistra, dove Lang va in isolamento con Celik e trova il tiro-cross di cui parlavamo poco sopra.
Neres e Di Lorenzo avevano già portato il Napoli vicino allo 0-1 qualche minuto prima, al 18’. E anche se l’azione segue coordinate sostanzialmente diverse è ancora una volta la libertà di questi due giocatori tra le linee a fare la differenza. In quel caso la squadra di Conte, facendo perno proprio su una ricezione di Neres tra le linee, aveva costruito l’azione a sinistra, passando per i piedi di Oliveira. L’ala brasiliana, però, aveva intelligentemente continuato il movimento, non seguito da nessuno dei difensori della Roma, e con un taglio lunghissimo da destra a sinistra aveva costretto Ndicka a lasciare la propria marcatura su Hojlund. Neres, complice il solito approccio piuttosto blando alla marcatura del centrale ivoriano, era comunque riuscito a girarsi e a mettere il pallone in area, dove dall’altro lato era piombato alle spalle di Wesley Di Lorenzo, che al volo aveva tirato di poco al lato.
La connessione tra Di Lorenzo e Politano (che nel secondo tempo ha sostituito Neres) porterà nel secondo tempo anche al giallo di Hermoso, in un contesto tattico completamente diverso. A quel punto il Napoli aveva abbassato il baricentro lasciando il pallone all'avversario, ma continuava a giocare seguendo questa traccia semplice: l'ala a destra che si allarga verso la linea del fallo laterale, il terzino che si inserisce internamente da quel lato.
Nel post-partita Conte ha dichiarato che il passaggio al 3-4-3 è stato dettato dalle necessità del momento («perché abbiamo solo due centrocampisti, oltre a Elmas che è un jolly e Vergara, che sicuramente troverà spazio») ma è indubbio che, forse per la prima volta in campionato, il Napoli ha restituito le stesse vibrazioni della scorsa stagione, quando vinceva le partite quasi per asfissia, segnando presto e costringendo gli avversari a lunghi secondi tempi di consunzione contro il proprio blocco basso. Esattamente quello che ha vissuto la Roma ieri sera, dopo aver subito gol alla fine del primo tempo per una transizione lunga nata da una palla recuperata ai limiti dell’area avversaria, e aver tirato in maniera pericolosa verso la porta di Milinkovic-Savic solo al 90’.
Il Napoli, insomma, è senza due dei suoi migliori giocatori (tre se contiamo anche il lungo degente Lukaku) eppure proprio per questo è sembrato ritrovare la propria forma migliore, le condizioni in cui è più comodo, come un vecchio maglione un po’ liso ma che ormai ha preso la forma del nostro corpo. Conte ha parlato di vittoria «da elmetto», e sappiamo quanto le situazioni di emergenza, la rosa corta lo aiutino a tirare fuori il meglio dalla propria squadra da un punto di vista psicologico, ma il 3-4-3 uscito fuori da questa emergenza ha senso anche da un punto di vista tattico.
Ha senso in primo luogo perché non c’è più un attaccante a cui appoggiarsi con le verticalizzazioni dirette dalla difesa come Lukaku, che sembra poter bloccare le linee difensive avversarie semplicemente piantandosi con il bacino sulla trequarti. E ha senso perché, con un attaccante che invece fa dei tagli in profondità il suo punto di forza come Hojlund, avere due giocatori tecnici e creativi nei mezzi spazi (Neres e Lang) permette al Napoli di sgravarlo dai compiti di cucitura del gioco spalle alla porta, sulla trequarti, e di rifinitura con l’ultimo passaggio, che è forse l’ambito in cui sembra più carente. Questo 3-4-3, insomma, permette ad Hojlund di concentrarsi su quello che sa fare meglio e a Conte di mettere in campo Lang e Neres con una ratio, che era stato uno dei suoi crucci più grandi fin qui. D'altra parte, che Hojlund costringesse il Napoli a cambiare forma era chiaro già quest'estate.
Certo, ogni evoluzione comporta anche un sacrificio. E per il Napoli questo 3-4-3 significa rinunciare di fatto a Politano, una delle mani invisibili di molti dei successi della squadra partoneopea degli ultimi anni, e soprattutto alla presenza in area di Scott McTominay, probabilmente la singola cosa - se uno proprio fosse costretto ad individuarne una sola - che ha permesso alla squadra di vincere lo Scudetto nella scorsa stagione. Se la squadra però è tornata a funzionare, viene da chiedersi, cosa importa?
Siamo arrivati a dicembre, il Napoli è tornato in cima alla classifica e forse per la prima volta da quando è iniziata questa stagione c’è la sensazione che tutti i tasselli siano andati al proprio posto. La quadra per Conte, come ammesso dallo stesso tecnico salentino, è però arrivata nel momento di massima emergenza e se questo da una parte è un segno di grande «spirito» da parte del gruppo, dall’altra viene chiedersi cosa succederà al senso che ha trovato oggi il Napoli una volta che torneranno Anguissa, Lukaku e soprattutto De Bruyne. Ad oggi, più che il Milan, l’Inter o la Roma, l’ostacolo più grande nella corsa verso il secondo scudetto consecutivo del Napoli sembra per paradosso essere il Napoli stesso.




