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Dario Pergolizzi
Perché Roma e Inter hanno usato la difesa a 3?
14 set 2018
14 set 2018
Per ragioni diverse Di Francesco e Spalletti possono giocare con 3 difensori centrali, ma quanto sono adatte le loro squadre?
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Dario Pergolizzi
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Per diversi decenni l’utilizzo di un sistema di gioco che prevedeva l’impiego di 3 centrali difensivi è stato associato a un atteggiamento conservativo, volto a limitare i rischi nella fase di non possesso o aggiungere fisicità all’undici iniziale. Oggi sappiamo che non si può identificare l’atteggiamento di una squadra sulla base del solo modulo di partenza, che

. Quindi, per tornare al tema di questo articolo, una difesa a 3 non è per forza di cose una mossa di contenimento.

 

Va inoltre premesso che nel corso di una gara qualunque squadra di alto (ma anche medio) livello assume forme ibride o apparentemente indefinite, e che è abbastanza raro vedere poi disegnato sul campo nell’arco dei 90 minuti – soprattutto in fase di possesso – l’effettivo 4-4-2 o 3-5-2 di turno. Il calcio moderno è basato sulla gestione delle situazioni di gioco di 1 vs. 1, 2 vs. 2, 3 vs. 3, 1 vs. 2 e così via, e per garantire un corretto scaglionamento e una densità consona diventano fondamentali interscambi, rotazioni e capacità di coprirsi a vicenda.

 

Nel corso degli ultimi 4-5 anni, in particolare, abbiamo goduto della fioritura di sistemi di gioco di allenatori dalla mentalità offensiva, spesso resi sulla carta con il numero 3 all’inizio: Conte, van Gaal, Guardiola, Pochettino, Sousa, hanno tutti presentato, chi più e chi meno frequentemente, un assetto di base identificato a partire dai 3 difensori. Abbiamo assistito sia all’utilizzo dei 3 centrali puri sia a mediani abbassati e persino a terzini accentrati, tutto a seconda delle esigenze tattiche o delle caratteristiche della squadra.

 

È lecito, quindi, chiedersi se una determinata squadra non possa migliorare la propria fase offensiva proprio aggiungendo un terzo difensore centrale. L’argomento si fa ancora più interessante se pensiamo che due delle big del nostro campionato che non hanno avuto un avvio particolarmente brillante sono già ricorse alla difesa a 3. Ovviamente parliamo dell’Inter e della Roma.

 



Dopo aver ribaltato il risultato dell’andata, vincendo 3-0 allo stadio Olimpico contro il Barcellona, dopo aver a sorpresa presentato in campo un’inedita difesa a 3, Di Francesco in conferenza stampa ha detto: “Bisogna far rendere al meglio i giocatori. Il paradosso di questo 4-3-3 mi ha dato sempre soddisfazioni e me le ha tolte. Mi mancava qualcosa, non ci ho dormito dopo la Fiorentina e ho pensato a questo 3-4-2-1 che mi dava più soluzioni per mettere in difficoltà il Barcellona. […] Giocando a tre dietro non ho messo Fazio centrale, ma a destra perché volevo gestire più la palla. Manolas invece si è esaltato perché i duelli a campo aperto sono la sua forza”.

 

Eusebio Di Francesco si è lanciato ad alti livelli dando continuità a un 4-3-3 solo ispirato al suo noto mentore Zeman, ma decisamente più elaborato nella cura dei dettagli difensivi, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle transizioni negative e le fasi di non possesso in generale. Il punto più alto della sua carriera, però, l’ha raggiunto attraverso l’intuizione che ha portato allo storico ribaltone dei quarti della scorsa Champions League. Questa lettura lo ha

, e da quel momento l’utilizzo di 3 centrali di ruolo è diventato una variante più che gradita per l’allenatore pescarese.

 

La riflessione sullo scambio di posizione tra Manolas e Fazio è interessante perché anche questa soluzione è stata riproposta successivamente: il greco è uno dei difensori più veloci in circolazione, sia per i ridotti tempi di reazione nel cercare l’anticipo e accorciare verso il portatore, sia per la rapidità nel coprire ampie porzioni di campo alle sue spalle, ripiegando. In teoria le caratteristiche lo renderebbero perfetto anche per giocare da centrale di fascia, forte di un compagno più di “copertura” al centro. Di Francesco invece ha preferito spostare la migliore qualità di palleggio dell’argentino sul centro-destra, forse per creare un asse più efficiente in uscita dal basso con l’ausilio di Florenzi e dell’interno di parte, e sfruttare Manolas per coprire le spalle ai compagni.

 

In una configurazione del genere i margini di rischio sono ridotti all’osso: lo stile aggressivo di Manolas deve essere accompagnato alla perfezione dalla lettura dei partner per la copertura della profondità alle sue spalle, con un movimento difensivo che scolasticamente è chiamato “marco-copro”, e che di solito viene applicato attraverso la formazione di un triangolo tra il difensore in uscita e due compagni che si stringono alle sue spalle. Chiaramente diventa estremamente difficile garantirne un’applicazione corretta quando ad accorciare è il difensore centrale e a doversi stringere sono i laterali.

 


Tipica situazione con Manolas centrale che esce in aggressione e i due ai lati che stringono. Salah taglierà velocemente davanti al brasiliano e andrà in porta agevolmente.



 

La semifinale di andata con il Liverpool (che Di Francesco ha preparato sempre con la difesa a 3) ha esposto Manolas proprio a questo tipo di difficoltà, con la sua tendenza a difendere in avanti che è costata cara alla Roma, soprattutto sul secondo gol. In quella partita non hanno funzionato neanche le uscite dei difensori laterali, con Juan Jesus sempre in ritardo (per ovvi motivi) su Salah e persino Manolas in difficoltà quando c’era da recuperare correndo verso la propria porta. Insomma, la difesa 3 ha segnato il punto più alto della carriera di Di Francesco, ma ha anche compromesso le sue chance di arrivare a una storica finale con un risultato impossibile da ribaltare (5-2).

 

La Roma non ha ancora trovato la brillantezza con questo sistema di gioco e quando Di Francesco ha scelto di giocare a 3 dietro nel primo tempo contro il Milan la sensazione è stata che ad andare in difficoltà fosse soprattutto la catena di sinistra, nonostante la presenza di Kolarov sull’esterno a dare in teoria più equilibrio. I nuovi acquisti Marcano (difensore laterale sinistro) e Nzonzi (centrale di centrocampo sinistro) non hanno ben figurato e ci si può ragionevolmente augurare un miglioramento nel loro rendimento individuale e nella reciproca intesa.

 

Anche la staticità nelle fasi di difesa posizionale hanno esposto i limiti di una squadra sicuramente non ancora al meglio della forma, ma anche quelli individuali di Manolas e Fazio, che in occasione del primo gol è lento a leggere il filtrante per Rodríguez e poi a recuperare.

 


Marcano deficitario nella lettura dell’assist e nella marcatura di Kessie, non riesce né a contrastare la traiettoria del pallone né l’uomo.



 

In futuro sarebbe curioso assistere a delle varianti più “dinamiche”, come ad esempio un nuovo abbassamento di De Rossi tra Manolas e Fazio o l’arretramento di Kolarov (e quest’ultima soluzione potrebbe anche far trovare minutaggio a un promettente giovane giallorosso, Luca Pellegrini) in una posizione che ha già ricoperto diverse volte sotto Guardiola, portando in dote soprattutto un valore aggiunto in palleggio. Sempre ammesso che Di Francesco voglia riprovarci.

 

Per quanto riguarda la Roma, l’adozione di un sistema con 3 difensori potrebbe essere soprattutto una mossa volta a migliorare la gestione del pallone (indebolita anche dalla cessione del portiere-libero Alisson) e, a seconda dell’avversario, a ottimizzare anche le letture delle marcature preventive.

 

Di Francesco dovrà riflettere bene sulla scelta degli uomini, per cercare di limitarne i difetti. La soluzione di Manolas pilastro centrale può pagare alti dividendi contro squadre che attaccano con centravanti poco dinamici, ma è molto rischioso contro numeri 9 che accompagnano la manovra (tipo Firmino) sganciandosi dalla posizione centrale, mettendo in difficoltà anche i difensori laterali, che a loro volta devono coprire la profondità sull’esterno e uscire in anticipo in marcatura.

 



Luciano Spalletti ha acquisito una certa familiarità con la difesa a 3 proprio durante la sua ultima esperienza romana. Quella squadra, molto verticale e capace di giocare a ritmi intensi, si basava infatti su un trio arretrato composto da Manolas (a destra), Fazio (centrale) e Rüdiger (a sinistra), con Juan Jesus nelle rotazioni. Le caratteristiche di questi ultimi due, impiegati spesso come terzini nel corso della loro carriera, si sposavano bene con uno scivolamento a 4 nelle fasi di non possesso.

 

Questo atteggiamento inoltre consentiva alla Roma di liberare Bruno Peres ed Emerson Palmieri nella posizione di tornanti, forti di un uomo in più su cui contare alle loro spalle che mascherava i loro limiti nella lettura delle diagonali difensive o in generale nella copertura delle distanze alle loro spalle, soprattutto del brasiliano ex Torino. La scelta di questo assetto fu fondamentale per coprire l’ampiezza e consentire così a Salah e Nainggolan di giocare per tracce interne, avvicinandosi a Dzeko e dando vita a una delle fasi offensive più efficaci degli ultimi anni in Serie A.

 

Questa premessa è utile per capire alcune delle ragioni che hanno portato Spalletti a modificare il suo sistema di gioco di riferimento sulla base della presenza di alcune caratteristiche peculiari degli interpreti che curiosamente (oppure no?) possiamo ritrovare anche nella sua Inter attuale.

 

Partiamo dal trio arretrato: de Vrij è uno dei migliori interpreti in assoluto per questo tipo di modulo, nella posizione di centrale, e i suoi numeri nell’ultima stagione alla Lazio ci restituiscono un giocatore molto pulito nella circolazione sul corto, con il 92% dei passaggi completati, e una lunghezza media degli stessi di 20 metri (ma è anche abbastanza preciso a pescare il lancio lungo quando necessario). L’olandese però si distingueva soprattutto per la sua capacità di guidare il reparto e di coprire con puntualità l’uscita di due marcatori più puri e verticali ai suoi fianchi.

 

Anche Skriniar ha dimostrato di avere le caratteristiche giuste e un livello adeguato non solo per marcare aggressivamente, ma anche per fornire una valida alternativa allo sviluppo della manovra, anche partendo in conduzione palla al piede. La vicinanza tra de Vrij e Skriniar potrebbe tornare parecchio utile in quelle partite in cui Brozovic, che è la fonte di gioco primaria dell’Inter, trova degli avversari particolarmente puntuali nello schermarlo.

 

Per il terzo componente Spalletti può scegliere se affidarsi a un centrale puro ed esperto come Miranda, che garantisce una migliore interpretazione delle situazioni di gioco puramente difensive, soprattutto sulle marcature preventive e i tempi d’uscita sul portatore, o optare per un assetto più ibrido che gli consenta scalate a 4 più comode nelle fasi di difesa posizionale.

 


Con i 3 centrali l’Inter può alzare gli esterni e coprire meglio l’ampiezza davanti. D’Ambrosio porta palla ed è bravo a pescare in verticale Icardi, che defilandosi lascia spazio a Perisic che andrà poi a rete.



 

I due profili più idonei per passare dalla difesa a 3 a quella “3 e mezzo” sono D’Ambrosio (con decine di partite sulle spalle tra Torino e Inter con le medesime consegne), idealmente sul centro-destra dirottando Skriniar sul centro-sinistra, e Asamoah, che ha spesso giocato da terzino bloccato con Allegri. L’impiego simultaneo di Asamoah e D’Ambrosio (con il primo nel ruolo di esterno a sinistra e il secondo sul centro-destra) renderebbe invece il sistema di base molto elastico, consentendo scalate a destra o a sinistra senza troppi pensieri.

 

La più grande analogia con il 3-4-2-1 dello Spalletti romanista sarebbe sicuramente la presenza di Nainggolan in prossimità del centravanti, con un approccio quasi più da mezzapunta che da mezzala. Nonostante la presenza di un 9 meno associativo rispetto a Dzeko, ma che comunque impegna e attrae anche solo con la sua presenza i centrali avversari, il belga può disputare una grande stagione sotto l’aspetto finalizzativo.

 

Con la difesa a 3, inoltre, Spalletti potrebbe utilizzare Perisic da esterno di centrocampo, liberando uno slot a ridosso di Icardi che può essere riempito dalla promessa Lautaro, o da Politano, che in questo inizio di stagione è sempre partito titolare.

 

https://youtu.be/STe0HhLokmQ?t=1m51s

Pur al termine di un’azione macchinosa, è apprezzabile il funzionamento dei movimenti che portano Politano e Nainggolan a toccar palla vicini nella zona centrale col secondo a finalizzare. Circostanza che può riproporsi con profitto se a coprire l’ampiezza avanzata saranno gli esterni.



 

Roma e Inter hanno rose idonee e variegate che consentono diverse soluzioni tattiche, tra cui l’impiego di una difesa a 3 in pianta stabile o in alcune fasi della gara. Di Francesco può sceglierla per ragioni di solidità difensiva e per prendere campo in possesso, perseguendo i suoi principi di gioco.

 

Per Spalletti, invece, sembra piuttosto essere la soluzione ideale per dare spazio ai suoi giocatori offensivi, e per garantirsi una migliore flessibilità tra le due fasi, grazie a uomini capaci di interpretare senza difficoltà diversi tipi di scaglionamento.

 

Le due squadre hanno tutte le carte in regola per migliorare il rendimento rispetto alla scorsa annata, confermandosi tra le migliori difese del campionato e cercando di ridurre ulteriormente le occasioni concesse e al contempo apportando una manovra d’attacco più variegata, valorizzando i tanti attaccanti e i produttori di gioco più avanzati. La difesa a 3 può essere uno strumento per entrambe, la differenza la fa con quanta familiarità arriveranno a maneggiarlo.

 
 

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