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Le ragioni che rendono la Roma così solida
17 ott 2025
La squadra di Gasperini ha la migliore difesa del campionato.
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8 min
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IMAGO / ABACAPRESS
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Sul foglietto delle avvertenze che accompagnava l'insediamento a Roma di Gian Piero Gasperini c’era scritto, in grassetto e maiuscolo, di procurarsi ampie scorte di pazienza nell’attesa che si manifestassero i primi effetti benefici sull’organismo. Il trauma dell’Inter, l’inizio tumultuoso dell’epopea all’Atalanta, venivano scanditi a ogni angolo, social o radiofonico, di Roma per far sì che il messaggio contaminasse gli umori generali.

Dopo il primo rettilineo delle sei giornate, quindi, la fotografia è inedita. La Roma in testa, insieme al Napoli, grazie ad un’accelerazione iniziale garantita principalmente da una difesa solida è una notizia inattesa per i canoni di Gasperini.

L’Atalanta, per dare un’idea, nelle ultime nove stagioni al massimo era risultata, in un caso, la quarta difesa meno battuta del campionato - ed era successo proprio la scorsa stagione. A questo punto dell’anno, poi, mai aveva subito così poco: per dire, la scorsa stagione l'Atalanta dopo sei giornate aveva già incassato 12 gol ed era temporaneamente la peggior difesa del campionato.

Siamo abituati ad associare Gasperini ai gol segnati. La Roma, invece, oggi sta facendo la sua fortuna con la difesa, che per ora ha subito appena 2 gol in 6 gare, con una media ancor più bassa rispetto ai 18 incassati, come solo il Napoli poi campione d’Italia, nelle 26 partite con Ranieri nella passata stagione.

Gli interpreti, va detto, non sono cambiati molto. Ora c'è Mancini centrale dei tre, con Ndicka a sinistra e il posto di destra ipotecato recentemente da Çelik, ma il risultato non è cambiato. Dietro di loro, la protezione di Svilar, a cui si deve una percentuale cospicua del fatturato difensivo della Roma. Il portiere belga, se si esclude il solo Emil Audero, ha la percentuale più alta della Serie A di tiri in porta parati (88%, dati Hudl StatsBomb).

Ciò che è cambiato radicalmente è l'atteggiamento senza palla, che oggi, rispetto alla seconda metà di campionato con Ranieri, è molto più aggressivo. «Non voglio aspettare l’errore dell’avversario per recuperare il pallone», ha detto Gasperini in questa prima fase della sua esperienza romana. Per PPDA (passaggi concessi all’avversario prima di un’azione difensiva) oggi la Roma è prima in Serie A, con un dato che è passato dagli 11.75 per 90 minuti della scorsa stagione (sesto dato più alto del nostro campionato) agli attuali 6.95.

L’intensità del pressing si accompagna alle marcature a uomo come da tradizione di Gasperini. A volte si sintetizza questo atteggiamento facendolo passare per un'assegnazione pura e semplice di marcature uomo su uomo a tutto campo ma in realtà l'impianto dell'allenatore piemontese è più complesso di così. Come per le difese a zona, ci sono interpretazioni e scelte che seguono principi generali, di tattica individuale oltre che collettiva, e strategie adottate per la gara specifica.

Un esempio arriva dal derby: sulla prima costruzione, Sarri teneva bassi i suoi terzini, Marusić e Nuno Tavares, proprio per allungare l’uscita di Angeliño e Rensch. Inizialmente, infatti, Gasperini accettava di concedere un maggior tempo di giocata sull’esterno così da garantirsi più protezione in caso di costruzioni dirette. Solo al momento del passaggio, poi, il quinto avrebbe aggredito il rispettivo terzino, con la conseguente scalata forte del terzo di parte, Çelik o Ndicka, sull’esterno di riferimento, Zaccagni o Pedro. Orientati su un lato, a quel punto sarebbe stato il quinto opposto a mollare il proprio riferimento sull’uomo, seppur continuandolo a controllare visivamente come fa qui sotto Rensch con Luca Pellegrini, per offrire una superiorità numerica difensiva e controllare l’ampiezza opposta, occupata da Zaccagni in questo caso. La Roma cercava così di evitare di impegnare il terzo di difesa (Celik) e isolare di conseguenza Mancini con Dia.

Nelle prime pressioni in ampiezza, sulla costruzione avversaria, spesso la Roma, come succedeva anche all’Atalanta con Gasperini, concede maggiori tempi di gioco all’avversario, allentando la presa sull’avversario di riferimento. Lo stesso discorso si ripete, come si vede qui sotto, a sinistra con Angeliño, che inizialmente allenta la pressione su Marusić, pronto ad accorciarlo qualora ricevesse un passaggio.

Un’altra istantanea del derby ci permette di apprezzare altri dettagli, più appartenenti alla sfera della tattica individuale, necessari a poter rendere efficace un sistema difensivo con riferimenti sull’uomo. Si vedono infatti Mancini e Ndicka marcare i rispettivi avversari, Dia e Pedro, all’altezza della metà campo. I due centrali della Roma, però, lo fanno con atteggiamenti diversi: Mancini, infatti, è in quella che si definisce “linea d’anticipo”, dunque in una posizione più laterale rispetto al proprio riferimento in modo da facilitare l’ingresso su un’eventuale traiettoria diretta sulla figura dell’attaccante e poterlo così anticipare. Il talento di Mancini in questo senso è noto (e infatti è il quarto difensore in Italia per numero di anticipi realizzati), mentre per Ndicka potrebbe essere una sorpresa (nonostante abbia già realizzato otto anticipi).

La marcatura più lontana dal pallone, quella di Ndicka su Pedro, viene gestita diversamente: il difensore ivoriano marca proteggendo principalmente la profondità, dunque mantenendo quella posizione di vantaggio verso la propria porta che serve a garantirgli più sicurezza in caso di attacco diretto.

Questo sistema di pressioni, ormai marchio registrato di Gasperini, ha messo al riparo la Roma, che finora ha concesso poco ai propri avversari. Gli xG subiti per 90 minuti sono 0.84 (più di altre sole tre squadre), i tiri 9.67 (più solo di Inter e Milan) e a una distanza che permette a Svilar di prepararsi: 18.74 metri in media dalla linea di porta, più lontano di qualsiasi altra squadra.

Ovviamente le occasioni in cui le partite della Roma sarebbero potute andare diversamente sono state molte, ma in quel caso è intervenuto il salvavita Svilar. Parlo per esempio dell'occasione di Meister contro il Pisa, quella di Dia nel derby, Orban col Verona o più recentemente Gosens a Firenze: praticamente in ogni partita la Roma ha concesso un “clear shot” all’avversario (tecnicamente sono quelli con nessuno tra il tiratore il portiere: per 90 minuti, secondo Hudl StatsBomb, la Roma ne ha subiti 1.17, di più solo di Atalanta, Como e Inter).

Certo, è possibile che la caratura degli avversari fin qui incontrati abbia aiutato nell'imprecisione degli avversari. I numeri, però, sono sufficientemente buoni per guardare con ottimismo al futuro. Non è solo una questione statistica, ma anche di atteggiamento nella partita: la Roma, infatti, non ha mai dato la sensazione di scomporsi particolarmente al crescere dell’avversario, accettando di buon grado i momenti di sofferenza all’interno della partita.

Quando la squadra di Gasperini è costretta ad una difesa posizionale pare quasi scalciare: abbassa tutti i propri riferimenti sotto la linea del pallone per poi scattare fuori dai blocchi su un passaggio indietro degli avversari e andare nuovamente ad alzare i voltaggi della pressione, prima sul pallone, poi sui vari riferimenti. Si è visto più marcatamente contro il Lille, in Europa League, la squadra che fin qui è riuscita a contendere maggiormente il possesso del pallone alla Roma (50-50 il bilancio finale) e che più è riuscita ad aggirare la pressione dei giallorossi.

Alcuni pericoli, come il gol subito da Kean nell’ultima giornata o l’occasione di Dia nel derby, sono scaturiti da anticipi difensivi non consolidati successivamente. Nel caso di Fiorentina-Roma c’è stato l’incidente tra Mancini e Çelik che ha aperto alla transizione veloce sfociata nell’uno contro uno finale di Kean con Ndicka. Nel derby, invece, un altro anticipo di Mancini sul proprio riferimento è stato poi cancellato dall’imprecisione tecnica nel recupero del pallone: a quel punto, per la Lazio il corridoio centrale è parso in discesa con Çelik e Ndicka che potevano solo inseguire.

Non mancano i pericoli, inevitabilmente. La tendenza a svuotare il centro per costruire sulle catene laterali espone i giallorossi a maggiori rischi sulle transizioni brevi o medie, per esempio. Quando pressata, poi, la Roma si è lasciata andare spesso a giocate dirette che raramente hanno prodotto vantaggi, anche per la difficoltà di Ferguson o Dovbyk a far risalire il campo in ambienti simili. Questa tendenza finisce per allungare le distanze medie dei giallorossi che, di conseguenza, faticano ad essere competitivi sulle seconde palle o composti sulla transizione seguente.

Le maggiori criticità difensive della Roma sono emerse nella partita col Verona, che è sembrato capace di mandare in tilt il pressing avversario con costruzioni dirette ed altre in ampiezza, intensità sulle seconde palle, frequenti verticalizzazioni e capacità associative tra i vertici offensivi. L’elettricità di Orban e Giovane, che sapevano scaglionarsi e dialogare tra loro con lo sguardo sempre rivolto alla profondità, ha prodotto il dato più alto di xG concessi dalla Roma in stagione. Questa la sequenza di una delle principali occasioni del Verona costruite all’Olimpico che svela come può essere disinnescato il sistema difensivo romanista.

Costruzioni fluide con utilizzo del portiere, elevata mobilità degli interpreti, verticalizzazioni improvvise con combinazioni tra vertici offensivi, spesso realizzate su terzo uomo, erano proprio i tratti più peculiari dell’Inter di Inzaghi, non a caso uno degli avversari contro cui l’Atalanta di Gasperini ha sempre faticato di più.

Al rientro, il calendario della Serie A propone proprio il big match contro l'Inter, adesso di Chivu. Una partita che quindi sarà molto importante per capire quanto le sicurezze costruite fin qui dalla Roma di Gasperini siano davvero solide.

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