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Jacopo Temperini
Perché la Roma è uscita dalla Borsa
01 ago 2022
01 ago 2022
Cos'è il delisting e quali vantaggi comporta.
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Jacopo Temperini
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Foto Fabrizio Corradetti / LaPresse
(foto) Foto Fabrizio Corradetti / LaPresse
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Il 25 Luglio scorso sono usciti i risultati definitivi dell’Offerta Pubblica d’Acquisto (OPA) promossa dalla “Romulus and Remus Investments LLC” i quali conferiscono ai Friedkin il possesso del 96,126% delle azioni dell’A.S. Roma S.p.a.. Grazie a tale risultato i proprietari potranno dare il via alla procedura di “delisting” della società e dare inizio così, ad un nuovo capitolo della storia del club, fresco vincitore dell’Europa Conference League. Ma cosa vuol dire tutto ciò? Per un club di calcio, quali sono i vantaggi di lasciare Piazza Affari? Ma soprattutto, questo come potrebbe incidere sugli aspetti sportivi, che poi è quello che interessa maggiormente i tifosi? Facciamo prima un passo indietro: la “Romulus and Remus Investments LLC”, il cui nome completo sarebbe “Romulus and Remus Investments Limited Liability Company”, è il corrispettivo americano di una nostra società a responsabilità limitata, la cui sede è nel Delaware (USA) e il cui proprietario è Thomas Dan Friedkin. In poche parole, è la società attraverso la quale Dan e Ryan Friedkin, padre e figlio, già possedevano la maggioranza delle azioni della Roma, e di cui ora ne possiedono una percentuale così grande da poter diventare gli unici proprietari del club.

Foto Fabio Rossi/AS Roma/LaPresse

Nell’agosto del 2020 infatti, l’attuale proprietario della società giallorossa ha acquisito dalla precedente proprietà di James Pallotta circa l’86,6% delle azioni della Roma, diventando socio di maggioranza ed effettivo proprietario del club. Il restante 13,4% delle azioni, invece, era in mano a tanti piccoli azionisti, tutti possessori di una piccola parte del club capitolino. Per aumentare la quota di azioni nelle loro mani e diventare gli unici proprietari della Roma, i Friedkin hanno avviato un'operazione di borsa chiamata Offerta Pubblica d'Acquisto (OPA), cioè hanno dichiarato di esser disposti a comprare le azioni in mano ai piccoli azionisti proponendo loro un prezzo vantaggioso. L’11 maggio 2022, quando il prezzo di una singola azione della Roma aveva un valore pari a circa 0,35€, hanno comunicato, mediante le modalità stabilite dalle normative nazionali, di esser disposti a pagare ogni singola azione 0,43 €, offrendo quindi un incremento di valore di circa il 18,5% per ogni azione posseduta dagli azionisti e di offrire inoltre, ai sottoscrittori della loro offerta, l’accesso diretto “all’Assist Club”, un’ulteriore “premio fedeltà” per chi vendeva le proprie azioni. Il claim di questa operazione aveva un riferimento diretto al calcio e all'idea che cedere le proprie quote portasse a una vittoria della Roma - Ora serve un assist da campioni per trasformare le azioni AS Roma in goal! - puntando sul fatto che la maggior parte dei piccoli azionisti fosse anche tifosa, tanto che tra gli incentivi proposti c'erano la possibilità di assistere agli allenamenti della squadra dall'interno del centro sportivo, oppure una cena con il mister o - a chi vendeva oltre 180 mila azioni - di una cena con il Presidente e il Vice-Presidente del Club all’interno di una location esclusiva. Dal 13 giugno successivo, i possessori delle azioni dell’A.S Roma hanno potuto aderire all’iniziativa finanziaria dei Friedkin e ottenere il prezzo proposto. L’obiettivo dei proprietari della Roma era quello di comprare il maggior numero possibile di azioni con il fine di riuscire ad ottenere una percentuale di possesso della Roma pari o superiore al 95% delle quote, soglia strategica per avviare le procedure per il “delisting” del titolo. In cosa consiste il “delisting”? L’offerta iniziale dei Friedkin era sottoscrivibile dai piccoli azionisti dal 13 giugno 2022 ed aveva scadenza l’8 luglio successivo, scadenza posticipata due volte, prima al 15 e infine al 22 luglio. Il secondo rinvio della scadenza, dal 15 al 22 ha visto i Friedkin proporre un incremento di 0,02€ sul prezzo di acquisto proposto per ogni azione, passando da 0,43€ a 0,45€ (circa +4,7% di incremento ulteriore) al fine di invogliare maggiormente i piccoli investitori a vendere loro le azioni. Nell’ultimo giorno disponibile i Friedkin sono riusciti nel loro obiettivo, riuscendo a raggiungere e superare la quota del 95% delle azioni dell’A.S Roma in loro possesso. Grazie a questo risultato i Friedkin hanno potuto avviare la procedura chiamata “Squeeze out” e di acquistare i titoli residui e arrivare a detenere il 100% delle azioni della Roma. Tale procedura finanziaria, regolata dal Testo Unico della Finanza (Il TUF è la fonte normativa fondamentale in Italia nell’ambito della finanza e dell’intermediazione finanziaria) prevede che un soggetto in possesso di almeno il 95% delle azioni di una società, in seguito a un’OPA, ha il diritto di comprare dai restati azionisti di minoranza le loro quote senza che questi possano opporsi alla vendita. Una volta conclusa la procedura di “Squeeze out” i Friedkin saranno proprietari unici dall’A.S Roma. Il costo complessivo dell’intera manovra, che ha portato gli imprenditori statunitensi a detenere dall’86,6% al 100% delle azioni del Club capitolino, si aggirerà intorno ai 30 milioni di euro e dovrebbe concludersi entro la fine agosto. A quel punto, quando i Friedkin saranno gli unici proprietari della Roma, se i tifosi volessero partecipare attivamente ad alcune decisione del club, potrebbero farlo solo mediante i fan token che il club, attraverso una società partner, ha deciso di emettere e non più tramite le assemblee con gli azionisti, dove chiunque possedeva delle azioni poteva intervenire per dire la sua.

Foto Fabio Rossi/AS Roma/LaPresse

Una volta ottenuto il possesso di tutte le azioni della società, i Friedkin potranno dare seguito al loro piano societario che prevede il “delisting” del titolo. Il “delisting” è la procedura attraverso la quale una società viene rimossa dalla piazza azionaria di scambio delle azioni, e quindi il possesso di quote della società potrà essere scambiato solo in forma privata e non in forma pubblica come avviene quando invece un titolo è quotato in Borsa. Perché uscire dalla Borsa? Era il 23 maggio del 2000 quando il presidente del terzo scudetto giallorosso, Franco Sensi, decise di entrare in borsa e collocare 13 milioni di azioni sul mercato dei titoli (circa il 29% della società). A quel tempo la Roma era il secondo club di Serie A a decidere di raccogliere capitali mediante la quotazione in Borsa, prima di lei era stata la Lazio a ricorrere a questa strategia nel 1998. Terza società italiana a rivolgersi ai mercati per raccogliere capitale sarà la Juventus nel 2001. Storicamente le prime società calcistiche ad esser quotate in borsa furono le società inglesi già negli anni ’80. La prima in assoluto fu il Tottenham nel 1983. Come accennato precedentemente i vantaggi derivanti dal quotare una società in Borsa sono principalmente riscontrabili in una maggiore facilità di raccolta di capitali da soggetti terzi, ed è questo il motivo primario che ha spinto nel tempo alcuni club professionistici ad entrare nel mercato azionario. Il numero massimo di società calcistiche quotate in borsa è stato 30 nel 2009. Negli anni però questo numero è andato diminuendo. La quotazione di una società di calcio in borsa è mirata alla raccolta di capitali esterni alla proprietà, ma i Friedkin, dopo poco meno di due anni di presidenza, hanno evidentemente preferito i vantaggi di uscire della Borsa a quelli che gli garantiva rimanere al suo interno. Il primo vantaggio immediato dell’uscita dalla Borsa è di tipo economico, derivante dal risparmio sui costi di quotazione, risparmio che è molto variabile e dipende da società a società, dall'organigramma, dal valore stesso della società e da altri fattori piuttosto variabili. Questi costi sono fortemente connessi con l'obbligo di informazione che una società quotata ha rispetto agli azionisti e, volendo quantificare, permetterebbero alla Roma di risparmiare circa 3 milioni di euro l'anno. Gli altri vantaggi deriverebbero invece dal non dovere più rispettare alcuni vincoli burocratici e di comunicazione imposti dalle normative sulla trasparenza inerenti a tutte le società quotate in borsa. Essere quotati impone alle società di rispettare tutta una serie di norme che incidono anche sulla comunicazione. Per evitare reati come l'aggiotaggio, ad esempio, le società quotate in borsa devono rendere noti in tutte le loro specifiche i contratti dei calciatori e di tutti gli altri dipendenti, quindi anche eventuali bonus, durata e commissioni. In una piazza come Roma, il non dover più rendere pubbliche queste informazioni, tenendo riservate quelle che non vogliono essere rivelate, permetterebbe alla società anche di non dover rendere conto alla stampa per ogni spesa. Allo stesso modo non dover comunicare gli stipendi, potrebbe consentire di non avere gelosie tra i calciatori della rosa. Uscire dalla Borsa, quindi, consentirebbe alla Roma di non dover più rispettare tali vincoli e poter essere lei a decidere quali informazioni condividere in che maniera e in quali tempistiche. Un altro vantaggio immediato è che i competitor della Roma, una volta "delistata" non avranno più informazioni che potrebbero risultare strategiche. Questa maggior libertà consentirebbe inoltre alla Roma di poter muoversi con più dinamicità e di intraprendere più facilmente future operazioni “straordinarie” con il fine ultimo di rinforzare il club, sia da un punto di vista sportivo che economico. Una società non quotata non ha problemi di carattere normativo in relazioni ad aumenti di capitale: nel caso specifico di una società di calcio come la Roma, l'unico vincolo rimarrà quello imposto dalla UEFA con il "nuovo fair play finanziario", il che, ad oggi, è un vincolo assai poco chiaro. In questo modo i Friedkin possono approcciarsi a uno progetto oneroso come quello della costruzione del nuovo stadio - che secondo gli accordi presi con il Comune di Roma dovrebbe seguire un iter non troppo lungo e sorgere nella zona di Pietralata - senza temere ricadute in negativo sui bilanci della squadra in quanto, essendo tutta una loro proprietà, sono solo loro a poter fare le valutazioni sui benefici di un investimento strategico così ingente. Arrivati a Roma nell’estate del 2020, in poco meno di due anni i Friedkin hanno compiuto passi in avanti sia dal punto di vista sportivo che societario. Mentre le decisioni prese in ambito sportivo sono e saranno valutate in base ai risultati che la squadra ha ottenuto e otterrà, le conseguenze delle loro strategie societarie avranno invece bisogno di maggior tempo per essere valutate. Per ora però, i tifosi giallorossi possono essere ottimisti sul cammino intrapreso dalla Roma.

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