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(di)
Emiliano Battazzi
Roma allo specchio
14 ott 2016
14 ott 2016
Che Roma è quella 2016/17?
(di)
Emiliano Battazzi
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L’autunno porta con sé le foglie che cadono e le formazioni titolari: di solito nel mese di ottobre si capisce quale sarà la struttura di una squadra, quali saranno le linee di gioco e i titolari indiscutibili. A questa consuetudine calcistica, Spalletti e la Roma si oppongono con forza: è come se si fosse ancora nel precampionato, con gli undici titolari in continua mutazione, e dubbi a partire dal portiere (Szczesny gioca in campionato, Alisson nelle coppe) fino all’attacco.

 

Per non parlare della crisi d’identità tattica: squadra reattiva o proattiva? Transizioni rapide o calcio associativo con il pallino delle mezze posizioni?

 

Questa incertezza deriva da vari fattori, e anche dall’esperienza di Spalletti nella scorsa stagione: arrivato a fine girone d’andata, mise in sicurezza la squadra cercando un sofisticato mix tra attacco in campo largo e minuziosa ricerca dei corridoi interni. Niente (o poche volte) centravanti, rotazioni continue del triangolo di centrocampo, difesa alla ricerca dell’anticipo.

 

Poi, con il mercato di mezzo, Spalletti sembra aver perso punti di riferimento, la squadra ha perso la testa facendosi eliminare ai preliminari di Champions, e adesso la Roma si ritrova con la linea difensiva improvvisata (rottura del legamento crociato anteriore per due titolari come Rüdiger e Mario Rui, pubalgia per un potenziale elemento chiave come Vermaelen), Florenzi che cambia posizione continuamente, incertezza sulla strategia di gioco.

 

C’è un problema di equilibrio tattico, quasi in simbiosi con la continua ed eterna autocombustione del cosiddetto ambiente.

 

 



 

Già, che cos’è l’ambiente a Roma? Si dibatte da sempre sulla sua esistenza e consistenza, e sull’effettiva incidenza dei risultati. Per capirci qualcosa, bisogna immaginare una squadra che si allena nel mezzo di una tempesta: anche se, come in questo caso, mediatica. Breve resoconto di cosa è successo alla Roma in una settimana, fuori dal campo: il giorno dopo la brutta sconfitta di Torino, Ilary Blasi ha definito Spalletti un piccolo uomo e Pallotta uno che non sa cosa dice; Spalletti ha risposto (facendo al tempo stesso gli auguri a Totti), con un video sul canale ufficiale della Società, con ironia tagliente; Totti ha dovuto smentire sua moglie con un comunicato ufficiale; 48 ore prima di una partita di Europa League, Totti ha organizzato una festa di compleanno con tutti i crismi; dopo la partita, Spalletti ha detto che la festa avrebbe dovuto organizzarsi in un altro momento, perché gli ha impedito di rispettare il programma settimanale di doppie sedute.

 

Come se non bastasse, nella pausa della Nazionali, cioè una settimana dopo gli avvenimenti sopra descritti, è arrivata una ulteriore perturbazione, con le dimissioni del D.S. Sabatini e una conferenza stampa durata quasi 90 minuti, dal contenuto talmente strabiliante da essere difficilmente sintetizzabile. Ma, tra tanti concetti diversi, si è percepita la disillusione del D.S. nei confronti della società che non lo ha sostenuto e c’è stata anche una frase su Totti come tappo che impedisce la crescita del gruppo.

 

In tutto questo, la Roma ha vinto contro l’Astra Giurgiu in Europa League e contro l’Inter: forse, quindi, allenarsi nel mezzo di una tempesta non incide sui risultati.

 

 



 

Tornando al campo. L’andata dei preliminari di Champions all’Estádio do Dragão (la prima partita ufficiale della Roma in questa stagione) aveva mostrato un’identità ben precisa, soprattutto nei

: una squadra corta, con una linea difensiva sempre pronta ad accorciare; discreta nel tentativo di recuperare il pallone nella metà campo avversaria (principalmente schermando le linee di passaggio e con densità nella zona del pallone), e ispirata da una vertigine verticale appena in possesso, con Dzeko ad attaccare costantemente la profondità e Nainggolan tra le linee.

 

Da quella occasione, questi strumenti tattici non si ritroveranno mai tutti insieme. Già al

, una settimana dopo, Spalletti cambia tutto: schiera De Rossi difensore centrale e Paredes davanti alla difesa nel tentativo di impostare una partita più associativa: la Roma va in tilt e si fa eliminare.

 


La mappa degli xG creati dalla Roma: è impressionante il numero totale di occasioni, ma anche quello di errori in danger zone.



 

Per più di un mese i giallorossi hanno fluttuato alla ricerca di un centro di gravità: il controllo del pallone senza centravanti e con impostazione dal basso, e una squadra teoricamente corta; il controllo dello spazio, tramite la ricerca continua della profondità anche esasperata, con Dzeko e Nainggolan tra gli spazi, e Salah deputato a bucare la linea difensiva avversaria.

 

Nel dubbio, però, alcune caratteristiche sono rimaste immutate: la Roma ha creato moltissimo in zona gol, registrando un valore di Expected Goals pari a 17,54 (ma segnando solo 11 gol senza rigori: definire la Roma underperforming è quasi riduttivo) e concesso altrettanto, con una valore di xG contro pari a 8,14 (e 8 gol subiti senza il rigore di Iago Falque), addirittura il decimo peggior valore in serie A.

 


Gli xG creati dalle squadre avversarie della Roma: c’è una tendenza a bucare sul lato destro della difesa, dove sono stati utilizzati Florenzi e Bruno Peres. Ancor più pericolosa è la quantità di occasioni concesse in zona centrale.



 

La Roma è stata dunque una squadra da ribaltamenti continui, senza mai trovare un vero controllo se non per pochi minuti, cercando di surfare sull’onda più grande di ogni partita: in termini tattici, la Roma è stata troppo spesso lunga sul campo, e con reparti scollegati.

 

 



 

Anche la lunghezza in campo è questione di scelte: come si deve muovere la Roma, intesa come squadra? Nel corso di queste prima parte di stagione, i giallorossi hanno oscillato sul campo, con un baricentro che è passato da 45 metri (basso) a 55 metri (alto) a seconda delle partite, con una serie di questioni irrisolte: la difesa deve muoversi in avanti o scappare indietro? Il doble pivote si deve schiacciare sulla linea difensiva o creare il collegamento con i giocatori offensivi?

 

Troppo spesso la risposta è stata uno schiacciamento verso il basso, che la Roma non riesce a compensare solo con la velocità sulle fasce, soprattutto la destra (Bruno Peres più Salah): più si abbassa, più diventano difficili le transizioni, e si finisce per spezzare la squadra in due inevitabili tronconi.

 

Alla Roma manca equilibrio, cioè la compattezza e i movimenti da squadra, in sincronia.

 



 

 

Nel video qui sopra c’è una sintesi estrema sulla mancanza di equilibrio della Roma: 71 secondi senza filtro.



 

Si nota Manolas che alla disperata salva su un 3 vs 3 privo di senso; De Rossi prova una verticalizzazione cieca su Salah, che isolato in 1 vs 1 supera Murillo ma sbaglia davanti al portiere; dopo i due tiri di Florenzi, Perotti sbaglia il controllo e a quel punto la Roma è spezzata in due, 5 giocatori sopra la palla e 5 sotto. L’Inter esegue una transizione non troppo veloce ma riesce comunque a servire Perisic in area: dopo l’intervento di Szczesny, Juan Jesus ha il pallone ma deve lanciare lungo su Dzeko, che sbaglia il controllo. A questo punto, la linea difensiva è tutta schiacciata in area. In una fase di difesa posizionale, Perotti e Strootman si fanno attirare dal pallone e Icardi è libero di crossare. Sull’altra fascia riceve Banega, che supera facilmente Peres in area. Tocca di nuovo a Szczesny respingere il cross.

 

71 secondi di delirio, in cui la Roma occupa male il campo ed è completamente passiva, portandosi due volte l’avversario dentro l’area. Al riguardo, come

, in Serie A la Roma è la squadra che concede più passaggi in area agli avversari: la traduzione statistica del concetto di passività.

 

A causa delle spaccature tra i reparti, i giallorossi hanno ovviamente difficoltà a difendere in transizione, ma anche a chiudere lo spazio tra le linee. Difficoltà acuite, poi, dalla scarsa coordinazione del reparto difensivo: Juan Jesus ha giocato sia da terzino che da centrale sinistro; come compagno di Manolas si sono alternati il brasiliano, De Rossi, Vermaelen e poi Fazio. Ad un certo punto la Roma ha giocato con Peres terzino destro e Florenzi a sinistra, abbandonando cioè i centrali al loro destino. La Roma ha problemi non solo in transizione, ma anche in fase di difesa posizionale, non è una questione di momenti ma di approccio alla fase difensiva: i giallorossi sono troppo passivi, sin dall’inizio azione avversario.

 

Solo nelle ultime due partite giocate, Spalletti sembra aver trovato una linea difensiva equilibrata: Peres terzino destro, Juan Jesus sinistro, Fazio vicino a Manolas. E però nel gol segnato da Banega si nota la mancanza di armonia del reparto, con i difensori che si muovono tutti in modo diverso: ma con il tempo e il lavoro, questa linea difensiva potrebbe risultare la migliore (in attesa di Rudiger e Mario Rui).

 


I problemi della Roma in difesa posizionale: poca pressione sul portatore; le tre linee distanti; le letture sbagliate, con Perotti nella terra di nessuno, Juan Jesus stretto su Candreva, e Ansaldi sulla fascia liberissimo di ricevere.



 

E va detto che i problemi alle spalle dei terzini rimarranno sempre: da un lato perché Bruno Peres è un terzino di spinta, che anche in fase difensiva prova a risolvere tutto con la sua velocità superiore (riuscendoci spesso), ma con difficoltà nell’interpretare le situazioni. Dall’altro lato, Juan Jesus tende a schiacciarsi troppo spesso vicino ai centrali, creando spazi per gli avversari.

 

Come in uno specchio deformato, ai difetti della Roma corrispondono anche grandi qualità offensive: l’equilibrio instabile del battere e levare.





 

La Roma ha iniziato il campionato con un possesso palla del 72% contro l’Udinese e nell’ultima partita contro l’Inter questo dato è sceso addirittura al 36%: cosa è successo?

 

Spalletti si è accorto che il gioco posizionale della Roma passa attraverso una serie di criticità difficili da risolvere: l’inizio azione sempre difettoso, ancora più farraginoso senza l’aiuto di Vermaelen; le difficoltà del triangolo di centrocampo, con De Rossi a schiacciarsi sulla difesa, Strootman costretto a fare tutto e Nainggolan da trequartista di movimento e soprattutto di confusione; i movimenti dei giocatori offensivi, con la grande difficoltà negli smarcamenti sulla trequarti, con il regista (De Rossi, ma anche Paredes) che si ritrova spesso con il cerino in mano.

 



 

 

Criticità del gioco posizionale della Roma: portare il pallone fino alla metà campo è una fatica, e sulla trequarti non ci sono smarcamenti, c’è il vuoto.



 

I difetti della Roma sembrano grandi semplicemente perché grandi sono le qualità e le ambizioni della squadra: ciò nonostante,  i giallorossi sono una delle squadre più difficili da affrontare per un avversario.

 

Anzitutto, a seconda di quale Roma si troverà davanti, ci saranno una serie diversa di enigmi da risolvere. Nella versione iniziale, la Roma allunga la difesa avversaria con i movimenti di Dzeko, per mettere tra le linee Perotti e Nainggolan, con l’obiettivo di servire Salah alle spalle della linea difensiva. Nella versione senza centravanti, i tre attaccanti si scambiano continuamente occupando le mezze posizioni, per attaccare l’area con tagli esterno-interno. C’è anche un’opzione Totti, che cerca una posizione nella metà campo avversaria per servire l’attacco alla profondità di Dzeko e Salah.

 

Nell’ultima proposta di Spalletti, Dzeko diventa un centravanti boa, che si abbassa a pulire il pallone direttamente dalla difesa, per tirare fuori un difensore avversario e servire il suo scudiero Florenzi o Salah in profondità.

 

Il grande carnet di soluzioni offensive a disposizione della Roma è un problema per gli avversari, costretti a difendere profondità e ampiezza e dovendo mantenere le linee compatte, oltre a dover controllare gli attacchi negli half-spaces dei terzini e dover difendere sui cross con Dzeko in area. Così, la Roma crea più di tutti in Serie A, e addirittura è la migliore nelle 4 grandi leghe europee per numero assoluto di xG: la Roma crea più del Barcellona, per dirne una. Una potenza dovuta anche alla diversità delle soluzioni offensive: il lato positivo di avere un’identità malleabile.

 

La partita dei giallorossi, alla fine, dipende spesso dalla strategia impostata dall’avversario: grazie a de Boer, che ha scelto di controllare il pallone e di lasciare molto spazio alle spalle della linea difensiva, adesso sappiamo che la Roma è probabilmente al meglio di se stessa quando può essere pienamente reattiva. Quando può, cioè, ripiegare, provando a chiudere le vie centrali, per poi ripartire con transizioni veloci sulle fasce, utilizzando Dzeko finalmente in modo completo.

 


Verticalizzazione di De Rossi per Dzeko che si abbassa, porta con sé Murillo, serve il terzo uomo Salah che a sua volta vede l’inserimento di Bruno Peres.



 

Contro l’Inter, infatti, Spalletti ha usato il bosniaco sia come soluzione per migliorare l’inizio azione (lancio diretto da Szczesny) e giocare così sulla seconda palla (spesso raccolta da Florenzi), sia per cercare il terzo uomo, con Dzeko che veniva raggiunto verticalmente, e di spalle serviva un compagno fronte alla porta, in grado di cercare in profondità un altro compagno (quasi sempre Salah). In questo modo, con Dzeko che fa da boa, suggeritore e poi anche realizzatore, si valorizzano tutte le qualità di un centravanti atipico; si accentuano ancora di più le caratteristiche di Salah, un giocatore che si trova meglio in isolamento contro il suo avversario; e si valorizza finalmente appieno anche il contributo di Florenzi, in un ruolo di teorico trequartista diverso sia da quello interpretato da Nainggolan, sia da quello di Perrotta nel primo mandato di Spalletti.

 



 

 

Florenzi pesce pilota di Dzeko, va subito sulla seconda palla e verticalizza per Salah, che serve l’attacco di Bruno Peres nello spazio di mezzo: cross a servire il movimento sul primo palo del bosniaco, gol.



 

Come una seconda punta, Florenzi saliva sull’inizio azione avversario per schermare le opzioni di passaggio dei due difensori insieme a Dzeko; sempre intorno al centravanti bosniaco, era il giocatore con il compito di raccogliere le seconde palle, o il terzo uomo che doveva raccogliere la giocata a muro. Con Florenzi sulla trequarti la Roma bypassa il problema di trovare una linea di passaggio tra le linee, provando direttamente a giocare su Dzeko, e mettendo in crisi i difensori avversari che non sanno se seguire il numero 9 giallorosso.

 

Insomma, Florenzi può essere davvero la chiave della nuova verticalità giallorossa: sia per la sua intelligenza tattica, che per la capacità di inserirsi e leggere il gioco, al di là di una quota inevitabile di confusione.

Il suo spostamento permette finalmente a Bruno Peres di diventare il terzino destro, evitandogli brutte figure e continui rientri sul piede forte sull’altra fascia; in quella posizione, inoltre, è molto più tutelato dalle scalate rapidissime di Manolas. Un puzzle che comincia a trovare un percorso di razionalità.

 

 



 

Il nuovo assetto della Roma apre anche prospettive diverse sull’evoluzione tattica della squadra: Nainggolan è fuori per problemi fisici, ma quando sarà al meglio si creerà il dubbio sulla sua posizione. Il belga è sicuramente più aggressivo di Florenzi ma non sembra l’uomo giusto per quella posizione di aggiustatore tra le linee, sia per la sua “anarchia” tattica (sottolineata persino

) che per la volontà continua di attaccare la profondità: rimane però un giocatore fondamentale, che non può essere escluso.

 


Densità nella zona del pallone, anticipo della linea di passaggio e riconquista del pallone nella metà campo avversaria, con verticalizzazione immediata che mette l'attaccante davanti al portiere. Un possibile percorso tattico per la Roma.



 

In questa Roma iperverticale è Perotti ad essere in ombra per il momento: con una media di 35 passaggi effettuati per 90 minuti, è davanti solo a Dzeko tra i giocatori di movimento. Nella metà stagione scorsa, invece,  era diventato il fulcro del gioco della Roma con ben 53 passaggi per 90: ma quella era un’altra squadra, appunto, in cui la ricerca delle mezze posizioni era fondamentale. La sua presenza rimane cruciale nella creazione di gioco, con i suoi 2.1 passaggi chiave per 90 minuti, ma una Roma senza Perotti e con Nainggolan potrebbe risolvere un altro problema: quello della scarsa aggressività e della difficoltà nel riconquistare il pallone. Per tornare fulcro offensivo, forse Perotti dovrebbe essere utilizzato come trequartista, con Florenzi ala sinistra, in un sistema che preveda cambi di posizione continui.

 

Un altro potenziale sacrificato potrebbe essere De Rossi, che ormai con gli anni ha accentuato la sua tendenza a schiacciarsi sulla linea difensiva: se la Roma giocasse con il solo Strootman davanti alla difesa, probabilmente riuscirebbe ad accorciare le linee più facilmente, senza perdere troppo in copertura della zona centrale (sebbene De Rossi sia tra i migliori in Europa in quella specifica situazione tattica).

 

L’altalena di transizioni continue della squadra giallorossa è dovuta anche al fatto che una squadra così verticale è poco compatta e poco incline al recupero alto del pallone: con Florenzi e Nainggolan sulla trequarti, insieme a Strootman, è possibile immaginare una squadra molto più aggressiva, che porta a compimento la sua natura reattiva e solidifica la sua identità.

 

Nonostante tutte le sue incertezze, la Roma è a 1 punto dal Napoli secondo in classifica e a 5 dalla Juve capolista: e confrontando solamente gli xG di ogni partita, la Roma avrebbe potuto vincerle tutte. In ogni sfida ha creato più occasioni di quante ne ha concesse: l’equilibrio in Serie A è una virtù preziosissima, ma alla Roma potrebbe mancare poco per cominciare a marciare agli stessi ritmi della seconda metà della scorsa stagione.

 

Per ora, un po’ come Di Caprio in “Prova a prendermi”, Spalletti cambia identità ogni volta a seconda della situazione e del contesto: e magari la capacità di cambiare a seconda dell’avversario potrebbe rivelarsi addirittura un fattore positivo. Nel lungo periodo di un campionato, però, questa strategia è insostenibile: la domanda non è come sta, bensì che squadra è, la Roma 2016/17. La sfida del San Paolo arriva come le migliori strettoie nei film in cui ci sono inseguimenti d’auto, a seconda da chi uscirà dalla strettoia, e dallo stato della carrozzeria, ne sapremo molto di più.

 

 

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