Come arriva il Real Madrid
Da settembre 1984 a febbraio 1985, i due più grandi scacchisti dell’epoca, Kasparov e Karpov, giocarono ben 48 partite, pareggiandone 40. Per vincere il titolo servivano 6 vittorie, che nessuno dei due raggiunse: si calcola che rimasero seduti ben 200 ore davanti alla scacchiera, muovendo i pezzi 1652 volte. La storia delle partite tra le due squadre di Madrid in Champions League rischia di somigliare molto a quella interminabile sfida di scacchi.
Questa 2016-17 è la quarta stagione consecutiva che Real e Atletico si incontrano in Europa. La prima fu la finale del 2014, quella del pareggio di Sergio Ramos all’ultimo minuto dei tempi regolamentari. L’anno dopo, nei quarti di finale, dopo lo 0-0 dell’andata fu El Chicharito Hernandez a segnare l’1-0 decisivo al Bernabeu, a due minuti dalla fine. La scorsa stagione, di nuovo una finale, con l’1-1 ottenuto nei 120 minuti risolto solo ai calci di rigore, ancora una volta a favore della Casa Blanca. E proprio quella finale dava l’impressione che i due avversari non potessero più sorprendersi in alcun modo, che fossero ormai talmente consapevoli dei pregi e difetti dell’altro da arrivare quasi a confondersi. L’impressione che avrebbero potuto giocare 5 mesi, o 48 partite, senza che ne uscisse un vincitore.
Quest’anno, invece, Zidane sembra aver trovato nuove soluzioni per mettere in crisi Simeone, e in fondo il problema è proprio quello dell’identità: il Real Madrid può giocare in modi molto diversi tra loro, e questa fluidità può dare fastidio ai blocchi oplitici dei colchoneros. Nel derby di andata in campionato, Zizou aveva sfidato la pressione alta avversaria usando un 4-4-1-1 con Modric, Kovacic e Isco: qualità per uscire bene palla al piede e invogliare l’Atletico a non pressare alto. Trovato il vantaggio, fu poi il Real a chiudersi con un blocco basso e sfruttare le transizioni: vittoria per 0-3 e sfatato il mito del Calderòn.
Al ritorno, giocato meno di un mese fa, consapevole che non ci sarebbe potuto essere alcun effetto sorpresa, Zidane è riuscito a spiazzare l’Atletico mettendola sul piano dell’intensità: la sua squadra controllava il pallone nella metà campo avversaria, ma appena perso si attivava una riaggressione che spingeva i Colchoneros sulle fasce, e all’errore. Poi l’infortunio a Pepe e una cervellotica sostituzione (Isco al posto di Kroos) avevano rimesso l’Atletico in partita, fino al pareggio.
E la correttezza delle sostituzioni di Zidane rimane una delle questioni più dibattute: a volte sembrano più azzardi da pokeristi, tipo Kovacic al posto di Casemiro (che però rischiava il rosso) nel Clasico; a volte intuizioni geniali, come l’inserimento di James al posto di Benzema nella stessa partita. Dopo l’espulsione di Ramos, addirittura Kovacic è diventato difensore centrale, e i Blancos hanno perso la partita per l’inspiegabile idea di attaccare in pressione alta una rimessa laterale del Barça - con l’uomo in meno, a poco dalla fine. Insomma, è sempre tutto in bilico tra genialità e follia.
L’infortunio di Bale (salterà entrambe le gare) rende ancor più difficile immaginare le scelte di Zizou, che dopo la sconfitta in casa col Barça si è ripreso alla grande vincendo a La Coruña e in casa contro il Valencia: James (o Isco) è un’opzione valida per aggiungere una linea di passaggio sulla trequarti, aprendo la fascia per le progressioni di Carvajal. Considerata però l’importanza della compattezza contro la squadra di Simeone, Lucas Vázquez potrebbe essere l’elemento a sorpresa dell’eliminatoria: perfetto per un 4-4-2 in fase difensiva, e anche per attivare fasi intense di pressione alta.
In questa pazza stagione, il Real ha fatto e disfatto continuamente le sue partite, a volte sembrando un pugile che a guardia bassa incita l’avversario a colpire. Anche nella doppia sfida contro il Bayern, il Real è andato sempre in svantaggio, come gli accade da mesi. Non esiste l’inerzia in una partita del Real, bensì solo la forza mentale di una squadra capace di piegare anche i momenti più difficili a proprio vantaggio: per quanto l’onda possa essere alta, il Real Madrid ha sempre la possibilità di uscirne immacolato. E anche la storia di questa stagione sembra molto simile: la Liga ormai a portata di mano ma non ancora sicura, la Champions da favorita per coefficiente Uefa, c’è spazio per perdere o vincere tutto.
La fluidità del Real Madrid di questa stagione è un’arma preziosissima contro un avversario con un'identità tattica così definita: ma in questa sfida eterna tra duellanti che si conoscono benissimo potrebbe non esserci più alcuno spazio per le sorprese di Zizou. Per farcela ci sarà bisogno di imporre la propria forza mentale all’avversario, per evitare una sfida di logoramento, o farsi trascinare per l’ennesima volta da un Cristiano Ronaldo che sembra tirato a lucido per il finale di stagione.
Come arriva l’Atletico Madrid
La strada dell’Atlético in Champions League da quando Diego Simeone siede in panchina è sempre stata sbarrata dal Real. In Spagna, l’Atleti ha battuto diverse volte i rivali cittadini, vincendo anche una Copa del Rey al Santiago Bernabéu, ma quando la sfida si è trasferita oltre il confine iberico il Madrid ha sempre rappresentato un ostacolo insormontabile, una sorta di colonna d’Ercole oltre la quale i “Colchoneros” non sono mai stati in grado di spingersi. Ecco perché questo derby per l’Atlético è innanzitutto una sfida ai propri demoni, all’immaginario associato alle due sconfitte in finale e all’eliminazione ai quarti che ha fatto da intermezzo due anni fa.
La caduta casalinga con il Villarreal ha rimesso in discussione il ruolo di terza forza dell’Atleti nella Liga – la sconfitta del Siviglia a Malaga ha comunque ristabilito un margine di tre punti sul quarto posto -, ma la squadra del “Cholo” ha reagito alla grande contro il Las Palmas: 5-0 con tre gol segnati in 18 minuti.
Le ultime due partite di campionato hanno lasciato in eredità gli infortuni di Ferreira Carrasco e di Giménez. L’esterno belga era uscito per un infortunio alla spalla durante la sfida col Villarreal, ma ha recuperato e dovrebbe essere regolarmente in campo al Bernabéu. Le condizioni di Carrasco saranno uno dei fattori decisivi per la qualità degli attacchi dell’Atleti. Soprattutto se, come prevedibile, i “Colchoneros” avranno molto campo da coprire una volta recuperata la palla. Anche se dovesse partire dalla panchina Carrasco sarebbe comunque una risorsa preziosa per cambiare la partita: basta ricordare l’impatto avuto nella finale dello scorso anno.
La sicura assenza di Giménez apre invece un buco sulla fascia destra in difesa, priva di terzini di ruolo. Juanfran e Vrsaljko sono indisponibili e l’infortunio dell’uruguaiano, che li ha sostituiti nelle ultime partite, costringe Simeone a studiare una soluzione d’emergenza.
Nei minuti finali contro il Las Palmas è stato Thomas Partey a prendere il posto di Giménez: il ghaniano ha preso subito le misure al nuovo ruolo, segnando tra l’altro il primo gol della sua stagione. In alternativa Simeone potrebbe allargare Savic, come ha già fatto a Leicester dopo l’infortunio di Juanfran. Il montenegrino è stato schierato diverse volte sulla destra anche quando vestiva la maglia della Fiorentina: giocare da terzino non sarebbe insomma una novità. Vista la posta in palio, è un fattore che potrebbe pesare nella scelta di Simeone. Ovviamente in questo caso si aprirebbe un buco al centro della difesa e il “Cholo” potrebbe invece preferire adattare a destra Lucas Hernández pur di non modificare l’equilibrio raggiunto da Savic e Godín come coppia di centrali titolare. Ancora, potrebbe arretrare in difesa uno tra Saúl e Koke, come fatto intendere nei giorni scorsi dallo stesso Saúl e da Simeone. È comunque la soluzione più improbabile, perché cambierebbe in maniera profonda il centrocampo dell’Atleti.
Non è una decisione da poco, anche se Simeone ha tentato di minimizzare dichiarando di aver già fatto la sua scelta. Da quel lato attaccano infatti Cristiano Ronaldo, ma soprattutto Marcelo, forse il giocatore più determinante del Madrid nelle ultime settimane: la prestazione difensiva del terzino destro dell’Atleti, chiunque esso sia, sarà una delle chiavi tattiche più importanti della partita.
Il derby di inizio aprile è un buon riferimento per provare a intuire le mosse del “Cholo”. In quell’occasione il tecnico argentino ha individuato la fascia sinistra del Madrid come zona da attaccare, schierando inizialmente Carrasco a destra per tagliare tra Marcelo e Sergio Ramos, con l’obiettivo di far scivolare la difesa di Zidane da quel lato e aprire spazi invitanti per Griezmann nel mezzo.
Ramos scala su Carrasco, Pepe fa lo stesso su Torres: tra il portoghese e Carvajal, impegnato a sua volta da Saúl, si apre un buco in cui si può infilare Griezmann.
Durante la partita sono stati comunque frequenti i cambi di fascia tra Saúl e Carrasco, che da esterni a piede invertito erano incoraggiati a entrare dentro il campo per facilitare le combinazioni con i centrocampisti e i due attaccanti. Le brevi distanze tra i giocatori non sono soltanto uno dei segreti difensivi che permette all’Atlético di alzare costantemente l’intensità attorno al portatore di palla e avere sempre le necessarie coperture reciproche: a palla recuperata questo addensamento consente di uscire palleggiando dalla zona in cui viene riconquistato il possesso. La posizione stretta degli esterni è una parte importante di questa strategia.
La palla viene recuperata sulla fascia destra: Carrasco ha stretto molto la sua posizione, Griezmann si abbassa in appoggio. L’Atlético può uscire palleggiando e guadagnare campo.
La continua ricerca della superiorità numerica nella zona della palla, sia in fase difensiva che in quella offensiva, è uno dei concetti base del gioco dell’Atleti, decisivo tra l’altro nella recente trasferta al Bernabéu. Sotto di un gol e con il Madrid che si è progressivamente abbassato per difendere il vantaggio, la squadra di Simeone ha trovato il pareggio con un’azione molto bella: un rapido scambio in verticale che ha coinvolto tutti i reparti, concentrando i giocatori sulla fascia destra e utilizzando Correa come terzo uomo per uscire dalla pressione avversaria e attaccare il lato debole. La fiducia nei princìpi di gioco e nella forte identità costruita da Simeone restano i punti di forza più solidi per provare a sconfiggere i propri demoni e rimettere in discussione, anche in Europa, i rapporti di forza cittadini.