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Foto di Gonzalo Arroyo Moreno / Getty
Play-by-play Dario Saltari 19 aprile 2017 7'

Marcelo vs Bayern Monaco: l’altruismo come forma d’arte

La partita perfetta del terzino brasiliano è anche la migliore dimostrazione delle sue più profonde qualità calcistiche.

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Ho una teoria molto personale sui calciatori, secondo cui i migliori sono quelli che riescono a farti ridere. O meglio, sorridere, come quei comici di cui non ricordi una battuta in particolare ma il personaggio, o lo spettacolo, o la la serie tv, insomma il loro stile in generale. Uno dei giocatori in attività che riesce a farmi sorridere è Marcelo. Ieri sera Marcelo ha fatto una di quelle partite che rimangono nella storia di un calciatore, svegliando finalmente l’opinione pubblica sulla sua incredibile influenza sul gioco del Real Madrid.

 

Alcune statistiche irreali giusto per capire di cosa stiamo parlando:

  • 9 dribbling riusciti (migliore tra i 22 in campo; tre volte tanto Robben e Modric, subito dietro di lui)
  • 8 passaggi chiave realizzati (quanti Robben, Ribery, Xabi Alonso e Thiago Alcantara messi insieme; Marcelo è stato il migliore in una singola partita in questa edizione della Champions League)
  • 0.79 Expected Assist (migliore in campo, praticamente è stato più pericoloso di un rigore, senza contare l’assist per Ronaldo sul gol del 3-2 che a tutti gli effetti era più facile da trasformare di un rigore)
  • 4 intercetti
  • 3 tiri bloccati
  • 2 gol salvati sulla linea (tecnicamente ha fatto più parate di Keylor Navas).

 

Il Real Madrid, a causa della defezione di Bale, giocava con un 4-4-2 senza ali la cui ampiezza era garantita dai terzini. Ma se Carvajal giocava effettivamente sul corridoio esterno di destra, dando ampiezza e profondità con i suoi movimenti senza palla, Marcelo invece agiva da regista esterno, con un’influenza nei confronti del possesso della propria squadra fuori dal comune. Magnetica.

 

Dopo appena quattro minuti di gioco, il centrocampo del Real Madrid è già tutto schiacciato sul centrosinistra, con Marcelo che agisce per Kroos e Isco come una sorta di muro su cui far rimbalzare il pallone per evitare la pressione avversaria, con la naturalezza tecnica di un vero e proprio centrocampista aggiunto. Usando, tra l’altro, il suo piede debole per uscire di prima dal momento di massima pressione.

 

Questo è uno degli aspetti del gioco di Marcelo che mi fa spontaneamente sorridere: il modo in cui rende semplice il difficile, ma senza scomparire del tutto. È una questione di sensibilità tecnica, ovviamente, ma anche di intelligenza, di capire quando alzarsi e quando abbassarsi, quando alternare la giocata semplice a quella complessa, ma senza perdere l’ambizione di provarla, con una fiducia totale nelle proprie capacità e in quelle dei compagni. E quando, in questo contesto di routine, in cui non dà l’impressione di voler forzare niente il numero, in cui il numero, anzi, non è anticipato da alcun segnale, Marcelo fa qualcosa di oggettivamente (si fa per dire) difficile, allora ecco che non riesco a trattenermi dal sorridere.

 

Tutto quello che fa Marcelo sembra avere lo stesso coefficiente di difficoltà. L’ambizione è di tentare sempre la giocata più utile o più efficace, al di là della reale difficoltà, il che non permette al suo gioco di essere sempre del tutto pulito: arrivati quasi al 20esimo del primo tempo, con tutti i propri compagni più vicini marcati, Marcelo tenta un cambio di gioco di prima intenzione per Carvajal, con la palla neanche del tutto rasoterra, di mezzo esterno per sfuggire alla pressione, usando le famose “tre dita” del piede sinistro. Il lancio è lungo, ma Carvajal lo ringrazia prima che la palla esca dal campo, e si gira applaudendolo.

 

In questo contesto si inserisce il suo rapporto con Cristiano Ronaldo, che è perfettamente simbiotico senza che il terzino sia subordinato all’attaccante. Ieri, quando Cristiano Ronaldo saliva per affiancarsi a Benzema, Marcelo riceveva più in alto, sulla linea del centrocampo. Quando invece CR7 veniva incontro alla palla allargandosi sull’esterno di sinistra, Marcelo rimaneva più bloccato sulla linea dei difensori, proponendosi come scarico all’indietro per il portoghese.

 

Questi movimenti, che avevano la naturalezza di quel tipo di affinità che c’è solo tra i campioni, che va oltre la meccanicità dello studio tattico e dell’allenamento, hanno messo in crisi la catena di sinistra del Bayern Monaco nelle fasi di non possesso, già aggravata dal fatto che Robben rientrava sostanzialmente quando voleva.

 

Lahm, in particolare, era sempre indeciso se seguire CR7 che si allargava lasciando spazio a Marcelo per salire con il pallone, o avanzare su Marcelo lasciando CR7 alle cure di Boateng, trascinandolo fuori posizione.

 

Ma più che i movimenti, quando si parla di Marcelo bisogna considerare la sua imprevedibilità. La capacità tecnica di non essere mai banale, mettendo in crisi anche difese tecniche e navigate come quella del Bayern per il semplice fatto che ogni sua azione va letta e interpretata in modo diverso. Ogni frase di Marcelo può contenere una sorpresa, parla una lingua tutta sua.

 

Anche quando Lahm e Robben riuscivano a prevedere l’orbita di Marcelo e quella di CR7, che si giravano attorno senza curarsi di chi fosse la terra e chi il sole, la genialità del gioco del terzino brasiliano riusciva a trovare soluzioni innovative.

 

Ad esempio, Marcelo può appoggiarsi a un terzo pianeta (nel caso qui sopra Isco) per sganciarsi dalla sua orbita normale e lanciarsi in area senza palla. Nella palla che precede il taglio centrale per l’inserimento di Isco, tra l’altro, si vede una delle sue specialità tecniche: la palla prima accarezzata con la suola e poi tagliata con l’esterno, senza soluzione di continuità.

 

Il gioco di Marcelo è intrinsecamente spettacolare, ricco di skill barocche, senza mai diventare affettato o vanesio. Al 38esimo del primo tempo controlla un cambio di campo di Carvajal molto alto, si aggiusta la palla con un secondo tocco e poi si accentra, minacciando il giro col destro e attirando su di sé Xabi Alonso: così facendo libera Toni Kroos all’ingresso dell’area di rigore, che però non controlla alla perfezione e non riesce a trasformare in gol un passaggio al tempo stesso semplice e altruista. Nella concezione di un’azione del genere c’è sia la capacità di Marcelo di improvvisare senza esagerazioni (quante volte in una situazione del genere è lui ad andare alla conclusione?), sia la sua sensibilità in rapporto ai compagni, la sua capacità associativa.

 

In questo senso, a volte sembra che Marcelo giochi per i compagni, più che per l’idea tattica di squadra, intesa come un’unità fatta di moduli, schemi e movimenti predefiniti. Come se l’assist non fosse il risultato di un’azione studiata in allenamento ma qualcosa che deriva dal suo rapporto personale con chi lo circonda, da quanto Marcelo conosce i propri compagni e da quanto gli piaccia farli giocare bene. Il vino che si porta a casa di un amico per il pranzo della domenica.

 

Poco dopo l’assist per Kroos, Marcelo esce in corsa da una mischia nell’area del Real Madrid servendo in maniera incredibilmente pulita Ronaldo, che gli restituisce palla passando per un velo (altrettanto incredibile) di Benzema. La transizione lo porta fino al limite dell’area, dove potrebbe tirare spostandosi il pallone sul sinistro e invece, con un senso per la gerarchia da soldato semplice ma anche, come detto, senza sparire del tutto dal campo, dribbla Boateng, costringe Lahm a piantarsi per affrontarlo e infine serve Cristiano Ronaldo, ormai libero, che sta aspettando la palla come stesse alla fermata dell’autobus.

 

Sarebbe facile parlare di altruismo per i due salvataggi sulla linea che Marcelo ha effettuato in una partita decisa ai supplementari, a me però sembra che il suo altruismo sia più una forma di empatia nei confronti dei singoli compagni.

 

Al 77esimo del secondo tempo, con la partita in bilico sull’1-1, Marcelo intercetta un passaggio di Robben a Müller in scivolata, e rialzandosi esulta. Lì accanto c’è Sergio Ramos che lo applaude e inizia ad incitare il proprio pubblico agitando le braccia: Marcelo recepisce e, a sua volta, come se fosse un prolungamento di Sergio Ramos, si gira verso gli spalti e alza le braccia. Sergio Ramos è un altro compagno, oltre a Ronaldo, il cui rapporto con Marcelo di stima e ammirazione reciproca deborda nel campo da gioco. (Va detto, anche se c’entra poco con il nostro discorso, che esattamente dieci secondi dopo Sergio Ramos incapperà nello sfortunato autogol del momentaneo 1-2).

 

Al 79esimo la partita è già tornata sull’1-2 per il Bayern e Robben sta facendo macerie sull’esterno di sinistra. L’ala olandese punta il centro come un treno in corsa appoggiandosi su Lewandowski per superare Casemiro, a quel punto potrebbe avanzare di pochi metri e provare il milionesimo tiro sul secondo palo della sua vita, ma per qualche ragione decide di aprire il gioco a destra verso Müller, trovando però Marcelo, che lo aveva spinto verso il centro poco prima. L’azione prosegue e dopo una palla intercettata di Modric tocca a Marcelo trovare il filtrante, per Kroos, che costringe il centrocampo del Bayern Monaco a correre verso la propria porta.

 

Al 93esimo, dopo una partita massacrante fisicamente ed emotivamente, Marcelo raccoglie un passaggio lunghissimo di Asensio destinato al fallo laterale, mette in ginocchio Robben con un doppio passo e poi tenta di servire Ronaldo con una trivela. Subito dopo lo si vede inginocchiarsi per terra, con la testa tra le braccia, come se avesse sbagliato un gol a porta vuota: è senz’altro stanco, ma anche deluso per non essere riuscito a far arrivare a Ronaldo il pallone che poteva portare il Real Madrid in semifinale senza passare dai supplementari.

 

Non si può non sorridere di fronte ad un giocatore che si dispera per non essere riuscito a far segnare un proprio compagno con un cross di esterno, dopo aver recuperato un pallone praticamente già perso e averlo trasformato in un’occasione grazie a un’idea dalla complessità tecnica degna di un labirinto di Escher.

 

Ma la grandezza di Marcelo non è qui. E non è neanche nella capacità di fermare sulla linea laterale un altro pallone destinato a uscire, con il tacco, mettendo pausa all’azione d’attacco del Madrid, costringendo il Bayern a difendere dentro la propria area.

 

 

La grandezza di Marcelo sta nella sua capacità di uscire dalla pressione avversaria sul 2-2 con la tranquillità di chi sta uscendo per fare una corsetta, spezzare la squadra avversaria in due col pallone tra i piedi, superare in corsa un giocatore che ha 90 minuti di gioco e 7 anni in meno di te (Kimmich), alzare leggermente il pallone per autolanciarsi in profondità e superare un’intera linea difensiva, arrivare davanti al portiere e quel punto, invece di tirare, ricordarsi che con quel gol il compagno al tuo fianco può fare una tripletta e raggiungere il record storico dei 100 gol segnati in Champions League. Adesso mettetevi nei panni di Cristiano Ronaldo: quanti amici pensate che abbia come Marcelo?

 

Dopo il gol Ronaldo corre guardando gli spalti festanti ma poi si accorge che Marcelo lo sta aspettando per esultare insieme. Dopo l’abbraccio collettivo di rito il terzino brasiliano si stende a terra, stremato, come se avesse appena compiuto la missione per cui è stato mandato su questa terra.

 

Un compagno si piega in ginocchio per dargli un bacio sulla guancia. A questi livelli, anche questo fa la differenza.

 

 

Tags : marceloreal madrid

Dario Saltari è uno degli scrittori che curano L'Ultimo Uomo e Fenomeno. Sulla carta, ha scritto di sport per Einaudi e Baldini+Castoldi.

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