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Tommaso Guaita
La redenzione di Patrick Cutrone
09 mag 2024
09 mag 2024
L'attaccante del Como ha vinto il premio AIC di calciatore del mese per la Serie B.
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Tommaso Guaita
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IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
(foto) IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
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A settembre ero a Como per presentare un libro. Era l'ultima tappa di cinque o sei e mi chiedevo come mai avessero deciso di mandarmi proprio lì. Come in un buon cinquanta percento delle presentazioni che mi hanno visto come protagonista, il pubblico era totalmente assente. Così la gentilissima organizzatrice aveva messo in moto qualche contatto e suo padre era riuscito a portare in sala un gruppetto di ex calciatori del Como, nonché suoi amici di vecchia data. Ne era nata una chiacchierata sul calcio anni Novanta, uno degli argomenti preferiti da noi boomer calciofili, seguita da un invito a cena in pizzeria che avevo accettato con gratitudine.

A tavola la conversazione era virata presto sull'enigmatica proprietà indonesiana del Como, che potete approfondire più lungamente in questo pezzo. Benché sia la più ricca d'Italia, con un patrimonio individuale che si aggira (secondo Forbes) intorno ai cinquanta miliardi di dollari – costruito sul tabacco e sul kretek, sigarette aromatizzate ai chiodi di garofano – i fratelli Hartono sono molto attenti ai costi. “Parsimoniosa”, questo era stato il termine molto diplomatico usato in pizzeria.

I miei interlocutori al tavolo si lamentavano di quanto poco la società indonesiana facesse i conti con il suo glorioso passato, escludendoli da celebrazioni e festeggiamenti e rendendo molto complicato ottenere i biglietti per le partite, come sappiamo non un atteggiamento così insolito per le proprietà straniere che stanno scalando quasi tutti i nostri club.

Al netto di una grandissima attenzione ai conti e della ritrosia nel concedere accrediti, nelle ultime due stagioni il Como ha comunque saputo attrarre alcuni giocatori in crisi d'identità e in cerca di una nuova opportunità, come Gabriel Strefezza, Simone Verdi e, soprattutto, Patrick Cutrone, quest'ultimo a me molto caro.

Da milanista, speravo di avere qualche notizia di prima mano che mi aiutasse a capire perché Cutrone, che a inizio carriera sembrava potesse essere addirittura l'erede di Inzaghi, avesse faticato così tanto anche in Serie B, al Como. Tutti riconducevano alla risposta a due eventi: il trasferimento in Inghilterra e la morte di suo padre. Evidentemente la componente emotiva, per un giocatore come lui, è importante quasi come la condizione fisica, e mi viene da pensare che magari anche la delusione patita al Milan, la squadra che percepiva come una famiglia, deve aver pesato.

Ho seguito allo stadio, settimana dopo settimana, la sua ascesa nel Milan di Montella e poi di Gattuso e confesso di aver provato un grande coinvolgimento ogni volta che riusciva a segnare, per quella strana proprietà transitiva che ci fa percepire come più “nostri” – intesi come dei tifosi – i gol dei giocatori che hanno un passato nel vivaio della squadra. Il suo modo di esultare, così sfrenato e liberatorio, mi dava una carica extra, anche perché di risultati positivi ne portavamo a casa davvero pochini: si lottava tra il quinto e il sesto posto.

Era solo il 2017, ma sembra che siano passate almeno un paio di generazioni di calciatori nel frattempo. Dopo il ritiro di Filippo Inzaghi, e la maledizione della numero nove che non sembrava risolversi, Cutrone era stato promosso in prima squadra da Montella un po' per caso a inizio stagione. L'anno precedente aveva esordito in prima squadra quello che sembrava a tutti i commentatori il vero gioiello delle giovanili rossonere, Manuel Locatelli. Il suo gol alla Juventus – un grande e importantissimo gol – aveva aiutato a mettere a tacere il solito scetticismo che accompagna i giocatori che esordiscono nelle squadre in cui sono cresciuti. Locatelli si era trovato subito a suo agio con la prima squadra e così per Montella deve essere sembrato più semplice promuovere anche Cutrone e Calabria, le altre due stelline di un squadra in cui pure Donnarumma era riuscito a farsi largo.

Da subito Cutrone si era mosso come la reincarnazione di "Superpippo". In area i palloni gli picchiavano addosso ed entravano in rete a prescindere da come li toccasse. Quando segnava la gioia lo trasfigurava in una specie di Tiki hawaiano con un'espressione di puro godimento.

Il Milan aveva iniziato l'Europa League dal terzo turno di qualificazione, a fine luglio, con un turno andata/ritorno contro i rumeni dell'Universitatea Craiova. Nonostante fosse stato appena comprato a peso d'oro André Silva – oggetto misterioso della campagna acquisti del “passiamo alle cose formali” – in entrambe le gare era partito titolare Cutrone, che aveva segnato il suo primo gol tra i professionisti nella gara di ritorno a San Siro. C'era un entusiasmo incredibile per quella squadra, che tornava in Europa dopo qualche anno davvero buio, e ci si attaccava a ogni storia positiva con una passione che a ripensarci adesso viene da sorridere.

Cutrone si era poi ripetuto al ritorno negli spareggi contro gli albanesi dello Škendija – all'andata la banter era rossonera aveva messo in mostra tra i marcatori una doppietta di Montolivo, più Borini e Antonelli – e poi nelle prime due giornate di campionato contro Crotone e Cagliari in casa. Non ci si curava nemmeno troppo di soppesare il valore degli avversari, quei gol sembravano tutti bellissimi e importantissimi.

Presto una squadra costruita in modo improvvisato aveva cominciato a presentare il conto e Montella era stato esonerato. Dopo gli inizi brillanti, Cutrone aveva preso a giocare un po' meno, ma con l'arrivo di Gattuso era tornato a fare gol con continuità. I due se la intendevano a meraviglia, con quel loro modo viscerale di vivere la partita, tra baci, abbracci, schiaffoni e pacche sulle spalle.

Il gol nel derby di coppa Italia del dicembre 2017, con quella palla smozzicata con la tibia, a fil di fuorigioco su un lancio di Suso, che aveva superato Handanovic con un mezzo pallonetto, era stata un'epifania. Un milanista purosangue che segna un gol vittoria all'Inter, non ho nemmeno idea di quando sia accaduto l'ultima volta: sembrava che tutti i tasselli di un puzzle si fossero incastrati in modo perfetto. I gol di Cutrone erano puro milanismo.

A nemmeno vent'anni, Cutrone era arrivato in doppia cifra in serie A – diciotto reti coppe comprese – e sembrava avesse senso ripartire da lui la stagione successiva. Ma le ambizioni erano alte. Erano arrivati Higuain, segno dei grandi orizzonti che si aprivano per il Milan nel frattempo passato a Elliott – poi disattesi – e quindi il “pistolero” Piatek a gennaio. Cutrone era stato messo in disparte, finendo per perdere fiducia e sbagliare qualche gol di troppo. «Bisogna dare continuità ai giocatori per farli arrivare al massimo, invece dopo due o tre partite storte vieni messo fuori», aveva commentato con amarezza tempo dopo.

E così che dopo una stagione all'ombra era stato ceduto al Wolverhampton. Tra i miei amici erano tutti certi di aver rifilato un “pacco” agli inglesi e che il nuovo arrivato – un certo Leao – sarebbe stato da subito molto meglio. Io però non ero convinto, pensavo ancora che solo un po' di fiducia dividesse Cutrone dal centravanti che l'Italia ancora sta cercando. Si sbagliavano loro? Mi sbagliavo io? Sapete già la risposta. Sono passati cinque anni, Higuain si è ritirato, Ibra pure, Piatek è finito in Turchia, Giroud è sul viale del tramonto americano e con Leao da insolita prima punta abbiamo perso un derby moralmente devastante. E io mi chiedo di nuovo: e se avessimo dato più chance a Cutrone?

La domanda oggi suona forse persino più assurda di qualche anno fa. Nelle ultime stagioni, Cutrone è stato pesce fuor d'acqua in Inghilterra, deludente a Firenze, impalpabile a Valencia, crepuscolare a Empoli e quindi figliol prodigo a Como, la squadra della sua città, trasformandosi da prima punta in attaccante sgobbone. Col senno di poi, solo con l'Under 21, dove è arrivato addirittura a vestire la maglia di numero 10 e la fascia di capitano agli Europei del 2021, è riuscito a togliersi qualche sfizio. La sua doppietta con la Slovenia e la rete nei quarti al Portogallo, però, non erano bastati per provare a vincere il torneo, trasformandolo in un'altra delusione.

Al Wolverhampton, davanti alle sue prestazioni poco convincenti, inizialmente si è chiesto pazienza. «Non è facile per lui confermare le nostre aspettative. Ha bisogno di tempo», aveva commentato il suo tecnico, Nuno Espirito Santo, dopo i primi mesi di grigiore, con un solo gol in campionato. Già a gennaio i Wolves avevano deciso di farlo tornare in Italia, sperando di ridargli fiducia. A vent'anni non era pronto per un salto di quel tipo e abbandonare Milanello, che considerava una seconda casa, era stato un colpo terribile.

In pochi mesi Cutrone era passato da giocare nel miglior campionato del mondo a lottare per una maglia alla Fiorentina, dove tra l'altro si stava facendo spazio Dusan Vlahovic. Quindi, dopo un altro anno e mezzo di delusioni – culminato da sette prestazioni incolore a Valencia – si era trasferito all'Empoli sperando che l'ambiente, sempre positivo per i giovani, gli riportasse qualche stimolo. Ma nemmeno lottare per la salvezza lo aveva rigenerato.

In questa personale discesa agli inferi, come detto, nel 2022 Cutrone ha perso suo padre Pasquale, nemmeno sessantenne, avvocato molto noto in riva al Lago di Como e suo punto di riferimento costante. “Sei stato e sempre sarai la colonna portante della mia vita, la persona che mi conosce meglio in assoluto, la mia più grande fonte di forza, ispirazione”, ha scritto Cutrone sui suoi profili social. Chissà che questo momento così doloroso non abbia pesato nella sua decisione di tornare a casa, quella vera, poiché il Milan per lui sembrava un capitolo chiuso per sempre.

La prima stagione al Como è stata in linea con le esperienze precedenti. Nata con obiettivi di alta classifica e il sogno di ritornare “Pat-gol” – non ho idea di chi lo chiamasse così – si è arenata in una stagione complicata, cominciata con le dimissioni di mister Gattuso (non Rino ma Giacomo) e finita con un deludente tredicesimo posto, che bissava il risultato raggiunto l'anno prima del suo arrivo. Qualcosa, tra queste due stagione, deve essere però cambiato. A luglio Cutrone si è sposato, ad aprile gli è nata la prima figlia e in campo tutto ha iniziato a migliorare un passo alla volta, sino alle ultime vittorie in serie e alla sua doppietta contro la Feralpi Salò in trasferta che ha avvicinato la squadra alla promozione diretta.

Quest'anno Cutrone ha giocato soprattutto a supporto della prima punta Gabrielloni, un ruolo molto simile a quello occupato nel Milan di Montella, sfiancandosi in un pressing logorante sui difensori avversari ma riuscendo comunque a trovare il gol con continuità. In un'occasione ha scomodato addirittura un paragone con Totti: a marzo, in Como-Venezia, una partita fondamentale tra due squadre che hanno messo in scena una bellissima lotta per la promozione diretta, al novantesimo ha pescato il gol del decisivo 2-1 con un tiro al volo di mancino che ha lasciato inchiodato il portiere sulla linea di porta. Su lancio di Iovine, da posizione defilata dentro l'area di rigore, ha colpito di prima con un tiro stilisticamente ineccepibile, soprattutto da parte di uno che non ha mai fatto della sensibilità tecnica la sua dote principale. Festeggiato dal Sinigaglia, il suo stadio, come la rete decisiva di una finale. Con il senno di poi: due punti pesanti come macigni.

Nell'ultima gara della stagione, contro il Cosenza, lo stadio sarà tutto esaurito e una delle tifoserie più inglesi d'Italia, con l'abitudine british d'indossare la maglia azzurro lago della squadra, si preparerà alla festa promozione sperando che il suo bomber saprà pescare dal cilindro una volta di più il colpo decisivo al momento giusto.

Tornato a casa, evidentemente, Cutrone ha trovato ciò che cercava: “Serenità, continuità, lavorare duro per fare vedere chi sono”. Anche il Como mezzo indonesiano, un po' inglese e nonostante tutto profondamente laghée, è a un passo dal completare la sua risalita dall'inferno delle serie dilettantesche. Manca solo un passo.

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