Con meno di un minuto e mezzo ancora da giocare nel recupero, il Chelsea sta disperatamente cercando di accorciare le distanze. In dieci contro undici non è facile ma il Real Madrid si lascia andare alla comodità del Bernabeu e forse con un eccesso di ospitalità lascia che il Chelsea ci provi. Cucurella batte un fallo laterale a sinistra, Havertz controlla e gli ripassa la palla mentre Carvajal e Valverde sorvegliano la situazione, più che difendere. Al palleggio del Chelsea si aggiungono Enzo Fernandez e Kovacic ma alla fine la palla torna sulla fascia dove la cosa migliore che può provare Cucurella è un cross con Carvajal a un metro. E infatti il terzino del Madrid devia il cross con la suola, schiacciandolo a terra, quella deviazione però si rivela favorevole per il Chelsea: Militao scivola nel cuore dell’area di rigore lasciando Mason Mount libero di stoppare e calciare in porta quasi dal limite dell’area piccola. A quel punto però interviene Antonio Rüdiger che in scivolata lo mura, come un giocatore di biliardino che scivola al momento opportuno davanti all’avversario.
Un anno fa Antonio Rüdiger ha giocato questo stesso quarto di finale dal punto di vista opposto. Era stato lui a segnare, di testa su angolo, il gol del momentaneo 0-2 al Bernabeu, che pareggiava i conti con la partita di andata (finita 1-3 anche grazie a un suo errore in compartecipazione con Mendy, che a trequarti di campo gli aveva passato una palla corta su cui si era avventato Benzema vincendo il contrasto). Il Chelsea di Tuchel aveva giocato meglio sotto tutti i punti di vista, era stato più aggressivo, aveva tenuto meglio palla, e a un quarto d’ora dalla fine aveva trovato il gol dello 0-3 che valeva la qualificazione. Poi però, dal nulla, o quasi, l’esterno di Modric per Rodrygo e, nei supplementari, il colpo di testa di Benzema. Proprio nell’azione del secondo gol del Madrid, Rüdiguer aveva avuto un piccolo incidente, cambiando direzione aveva perso l’appoggio sul piede ed era finito con una mano a terra mentre Benzema colpiva la palla senza neanche saltare.
Antonio Rüdiger, quindi, ha avuto il raro privilegio di vivere sulla sua propria pelle l’effetto che fa indossare la maglia del Real Madrid. Il potere magico che ti permette in un caso di compiere un gesto determinante e in un altro ti toglie la terra da sotto i piedi. Rüdiger, adesso, ha entrambi i punti di vista e sarebbe interessante chiedergli se è davvero così. Se si è sentito guidato da una mano invisibile in un caso, e spinto a terra nell’altro, come un eroe greco il cui destino dipende dalle trame di dei gelosi e capricciosi come personaggi di una telenovela.
In realtà, a ben guardare, le cose per il Real Madrid sono molto diverse rispetto allo scorso anno. La passata stagione la squadra di Ancelotti era arrivata miracolosamente ai quarti, eliminando il PSG con una tripletta di Benzema in 17 minuti, dopo essere andati sotto di due gol, passando attraverso cose come: un rigore sbagliato di Messi, due gol annullati a Mbappé, Benzema che toglie palla a Donnarumma al limite del fallo. E ci sarebbe voluta una grazia ancora più grande di quelle ricevute contro PSG e Chelsea per battere il Manchester City, in semifinale, sotto di due gol al novantesimo della partita di ritorno (doppietta di Rodrygo in un minuto e venti secondi: come dimenticarla).
Quest’anno il Real Madrid sembra quasi giocare sulla reputazione costruita proprio in questo modo ma con una facilità nuova. Se la passata stagione - per quanto possa sembrare strano dirlo - partiva sfavorito in ognuna delle partite citate, in questa sembra aver già vinto la coppa. Giocano, il Real e le sue avversarie, come se avesse già vinto la coppa, come se non fosse veramente in discussione il passaggio del turno.
Si dirà che il Chelsea ha avuto le sue (poche) occasioni: Joao Felix dopo neanche due minuti, lanciato da Kanté in campo aperto, cinquanta metri palla al piede per poi calciare addosso a Courtois; Raheem Sterling subito dopo il gol di Benzema, dal limite dell’area piccola su cross di Reece James, ma Courtois ha fatto un mezzo miracolo; Mason Mount, appunto, murato da Rüdiguer. Ma sono momenti in una partita controllata dal Madrid, mentalmente e tecnicamente, dominata in alcuni tratti da un palleggio improvvisato, senza un ritmo riconoscibile, fatto di associazioni spontanee e accelerazioni che il Chelsea ha subìto come uno studente di batteria subisce la sua prima lezione.
La squadra di Lampard era anche partita bene ma al di là di del mismatch tra Vinicius Jr. e Fofana (ammonito al quarto minuto dopo essere stato dribblato in campo aperto), su cui non potevano fare molto oltre a raddoppiare con Kanté o Reece James quando possibile, è stato il palleggio del Real a schiacciarlo progressivamente a ridosso della propria area di rigore. Un palleggio a cui partecipavano tutti e undici i giocatori in campo, allungandolo fino a tirare in ballo Courtois che di sinistro lanciava per Carvajal o accorciandolo e stringendolo fino quasi a pestarsi i piedi, con Rodrygo, Vinicius Jr. e Benzema che si scambiavano la palla passando letteralmente attraverso i giocatori del Chelsea.
All’undicesimo minuto un lungo possesso del Real partito a destra culmina in un lancio un po’ forzato verso le spalle della difesa inglese. Respinto, il pallone è recuperato da Rodrygo che intercetta una sponda di petto di Kovacic per Enzo Fernandez, toccandolo poi per Benzema. Con davanti quattro giocatori avversari a Benzema e Vinicius Jr. basta un triangolo per penetrare fin dentro l’area di rigore e far arrivare al tiro il francese (da posizione comunque molto angolata, ma se avesse “sentito” la presenza di Vinicius Jr. a un paio di metri di distanza e avesse chiuso il secondo triangolo lo avrebbe messo davanti alla porta vuota).
Si può subire un pericolo da una situazione del genere, con una superiorità numerica così netta? Sì, contro il Real Madrid si può.
Il Real non ha dovuto fare niente di speciale. Tutti i lanci oltre la difesa sono sembrati forzati finché quello di Carvajal ha trovato la gamba sinistra di Vinicius Jr. infilata come un coltello tra le costole nello spazio tra Fofana e Thiago Silva, con Benzema che nel frattempo passa davanti a Koulibaly e si mette esattamente dove la mano di Kepa - che è già tanto che riesca a parare il tiro di Vinicius Jr. - lascia andare la palla. Il Real è quasi letteralmente entrato in porta con il pallone, provando la sola giocata che sembrava intenzionato a fare per tutta la partita. Senza impegnarsi troppo, senza affaticarsi, come se il gol gli fosse dovuto.
E niente, è bastato questo gol perché il Real giocasse ancora più comodo, sedendosi all’interno della propria metà campo quando il Chelsea alzava il baricentro, affidandosi alle corse di Vinicius Jr. come io mi attardo a casa quando ho un appuntamento sapendo che tanto con il motorino evito il traffico. Con pigrizia, il Madrid ha lasciato giocare il Chelsea, senza neanche pressarlo, aspettando che perdesse palla quasi da solo. Lampard a fine partita ha detto che i suoi giocatori non hanno visto delle occasioni, che forse non ci hanno “creduto”, e in effetti in alcuni momenti sono sembrati come ghiacciati con la palla tra i piedi, senza sapere come farla entrare in area di rigore. Problemi del Chelsea, per carità, che a quel punto aveva anche paura di prendere il secondo gol e si trovava costretta ad attaccare in ampiezza, facendo salire gli esterni e lasciando i tre difensori contro i tre attaccanti, ma è qualcosa che ha a che fare anche con il potere psicologico che il Real Madrid ha nei confronti dei suoi avversari.
Con la palla, poi, giocavano con il cronometro e con i centimetri. Facendola circolare con grande fluidità di posizioni, alzando la linea di Alaba e Militao fin dentro la metà campo del Chelsea, seguendo l’istinto e la sintonia che giocatori come Benzema, Modric e Kroos (quasi dieci anni insieme) hanno affinato a un livello quasi fraterno. La lingua che parla il Real Madrid con la palla tra i piedi sembrava semplicemente incomprensibile per i giocatori del Chelsea. E non appena provavano a mettere la testa fuori, alla prima sbavatura venivano puniti.
Al 34esimo Carvajal intercetta un lancio di Enzo Fernandez per Chilwell e la palla arriva a Rodrygo. Gli viene incontro Benzema, incrociano le posizioni e si scambiano la palla due volte, con due triangoli, il secondo dei quali al limite dell’area, con Rodrygo che passa tra Thiago Silva e Koulibaly con un grande controllo a seguire e poi calcia invece di tornare ancora una volta da Benzema. Sarebbe stato un gol pazzesco, forse persino troppo crudele per la facilità con cui, in due, avevano messo in scacco l’intera difesa e il centrocampo del Chelsea.
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La partita del Chelsea è peggiorata ancora con l’espulsione di Chilwell e il secondo gol di Asensio, ma è peggiorata solo nel suo aspetto più materiale perché sul piano della prestazione, della differenza delle due squadre in campo non è cambiato granché. Chilwell ha preso il rosso per coprire le spalle a Cucurella (subentrato al posto di Koulibaly) troppo aggressivo su Rodrygo che gli scappa alle spalle quasi a metà campo, ma il Chelsea ha pagato la linea altissima e la difesa statica, che ha lasciato la palla scoperta a Valverde. È un errore di insieme, di strategia, di una squadra che non voleva abbassarsi ma che non avrebbe potuto contestare il possesso al Real. Prima del lancio in profondità, Kovacic, Enzo Fernandez e Kanté hanno guardato Kroos e Valverde salire con calma fino a metà campo, Rodrygo si è mosso indisturbato tra le linee scambiando con il centrocampo, attirando fuori posizione Cucurella. Cosa si aspettavano succedesse?
Nel doppio quarto di finale dell’anno scorso il Real aveva accumulato appena 2.58 xG (contro i 4.58 del Chelsea) meno di quanto fatto nella sola partita di ieri: 2.78 xG (contro 0.62 del Chelsea, che comunque equivale quasi ad aver avuto a disposizione un calcio di rigore). Nell’ottavo di finale con il Liverpool, sotto di due gol ad Anfield, al Real Madrid è bastato accelerare un minimo per segnare cinque gol. Cinque. È una squadra a cui le cose vengono fin troppo facili, che non ha neanche bisogno di miracoli.
Per questo suonano come una preghiera le parole pronunciate ieri da Frank Lampard a fine partita: «Non eravamo favoriti ieri e non lo siamo adesso (...) ma a Stamford Bridge possono esserci serate speciali». Certo, come no, ma speciali per chi? Fino ad oggi, da più un anno, le serate speciali sono tutte del Real Madrid.