Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Manuel Tracia
Le prove di Neiron
05 mag 2015
05 mag 2015
Quanto è dura entrare nel draft NFL? Neiron Ball ha dovuto superare le prove di un sistema iperselettivo e quelle di un destino sfortunato.
(di)
Manuel Tracia
(foto)
Dark mode
(ON)

 

Lo scorso 30 aprile Jameis Winston, quarterback da Florida State University, è stato chiamato dai Tampa Bay Buccaneers come prima scelta assoluta al Draft NFL. Tra pochi giorni firmerà un contratto da 20 milioni di dollari che lo legherà alla franchigia della Florida per i prossimi 4 anni. È sulla rampa di lancio del successo: soldi, fama, un posto da titolare in NFL e le principali copertine dei magazine sportivi.

 

L'NFL può sembrare può sembrare una favola, ma che succede ai migliaia di giocatori che si presentano al draft ogni anno che non sono la prima chiamata assoluta e rischiano di cadere nel dimenticatoio?

 



Dary Myricks sta passeggiando fuori dal campus dei Florida Gators, mentre aspetta suo cognato Neiron che deve riportare a Jackson, il paesino di poco più di 5000 anime nel cuore della Georgia da dove vengono. Daey sta osservando la

, eretta per ricordare gli studenti della università caduti nelle due guerre mondiali. Dary sta passeggiando in un campus che ha visto passare campioni come Emmitt Smith e Jack Youngblood e fenomeni mediatici diversissimi tra loro: Tim Tebow, il bravo ragazzo tutto football e chiesa, ma anche Aaron Hernandez, condannato in primo grado per omicidio.

 

Un inserviente del campus, senza nemmeno presentarsi, gli fa: «Quel ragazzo, ve lo dico io, è speciale. Ha carattere e cuore grande». Dopo venti minuti di monologo dell'inserviente Dary non è infastidito, anzi è orgoglioso. Nonostante tutto quello che ha passato da quando aveva appena 6 anni, Neiron si è dimostrato speciale e si è fatto voler bene anche qui, lontano da casa. Persino un inserviente di passaggio nel campus si è premurato di fermare Dary per farglielo presente.

 

I compagni lo chiamano "Little Kid". Non perché sia piccolo (i suoi 193 cm portano a spasso ben 105 kg), ma perché sorride sempre, ama scherzare e sembra innocente come un ragazzino. Little Kid è anche un atleta strabordante e, dopo aver fatto fuoco e fiamme in coppia col fratello maggiore Neland, e trascinato la Jackson High School alla vittoria statale, non ha faticato a trovare una borsa di studio. Neiron è stato addirittura indicato da Rivals.com come uno dei 20 migliori del ruolo in uscita dal liceo. Da dove è partito, per quello che gli è successo e con le poche opportunità concesse da una famiglia in difficoltà, è già un grande traguardo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=2vj2oaC9c2I

Little Kid per tutti tranne che per gli avversari.



 



Neiron Ball è solo uno delle migliaia di ragazzi che ogni anno cerca la fortuna rendendosi eleggibile per il draft NFL. Anche quest'anno si stima che siano tra i due e i tremila, contando solo i senior in uscita dai centodieci programmi universitari di Division I. Ma prima del draft è stato anche uno delle centinaia di migliaia di ragazzi che dal liceo ha provato a ottenere una borsa di studio per giocare a livello NCAA. E ce l'ha fatta?

 

L'accesso all'università può risultare decisivo non solo dal punto di vista sportivo: nell'ultima campagna elettorale Barack Obama ha ricordato a più riprese come l'istruzione sia ancora un investimento valido e ha evidenziato la differenza di reddito tra una persona laureata e una no. Insomma, è un ottimo piano B se il sogno del professionismo dovesse svanire. E però, solo una forbice compresa tra il 3.3% e l'11.3% dei ragazzi ha accesso a questo livello di istruzione, sul totale di ragazzi che gioca a football la media è di 6.5%.

 

Tradotto

: su oltre un milione di giocatori di football a livello high school solamente settantamila riescono ad accedere a un borsa di studio da studente-atleta. E degli oltre quindicimila senior che ogni anno escono dai college di division I, II e III solamente duecentocinquanta (è in realtà un numero variabile di anno in anno per via delle cosiddette

) vengono selezionati nella tre giorni del draft NFL. Cioè: l'1.6%. Se vogliamo giocare ancora con i numeri possiamo dire che solo lo 0.02% degli atleti di high school arriva al professionismo. Un paio su diecimila ce la fanno (semicit.).

 

Le quotazioni di Neiron erano ancora più basse. E Dary Myricks sapeva in partenza come funziona il football: dopo essere passato un anno per l'Arena Football League tra Charlotte, Detroit e proprio la Georgia, ha appeso subito le scarpette al chiodo per cominciare la carriera da coach. Dary comincia come assistente di Mike Parris alla Jackson High School, con cui lui stesso giocò qualche anno prima, e dove non solo conosce i giovani e promettenti fratelli Ball, ma anche (soprattutto) la loro sorella Natalie, sua futura moglie.

 

A Jackson allena il giovanissimo Neiron che, in quei tempi, giocava Defensive End. Neiron è un giocatore non particolarmente tecnico, ma rispetto ai compagni di squadra e avversari è una vera forza della natura. Il coach Mike Parris, dopo aver lanciato a livello di High School lo storico ricevitore dei Pittsburgh Steelers Hines Ward, non ha più allenato nessun giocatore di questo livello.

 

Ma Dary, suo malgrado, non è stato solamente una figura di riferimento sportiva per il giovane Neiron, ma anche dal punto di vista paterno e umano, dato che la madre di Neiron è morta quando lui aveva sei anni, a causa di un arresto cardiaco. Era già in cura per un cancro, ma la morte improvvisa è stata uno shock. Poi: durante la festa della mamma del 1998, anche al padre di Neiron viene diagnosticato un tumore, alla gola. Lo ha seguito fino alla fine, fino all'ultima crisi arrivata mentre lo stava aiutando a mangiare attraverso un tubo: «Non pensavo fosse una malattia mortale», ha detto Neiron anni dopo.

 

Di fatto è cresciuto sotto la guida di Dary e sua sorella Natalie, e sotto l'ala protettiva della tenace nonna materna Josephine: «Mi ha insegnato valori e disciplina. Si è sempre preoccupata che facessi la cosa giusta. Da lei ho imparato che il lavoro duro ripaga sempre, e a non darmi mai per vinto».

 

https://www.youtube.com/watch?v=SrwYSKfNty4

Neiron sorridente e timido che ammette che il quarterback avversario ha fatto schifo.

 

Whiplash

Che differenza c'è tra un prospetto top class e un giocatore undrafted? È solo questione di gap di talento puro e cristallino? Non proprio. Di talento, in molti undrafted, ce ne sarebbe stato abbastanza. È più una questione di etica del lavoro, opportunità, saper fare la scelta giusta, e la fortuna necessaria per emergere e far parte di quel 1.6%.

 

Banalmente, la prima cosa a fare la differenza è l'opportunità di giocare. I programmi storici, le grande potenze del football NCAA, danno e traggono forza da un ammontare di talento incredibile, ma se da una parte il programma garantisce una grande visibilità mediatica e porta tanti giocatori a essere scelti nei primi giri del draft, dall'altra garantisce (spesso con l'aiuto di qualche mezzuccio non proprio legale) ogni anno una classe di reclute freshman tutti talentuosi.

 

I prospetti migliori vogliono andare nelle piazze più in vista, e si crea inevitabilmente uno squilibrio di talento nei programmi di division I delle grandi conference (SEC, ACC, PAC-12, Big Ten e BIG-12): per emergere tra i migliori non solo si deve competere con le migliaia di freshman della propria classe, ma è dura anche all'interno della propria squadra, con un roster composto a volte da un centinaio tra i più talentuosi giocatori della nazione.

 

Un ruolo delicato come il quarterback mette in luce tutti i problemi della competizione interna dei grandi college, perché a differenza di altri ruoli in cui c'è rotazione, essere il backup o addirittura il backup del backup ti esclude completamente dal gioco. Ed è per questo che un gran numero di prospetti, in tutti i ruoli, opta ogni anno per il trasferimento da un college a un altro. Dal 2006 ad oggi, tra i QB valutati 4 o 5 stelle in uscita dalle high school, ben il 40% ha optato ad un certo punto per il trasferimento, per sfuggire allo spettro della panchina. Della classe 2010 su 16 prospetti nel ruolo di quarterback solamente in 5 hanno concluso la loro avventura nel programma di origine.

 

Lo stesso Tom Brady, dopo essere stato il backup per i primi 2 anni di Brian Griese (poi starter ai Broncos nel post-Elway) e aver disputato un'ottima stagione da junior, è stato vicino a finire in panchina la sua stagione da senior in favore di Drew Henson. I due giocarono metà partita a testa per le prime 5 settimane poi Brady vinse definitivamente il ruolo da starter. Avesse perso il ruolo, in un periodo in cui il trasferimento non era una opzione credibile, probabilmente non avremmo mai assistito alla sua leggendaria carriera.

 

Altro esempio: Cam Newton, prima chiamata assoluta nel draft 2011, ha dovuto subire il fallimento a Florida, l'inferno di un junior college e la redenzione ad Auburn. Di questo tipo di storie è piena la NCAA. Lo sa bene il quarterback di Ohio State Cardale Jones, che dopo l'infortunio dei primi 2 QB, quest'anno ha trascinato insospettabilmente i Buckeyes al titolo nazionale e che, prima di scegliere di restare a OSU, è stato cercato da tante altre università.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Da-CYOseH4A

Cam Newton non è esattamente uno scarso.



 

Tornando a Neiron. Il destino non aveva finito i conti con la famiglia Ball e dopo la vita dei genitori si è preso anche la vita sportiva del fratello Neland, sophomore alla University of Georgia, che in seguito a un incidente automobilistico in cui si è infortunato alla schiena ha dovuto rinunciare a una carriera da professionista. Anche Neiron nel 2011 ha dovuto superare una prova importante.

 

Little Kid ha appena chiuso il suo primo da freshman (nel frattempo è stato trasformato da DE a outside linebacker) con qualche apparizione negli special team. Dieci tackle in 13 partite e molta fatica per trovare spazio, da true freshman, in un programma di questo pregio. Si appresta così a iniziare una stagione da sophomore che potrebbe lanciarlo definitivamente nel football collegiale, sotto la guida del neo-coach Will Muschamp (la leggenda Urban Meyer che lo aveva reclutato diede le dimissioni qualche settimana prima) e sta preparandosi mentalmente e fisicamente durante l'offseason.

 

È il giorno di San Valentino 2011 e Neiron si sta allenando con l'ex compagno di squadra e attuale LB dei New Orleans Saints, Ronald Powell, quando, dopo una serie di blandi drill accusa uno strano male al collo. «Bro, qualcosa non va». Continua ad allenarsi ma da lì a poco il dolore è insostenibile, Neiron barcolla e crolla a terra. In ospedale gli diagnosticano un'emorragia cerebrale causata da una patologia congenita, la MAV: malformazione artero-venosa.

 

Una malformazione vascolare in cui per un errore embriologico in un certo distretto vascolare viene a mancare il sistema dei capillari e così facendo le arterie riversano sangue arterioso direttamente nelle vene. Asintomatico nel 80% dei casi, si può presentare sotto forma di emorragia potenzialmente letale. Da lì a pochi giorni, Neiron è stato operato al cervello.

 

Dary e sua moglie Natalie, appresa la notizia, si sono messi subito in auto affrontando 4 ore dalla Georgia con tante domande e poche certezze. «Natalie, quando c'è del sangue nel cervello non è un buon segno». Il football e l'università sono finiti in secondo piano. «Non sapevo se sarei riuscito a parlare di nuovo con lui», disse il suo compagno di squadra, oggi ai Philadelphia Eagles, Trey Burton. «Riuscirà almeno a riprendersi per dirci addio?».

 



Ammesso e non concesso che riescano a trovare e a guadagnarsi un posto di rilievo nel mondo collegiale, la strada che porta a giocarsi una chance tra i pro è ancora lunga. Tra tutte le difficoltà, la più dura forse è reggere la pressione fisico-mentale di un palcoscenico enorme come la division I.

 

La maggior parte dei ragazzi ci arrivano a 17/18 anni, sono lontanissimo da casa, inseriti in un sistema istituzionale tutto nuovo. Ragazzi che prima magari avevano a malapena lasciato la contea di origine si ritrovano a dover vivere a mille o più miglia di distanza dalle loro famiglie e si devono ambientare velocemente a un ritmo scolastico-sportivo stressante, che non permette cali di ritmo e concentrazione né sul piano dello studio (anche se qui paiono valere regole diverse per certi

) né su quello sportivo.

 

Non è quindi solo questione di talento o di etica del lavoro, ma anche di avere un carattere abbastanza grande che permetta di sopportare la pressione. Si pretende molto da giovanissimi atleti che passano dal giocare davanti ad un migliaio di persone, e qualche scout al massimo,

in diretta nazionale.

 

E poi ovviamente, parlando di uno sport così fisico, c'è da considerare l'elemento infortuni. Non solo quelli che stroncano la carriera ma anche infortuni solo debilitanti come ginocchia che non guariscono

e fanno perdere esplosività, mobilità o velocità; ma anche avere piccoli acciacchi che non permettono una presenza in campo continuativa può essere decisivo; red flag che penalizzano in un modo o nell'altro e possono fare la differenza tra essere presenti nei draft board NFL e il dover cercare fortuna come assistant coach nella propria alma mater.

 



«Siete sicuri?» chiede coach Muschamp ai medici. «Sì». «Proprio sicuri?». Il coach convoca un meeting di squadra, senza spiegarne il motivo. Tutta la squadra e lo staff al completo si riunisce nella sala dove si discute solitamente del gameplan. Qui, con tutta la squadra riunita, il coach può finalmente annunciare che i dottori hanno dato l'ok definitivo: Neiron Ball sarebbe potuto tornare a giocare a football. Volarono sedie e urla di gioia in egual misura.

 

«È fantastico! Il destino si è accanito con lui ma ora siamo qui di nuovo tutti insieme. È una gioia incredibile» ha detto Powell a giugno 2012, più di un anno dopo l'incidente a cui ha assistito in prima persona. Neiron ha dovuto saltare tutta la stagione 2011 per la riabilitazione, ma ce l'ha fatta. Questa volta è stato lui a beffare il destino e il primo settembre 2012 è in campo nella facile vittoria interna contro Bowling Green, esattamente 19 mesi dall'ultima volta. Chiuse la partita con un tackle ma c'era dentro tutta una vita in quel tackle.

 

https://www.youtube.com/watch?v=xP8FKXsJU5U

Neiron torna e spacca tutto.



 



Una volta conquistato meritevolmente spazio di gioco in un programma di division I (decisamente più raro di Div-II) e chiuso 4 anni al college, l'obiettivo è (top draft pick a parte) quello di valorizzare sé stessi nel percorso che porta dalla fine della carriera collegiale al draft NFL.

 

La parabola che potrebbe descrivere meglio il problema del draft NFL è la seguente. Un uomo è piegato a terra vicino a un lampione, sul marciapiede: «Sto cercando le chiavi della mia macchina» dice a un altro uomo che gli chiede cosa stia facendo. «Scusa ma dove le hai perse le chiavi?», chiede quello, visto che non ci sono auto nelle vicinanza. «Più giù, vicino alla mia macchina». «Allora perché cerchi qui?». «Perché qui c'è più luce».

 

Le numerose

a livello di scouting degli ultimi anni hanno cambiato solo parzialmente il metodo di valutazione per il draft (e questo è quanto mai vero per le cosiddette mid-late round pick): una cosa è valutare un prospetto top che ha vissuto le luci della ribalta per più anni, protagonista in una delle conference principali o in uno dei migliori programmi, provinato privatamente, intervistato, analizzato psicologicamente, provinato una seconda volta e in generale analizzato al microscopio; un'altra è valutare un giocatore da metà/fine draft.

 

Scelte che, per quanto abbiano meno valore (almeno economico per i team), spesso diventano determinanti per le sorti di una franchigia. Non è insolito sentir dire che «il draft si vince il terzo giorno». È sopratutto vero vero se consideriamo che 20 dei 44 giocatori titolari nell'ultimo Super Bowl giocato tra i vincenti Patriots e gli sconfitti Seahawks sono stati draftati dal 4° giro in poi.

 

È difficile fare uno scout preciso di giocatori in ombra nel campionato collegiale, vuoi perché si applicano rigidi sistemi fisico-atletici di valutazione, vuoi perché diventa difficile valutare i giocatori dalla giusta prospettiva. Conference meno competitive, contesto di programma molto vincente o molto perdente, compagni di reparto molto forti o molto deboli. Sui draft board NFL ci sono tra i 75 e i 100 giocatori di media per squadra, ma solo il 20-30% viene analizzato con tutti gli strumenti a disposizione. Molti team arrivano al draft con delle analisi giocoforza parziali, per quanto sempre più approfondite, rispetto alle analisi microscopiche fatte ai prospetti di élite. Diventa quindi fondamentale per questi giocatori sfruttare al massimo le poche possibilità date loro per emergere.

 

Oltre alla

(l'evento annuale in cui oltre 300 prospetti vengono valutati atletico-tecnicamente attraverso test specifici) determinanti sono i Pro Day e i workout privati. Il Pro Day è una giornata simile al NFL Combine ma organizzata internamente dall'Alma mater per i prospetti in uscita da quel college. Non solo è una seconda occasione per ben figurare o per riscattare una prova deludente alla combine ma è anche una preziosa occasione per farsi conoscere. Infatti c'è la possibilità nella stessa giornata di effettuare un workout privato di 20 minuti e un'intervista con le squadre interessate. Purtroppo, solitamente il tempo a disposizione è assai limitato, con i vari coach che devono volare ogni giorno da un Pro Day all'altro.

 

Il workout privato è uno strumento che può essere utili in questi casi. I team sono autorizzati a sostenere un workout a porte chiuse con un numero massimo di giocatori stabilito. In questi workout non ci sono limiti di tempo. I coach hanno tutta la tranquillità di studiare il giocatore in campo, ma soprattutto fuori dal campo. Intervista, test tattici, test psicologici. È una grande opportunità per i giocatori meno in vista di essere considerati ed analizzati come i prospetti top class. Un workout poco soddisfacente difficilmente ribalta la valutazione sul Winston di turno, mentre un workout prolifico spesso risulta determinante per una mid o late round pick per entrare nel radar, e magari nel roster, della squadra. Questo per dire come, anche senza emorragie cerebrali, sia un mezzo miracolo diventare pro.

 



 



Neiron dalla stagione NCAA 2012 torna stabilmente a giocare. Anche nel suo anno da sophomore fatica a trovare spazio che non siano gli special team. Dal 2013 però incomincia a entrare stabilmente in rotazione, partendo titolare in ben 7 gare e portando il suo primo sack in carriera proprio contro quel Winston oggi neo-prima chiamata assoluta. Nell'anno da senior esplode definitivamente ed entra, seppur timidamente, nei radar NFL.

 

In avvicinamento al draft è entrato nel mirino di varie squadre. È andato a visitatare Patriots, Buccaneers, Broncos e Texans, e fatto workout con Falcons, Rams, Steelers e Cardinals, eppure in sede di draft era ancora incerto e forse sottostimato il suo valore. Non molti scommettevano su una sua scelta al draft, più di qualcuno lo dava come possibile undrafted free agent.  Nonostante il buon atletismo, la duttilità tattica tra rusher e man to man coverage e la sue energia infinita c'erano alcune preoccupazioni sulla sua poca istintività ma soprattutto per la sua operazione al cervello cerchiato di rosso da molte franchigie.

 



 

«Non saprei da dove cominciare per descrivere Neiron e tutto quello che ha passato» ha detto uno che lo ha conosciuto per bene in questi anni, ovvero il linebacker coach dei Gators D.J. Durkin. «Un carattere incredibile. Ha resistito a cose che io non avrei potuto gestire».

 

Alla fine Neiron è stato scelto dagli Oakland Raiders, alla quinta chiamata dello scorso draft, come la 161.esima chiamata assoluta. E a questo punto inizia un nuovo capitolo, ancora da scrivere.

 

«So che sarebbe stati fieri di me. Come uomo. Non ho una madre, né un padre, ma sento che sono stati con me in tutto questo tempo. Io respiro ancora. Loro non respirano più, ma io respiro ancora».

 
 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura